SULLA CROCE CON CRISTO


 

Sin da piccolo Ivan aveva sofferto con gli occhi per una debolezza di vista. Più tardi ebbe a patire anche con i denti. I genitori avevano fatto di tutto per curarlo, consultando insigni specialisti sia del posto che stranieri, ma senza esito. Dal 1927 iniziò per lui quel calvario di malattie che l'anno successivo dovevano stroncarne la giovane vita. Tutto cominciò con un'infiammazione della laringe, che si estese ai polmoni; sopravvenne poi una pleurite. Agli inizi del 1928 venne diagnosticata un’infiammazione acuta dell'alveolo mascellare. Sono di questo periodo le ultime pagine del suo diario dalle quali traspare la sua grande serenità nell’accettazione del dolore e più tardi nella attesa della morte. Le pagine sono tutte state scritte a Zagabria. Il 21 gennaio 1928 offre le sue sofferenze a gloria del Sacratissimo Cuore di Gesù.

Il 20 febbraio per la prima volta ha la gioia di recitare il Rosario con la mamma e il padre. "Domani è la festa - egli annotò - di Nostra Signora di Lourdes. Questo è opera sua. Per questa gioia dovevano abbattersi tante malattie su di me, compresa l'operazione al naso alla quale forse dovrò sottopormi, se Nostra Signora non mi aiuterà altrimenti". 

 

 

 

Zagabria 13 febbraio 1928

 

"Una grande croce pesa su di noi. Mi è sopraggiunta una acuta infiammazione all'alveolo mascellare. Oggi mi hanno tolto un altro dente. La mamma è in gran pena per me e prega molto. Questa sera ci siamo impegnati a recitare sempre il Rosario assieme. Questa sofferenza sta operando miracoli su mia madre, che ora recita volentieri anche il Rosario... Questa è una prova sperimentale di come il dolore sia il mezzo più forte per salvare e santificare le anime. Beate quelle anime che accettano con gioia ogni dolore dalla mano del Signore e lo offrono in unione con Gesù per il bene della Chiesa, delle anime e della società."

La malattia d’Ivan peggiorava sempre di più. I medici consigliarono un'operazione alla quale egli acconsentì. Prima di recarsi in clinica fece visita al suo direttore spirituale, il padre Vrbanek che lo incoraggiò e lo esortò ad abbandonarsi nelle mani di Dio. Come ogni uomo, anche Ivan aveva paura dell'intervento, ma l'accettò come volontà di Dio che chiedeva a lui questa prova per la realizzazione degli ideali ai quali aveva dedicato la sua vita. "Se il chicco di frumento caduto in terra muore, produce molto frutto." Con questo pensiero e questa convinzione Ivan si congedò dal padre spirituale.

 

 


 

IN ATTESA DELLA MISERICORDIA DEL SIGNORE


 

Prima di partire per la clinica, Ivan riordinò la sua biblioteca e la sua vasta corrispondenza. Aveva il presentimento della sua fine imminente, perciò voleva lasciare le sue cose in ordine. Alla mamma, in quei giorni molto malata, diceva, scherzando, che egli sarebbe morto prima di lei onde avrebbe dovuto prendersi per figlio il dottor Avelino Cepulic, collaboratore e caro amico d’Ivan, rimasto senza genitori. La notte precedente il ricovero lavorò fino a tarda ora. A che cosa? Si scoprì dopo la sua morte. Aveva provato a comporre, finché non gli riuscì, l'epitaffio per la sua tomba in forma di testamento.

 

TESTAMENTUM

 

Decessit in Pace Fidei Catholicae

Mihi vivere, Christus fuit et mori lucrum.

Expecto misericordiam Domini et inseparabilem

plenissimam aeternam possessionem S.cri Cordis Jesu.

Ivan Merz. Dulcis in refrigerio et in pace.

Anima mea attinget finem suum quare creata erat

In Deo Christo

(Testamento. "Morto nella pace della fede cattolica. La mia vita fu Cristo e la morte, un guadagno. Aspetto la misericordia del Signore e l'inseparabile pienissimo possesso del Sacratissimo Cuore di Gesù - Ivan Merz beato in refrigerio e in pace. L'anima mia raggiungerà il fine per il quale fu creata. In Cristo Dio).

 

Dalle righe del suo epitaffio - testamento traspare la serenità con cui sapeva di andare incontro alla morte. Non provava angoscia dinanzi al mistero che sconvolge ogni essere umano, ma serena speranza e sicura fiducia nei beni eterni promessi a quelli che credono. Le tre virtù teologali, fede, speranza e carità, da lui praticate in vita, sono ancora una volta professate solennemente poco prima della sua definitiva partenza.

La mattina del 25 aprile 1928 si recò di buon ora per l'ultima volta nella chiesa a lui cara del Sacro Cuore di Gesù, dove assistette alla Santa Messa e fece la Comunione e, poi, tranquillo si recò alla clinica otorinolaringoiatra di via Draskovic. Portò con sè il Messalino, le meditazioni di padre Meschler, gli appunti con i propositi dei suoi ultimi esercizi spirituali e il Rosario. L'indomani, 26 aprile, venne operato dal professor Masek. La ferita non si rimarginava e Ivan perdeva sangue. Si dovette ricorrere a mezzi artificiali per fermare il sangue, ma la temperatura corporea del paziente si alzò e comparve il mal di testa. Passarono così alcuni giorni ma niente faceva temere il peggio. Molti amici andarono a trovare Ivan in clinica, e a tutti dava esempio di gran pazienza nel sopportare i dolori che andavano sempre più aumentando. Uno dei visitatori cosi descrive l'incontro con Ivan in clinica: "Gli chiesi se aveva sofferto durante l'operazione. Mi rispose  che l'anestetico non aveva avuto un effetto completo per cui aveva sentito quando il medico operava, ma s'era sforzato di pensare alle gioie del cielo. Quando gli espressi il mio timore di perderlo, mi disse: 'Ma cos'è morire?! Dopo la morte ci troveremo nell'altro mondo dove tutto sarà bello e gioioso'! Pronunciò queste parole in maniera da farmi rimanere perplesso. Scaturivano dal profondo del suo essere. Ebbi l'impressione che morire era per lui come passare da una stanza all'altra. Il tono delle sue parole rivelava la sua sicurezza d'incontrarsi con Colui per il quale aveva speso la sua vita."

 

 

 
LE CAMPANE  DELLA CATTEDRALE DI ZAGABRIA


 

Ivan andò sempre più peggiorando. L'infiammazione dei cavi mascellari gli provocò un'infiammazione della meninge che andò sempre più estendendo.

Riceveva con gran devozione la S. Comunione, quando gli era possibile. La malattia lo privò della parola e poi gli paralizzò l'intero lato destro del corpo. I medici facevano di tutto per salvargli la vita, ma tutto fu inutile. La domenica 6 maggio lo diedero ormai per spacciato, ma la robusta fibra di Ivan resistette ancora. Nel pomeriggio di quel giorno il suo confessore, padre Vrbanek, gli impartì l'estrema unzione alla presenza del padre e di alcuni suoi amici. Gli chiese poi se desiderava dire ancora qualcosa. Ivan fece segno di sì con la testa perché ormai non poteva più parlare. Il confessore che ormai indovinava i suoi pensieri, gli chiese: "Vuoi offrire la tua vita per la Lega Aquilina Croata, non è vero"? Gli occhi di Ivan s'illuminarono e con il capo fece segno di sì.

Si trovava in quei giorni nei pressi di Zagabria il nunzio apostolico mons. E. Pellegrinetti, che, appena informato della malattia di Ivan, si recò subito in clinica e gli impartì la sua benedizione.

La sera dello stesso giorno Ivan riceveva il telegramma con la benedizione del Papa Pio XI a firma del cardinale Gasparri: per lui, che tanto amava il Papa e per il quale tanto aveva lavorato, fu un gran conforto.

Uno degli amici di Merz, il dr. Kniewald, che negli ultimi giorni gli fu costantemente vicino, ci ha lasciato questa testimonianza sulle sue ultime ore di vita: "Ivan era cosciente e osservava tutto, ma poteva reagire soltanto chinando la testa. Più tardi poteva solo far cenno con gli occhi. Spesso lo tormentavano forti spasimi che gli facevano perdere la conoscenza. Ritornato in se, riconosceva di nuovo quelli che gli stavano attorno...Ogni tanto prendeva la mano del padre con la sua sinistra, se la stringeva e se la portava alla guancia. Spesso gli davamo a baciare la croce".

"Le ultime due notti vegliò con lui una suora; durante il giorno gli restava vicino un sacerdote. L'ultima notte vegliarono a turno mons. Beluhan, padre Ambrogio Vlahov O.F.M e padre M. Pavelic S.J. La mattina del 10 maggio era al suo capezzale mons. Beluhan, mentre noi altri pregavamo con le lacrime agli occhi e con voce tremante. Erano presenti i medici e le suore, suo padre, il dr. Kniewald e il dr Protulipac".

"Il respiro di Ivan diventava sempre più lento, il polso sempre più debole. Egli giaceva quieto. A un tratto spalancò gli occhi, dai quali venne giù una lacrima. Fissò lo sguardo in un punto lontano, tranquillo, fiducioso, sicuro; ancora un respiro, ancora una piccola appena percettibile scossa e Ivan Merz rese la sua nobile anima all'Altissimo. Noi l'inginocchiammo, mentre mons. Beluhan pregava:' L'eterno riposo dona a lui, Signore...". La notizia della morte si propagò con la rapidità del fulmine. Poco tempo dopo cominciò a suonare la campana della cattedrale di Zagabria, annunciando al Paese che uno dei suoi figli migliori aveva lasciato questa terra".

La campana della cattedrale di Zagabria non aveva mai suonato fino allora per annunciare la morte di un laico, ma solo quando moriva l'arcivescovo, il suo ausiliare o qualche membro distinto del capitolo del Duomo. Per Ivan si fece un'eccezione e questo dimostra quanta fosse grande la stima che le autorità ecclesiastiche avevano per la persona, la vita, l'attività, di questo giovane professore di 31 anni e 5 mesi. "Avevamo tutti la sensazione che non fosse successo qualcosa di terribile, ma di grande: era morto il dr. Merz. Eravamo convinti che egli avesse offerto la sua vita per qualcosa", ha raccontato la signora Vittoria Svigir, rammentando quei giorni.

E'impossibile descrivere il dolore dei genitori che avevano perso il loro unico figlio e il sostegno sperato della loro vecchiaia. Erano muti, come colpiti dalla folgore. Ovunque non si parlava d'altro. Da ogni parte cominciano a pervenire ai genitori telegrammi di condoglianze, onde il personale dell'ufficio postale si chiedeva meravigliato chi fosse morto.

 

 

 

UNANIME COMPIANTO


 

Ai funerali, svoltisi nel pomeriggio di domenica 13 maggio al Mirogoj (il cimitero principale di Zagabria), partecipò una folla immensa: si può affermare che intervenne tutta la Zagabria cattolica. Giunsero da tutte le città della Croazia e anche dalla Bosnia rappresentanze delle organizzazioni cattoliche. Ci volle un'ora buona solo per organizzare il corteo formato dalle varie congregazioni mariane e da altri sodalizi, da tutti gli allievi del ginnasio arcivescovile e del seminario greco-cattolico. Seguiva l'orchestra della Lega Aquilina Cattolica con tutti i membri della Lega sia del ramo maschile che femminile. Innumerevoli le ghirlande di fiori. Seguivano quindi i sacerdoti diocesani e regolari in numero imponente. Dietro veniva il feretro portato a spalle dai giovani Orli (Aquile), seguito dal padre e dagli altri parenti. La mamma, distrutta dal dolore, era rimasta a casa. Seguivano, quindi, autorità religiose e civili, il vescovo ausiliare mons. Salis, il console francese e numerose altre personalità.

Molti erano i professori d’università. Venivano ancora le associazioni e dietro una folla di persone incalcolabile. Numerosi oratori presero la parola nel corso della cerimonia funebre e, infine, al canto del coro "Branimir" il feretro fu deposto nella tomba.

 

 

 

GRAZIE, AQUILA DI CRISTO:

CI HAI MOSTRATO LA VIA VERSO IL SOLE


 

Nei giorni seguenti al funerale si susseguirono senza numero le Messe di suffragio a Zagabria e in altre città della Croazia. Numerosissimi articoli commemorativi cominciarono a riempire le colonne dei giornali e delle riviste. Si descrivevano e si commentavano la vita e l'opera d’Ivan Merz.

Un torrente d'inchiostro mise in luce la sua grande personalità. Tra le testimonianze riportiamo quella del poeta croato Ton Smerdel nel giornale  "Nedjelja" (La domenica) del 18 maggio 1930: "Ci sono poche persone le quali con l'opera e la parola hanno così profondamente agito su di me e mi sono state di modello come Ivan Merz. Da ogni suo gesto, dallo scritto, dalla parola emanava un fascino che avvinceva perché scaturiva dallo splendore della sua anima circonfusa della Grazia divina. Questo suo influsso perdura anche oggi. Egli sapeva trasformare i giovani in apostoli e testimoni di Dio". Quattro anni dopo la morte d’Ivan il dr. Dragutin Kniewald ne scrisse la prima grande biografia "Il dr. Ivan Merz - vita e attività". Per il decimo anniversario della morte uscì un'altra opera del titolo "L'uomo di Dio della Croazia", contenente una raccolta di saggi sul dottor Merz. Una nuova biografia fu pubblicata nel 1943 del padre spirituale di Ivan, padre Vrbanek, dal titolo "Il cavaliere di Cristo - Ivan Merz".

Numerosi furono ancora nel corso degli anni successivi gli articoli e i saggi apparsi soprattutto sulla stampa cattolica, specialmente in occasione degli anniversari della sua morte. Nel 1941 era pure stata stampata la biografia in ungherese. Per il 75'mo anniversario della nascita, nel 1971, fu pubblicata un'altra ampia biografia "Il combattente delle bianche montagne."

Ma sono soprattutto i membri della Lega Aquilina Croata a conservare vivissimo il ricordo di Ivan verso il quale di tanto erano debitori in fatto di formazione. Indicativa fu la corona che posero sulla tomba con la scritta "Grazie a te, aquila di Cristo, che ci hai mostrato la via verso il sole". In occasione del secondo anniversario della morte del figlio, i genitori  ne fecero traslare le spoglie nella tomba di famiglia che s'erano fatta costruire. Sulla lapide vi è questa scritta: "Qui riposa in Cristo Dio suo il Dr. Ivan Merz 16.XII.1896 - 10.V.1928. Per figlio devoto della Chiesa cattolica la vita era Cristo e la morte un guadagno. In attesa della misericordia del Signore e del riposo eterno nel Cuore di Gesù". Ora nella stessa tomba riposano anche i genitori di Ivan.

 

 

 

GRAZIE, MAESTRO NOSTRO


 

Nell'introduzione alla biografia d’Ivan Merz della professoressa Djurdjica (Giorgetta) V.: "L'uomo di Dio della Croazia", l'autrice si rende interprete dei sentimenti di gratitudine della gioventù croata verso il loro grande amico e fratello.

"Grazie a te per averci insegnato come si ama Cristo con fedeltà. Grazie a te per averci mostrato tutta la dolcezza del convito eucaristico, tutta la forza vitale della manna divina, tutta la bellezza dell'amicizia col buon Pastore e sposo delle anime.

Grazie a te, che ci hai insegnato a guardare Cristo nel suo corpo mistico, nella sua santa sposa, la Chiesa cattolica. Grazie a te per averci fatto capire che non possiamo essere cattolici senza amare il Papa, i vescovi e i sacerdoti. Grazie a te per averci aperto il cuore verso di loro, attraverso i quali parla a noi lo stesso Spirito Santo. Grazie a te se oggi capiamo che amando loro dimostriamo amore e rispetto a Dio e disprezzando loro disprezziamo il Signore". 

"Grazie a te, se guardiamo nell'unto del Signore, non il misero peccatore, ma un altro Cristo, che con le sue parole rinnova il sacrificio del Calvario e dalle cui mani consacrate riceviamo il Pane di vita. Grazie a te che c'insegnasti a proiettare tutti i nostri desideri e le nostre preoccupazioni nell'eternità; che ci suggeristi di rivolgere a Dio i nostri cuori irrequieti e di colmare l'infinito vuoto del cuore con l'immensità di Dio.

Grazie per tutto questo, caro amico nostro. Grazie per averci allargato il cuore in maniera da abbracciare tutti gli uomini, tutti i nostri fratelli, il mondo intero. Grazie a te che ci hai aiutato nella comprensione di quelli che ci odiano e ci perseguitavano e ad essere umili e mansueti, a godere con chi gioisce, a partecipare le sofferenze di chi è nella prova. Grazie a te se ora cantiamo l'inno del Poverello d'Assisi della gioia e del ringraziamento per il sole e le stelle, per la piccola formica e il filo d'erba".

"Grazie per tutto questo. Il Signore ti ha donato alla Croazia, nostra Patria, facendoti uno di noi. Siamo vissuti con te, ti abbiamo visto e ascoltato per anni. Eri come noi eppure di tanto superiore a noi. Sei stato una creatura di grazie speciali e di amore divino. Sei stato un’anima verginale ed eucaristica. Per te ringraziamo il Re della gloria. Non nascono ogni giorno i santi, eppure noi n’abbiamo avuto uno nella nostra organizzazione, alla quale hai lasciato un tesoro prezioso, un'incorruttibile eredità. Caro e santo fratello Ivan che per noi hai offerto la tua vita al Signore dei secoli, ti promettiamo di custodire sempre fedelmente la tua eredità e che, come te, vivremo per Cristo e il suo Regno".

 


 

 

VERSO GLI ALTARI


 

La lucerna accesa va posta sul lucerniere. Già in vita Ivan Merz era ritenuto in concetto di santità. Dopo la sua morte la fama di santità si divulgò rapidamente con la conoscenza dei particolari della sua eroica vita cristiana. I fedeli cominciarono a rivolgersi a lui per grazie e favori, rimanendo esauditi. I casi di guarigioni non si fecero attendere. Ne riferiamo uno clamoroso che ha avuto come protagonista Anica Ercegovic.

All'età di 19 anni Anica Ercegovi_ (Annetta) si ammalò di tubercolosi polmonare, di artrite e di violento reuma in tutto il corpo. Per sei anni si cercò di curarla ma senza risultati. Venne visitata da molti medici, prese tante medicine, ma a niente giovarono. Nel 1930 si recò sulla tomba di Merz e lo pregò ardentemente di aiutarla. La sua preghiera fu esaudita. Ella tornò a casa perfettamente esaudita. Da quel giorno fino ad oggi (1973) sono passati più di 43 anni e Anica non è più stata malata, non solo, ma non ha mai preso neppure una medicina.

In tutti questi anni ha eseguito lavori in casa e in campagna per 16 ore al giorno. Dopo la guarigione ricevette un attestato di guarigione dal medico in cui era dichiarata perfettamente sana, attestato rinnovato nel 1958.

 

Oltre a questo caso, molti altri sono stati segnalati, non solo di guarigione, ma anche di grazie di qualsiasi genere. La fama di santità, unitamente alle grazie ottenute per intercessione di Ivan Merz, spinsero le autorità ecclesiastiche ad avviare il processo per la sua beatificazione, apertosi il 10 maggio 1958. Dal 1986 il processo continua a Roma, alla Congregazione per le cause dei santi.  Nel 1998 la Positio è terminata e fu discussa nel 2002. Il  5 luglio 2002 fu promulgato nella presenza del Papa Giovanni Paolo II. il “de heroicitate virtutum” sulla eroicità delle virtù del venerabile Servo di Dio Ivan Merz.