C a p i t o l o  IV

 

                                    NELL'ACCADEMIA MILITARE DI WIENER NEUSTADT

                                                        (settembre-dicembre 1914)

 

 

            Ivan voleva seguire l'esempio del dr. Ljubomir Marakoviæ e diventare professore e educatore come lui. Questo rispondeva alle sue doti naturali, alle sue preferenze culturali e ai suoi ideali religiosi. Per poter iscriversi alla facoltà di filosofia (Lettere) come uditore ordinario, doveva sostenere l'esame di latino che non aveva studiato nell'Istituto tecnico (Realka).

            I genitori però volevano che egli si iscrivesse all'Accademia militare, dove non avrebbe dovuto stancare troppo gli occhi per cui aveva tanti problemi. Alla madre poi arrideva la carriera militare del figlio: ella già lo immaginava presso lo stato maggiore. «Ho litigato un po' con la mamma: ella sogna che io finirò nello stato maggiore, il che non risponde ai miei principi. E' terribile, quando mi si costringe a scegliere secondo la loro volontà!» (Diario, 21 giugno 1914). E il 17 giugno aveva scritto: «Voglio vivere per la mia materia preferita, anche se sarò eternamente povero... Evviva l'arte!». Ivan tuttavia dovette cedere alle insistenze dei genitori. Per farlo accettare in accademia, nonostante la sua debole vista, gli amici del padre hanno fatto di tutto. Nel diario dell'11 settembre 1914 scriveva con rassegnazione: «Domani andrò all'Accademia». Il padre lo accompagnò a Wiener Neustadt. In primo luogo sostenne l'esame di ammissione, dimostrando la sua ottima preparazione e suscitando l'attenzione di tutti per il suo sapere. Nel congedarsi dal padre, Ivan gli lanciò uno sguardo così triste che il padre poi ricordava con tanto dolore.

            Il 21 settembre Ivan scrive brevemente al padre. Dice di non essersi ancora fatto un giudizio sull'Accademia. «Oggi un accademico si è sparato. Tra gli accademici c'è gente terribilmente idiota, ma anche uomini abbastanza giudiziosi. Uno addirittura legge Plutarco e Tacito, ma solo per leggere».

            Ma quattro giorni più tardi Ivan si confida con l'amico Nikola Bilogriviæ, che studia teologia a Sarajevo (v. infra, B, 1). Contemporaneamente scrive una cartolina al prof. Marakoviæ, informandolo degli esami sostenuti e dell'ambiente e chiedendo informazioni su alcuni libri. Marakoviæ risponde prontamente il 28 settembre (v. infra, B, 2).

 

            Intanto Ivan registra nel Diario ciò che vede e sente: ne emerge un profondo contrasto tra la sua sensibilità umana e religiosa e la corruzione morale dell'ambiente dell'Accade­mia. Egli piange, soffre, alla fine decide di scappare. Sente soprattutto la mancanza della confessione e della Comunione, e lo rattrista soltanto se si rende conto di aver fatto qualcosa di male. Per il resto, non gli manca il buon umore nemmeno in prigione, dove è contento di poter leggere sull'Arte di pregare. «Pregare e essere uniti a Dio, è l'opera di tutta la vita!»

            I suoi orizzonti non si restringono entro i muri della caserma. L'esercito - dicono -dovrebbe essere il portatore del patriottismo. «E chi è il portatore del patriottismo!? Certamente non colui che non riesce a domare le proprie passioni. Mia cara...Austria, se i portatori del patriottismo saranno tali anche in avanti, noi andremo dietro le orme dei Romani... E che cosa fa la mia cara Croazia?... Gente buona e onesta...Ma le città della Croazia e della Bosnia sono corrotte. Molto male proviene dall'Europa... La corruzione dalle città penetrerà nella campagna, e allora addio Croazia! No, se noi nel tricolore rosso-bianco-azzuro intrecceremo la croce ardente che distruggerà tutto il male e illuminerà il bene, allora la Croazia compirà il suo ruolo nella storia mondiale. Dio lo voglia!» (24 ottobre 1914). Merz è convinto che «della sorte dei popoli non decidono i campi di battaglia, bensì la vita spirituale e morale del popolo» (8 dic. 1914).

            Ivan prende i primi contatti con l'associazione universitaria "Hrvatska" ("Croazia"): «E' un piacere uscire dall'ambiente in cui si vive solo nell'erotismo e per l'erotismo, e venire tra gli uomini e donne che lavorano per un'idea e che vivono onestamente e nobilmente. Sì, è superfluo parlare della grandezza e della bellezza della vita cristiana» (7 dicembre 1914).

            Avvicinandosi la fine della sua vita nell'Accademia, scrive: «Se Dio vuole, fra poco sarà la fine di questa vita da animali. Sì, quando sento parlare turpemente, quando le immagini brutte vogliono infiltrarsi nella mia anima, sempre nello stesso modo vedo l'immagine della Madonna col Bambino, quell'espressione bella e maestosa, quella concentrazione di tutto ciò che è sublime» (19 dicembre 1914). Infine, il 22 dicembre annota: «Termino il diario e spero, prego l'Altissimo, il quale ha stabilito il percorso del sole e delle stelle, lo sviluppo di ogni pianta e il compito di ogni formica, di mostrare anche a me per il futuro la via verso la Purezza, la grande Arte, a tutto ciò che è Sublime ed Eterno. Si desti di nuovo Faust che qui sembra essersi addormentato».

 

            Ivan non aveva scritto subito al padre del disagio in cui si trovava, ma passato un mese, il 14 ottobre decise di sfogarsi:

            «Caro padre! Sento un bisogno interiore di scriverti, sebbene mi sia deciso con molta difficoltà. Non so nemmeno io come iniziare. Qui vivo in mezzo agli uomini che pensano, parlano e agiscono in modo così basso che non so cosa fare. Ogni loro parola è una nuova offesa. Non potevo presentire di dover trovarmi in questo ambiente. Vedi che Ti sono pienamente sincero e Ti prego con tutto il cuore di consigliarmi che cosa devo fare».

            Questa lettera sorprese il padre, poiché questi non sapeva che la situazione nell'Accademia militare fosse così peggiorata. Cercò di calmare il figlio, consigliandogli di aggregarsi a quei colleghi che non erano come quelli di cui si era lamentato. Ma la sensibilità religiosa di Ivan, la sua cultura letteraria e artistica, la sua opposizione alla guerra come tale ed anche la sua giovinezza potenziavano sempre di più la sua insofferenza nei confronti della vita nell'Accademia militare, dove egli si sentiva solo e straniero. Pertanto, il 3 novembre scrisse al padre una lunga lettera, nella quale lo informava di essere stato a Vienna, dove aveva preso dettagliate informazioni sulle condizioni di vita degli studenti. Scrisse sui prezzi: quanto costa una camera, quanto i singoli pasti, quanto le altre spese (teatro, quaderni, caffé), concludendo che uno studente può vivere a Vienna bene senza spendere molto. C'è poi la questione della compagnia: basta dire che a Vienna ci sarebbe stata la frequenza di gente in contatto col prof. Marakoviæ e che egli stesso fu lì durante i suoi studi. «Mentre ero con loro sono stato veramente felice di essere finalmente una volta con uomini onesti e intelligenti». Del resto, il padre potrà rivolgersi al prof. Marakoviæ, il quale gli darà altre informazio­ni. Ivan quindi esce fuori col suo fermo proposito: «Io non voglio in nessun caso rimanere più nell'Accademia. Ci ho pensato bene. L'unica obiezione (alla mia uscita) sarebbe, che io qui mi svilupperò fisicamente. Non ci credo...Noi stiamo seduti nei banchi 7-8 ore al giorno. Più che nella scuola media... Si deve calcolare che dalle 10 alle 6, dunque 8 ore di sonno sono troppo poche per me. (La mamma lo sa benissimo). L'insufficienza di sonno - come ho notato - è almeno altrettanto nociva per i miei occhi, quanto il leggere alla luce della lampada. Credo di aver addotto sufficienti ragioni e spero che adesso Tu mi verrai incontro,  come a un bravo figlio, e mi permetterai di iscrivermi all'Università».


 

            Spiega poi come si può combinare l'iscrizione prima che abbia fatto l'esame di latino, e conclude: «Questo sarebbe tutto. Credo che la mamma e Tu sarete d'accordo. Se no, non so se mai nella vita sarò contento».  

           

            Durante le vacanze di Natale, Ivan andò a Banja Luka col fermo proposito di non tornare più nell'Accademia militare. Per non rovinare le feste ai genitori, all'inizio non disse nulla. Dovendo ritornare a Wiener Neustadt, espose al padre la sua decisione di studiare qualsiasi cosa avessero stabilito pur di non ritornare nell'Accademia. Il padre era già preparato dalle lettere di Ivan, ma era più difficile con la mamma. Alla fine anch'ella cedette perché desiderava che suo figlio fosse felice nella vita. Anche Ivan cedette per amore della mamma, promettendo che si sarebbe iscritto alla facoltà di legge anziché a quella di filosofia che egli desiderava. Il padre prese allora l'uniforme militare e la inviò all'Accademia militare di Wiener Neustadt con l'informazione che Hans Merz non sarebbe rientrato più nell'Accade­mia.

            Per amore alla verità, bisogna anche rammentare che in seguito, trovandosi al fronte, gli ufficiali, colleghi di Ivan nell'Accademia militare, lo incontravano molto volentieri quale collega d'una volta. 


 

 

                                           A. Dal Diario di Ivan Merz: 21.IX.-22.XII.1914.

 

Wiener Neustadt, 21 settembre 1914.

            Ho fatto già un salto nella vita. Siccome sono entrato nell'accademia militare, vuol dire che devo diventare un buon soldato. Ma nel mio caso le cose stanno diversamente. Non ho mai avuto la voglia di fare il soldato, sono però venuto qua per alleggerire la vita ai genitori. Con questo modo di agire mi sono addossato due doveri che compirò in ogni modo: la continuazione degli studi letterari e artistici e il compimento del dovere militare. Vorrei essere soldato, ma qui non sono veri soldati. Il loro ideale non è qualcosa di irraggiungibile, ma vivere per l'imperatore. Se l'imperatore sbagliasse, essi sarebbero i suoi strumenti; Dio non è il loro ideale. In genere essi disprezzano la religione, e questo è normale, poiché non la conoscono. Per lo più sono Oberrealschüler e non hanno ricevuto alcuna educazione morale. Ce ne sono alcuni che dicono che non conviene frequentare i caffé e che ogni ufficiale deve avere una sua seconda occupazione, essi però non sanno il perché, non pensano alla transitorietà, al Creatore delle leggi della natura.

            Ho scritto già parecchio e alcune cartoline sono piene di odio verso tutto ciò. Anch'io adesso vedo il lato orribile di questo, ma non voglio entrare in tutto. La mia fede sembra debole, pare quasi scomparire il pensiero per quel che è bello, per la vita religiosa in genere. Ciò dipende dal fatto che non ho una compagnia con cui poter intrattenermi sulle cose più alte. Qui non posso fare la confessione, che tanto desidero, e ricevere la Comunione. Lo stesso sacerdote di qui non è profondo. In chiesa sostiene che per il soldato sono necessarie queste tre cose: virtù, laboriosità e religione. Come se il soldato fosse un altro uomo. Virtù, laboriosità e religione - non è logico. La religione contiene tutte le virtù.

            Un accademico si è ucciso... Il loro ideale è essere soldato, non si pensa al perché e al come. Quando questo ideale viene meno, non sapendo lo scopo della vita, si rifuta di vivere. La vita non è godimento, bensì sacrificio.

 

Wiener Neustadt, 14 ottobre 1914.

            Non ho scritto da tanto tempo. Sono trascorsi già 14 giorni e mi sono fatto un'idea della vita (qui). Non pensavo affatto che ci potessero essere uomini come questi. In un primo momento sono rimasto inorridito a causa di tutto ciò, anzi ho pianto. 

 

Wiener Neustadt, 15 ottobre 1914.

            Sì, proprio mentre scrivevo ieri, mi hanno interrotto con una ironia volgare e con attacchi abbastanza bene combinati, così che qualche volta non riuscivo a cavarmela. Oggi mi sono meravigliato di questo, perché gli attacchi erano terribilmente superficiali. Anzi, quando, supponendo che conoscessero i fondamenti della storia culturale, dicevo che nostri ideali devono essere l'égalité, fraternité, liberté, mi sono saltati addosso dicendo che il frutto di queste è la rivoluzione. Non riconoscono nemmeno un lato buono della rivoluzione. Anzi, non ho potuto dimostrare loro alcunché. Anche il più stupido mi guarda con compassione, perché ho detto che la guerra è una bestialità e che sono contro la guerra. Quando ho citato Berta Suttner,[1] nessuno di loro ne aveva sentito parlare. Frequentano la scuola superiore militare, e sanno così poco. Anche se loro fossero per la guerra e contro la religione si potrebbe dire: è una disputa su una questione culturale, e in fondo sia essi che io perseguiamo il bene. Ma «l'albero si riconosce dai frutti». Nei momenti più elevati emerge di più la bassezza degli uomini. C'è stata la rassegna (Ausmusterung). Gli ufficiali hanno giurato che sacrificheranno tutto a Dio, all'imperatore e alla patria, mentre tutti i colleghi si sono ubriacati come bestie. Qui si bestemmia Dio in croato, si dicono porcherie, si vomita e si sputa sul pavimento. Alcuni stanno seduti per terra e bevono "sciampagne" dalla bottiglia. Si, sono quegli stessi che ieri mi canzonavano perché studio il latino, perché aspiro alle cose non materiali. Non posso descrivere tutto quello che c'è qui. Se avessi potuto scrivere il diario regolarmente, si vedrebbe quanto ho sofferto all'inizio e quanto ho pianto a causa di questa corruzione. Il male peggiore è la trascuratezza. Per liberarli dai loro mali, io li costringerei ad un duro lavoro. Il lavoro è necessario.

            «Alma Mater Theresiana - ha detto Belmont nel discorso. Qui c'è solo il male. E' il focolare di immoralità e della rovina dell'Austria. Non penso che (questi) uomini si correggeranno. Per mantenere nobile almeno quello che ancora regge, bisognerebbe creare delle forti organizzazioni clericali (=cattoliche). Senza di esse non si ottiene nulla.

            Durante questo tempo che sto qui, ho fatto abbastanza. Stanco dopo le esercitazioni, ho finito una parte dell'analisi del Dim (Fumo), ho letto König Lear der Steppe, qualche cosa da Balzac di Brunetière e un ...[2]  da Langescheidt. Ho scritto a Ljuba, il quale mi ha risposto (inviandomi) l'indirizzo del Turgenjev, dal quale traducevamo all'esame di maturità, e del Die Kunst zu beten. Con i colleghi regolarmente scambio la corrispondenza.  Il mio Ante è stato arruolato. Penso quanto lui è buona e nobile e quali sono i miei colleghi di qui. Plach, Köhler e Kratena sono stati al confine in Schutzcorps. König viene qua la domenica (prossima).

            Dopo aver vissuto in questo sozzo ambiente, mi sono sentito gradevolmente quando con Kovaèeviæ ho visitato la tomba di Zrinjski e Frankopan.[3] Si attraversa il viale dei tigli. Verticalmente a questo, a destra e a sinistra, sono i viali di cipressi e ai lati di questi si trovano le tombe con iscrizioni. "Hier liegt die Familie... Friede...". Chiedo al custode informazioni sulla tomba di quelli, ed egli in dialetto balbetta qualcosa su di un certo maggiore di artiglieria. «Benedetto uomo, quegli eroi croati Zrinjski e Frankopan, dove riposano?» - «Come, come?» - «Frankopan», dico io. - «Ah, si, Frantischpan», e ci condusse là. La tomba si trova in fondo al viale, presso il muro. Dall'altra parte del muro, dalla fabbrica esce con impeto il fumo nero, mentre sopra la testa ronza l'aereo. Sulla tomba c'è la lapide con l'iscrizione: Le ossa di Zrinjski, bano di Croazia, e Frankopan. Tutto in latino. Sulla tomba c'è una corona di fiori appassiti, con un drappo su cui sono ancora visibili le tracce dei colori della bandiera croata, il ricordo che qui sono state delle persone buone ed hanno espresso verso i loro eroi quell'amore che si può ancora dimostrare alle spoglie mortali. Le loro ossa riposano sotto i tigli e i cipressi, nel rosso del crepuscolo che si mescola con il nero del fumo. Gloria a voi, onesti Croati! Anche un cuore di pietra scoppierebbe in pianto nel veder perire gli uomini buoni. No, non sono morti, essi vivono ancora nella memoria dei Croati onesti. Dal loro sangue fioriscono e fioriranno i fiori, le rose. Mi allontano dalla tomba con Kovaèeviæ. Egli ha fatto un atto di saluto e mi ha detto di recitare un "Padre nostro" per questi eroi. Siamo usciti dal cimitero, era ormai buio, e su proposta di Kovaèeviæ siamo entrati nell'antica chiesa (vicina). Dentro tremolava la luce gialla vespertina, la quale ci permetteva di scorgere soltanto delle ombre parallele - le punte alte dei banchi. Dietro la chiesa incontrai un Croato, e K. che poco prima aveva suggerito di recitare  il "Padre nostro", si dilettava di "anneddoti scandalosi" di quel Croato.

            Oggi è l'onomastico della mamma: la buona mamma e il buon papà. Mi amano ed io amo loro e ho descritto[4] loro con sincerità la mia situazione, ma essi non accennano nemmeno che mi toglieranno da qui. Io scapperò. Addio - basta per oggi.   

           

Wiener Neustadt, 24 ottobre 1914.

            Eccomi in prigione. Mi ha proprio sgridato un certo capitano perché ho detto che qui è permesso studiare le lingue. E mi ha preso Dim, Lohengrin e Brunetière, che avevo preso con me per leggere. L'ho fatta lo stesso, perché nei pantaloni ho Die Kunst zu beten e cioccolato. Occuparmi di questo per due giorni non è molto. Pregare ed essere uniti con Dio è l'opera di tutta la vita. Ma ecco: è entrato un soldato, un Croato del 16E reggimento e subito ci siamo sentiti vicini. Anch'egli dice che a causa di questo capitano è stato parecchio in prigione. […]

            Io, però, in questa prigione mi sento benissimo; ma se penso che König ora sta viaggiando col treno e fra poco sarà a Wiener Neustadt, città del sangue, e non mi troverà alla stazione, nonostante che mi abbia telegrafato, su mia proposta... Questi signori non hanno un po' di cuore per permettermi di avere qualche notizia dei miei genitori. I libri che egli ha portato con sé, li dovrà portare indietro, mentre la mamma e il papà che sospiravano di sentire da un testimone oculare qualche notizia su di me, rimarranno delusi. Non importa, soffrirò un po', mi assalgano pure i superiori, io tuttavia rimarrò sereno nell'animo. Mi rattristo soltanto e soffro quando mi rendo conto di aver fatto qualcosa di male. Qualcuno mi adira ripetutamente, ed io, nell'ira, gli scaravento la sedia e, io stesso non so come, lo chiamo porco. - Dio non permettere che avvenga qualcosa del genere! Poi, una volta ho detto una bugia; questo non succederà, non deve succedere più. Ho detto al capitano S. che non sapevo che si andava all'ispezione del battaglione, in realtà invece mi era noioso andarci. Ci sono state molte altre cose e sento che dovrei andare alla confessione per scaricarmi del peso dei peccati e un desiderio assillante mi spinge verso Colui che è così buono e giusto, così mite e mi si dà in cibo. Come farò qui (a nutrirmi di Lui)? Quando andrò all'università - volesse Dio! -, allora potrò realizzarlo con i nostri studenti. Sarà una compagnia buona e nobile, guidata da un solo pensiero, la quale non si arrotola nel fango come bestia; (e non una compagnia) che con la sua noncuranza rifiuta tutto ciò che è Grande, il popolo, lo Stato e l'umanità. E a causa di questi uomini io sto qui (in prigione), e tuttavia sono contento di esserci, pur essendo lontano da loro e sapendo di soffrire per una causa nobile.

            Però, sono nell'esercito. Che cosa è l'esercito? Esso dovrebbe essere il portatore del patriottismo. E chi è il portatore del patriottismo!? Certamente non colui che non riesce a domare le proprie passioni. Mia cara... Austria, se i portatori del patriottismo saranno tali anche in avanti, noi andremo dietro le orme dei Romani... E che cosa fa la mia cara Croazia? Purtroppo, guardo, osservo. La storia del mondo mi insegna a guardare pessimisticamente, sebbene nella storia mondiale veda una sola motivazione religiosa della lotta: la lotta per la giustizia e verità. La lotta per o contro Dio, la lotta dell'elemento buono e di quello cattivo, come dicono le mitologie. Il popolo della Croazia e della Bosnia è ancora incorrotto. Speriamo il bene. E' gente buona e onesta. Un bel folclore. I canti popolari sono i primi nel mondo. Ma le città della Croazia e della Bosnia sono corrotte.  Molto male proviene dall'Europa. Anzi l'arte nazionale croata si sta infettando da correnti erotiche, malate, moderne; anche Meštroviæ.[5] Vi entrano però anche molte cose buone: Turgenjev, Ljermontov, Manet, Courbet, Corot. Dai Tedeschi vengono molte cose utili per lo sfruttamento del suolo. La corruzione dalle città penetrerà nella campagna, e allora addio Croazia! No, se noi nel tricolore rosso-bianco-azzurro intrecceremo la croce ardente che distruggerà tutto il male e illuminerà il bene, allora la Croazia compirà il suo ruolo nella storia mondiale. Dio lo voglia!

            Siamo in guerra con la Russia. Popolo grande, quando il cesarismo sarà crollato con gran fracasso, per te sorgeranno i giorni di luce. Stai guerreggiando e affogando nel sangue per i tiranni.

 

Domenica, 25 ottobre 1914.

            Mi trovo in prigione esattamente da 24 ore. Rido di me stesso. Questa prigione dovrebbe migliorarmi, intanto ci sto meglio del solito. Ho ricevuto tanto cibo come non mai nell'accademia. I soldati mi hanno portato tanto che non ho potuto mangiare e il soldato Croato, che si è affezionato a me, mi ha portato alle 4 un cornetto e poi il cornetto con il pane. Sono proprio buoni questi Croati, volentieri fanno la carità a tutti. Con questo soldato ho parlato del Sabor (parlamento), dei deputati, dei Magiari. Egli pensa come tutti i Croati. Mi dice che qui nell'accademia ci sono parecchi Croati; naturalmente li conosce tutti perché sono stati in prigione.

            Ho dormito su un banco relativamente molto bene. Per un'ora ho passeggiato sotto la sorveglianza del capitano. Si è scusato davanti a me dicendo che ieri non intendeva sottovalutare le lingue e le opere, ma che per un soldato questo serve solo come divertimen­to. Pertanto mi ha mandato una quantità di libri militari. Li ho messi nell'armadietto. Non voglio tormentarmi (con questi) finché non riceverò una risposta positiva dai genitori.

            Questo pomeriggio ho dormito bene. Mi sono reso eterno scrivendo poesie sulla porta, creando i versi, disegnando; attraverso la finestra ho parlato con un Oberschüler imprigionato. La maggior parte di tempo ho letto Die Kunst zu beten. E' per la seconda volta che leggo questo libro. Da principio non mi sembrava gran che, però quanto più lo studiavo tanto più sentivo la finezza della logica e del senso religioso dell'autore.

            Proprio ora è entrato un soldato e mi ha fatto interrompere la scrittura. Gli chiedo se sa scrivere. Ha frequentato la scuola per quattro anni; ha preso la matita, l'ha inumidita ed ha scritto qualcosa in modo telegrafico. Sa perfettamente telegrafare. Anzi sua sorella gli scrive delle lettere con segni telegrafici.

            Come sono abili questi Croati. E' un semplice contadino e ragiona così bene. In questo Croato - come il Ðalski nel Stari pandur (Il vecchio gendarme) - vedo il destino della Croazia. Dice: «Se fossi rimasto presso il reggimento, sarei caporale, io però non voglio comandare agli altri, preferisco ubbidire». E' tornato di nuovo e mi ha portato il cornetto con prosciutto e quando l'ho convinto che ero sazio, disse: «Io invece pensavo che avesse fame». Come è buona questa gente: darebbero tutto a chi non ha. Il 20E secolo deve imparare da questi uomini. "Revenons à la nature". Dai contadini attendiamo la rinascita della società.

            Adesso hanno cantato la serenata ad un alunno del II corso che è in prigione.

            Come è misero il corpo. Non mi son mosso fuori di questi quattro muri, eppure ho vissuto tanto. Lo spirito con le ali della libertà aleggiava nell'Infinito.

            Torniamo di nuovo al libretto Die Kunst zu beten.[…] Voglio meditare un po', ma non sono più così fresco come poco fa. Ho fatto esercizi fisici e sono stanco.

            La transitorietà è qualcosa di tremendo. Ieri a quest'ora son venuto qua, ed ora tutto è diverso di prima. Ricordo come viaggiando in treno verso Opatija sentivo che quei momenti luminosi sarebbero passati e che li avrei potuto solo ricordare. Così pure domani a quest'ora sarò fuori e penserò a questo momento... Le maggiori pene appaiono piccole nei ricordi. Tutto passa, anche «il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno». Sento questo nel fondo dell'animo. Forse ad ogni momento può venirmi un pensiero cattivo. E' la lotta tra il corpo e l'anima. Tutta la vita è una tale lotta tra questi due elementi; e con questa lotta ci avviciniamo all'Ideale della nostra vita: all'Altissimo.

            O Dio, Spirito Santo, dammi la forza per poter pregare, parlare col mio Creatore, Creatore delle meravigliose leggi della natura, con il Padrone dell'immenso cielo stellato, con la Verità eterna.

            «Das Gebet ist Religion». Io credo nel Signore Dio onnipotente; credo ch'Egli è lo spirito perfetto nella libertà della volontà e nella grandezza. Sono un minuscolo uomo. Ho la volontà libera, ma limitata. Il mio spirito è limitato. Ma quella piccola scintilla di Prometeo, la particella dell'opera dell'Altissimo, mi attira a Lui e ne documenta l'esistenza.

            Come l'uomo che non è ancora del tutto depravato desidera parlare con chi è più saggio di lui, così lo spirito con tutta la forza tende verso il perfetto, verso il grande Spirito. Nella preghiera parla con Lui ed Egli gli risponde così finemente che l'uomo pensa di respirare l'aria di alta montagna...Questo colloquio con l'Altissimo, questa relazione-riconoscimento dell'Altissimo è la religione. La religione senza preghiera è morta.

            La preghiera però non si misura secondo la lunghezza, né occorre leggerla dai libri; parlare dal proprio cuore, riflettere sulla Scrittura e sui piani dell'Altissimo è preghiera. Dio è spirito e poichè noi siamo fatti (anche) di corpo, il pensiero (rivolto) a Lui è corporale-spirituale. Affinché lo comprendessimo, è diventato Emanuele, simile a noi e noi possiamo pregare Gesù, e questa preghiera è più facile perché Gesù ci è più vicino.             

  

Lunedì, 26 ottobre 1914.

            Sono le quattro del pomeriggio. La sciocchezza - prigione - fra tre giorni terminerà ed io uscirò - migliorato. Ho dormito benissimo e questa mattina avevo fame: niente di strano perché ieri e oggi per pranzo ho avuto fagioli, che non ho mangiato. Dunque, ieri e oggi ho lasciato la metà del pranzo. Ho terminato di leggere Die Kunst zu beten; è un bel libro che invita a meditare. Un'altra volta, quando ritornerò qua, mi porterò dei racconti, cioccolato, pane, zucchero, ecc., così rifornito potrò godere più a lungo. Ho un po' freddo ai piedi, ma in futuro saprò rimediare. Oggi il soldato mi ha portato il suo sapone e l'asciugamano e il tappeto per l'inverno...

 

            (Comincia il II quaderno del diario)

Wiener Neustadt, 7 dicembre 1914.

            Nei miei pensieri ho esaminato abbastanza minutamente gli altri e per lungo mi immaginavo di essere solo io buono, mentre nei loro riguardi mi sono comportato abbastanza egoisticamente. Se avevo ricevuto qualcosa da casa lo nascondevo perché essi non me lo chiedessero. Non posso esporre logicamente tutto, perché intorno a me c'è chiasso.

            Ieri sono stato a Vienna. Sono partito già l'altro ieri con l'intenzione di recarmi al teatro per vedere Demetrius. Non l'ho fatto a causa della mia pigrizia e poca destrezza. Avrei dovuto stabilire in anticipo il piano per poter profittare del tempo trascorso a Vienna; lo farò nell'avvenire. A dire il vero, non posso dire che il mio soggiorno sia stato infruttuoso. Mi sono incontrato con i membri dell'associazione "Hrvatska"[6] e ho compreso quel legame che li unisce tutti. E' un piacere uscire dall'ambiente in cui si vive solo nell'erotico e per l'erotico, e venire tra gli uomini e donne  che lavorano solo per un'idea e che vivono onestamente e nobilmente. Sì; è superfluo parlare della grandezza e della bellezza della vita cristiana.

            Ho dormito da Plach e siamo andati da König. Siamo andati poi a farci una fotografia. Sarà un bel ricordo... Siamo poi andati alla Maria-Hilf per acquistare delle cartoline artistiche. Purtroppo, il negozio era chiuso. Allora siamo andati nella chiesa croata. Non ho potuto raccogliermi bene... Poi ci siamo recati alla mensa. Plach è stato invitato a pranzo. E' venuto anche Pelz. Con lui e con un altro siamo andati nella biblioteca slovena. Egli (Pelz) è bibliotecario presso Rešetar[7]... Siamo andati a "Hrvatska". C'erano König e Plach, un francescano slavista, il cappellano Pfleger, Strauch ed altri, alcune studentesse. Una dottoressa ha fatto la parte di "San Nicola" e ha distribuito i doni.[8] Tutto era così bello, naturalmente non potevano mancare scherzi politici. Si è suonato con "tamburice" (mandolini) e si è cantato. Di fronte a me stava seduta una bellissima ragazza dai capelli castani, con la camicetta verde-azzurra, pallida in volto. Era veramente bella. Da ogni suo sguardo traspariva la bellezza spirituale, la verginità e mitezza.

            O Dio, come mai mi trovo in mezzo agli uomini, senza cuore, per i quali le ragazze sono solo degli animali?

  

Wiener Neustadt, martedì, 8 dicembre 1914.

            Oggi è la festa dell'Immacolata Concezione. Di mattina sono stato in chiesa. Ancora una volta la predica era per i cattolici e non per gli uomini che non credono. E' quindi ovvio che deridono il sacerdote quando parla dello Spirito Santo che ha fecondato... A chi non crede questo sembra una stupidaggine. Il sacerdote parla della guerra senza alcuna profondità, invece di dimostrare che le guerre sono la conseguenza della lotta per la verità, che della sorte dei popoli non decidono i campi di battaglia, bensì la vita spirituale e morale del popolo. Bisogna indirettamente, ricorrendo alla storia e a tutto ciò che è bello, dimostrare loro, che si arrotolano nel fango, che sono brutti e presuntuosi, che non sanno che cosa è l'amore e la mitezza. C'è una grossa sfacciataggine nei confronti del sacerdote. Mentre egli legge il Vangelo, tossiscono, fanno chiasso ed egli è costretto a interrompere la lettura, finché non si calmano. Ma se non si calmano, li rimprovera dicendo che in ogni società onesta, mentre uno parla gli altri stanno zitti. Un'altra volta il sacerdote si avvicinò ad un alunno chiedendo perché rideva in chiesa; questi lo negò, ecc.

            Dopo la Messa sono andato in città dall'ottico per ordinare un paio di occhiali. I miei occhi sono molto deboli. L'astigmatismo del occhio destro è così grande che neanche con i miei occhiali di adesso le immagini si sovrappongono. Mi hanno scritto la mamma e il nonno. Sì, sono contento di andare a casa. Ad Ante è venuta in uggia la vita.  La vita è sacrificio. Šandor ha delle difficoltà. Oggi per circa quattro ore ho studiato il latino. Ho tradotto e imparato l'intero testo della quinta pagina, un estratto della storia del consolato, fino al tempo in cui un console veniva eletto dal ceto plebeo. Sì, lo stato romano era qualcosa di grande. La coscienza democratica esisteva 400 anni prima (di Cristo), ed era così forte come la coscienza costituzionale durante la Rivoluzione francese. I Romani hanno cacciato il loro re Tarquinio, come i Francesi hanno fatto con Luigi XVI. Il popolo vuole governare. Tarquinio esule (Luigi XVI) ricorse ad un monarca pregandolo di assicurargli il potere regale, perché c'era il pericolo che il movimento repubblicano varcasse anche negli altri stati.

            Ho letto il "Gral"; questo fascicolo è bello e voglio rileggere tutto, perché vi sono tante cose nuove e belle, per cui è necessario rivivere questi pensieri.

            Ho notato che si pecca di meno quando c'è più lavoro. Vorrei comporre inni al lavoro, fisico e meccanico, perché quando si lavora non si pensa al male; però non si pensa nemmeno all'Eternità. Tutto il nostro lavoro è forse il perfezionamento di Faust, il desiderio della conoscenza. Quel poco di lavoro meccanico che facciamo sarà un mezzo per il lavoro che ci perfeziona.

            Per me è impossibile rimanere qui. Voglio essere libero, voglio penetrare nelle profondità delle cose e non studiare quello che gli stessi docenti conoscono superficialmente. Studiando le scienze tecniche, devo ammirare la grandezza del Creatore che ha stabilito leggi così meravigliose; e non studiare solo quello che impiegheremo per sterminare i popoli non corrotti che hanno da rigenerare il mondo. La guerra è da imputare ai tiranni che opprimono i popoli, che opprimono la religione. L'uomo diventerebbe nichilista se non sapesse che vi sono milioni di intellettuali altrettanto tiranni, egoisti, per i quali l'"io" è tutto e gli altri niente. Per questo motivo il motto dell'uomo è: il lavoro pacifico, l'educazione di se stesso. - Oggi è giornata libera. Molti sono andati al "bordello".

 

Wiener Neustadt, 9 dicembre 1914.

            Per la prima volta oggi ho sparato. Sono un cattivo tiratore. Ho fatto un po' di latino e ho letto Livio. Sono arrivato fino al Coriolano; era veramente un eroe, ma meno di quanto lo sia in Shakespeare. Era persino quel vero corrotto patrizio che non vedeva l'ora che venisse la carestia per togliere al popolo, che odiava, quel poco di diritto: i tribuni popolari... Penso che Shakespeare abbia attinto a Livio.

            Qui comincio a sentire che qualcosa puzza di omosessualità. Se ne parla in modo strano.

            Io conosco tutto superficialmente; quando arriverà il tempo per potermi perfezionare.­

 

Wiener Neustadt, 10 dicembre 1914.

            Ieri abbiamo avuto solo una lezione e oggi due. Si studia molto. Abbiamo solo 4 giorni di congedo. Se Dio vuole, io l'avrò per sempre. Ho studiato il latino relativamente molto, ma ho imparato poco, perché la lezione è difficile. La lingua latina è meravigliosa­mente precisa. […].

            L'unico uomo, tra quelli conosciuti qui e che è degno di vivere, è certamente Klein. E' di bassa statura, sebbene si consideri alto, è un Italiano dai capelli neri. Tutto il giorno legge libri di storia, specialmente si interessa della storia egiziana. Mi sono reso conto che sa molto. C'è però in lui molto di particolarmente italiano. I suoi occhi neri non possono guardare gli altri negli occhi. Li fisso talvolta, ma egli abbassa le palpebre. Gli dico di guardarmi negli occhi, egli ci prova e di nuovo chiude gli occhi. Non possiede quell'eleva­tezza morale: la sua educazione è cattiva.  Avendo letto alcuni libri, sostiene che Gesù fa parte di una setta, d'altra parte ammira le antiche profezie. Ma egli non riflette su questo. Non ha colto quel luminoso corso della storia, quella gigantesca lotta per la verità. Loda i fatti storici, l'ordinamento dello stato (Catone, secondo lui, era il più grande Romano), e questo lo interessa. Nessuno ha richiamato la sua attenzione su quello che è in alto, che solo sussiste. Desidera iscriversi all'università. Forse un giorno gli si apriranno gli occhi.

            Sì, sì, B. è una canaglia schifosa. Ha un corpo sano, pieno di energia vitale - no, animale! -, tutto il giorno parla, pensa e fa le stesse cose.

 

11 dicembre 1914, alle 2 pomeridiane.

            Il mio cuore è agitato dai sentimenti. Ricordo Greta: il primo ballo, il primo incontro. I nostri scherzi e cose simili, le passeggiate sui colli e la lettura di Schiller, la cena nella loro casa, la scena presso il pianoforte, il primo bacio. I capelli castano-dorati...

            Quel che era brutto è passato. L'unico ricordo vivo è quella sedicenne ed io, della stessa età. Sì, il 18 (c.m.) avrebbe diciotto anni.

            Anch'io ho contribuito alla sua morte. Sono stato un animale. Questa sarà forse la causa più profonda per cui si è avvelenata. Per la sua cattiva educazione e perché in lei guardavano solo l'animale. Lei invece aveva molte buone qualità e molta intelligenza. Mi sorprendeva con la sua conoscenza della storia e della letteratura. Una volta, quando venne a Banja Luka, ci siamo incontrati davanti alla casa di Božiæ. C'era anche Pajiæ. Mi disse di aver finito di leggere Frühlingsfluten. Mi pare che quella sia stata la nostra ultima conversazione. La morte, la terribile morte, l'ha portata via.

            Altissimo, grande Dio, Ti prego, fa che la peccatrice che ha sofferto abbastanza in questo mondo, che è vittima della società corrotta, possa vedere almeno una piccola parte della Tua bellezza e che per lei non sia perduta la speranza.

            Sì, scriverò ai suoi genitori e alla sua buona, "cattiva" madre. La donna che, come qualcuno disse di lei, non mancava di spirito, ma che non aveva il fondamento morale. Una volta era bella, lo è tuttora, non si crea problemi di casa, è sempre allegra anche se è gravemente malata. Sì, lei è principalmente colpevole della morte (di Greta). Pur vedendo le sue qualità cattive, qualcosa mi attira a lei; vorrei riverirla e baciarle la mano. E' madre di Greta. Lei conosceva sua figlia meglio di tutti. Il padre è un gigante tedesco, ma un debole. La moglie fa di lui ciò che vuole. Egli soffre di più e - come ho sentito - trova consolazione nel vino. […]

 

11 dicembre 1914, la sera.

            Ci hanno letto che non si può andare in Bosnia. Per Natale devo ad ogni modo andare a casa. Ho già intrapreso vari passi. Ho fatto conoscenza con i Croati della Oberrealschule. Li ho conosciuti, non ho potuto studiarli più a fondo, ma che anch'essi siano di orientamento liberale, questo è un fatto.

 

13 dicembre 1914.

            Ieri ho consultato il medico per il cosiddetto nervosismo. Volevo ottenere giorni di vacanza. Il medico Mahan non si è interessato, ma - voleva spaventarmi - ha detto che mi licenzieran­no. Grazie. Ha preso un ostia di bromo ed io ho dovuto mandarla giù. A causa di questo ieri ho avuto sonno, ed anche gli occhi erano deboli, per cui non ho fatto niente. Oggi ho comprato gli occhiali che mi ha prescritto il sig. dr. Fröhlich. Ho buttato 10 corone a vuoto; infatti con gli occhiali non ci vedo niente. I miei occhi sono molto deboli. Dovrei avere qualche prisma, affinché l'immagine dell'occhio destro si sovrapponesse con quella dell'occhio sinistro.

            E' già buio. Dai miei cari genitori ho ricevuto generi alimentari; la mamma ha aggiunto anche dei soldi. Soffriranno quando sapranno che non andrò a casa per Natale. Il capitano Vojnoviæ e il tenente Stipiæ sono caduti in guerra. Peccato per il primo: era un ufficiale intelligente ed onesto. Una rarità.

            Ricordo i primi giorni trascorsi qui. Soffrivo molto.Stando a tavola con quelli del secondo corso, ero costretto ad ascoltare cose a cui non avevo mai pensato. Gettando il pane qua e là, tutto il tempo parlavano del prezzo delle donne e di altre porcherie. Mi sono allontanato da tavola molto adirato, piangevo perché ero costretto a vivere in una tale compagnia. Sotto questa impressione scrissi delle lettere sconfortanti a casa e agli amici. Si, mi sono abituato a tutto questo. Non mi ferisce più tanto se sento bestemmiare Dio o dire porcherie, anche se mi irrita molto. Cerco tuttavia di giudicare con prudenza, pensando alla causa di questo male: l'educazione.

            Molto critico gli altri, devo però riconoscere ciò che la natura mi ha lasciato dietro. Sono molto maldestro e spiritualmente fiacco. Viene ordinato di fare una cosa: io ascolto ma non sento. Se ad un altro si fa vedere qualche cosa egli afferra subito e lo fa, io invece non riesco a capire. Non riesco a fare i più semplici esercizi corporali. Inoltre ho gli occhi deboli. Tutti mi chiedono perché dormo. In verità io non riesco a guardare un oggetto, cioè non posso fissarlo con tutti e due gli occhi. Se avessi buoni occhiali forse tutto capirei meglio poiché guardando negli occhi di chi parla si coglie quel che dice. […].

            Negli uomini più cattivi c'è ancora molto di bene. Da queste particelle di bene che si trovano negli uomini si può concludere sull'essenza (!) di un'unica Verità.

            Venere è l'ideale della bellezza terrena. Ella è la bellezza fatta dalla natura (dalla schiuma). Maria possiede questo ideale della bellezza naturale. Venere però è la degenerazio­ne della bellezza morale. L'antico spirito greco... cercava qualcosa di moralmente puro. Questo è Diana. Diana è l'ideale della morale. Maria ha queste qualità. Maria ha la sapienza... Già da questo si può capire che nell'uomo c'è quella scintilla che documenta l'essenza di una Verità. La mitologia greca è un caos di contraddizioni, per cui non può essere religione. Forse essi (i Greci) hanno percepito in se stessi quel che è giusto - la Verità, ma non ne hanno percepito l'unicità, l'indivisibilità... Nel cristianesimo sono inscindibili Bellezza, Verità, Bontà e noi esaltiamo tutto ciò che di bello, di vero, di buono vi era presso i pagani. […]

 

14 dicembre 1914.

            Sì, sì, le mie mani sono macchiate di sangue. Il pensiero, le parole e l'azione tutto è diverso in me. Tutta la sera di ieri esponevo i miei principi a È., V., e oggi li ho buttati nella polvere. E' avvenuto così: nel pomeriggio dormivo a letto. Mi hanno buttato fuori dal letto, sparpagliando tutte le mie cose. Ridevo. Era uno scherzo. Mi sono messo a letto di nuovo. Allora È. correva intorno al mio letto, cercando di buttarmi fuori. Ho chiesto di smetterla. Egli però non cessava. Dissi che gli avrei dato uno schiaffo. Saltai fuori e, più per scherzo, glielo diedi. Egli, naturalmente, me ne restituì due. Non era inquieto con me, come del resto nemmeno io con lui. Io però sono adirato con me stesso per essermi comportato così male. Di nuovo sono andato a letto. Uno mi diede uno schiaffo, poi un altro, poi un terzo, così, per scherzo, ho ricevuto circa dieci schiaffi. Allora, piuttosto per scherzo, trassi fuori il coltello e volli avvicinarlo alla faccia, ma non lo feci. Quando però Palik mi diede lo schiaffo, saltai dal letto e, siccome egli era scappato dietro la stufa, gli gettai il coltello dietro. Volevo solo spaventarlo. Così quest'atto mi ha macchiato. Essi non hanno capito bene, pensando ch'io avessi voluto ferirlo o chi sa che cosa. Tutti erano indignati e mi evitano. Veramente fanno bene. V. è venuto subito e mi ha chiesto se volevo diventare un ufficiale onesto. Infatti gli avevo parlato del punto di vista morale. Dio, Dio, ho fatto male. Mi canzonino pure, facciano di me quel che vogliono, sono colpevole. O Dio fa che essi cambino (la condotta), siano secondo le mie parole e non secondo le mie opere.

            Appena riuscirò a lavare l'infamia, racconterò delle osservazioni di ieri. O buona Madre mia, la più Grande, ti prego, colma la mia anima di sentimenti belli, di pensieri nobili, indicami sempre la retta via, anche se sarà difficile seguirla.

 

15 dicembre 1914.

            Mi gira la testa a motivo del latino. Mi sembra di aver imparato tutta la forma passiva.

            Mir wird von alle dem so dumm

            Als ging mir ein Mühlrad um Kopf herum.

            Quello di ieri era nulla. Loro sono così fiacchi che hanno già dimenticato tutto. In un primo momento inorridiscono e ritengono misero l'altro, poi essi stessi iniziano a stuzzicare. Si, È. e P. ieri erano ubbriachi come bestie. Erano rimasti nel "bordello" e raccontavano cose orribili di quelli animali lì... Questa mattina abbiamo fatto esercitazioni. La mamma si è spaventata perché non posso venire in Bosnia. Glück auf. Domani è il mio compleanno. Sono stanco. Continuerò domani.

 

16 dicembre 1914. Compleanno.

             Ieri uno voleva attaccarmi al naso un pre... Oggi mi portarono la foto di un alunno nudo, che aveva una cameriera. L'ho strappata. Mi hanno chiamato prete. Stanotte quattro accademici festeggiavano le orgie con le prostitute. Uno di loro ha passato sei mesi nell'ospedale a causa di una grave malattia venerea. Un altro è innamorato in una "tale" (almeno così dice). Questi animali guadagnano soltanto così. Elenco solo i fatti. Non faccio più delle deduzioni. Europa o "bordello". E' piccolo il tempio dell'Europa, però maestoso.

            Stamattina abbiamo avuto esercitazioni e nel pomeriggio il ballo. Mi piace il ballo. Il ritmo è così bello. Ho studiato abbastanza il latino. Da casa non sono ancora arrivati gli auguri. Solo Ante mi ha augurato l'incombente compleanno. Per caso l'augurio è giunto proprio il giorno del compleanno. König verrà probabilmente domani.  

           

19 dicembre 1914.

            Sì, ieri era il compleanno di Greta. Avrebbe diciotto anni. Ragazza nello splendore della bellezza. Pace alle sue ceneri.

            L'altro ieri era qui König. Ho studato il latino... Se Dio vuole, fra poco sarà la fine di questa vita da animali.

            Si, quando sento parlare turpemente, quando le immagini brutte vogliono infiltrarsi nella mia anima, sempre nello stesso modo vedo l'immagine della Madonna col Bambino: quell'espres­sione bella e maestosa, quella concentrazione di tutto ciò che è sublime.          

             

22 dicembre 1914.

            Concludo il diario in accademia.

            Ho sentito che cosa hanno fatto e fanno i ragazzi della scuola media. Fanno cose orribili. I genitori compiono un delitto inviando i figli in scuole dove l'insegnante fa solo lezione e, quando esce dalla classe, dimentica di essere ancora insegnante. Questa è una cosa terribile.

            Peppino si è affezionato particolarmente a me. Ha faticato e sofferto molto prima di liberarsi dal fango; in verità neanche lui ha ancora quella profondità che osserva tutto dal proprio punto di vista. Si interessa della storia egiziana con tutta l'anima. Conosce i geroglifici e desidera diventare egittologo. Se non ci riuscirà, cercherà di entrare nello stato maggiore e specializzarsi nella storia di guerra. Gli ho consigliato di lavorare molto, di fare l'esame di maturità con il latino e di iscriversi all'università. Se è dotato, riuscirà a raggiungere ciò che vuole. E' particolarmente sentimentale.  Conosce bene Lohengrin. Egli stesso dice di essere affetto da male ereditario. Suo padre è morto in un manicomio. Suo fratello minore è sonnambulo. Tutti sono molto nervosi.

            Con piena soddisfazione posso andar via dall'accademia. Almeno uno ha capito la grandezza dell'idea a cui tendiamo. Anche se egli non sa ancora che questo è il cattolicesimo, col tempo si renderà conto. Era contento, ed io pure lo ero, quando ha potuto confidare a qualcuno i suoi sentimenti. Egli stesso racconta come talvolta aveva pensato di esser anormale, perché gli altri lo deridono, lo canzonano perché la sua visione delle cose è opposta alla loro, benché egli viva con loro da tanto tempo. Gli ho promesso di scrivergli, di dialogare con lui mediante le lettere.

            Termino il diario e spero, prego l'Altissimo, il quale ha stabilito il percorso del sole e delle stelle, lo sviluppo di ogni pianta e il compito di ogni formica, di mostrare anche a me per il futuro la via verso la Purezza, la grande Arte e tutto ciò che è Sublime ed Eterno. Si desti di nuovo Faust che qui sembra essersi addormentato.

            Preoccupazioni, gravi preoccupazioni! Sarò già per la Vigilia di Natale dai miei cari genitori? La più bella festa, l'odore dell'abete e le candele svegliano nel bambino i più bei ricordi. Addio.

 

 

                                                                          

                                               B. Dalla corrispondenza di Ivan Merz

 

                                                                           1

 

            Lettera di Ivan Merz a Nikola Bilogriviæ, Wiener Neustadt, 25 settembre 1914. - Copia. Arch. Merz.

 

            Nikola Bilogriviæ era amico intimo di Ivan Merz, esattamente tre anni più anziano (nato a Tuzla il 16 dic. 1893). Mentre Ivan era nell'Accademia militare, Bilogriviæ studiava teologia a Sarajevo. A lui Ivan, senza mezzi termini descrive la situazione nell'Accademia.

 

            Caro amico,

            Sto seduto nella classe. Adesso dovrebbe esserci la lezione, ma uno del terzo anno ci legge il giornale. E' un Croato. Con K. ho parlato. Era contento. Quando gli ho nominato Te, è stato contento; in un primo momento mi ha fatto buona impressione; è un soldato, anima e corpo. Non guarda negli occhi e presto mi sono convinto che è come gli altri ufficiali: immorale. Certamente non era tale in ginnasio.

            Dei colleghi, Tu mi hai risposto per primo e la cartolina mi ha veramente rallegrato. Sai che sono isolato come un'isola. I colleghi non sono affatto cari. A uno chiedo il triangolo, e non vuole darmelo; un altro mi strilla perché involontariamente ho afferrato il suo coltello.

            Finora non ho trovato alcuno che creda, neppure nel diavolo. Tutti sono noncuranti e non c'è cosa a loro più gradita che burlarsi dei clericali. Se la cosa - il clericalismo[9] - fosse un non senso, nessuno ci penserebbe, ma poiché non lo hanno sentito in sé, se ne burlano. Così è stato per tutti i secoli e ciò prova quanto sia forte.

            Invece di venire alla scuola superiore, eccomi nella elementare. Si interroga così stupidamente, come nella scuola elementare. Gli insegnanti - finora uno solo eccettuato - sono gente non intelligente. Quasi la metà qui sono con il diploma di maturità, ma nessuno  ha dei principi.

            Ti prego di rispondermi. Addio. Tuo amico Hans.

 

 

                                                                           2

 

            Lettera del prof. Marakoviæ a Ivan Merz, Banja Luka, 28 settembre 1914. - Autografo. Arch. Merz.

 

            Ivan ha fatto bene l'esame di ammissione nell'Accademia militare e il prof. Marakoviæ se ne congratula. Gli invia inoltre gli indirizzi degli editori di alcuni libri, raccomandando in particolare l'Ars orandi, che Ivan si procurerà subito (v. la seguente lettera a Bilogriviæ) e riuscirà a tenere presso di sé, nascondendolo, anche quando gli altri libri gli saranno tolti (v. Diario, 24 ottobre 1914).

 

            Caro Hans,

            La ringrazio della cartolina e del ricordo. Congratulazioni per il suo successo e sono certo che Lei sapeva più di quanto mi scrive. Di certo ora Le sembra così tutto vuoto e sconosciuto, però penso che ben presto si orienterà. Troverà qualche Suo compagno che avrà desideri più ideali ed una istruzione più profonda e potrà fare amicizia con lui.

            I libri di cui desiderava avere gli indirizzi, sono questi: Geisteshelden, Biographien Bd 43: Turgenjev, v. E. Borkowsky, Berlin Ernst Hoffmann & Co. Ad ogni volume è allegato l'elenco degli altri numeri "Geisteshelden", e può ordinarne qualche altro. Io ho letto Schiller di Harnack e Goethe di R. M. Mayer (Preisgekrönt). In genere sono opere buone, specialmente l'ultima è tra le migliori. Poi: Die Kunst zu beten, Ars orandi - di mons. Baron de Mathies, Petrus-Verlag Trier (la mia edizione è rilegata in pergamena, Lei può avere anche in tela, più economica, e in pelle, più cara). Dopo che avrà letto Ars orandi, sono convinto che vorrà leggere altre opere dello stesso autore, specialmente quelle che trattano del lato pratico dei problemi sociali, culturali e religiosi del nostro tempo. Posso raccoman­darLe anzitutto: Ansgar Albing (suo pseudonimo, come Le avevo detto, mi pare) Harmonien und Disharmonien der Seele, Regensburg, Druck u. Verlag Friedr. Pustet 1911, -poi: Religion in Salon und Welt, lo stesso editore 1912. Questi ultimi libri si trovano sempre nel deposito dal mio libraio Mayer & Co. I. Singerstrasse 7 (deutsches Haus, cioè la casa del già Ordine cavalleresco teutonico), da altri librai dovrebbe aspettare un po', perché non tengono in deposito libri cattolici. Se ha bisogno di altro ben volentieri comunicherò o spiegherò.

            Qui non ci sono altre notizie particolari; Lei sa come si sta qui. […]

            Mi ricordi ancora qualche volta, specialmente quando troverà qualche cartolina artistica. Tanti cordiali saluti. 

                                                                                                                   Suo Dr. Ljuba Marakoviæ   

 

 

                                                                           3

 

            Dalla lettera di Ivan Merz a Nikola Bilogriviæ, Wiener Neustadt, 19 ottobre 1914. - Copia. Arch. Merz.

 

            Caro amico,

            Oggi ho ricevuto la Tua cartolina da Sarajevo; dunque le lezioni sono cominciate... Benché Ti trovi a Sarajevo, tuttavia hai la fortuna di vivere tra le persone di cultura più profonda, io invece sono qui a Vienna senza alcuno stimolo spirituale da parte dei miei superiori e quando con tutto il cuore e l'anima di domenica faccio un salto al teatro per inebriarmi della profondità delle melodie e pensieri di Wagner, passo i seguenti cinque giorni in gattabuia. Proprio domani mi condanneranno quanti giorni dovrò avere di Einzelarrest (segregazione cellulare). […]

            Adesso ho ordinato l'Ars orandi di Albing (Harmonien). Qui leggo abbastanza, ma non posso studiare. La mia visione del mondo è abbastanza cambiata. Prima sempre sognavo la bontà degli uomini, ma adesso sono diventato pessimista. Anzi, quando penso che qui le scuole sono una specie di rifugio dell'immoralità, mi prendono i brividi al pensiero che anche da noi, laggiù, sorgano tali scuole. Anche là sarà lo stesso.

            Salve e molti saluti dall'amico

                                                                                                                                       Hans Merz

                                                                           4

 

            Dalla lettera del prof. Marakoviæ a Ivan Merz, Banja Luka, 24 novembre 1914. - Autografo. Arch. Merz.

 

            Nella prima parte (omessa) della lettera Marakoviæ scrive di propri problemi nella scuola. Poi risponde alle cartoline e ad una lettera di Ivan, il quale si era sfogato col suo maestro e amico. Marakoviæ lo comprende, lo consiglia, gli mostra fiducia, ma non tocca minimamente la questione della sua permanenza nell'Accademia militare, evidentemente per non mettersi in contrasto con i genitori di Ivan. Ma non c'è dubbio che il professore stia dalla parte del suo ex-alunno, che cerca di incoraggiare anche con questa lettera.

 

            Caro Hans,

            La ringrazio per la sincerità con cui mi ha confidato nella lettera i suoi punti di vista. Benché vi saranno grossi sacrifici, codesta scuola di vita Le sarà utile, perché potrà trovare il proprio scopo con maggiore chiarezza e sicurezza. Solo ora può rendersi conto che la convinzione religiosa non è né una frase né ipocrisia, bensì indispensabile e cruenta necessità dell'uomo il quale nell'attuale epoca avvelenata e sgangherata vuole vivere la propria vita, anelare ai propri fini e imporre i propri valori al mondo e alla vita. Solo ora può rendersi conto che le prediche morali e i consigli paterni non creano la convinzione e che è necessario che l'uomo sperimenti in sé quella lotta tra Dio e il diavolo nella natura umana. Perché possa elevarsi al di sopra del proprio ambiente l'uomo deve avere un punto d'appoggio di amore, di gioia, di forza, di verità in questo mondo di egoismo, di spietatezza, di vigliaccheria e di frasi "rimpinzate". Del resto, non è necessario che io Le parli molto: vedo che Lei prende la vita sul serio e questo lo sapevo già prima e mi rallegravo della Sua evoluzione. So che non mi sbaglierò.

            Lei sa che anch'io vivo soprattutto tra i libri; anche nella musica. Non tralasci mai di ascoltare Wagner, quando può, ma prima si prepari bene; ascolti anche i concerti nelle grandi sale di concerto. So che Lei sa tutto ciò, però glielo ricordo perché non tralasci tante cose come me, e poi non si penta. E' vero, non si arriva a tutto. Piuttosto faccia di meno, ma cerchi di vivere bene le impressioni e possibilmente rinnovarle a casa sul pianoforte. […]

            Cerchi di leggere "Das Litterarische Echo", ora è molto attuale, riporta le migliori liriche belliche (ci sono delle poesie eccezionali!) ed estratti dagli articoli culturali sulla guerra. Il primo numero bellico di Merker è molto buono, il secondo numero non ha tante attualità. Da noi purtroppo non ci sono tali cose; la censura sequestrerebbe la metà; le questioni degli Slavi non si devono trattare nemmeno dal lato più leale. Non dimentichi gli uomini; osservi, studi: oggi sperimentiamo molte cose e di tutto. Benché questo tempo non sia sempre "grande", gli avvenimenti sono certamente grandi. Spero che Lei abbia trovato in "Hrvatska" anche buoni compagni. Così brevemente. Se prolungassi, questa lettera non partirebbe mai. Tanti cordiali saluti   

                                                                                                                   Suo Dr. Ljuba Marakoviæ

 


 


    [1] Berta Suttner (contessa Kinsky, 1843-1914), pacifista austriaca, autrice del romanzo Die Waffen nieder. Premio Nobel 1905.

    [2] Parola illegibile, per una macchia d'inchiostro.

 

    [3] Vedi sopra, Cap. III, nota 21.

    [4] Nella lettera del 14 ottobre 1914.

    [5] Ivan Meštroviæ (1883-1962), scultore croato di fama mondiale.

    [6] "Hrvatska" (Croazia), associazione universitaria croata a Vienna, fu fondata nel 1903 dal sac. Ivan Butkoviæ (v. Cap. II).

    [7] Prof. Milan Rešetar (Dubrovnik 1860 - Firenze 1942), slavista, storico letterario, numismatico.

    [8] Nell'Austria, come anche in altri paesi dell'Europa centrale e settentrionale, la festa di san Nicola è per i bambini quello che è l'Epifania in Italia.

    [9] Qui il termine clericalismo sta per il cattolicesimo, poiché in quel tempo i cattolici praticanti nell'ambiente liberale venivano chiamati clericali.