Capitolo V

 

                                                 ALL'UNIVERSITA' DI VIENNA (1915)

 

            Nella prima settimana del gennaio 1915 Ivan, accompagnato dalla madre, arrivò a Vienna per cominciare gli studi universitari. Trovarono una camera adatta per lui vicino all'Università, nell'VIII circondario, in Löwenburggasse 2, II piano, porta 20. Il 7 gennaio Ivan informava il padre che il giorno dopo sarebbe andato all'Università.

 

            1. Studente straordinario di filosofia.

 

            Come sopra detto, per accontentare la madre egli aveva acconsentito a studiare diritto invece che la filosofia. Ma il 27 gennaio comunicava al padre di essersi iscritto alla facoltà di filosofia, perché alla facoltà di diritto non vengono contati i semestri frequentati da "uditori esterni" (straordinari), mentre alla facoltà di filosofia vengono loro contati, almeno la metà. Ivan che non aveva ancora fatto l'esame di latino, nel frattempo poteva iscriversi solo come "uditore straordinario", quindi per non perdere semestri si era iscritto alla facoltà di filosofia. Per ora studia solo il latino.[1] Dopo l'esame di latino intende iscriversi al 2. o al 3. semestre della facoltà di diritto.

            Il 1E febbraio comunica alla madre che verso la fine  del mese deve presentarsi alla visita militare, ma è convinto che non sarà accettato, ricorda infatti alla madre con che difficoltà era stato accettato nell'Accademia militare.

            Salvo un breve soggiorno a Banja Luka alla fine di febbraio, Ivan rimarrà a Vienna fino alla metà di luglio. Vi ritornerà poi nel novembre, ma solo per un mese circa. Durante la sua permanenza a Vienna egli scrisse ai genitori ben 69 lettere o cartoline, dalle quali apprendiamo vari particolari sulla sua vita esterna: sulla sua salute, sul tempo, sulle opere viste, sulle visite agli amici o degli amici, ecc. Nelle lettere alla madre talvolta è scherzoso, sempre cerca di rassicurarla perché non si preoccupi di lui che sta benissimo. La vera vita di Ivan, invece, ci viene rivelata dal Diario.


 

            Il 17 gennaio 1915 annota a Vienna: «Qui tutto mi costringe a medita­re...D'ora in poi penso di scrivere nel diario, vi annoterò tutte le impressioni del giorno.

            La mia preghiera ora si dirige all'Immacolata: mi accompagni ad ogni mio passo in questa città. Ogni mio passo e movimento sia rivolto al bello...».

 

            2. In cerca della bellezza.

 

            Ivan infatti cerca il bello nei musei e nelle gallerie d'arte che visita, come anche nelle sale di esposizione d'arte dove si procura delle buone riproduzioni artistiche. Alla fine della vita Merz ne avrà tante e molto belle.[2] Ivan rifiuta la concezione moderna di allora "l'art pour l'art", da cui anch'egli era preso involontariamente finché non se ne staccò consapevol­mente. Non simpatizza Rodin, appunto perché lo cosidera di questa tendenza (l'art pour l'art). Gli piacciono in modo particolare Corot, Segantini, Böcklin e Tiziano. Aprezza soprattutto Michelagelo.

            Frequenta spesso il teatro (Hofopera, Volksopera, Burgtheater, Volkstheater, raramente Raimundtheater), assiste volentieri ai concerti. Così a Wienerkonzerthaus ascolta la Sinfonia di Brahms in Re-maggiore (8 marzo 1915) e la Nona Sinfonia di Beethoven (10 aprile). Questa gli piace più di tutto, perché in essa sono stati elaborati i motivi di Faust, ma con la conclusione migliore di quella di Faust. La soddisfazione non si trova nell'agricoltura, bensì nella bellezza della natura e nell'inno al Creatore. Dopo aver ascoltato in Volksopera l'opera di Rossini Guglielmo Tell annota nel diario che «il rimaneggiamento dell'opera di Schiller è proprio un attentato all'arte. Ora mi rendo conto che le opere non hanno alcun valore letterario. Ciò che conta è la melodia. Questi scrittori di libretti sono senza una profonda visione del mondo» (14 marzo).

            Legge le opere letterarie di Turgenjev, Dostojevski, Wagner, Hauptmann, Ibsen, Björnson, Lagerlöf, Strindberg, Benson, Wilde, Le Sage, Maupassant, Prudhomme, Verlaine, Sofocle, Plauto, Balzac, Palmotiæ,[3] Benešiæ.[4] Riconosce di esser stato impressio­na­to molto da Turgenjev, al quale dedica anche uno studio per la rivista "Luè".

            Ivan trova unilaterali certi colleghi che non tengono in nessun conto la pittura, la musica, il ballo ed altre cose; per uno di essi «la filosofia e la storia è tutto... Questi sarà un giorno professore ed educherà gli uomini! Non avrà successo» (18 febbario 1915). Col tempo si convincerà che anche lui era unilaterale per quanto riguardava l'arte. Le scienze naturali meritano non minore attenzione (24 aprile 1915). «Bene - diciamo - mi intendo abbastanza della letteratura. Ma che cosa è la letteratura? Neanch'essa soddisfa l'uomo. Non è anche quest'arte soltanto un autoinganno? Qui ci sono tante scienze naturali, sociali ed altre, e chi può dirmi che ognuna di queste non valga quanto lo studio dell'arte? Forse anche di più. L'arte è un grande egoista; essa rende felice soltanto colui che se ne occupa, mentre le altre scienze possono aiutare direttamente (gli altri)» (24 febbario 1916).

            Ivan amava la natura e in una Vienna polverosa e rumorosa la desiderava ancora di più (4 aprile 1915). Il 9 maggio scrive: «Ho trascorso il pomeriggio con Vanino[5] nella meravigliosa natura. Abbiamo goduto dell'aria fresca, dell'erba, delle nuvole, dei fiori, di tutto ciò che era bello. Eravamo sdraiati sull'erba e con tutta l'energia bevevamo le bellezze della natura che si sta risvegliando. Mi è piacciuto molto Vanino, allorché ieri, parlando in "Hrvatska" di gioia, diceva che ogni fiore è sorgente di gioia. Oggi mi sono convinto che egli gode delle bellezze della natura e che ci tiene a formarsi un animo allegro. E' una buona idea. Dobbiamo essere sempre allegri perché solo la letizia crea l'entusiasmo e questo le grandi opere e la cieca disposizione al sacrificio» (9 maggio).

 

 

            3. Una grande croce: la debolezza degli occhi. Riflessioni sulla guerra.

 

            Per godere delle bellezze ci vogliono gli occhi. E quelli di Ivan sono deboli a tal punto che teme perfino di diventare cieco. «Dio me ne guardi! Tutto il mio mondo spirituale me lo son creato col guardare e adesso questo dovrebbe scomparire... Madre eterna, Tu che sei incarnazione della Poesia, di tutto ciò che è bello ed eterno, fa che io possa continuare a ricevere i doni della bellezza!» (22 gennaio).

            Qualche giorno dopo scrive: «Grazie a Dio, già ci vedo tanto da poter scrivere. Leggo con difficoltà. Vorrei che i miei occhi fossero già normali per non perdere tempo. Sono molto indietro in latino...Domenica c'è la Comunione...». E mentre Ivan annota il suo stupore davanti a questo Mistero e continua con le riflessioni sulle bellezze del mondo, dietro alle quali percepisce «lo Spirito (che) riempie tutto l'universo e tutta l'anima», e vorrebbe «scuotersi tutta la polvere e alzarsi fino ai suoi piedi», un grido lo sveglia: «Che cosa? non alza tutto il mondo gli occhi ed il cuore verso l'Eternità?». «Extraausgabe - Edizione speciale»! Il giornale comunica i grandi successi militari in Bukovina. «Che è questo, o Dio! No, Ti hanno dimenticato, i vermi lottano, si mordono e si ammazzano. E' possibile che abbiano traviato, accanto al cielo così meraviglioso?» (27 gennaio).

            Quanto alla guerra, ha sentito una conferenza di un professore luterano sulla guerra e il cristianesimo: «Egli è contro la guerra. Io non so se sono per la guerra o contro la guerra. Penso infatti alle guerre di liberazione» (9 febbraio). Comunque, questa guerra lo preoccupa come cristiano: «Sul campo di battaglia le cose vanno male... Se andiamo in rovina, abbiamo meritato... Il sistema delle protezioni (raccomandazioni) e dell'immoralità deve andare in rovina. Proromperanno in pianto tanti popoli, velandosi in lutto. In tutta la città di Vienna la gente si è data all'immoralità, invece di godere (nella contemplazione) della crescita delle piante, del giro delle stelle, della bellezza della Madonna. O patrioti, vincerete: sperate pure!» (4 aprile).

            «Con difficoltà leggo a lungo, perché mi viene mal di occhi, così che non riesco a distinguere le lettere». Ivan prega perché gli migliori la vista.  «Da tutte le parti ci sono nemici moderni e dotti, e bisogna combatterli con mezzi profondi. O Dio, mi servirò dei miei occhi soltanto per guardare ciò che è bello e per fini sublimi, pertanto aiutami, ti prego!» (25 maggio).

 

            4. Esame di latino. Studente di diritto.

 

            All'università la preoccupazione più grande di Ivan era quella di superare l'esame di latino. Lo studio di latino non era facile per lui, perché studiava generalmente da solo. Il 3 luglio annota: «Ecco, ora sono tornato dal colloquio di latino. Ho ricevuto sufficiente. A dire il vero, non ho saputo proprio bene, di fatto però so meglio di molti "latinisti" che hanno ricevuto "molto buono"... Devo imparare tanto latino da poter leggere con facilità Livio. Le vacanze sono rovinate, però bisogna fare così». Finalmente, il 21 ottobre 1915 superò a Sarajevo l'esame di maturità di lingua latina, conseguendo l'esito buono. Con ciò aveva la certezza di poter proseguire gli studi universitari.[6]

            Quando nell'autunno del 1915 ritorna a Vienna per iscriversi alla facoltà di diritto,[7] il 24 novembre scrive nel diario: «Sono giurista (studente di diritto) e ancora non ho preso parte alle lezioni di diritto; frequento alcune lezioni di filosofia, imparo molto ascoltando, però questo (metodo) non è quello giusto. Vorrei approfondire e studiare tutto esattamente. Quando penso alla mia futura professione - essere impiegato statale - provo un orrore di dover lavorare nel settore in cui non trovo soddisfazione. Vorrei essere professore in Bosnia, chiarire i concetti ai ragazzi, mostrare loro il legame più profondo delle cose, entusiasmarli per la fede e l'arte e io stesso forse lavorerei nel campo letterario, forse anche scriverei. Questo non è un egoismo: nell'uomo è molto forte l'elemento altruista e l'uomo non è contento soltanto di accumulare i beni, bensì vuole aiutare spiritualmente gli altri, donare a loro del proprio sangue e del proprio sudore».

            Lo studio per Ivan non è fine a se stesso: «Vorrei lavorare per il nostro movimento nel campo letterario; richiamare l'attenzione dei nostri sulla letteratura straniera, avvertirli (della necessità) dell'educa­zione del gusto e dell'amore verso le altre arti» (10 giugno). «Ho un gran desiderio di creare. Mi sono stancato di studiare. Vorrei trasformare in poesia la mia vita spirituale» (11 giugno). In ogni caso, Ivan prega Dio e la Vergine di aiutare «il piccolo verme che desidera eseguire bene il compito che gli è stato assegnato come a uomo» (3 luglio).

 

            5. Il problema dell'amore.

 

            Nelle riflessioni di Ivan ritorna ripetutamente il problema dell'amore. «Mi sembra di non essere capace di sentimenti così profondi (come nel caso di E. verso P.). Purtroppo in me agisce più la ragione, l'analisi critica e l'educazione. E ciò che di nobile percepisco in me, probabilmente non proviene dal sentimento, ma la ragione mi dice: così va bene e fa così. In genere le complicazioni nella natura dell'uomo, quel diavolo che si insinua anche nelle cose più profonde e più nobili, fa sì che l'uomo metta in dubbio quello che con grande sforzo si è costruito nell'anima». Tuttavia: «La vita è meravigliosa. Già dopodomani andrò alla Comunione» (31 gennaio).

            Costruirsi la visione del mondo con sforzo e lotte interiori, è quello che Ivan cerca di fare; vorrebbe che lo facessero anche i suoi compagni del circolo accademico "Hrvatska", «che non hanno quella più profonda visione del mondo. Non vivono problemi della lotta interiore e del perfezionamento interiore» (18 febbraio). «L'uomo dovrebbe spingersi a quell'altezza (spirituale) da non sentire minimamente di guardare una donna, pur osservando»­ (4 marzo). «Lottare contro l'istinto verso una incantevole donna, superarlo e inalzarsi all'altezza dell'uomo che non avverte più l'istinto, bensì guarda la donna come il maschio uguale a sé, questo significa aver conseguito la più grande vittoria. Molti uomini sono rimasti vittime, perché presi dalla demoniaca bellezza della donna. Forse questa ha preso anche me. D'ora in poi dico: chiudere gli occhi e non cercare questo principio di bellezza, il quale è qui solo per ingaggiare la lotta, il premio della quale è l'eternità» (10 marzo).

 

            6. Tempesta di dubbi. Un cattolico convinto.

 

            Ivan ha una forte tendenza all'analisi di tutto ciò che sperimenta all'esterno e nell'intimo. Più tardi, in una lettera alla madre, scritta da Parigi il 20 ottobre 1921, confesse­rà: «Quanto a me, cerco di essere naturale. Ma non posso nulla contro il fatto che da mio padre ho ereditato il bisogno di riflettere» (v. infra, Cap IX). Ivan riflette anche sul proprio cattolicesimo, non perché ne dubita, ma perché sente il bisogno di rafforzare le proprie convinzioni religiose. Crede che Dio esiste e, «anche nei momenti delle prove e dubbi più gravi, credo fermamente che Egli è l'unico eterno, grande Dio. Se egli esiste, ne consegue che la nostra vita ha uno scopo». Con la morte non tutto finisce. Ivan crede nell'eternità, ma confessa che «nel momento in cui percepisco questo con una fede di bambino, in cui provo rifiuto per il male e mi sprofondo nella preghiera, tuttavia mi rimane nel profondo dell'anima un certo dubbio.. Perché? Che cosa?»

            «E nonostante tutti i dubbi, io credo. Ma non basta credere soltanto. La nostra fede dev'essere un sistema, dev'essere la guida della vita, affinché non agiamo contro il principio della giustizia e dell'eternità. Le religioni danno sistemi (morali). Ed io dico: 'Aut catholicus, aut nihil'. Sotto questo aspetto non è mai esistito in me il minimo dubbio. So e sento che il cattolicesimo è l'unica vera religio­ne... Ecco, io sono cattolico nell'anima, però quell'uomo primordiale in me, quel Faust, che non conosce né l'educazione né pregiudizi, cerca di tirarmi giù e mi fa dubitare di tutto. Ma basta questo. Dovrei criticare la mia vita. Per il fatto che la mia pura fede nel cattolicesimo si sia affievolita, è calato ogni vero entusiasmo... Ed ora è l'estremo termine per scuotere tutto questo e pensare che Qualcuno è morto per me sulla croce a causa della Verità».

            Ivan conclude quindi l'annotazione ritornando all'argomento della donna. «Cercherò di industriarmi, di non guardare la donna come un bel corpo e il suo esterno non deve attirarmi a lei. Resisterò a questo e in lei cercherò solo ciò che è eterno. - E davvero, adesso di nuovo sento di credere, di credere da cattolico, che la Madre di Dio non è la Venere e sono tutto felice di essere tornato sulla via giusta. E osservando la vita saprò che cosa è nobile e che cosa non lo è, che cosa è morale e che cosa no».

            «E nonostante che creda tutto questo, sono uomo e nel fondo del mio animo rimane il dubbio e questo mi fortifica perché è causa della lotta spirituale e della purificazione che come uomo sperimento» (17 maggio). 

 

            7. Un malinteso chiarito.

 

            Dei dubbi con cui doveva combattere, Ivan aveva scritto in una lettera al compagno di classe Kuèiniæ, il quale però non aveva compreso esattamente lo sfogo dell'amico, e a Banja Luka si era sparsa la voce che Ivan era cambiato, che aveva abbandonato i suoi principi ispirati dalla fede. La voce era arrivata anche al prof. Marakoviæ, il quale, come egli stesso afferma, l'aveva sentita di passaggio nella bottega del barbiere. Gli era difficile crederlo, poiché conosceva troppo bene Ivan, ma nella vita «tutto è possibile». Il 6 giugno, quindi, iniziò a scrivere a Ivan una lunga lettera che terminò l'8 giugno, come ci risulta dal diario dello stesso Marakoviæ. In essa egli accenna all'ultima lettera di Ivan (che non si trova tra quelle conservate nell'archivio Marakoviæ), nella quale aveva anche scritto di essere giunto a tal punto da non accettare nulla senza pensare. Marakoviæ trova questo «molto importante», gli esprime grande fiducia e, come se lo descrivesse, prosegue: «Io credo infatti che qualunque cosa avvenga, da Lei infine tutto avrà buon esito. La serietà che finora ha dimostrato nelle più difficili questioni della vita, che poteva incontrare in questa età, mi garanti­sce che con la stessa concentrazione e con la stessa coerenza esaminerà, studierà a fondo, sperimenterà in sé tutto ciò che Le capiterà. E se nell'anima vi saranno momenti di buio, più luminosa sarà la via della luce che alla fine certamente troverà» (v. infra, B, 1).

            La risposta di Ivan non si fece attendere. Nella notte del 15/16 giugno egli scrisse la lunga lettera che ora per la prima volta viene pubblicata (v. infra, B, 2). In essa scrive dei «terribili dubbi (che) vogliono distruggere tutto l'edificio del mondo spirituale che con tanta fatica l'uomo si è costruito». Ma «questa tremenda tempesta è felicemente passata e il sole è apparso in una luce finora non vista». Egli non ha abbandonato la sua visione del mondo (ideologia, come egli la chiama), anzi essa si è rafforzata, ma a prezzo di dure lotte, per cui essa ora è una sua conquista e ne è fiero. Sa che le lotte interiori non sono finite, ma egli è pronto a combattere.

            Il 27 maggio annota: «Mi rendo conto che la mia visione del mondo si sta approfon­dendo. Ho represso gli istinti bassi al punto da dimenticarli. Di nuovo mi appare più chiaro l'ideale della donna».

 

            8. Alti e bassi, ma sempre in salita. Voto di castità.

 

            Nel Diario di Ivan troviamo annotati i momenti di maggiore fervore religioso come anche quelli di insoddisfazione, ma si tratta dell'insoddisfazione di un animo nobile che vorrebbe salire sempre più in alto. Riflettendo sulle proprie disposizioni interiori si rende conto che, contro i dubbi che lo tormentano, avrebbe bisogno di una maggiore fiducia in Dio: «Se credo in Lui, perché mi tormento con interrogativi di dubbio e con altro? Essendo Lui più grande di noi, dobbiamo avere cieca fiducia in lui. Purtroppo spesso lo consideriamo più basso di noi, come qualcuno che è lecito tentare. D'ora in poi cercherò di agire diversamen­te» (30 giugno).

            «L'altro ieri - scrive il 25 agosto, a Banja Luka - ho pregato meravigliosamente la Madre di Dio. Era grande la vicinanza; naturalmente in questa vicinanza c'era il desiderio di una ancor più grande unione. E in questa fervida preghiera vi era di nuovo un vuoto e un ardente desiderio di Lei».

            Il 9 settembre annota che il prof. Marakoviæ gli ha raccomandato di leggere l'Imitazione di Cristo. Il 21 settembre scrive: «Ormai sento il desiderio della Comunione. Veramente devo riconoscere di aver trascurato molto la vita religiosa. Vorrei studiare la vita di Cristo, leggere i pensieri dei grandi uomini su di Lui e così sarei ebbro di entusiasmo studiando Lui». Un mese più tardi troviamo questo passo: «Sono meravigliosi alcuni passi del Vangelo di Giovanni sulla Comunione. Ho riflettuto molto su di essi nell'ultima messa e mi sono così immedesimato da sperimentare misticamente la transustanziazione e la presenza di Cristo che dobbiamo adorare» (25 ottobre). Ed ecco il frutto della lettura raccomandatagli dal prof. Marakoviæ: «Ultimamente ho cercato di coltivare un po' più intensamente la mia anima. Sto leggendo e meditando De imitatione Christi. E' un gran libro, pieno di mistica, di cui ho proprio bisogno. In ogni momento l'uomo si accorge di essere piccolo e come è grande Colui che è morto per noi, che (ci dona) il Pane - o Dio, (ci doni) Te stesso, tutta la grandezza, l'amore. Non si può esprimere ciò che si sente quando Egli si unisce a noi: il desiderio di avere sempre di più, il Cristo intero, la Luce eterna, Dio Creatore, al quale il cuore ardentemente tende. Anche se in ogni momento l'uomo cede ad un pensiero, ad uno sguardo, ad un nulla, dovunque e di nuovo anela ed osa cercare ciò che presente di trovare nell'anima come dietro ad una tenda e che talvolta manda un raggio e illumina con luce soprannaturale un qualche lato dell'interiorità» (24 novembre).

            Il 12 dicembre registra: «Soffro terribilmente al pensiero che dovrò sempre muovermi in una società piena di sensualità. L'altro giorno (probabilmente l'8 dicembre, festa dell'Immacolata) ho fatto il voto di castità alla Beata Vergine fino al matrimonio; forse questa durerà fino alla morte».

 

            9. Sguardo retrospettivo. Più umiltà!

 

            «Come cambia l'uomo. Ho riletto alcune pagine del diario dell'anno scorso e posso valutare il progresso spirituale in alcuni settori. In alcuni sono rimasto indietro» (18 dicembre). Ivan continua l'analisi di se stesso, del proprio intimo. Un nuovo argomento affiora: l'umiltà, che egli scopre di non avere. «Riconoscerei a me stesso i miei peccati. Però, se un altro me li ricorda, mi inquieto invece di essergli grato. Poi quel desiderio della riforma religiosa del mondo è in me piuttosto una certa tendenza alla superbia. L'uomo può essere orgoglioso perché sa che cosa è la verità; però in questo caso si pensa sempre al trionfo e come alla fine io avrò ragione. Dovrei invece umiliarmi e riconoscere che non è merito mio, ma che mi sottometto alla Verità che ha vinto. Occorre umiliarsi spesso, e solo allora l'uomo sarà al proprio posto. In questi casi bisogna disprezzare le opinioni degli uomini» (14 gennaio 1916). «Vorrei essere umile! Molto umile! Distruggere tutta questa superbia innata e umilmente aspirare alla verità: per la verità stessa... Vado in cerca di una cultura profonda e radicale, e non della molteplicità di libri letti. Eppure sono molto insoddisfatto e triste. So che così non dovrebbe essere. Anzi oggi ho fatto la Comunione: in quei pochi minuti in chiesa ero tutto felice, e ancor più quando ho potuto immergermi alquanto in questo mistero. Ma poi ben presto è sorto un sentimento di insoddisfazione; forse perché sto sperimentando una strana lotta, di cui io stesso non sono ancora consapevole. Pian pianino desisto da quel entusiasmo e da quella consapevolezza del proprio valore che avevo in me e mi avvicino con grande sforzo alla concezione cristiana, rendendomi conto che in molte cose ho torto; anzi che non ho ancora i principi fondamentali filosofici» (23 gennaio 1916).

            «Le lotte spirituali non sono ancora terminate» (25 gennaio), ma tre giorni più tardi Ivan scrive: «Sono alquanto tranquillo nell'animo, tuttavia mi rendo conto di essere molto lontano dalla perfezione. (Penso alla perfezione relativa, cioè essere migliore dell'ambiente circostante). Questo mi fa soffrire molto. Mi immagino di dare buon esempio e vedo che sono cristiano solo a parole, ma non nei fatti. Il cristianesimo non mi è ancora entrato nel sangue. Non c'è cosa più difficile che essere un buon cristiano... Qui Gusti mi rimprovera, giustamente, di una certa mancanza di riguardo, di rozzezza. In realtà sono così e cercherò di diventare più delicato, più umile nell'anima» (28 gennaio).

            Finalmente ritorna la calma: «E' passato quel difficile stato d'animo. Non posso dire di essere completamente felice e contento, però non ho più quei desolati pensieri e sentimenti. Per quanto possa ricordarmi, ero disperato per il mio limite umano. L'uomo si immagina di essere migliore dell'ambiente che lo circonda, fantastica sul proprio ruolo nella vita, invece prendendo le cose oggettivamente, non cambia nulla se muore lui o una serva in Normandia. Inoltre ho sofferto per la mia unilateralità» (24 febbraio 1916).

           

            10. La gioia dell'Eucarestia. Il fascino della purezza.

 

            «Mi hanno accettato nell'esercito, perché alla leva ho completamente dimenticato di dire che ho la vista debole», così Ivan annotava il 2 dicembre 1915. Il tempo di partire si è avvicinato ed egli il 24 febbraio 1916 scrive: «Vorrei prepararmi bene alla confessione. Forse è l'ultima».

            Il 28 febbraio aggiunge: «Prima di andare a fare il militare, scriverò ancora qualche parola. Così termino questo diario con cui ho voluto educare la mia interiorità e creare della mia anima un capolavoro. Sento di essere ancora molto lontano dalla meta, di essere ancora un vero bambino che non sa che cosa sia la vita: questo mistero di una lotta indeterminata, di quella lotta che cerca il suo pane e, non appena l'ha ottenuto, diventa ancora più feroce, perché l'uomo, riflettendo, si scontra con i pregiudizi dei secoli, con i dissidi nella propria natura e con lo stesso spirito maligno che ironicamente deride tutto ciò che è santo e rifiuta ogni poesia, ogni sentimento e distrugge tutto.

            Ieri ho fatto la Comunione e sono così allegro e contento che mi pare di non dover mai più rattristarmi, anche in mezzo alle difficoltà...

            Sì, sono ancora debole. Godo nell'Eucaristia e in questa vita spirituale, vedo però che questo è niente, che debbo immergermi ancora più profondamente in questo grande mondo. Ora appunto comprendo il grande papa Pio X, il quale ha espresso il desiderio che i fedeli si accostino più frequentemente, anzi ogni giorno alla mensa del Signore. Solo in questo modo si può penetrare più profondamente in questo mondo, avvicinarsi al Signore e dialogare con Lui.

            Sono consapevole che avrò ancora molti conflitti spirituali. Forse cadrò anche gravemente, spero però di rimanere sulla giusta via. La vita è strana. Con questo termino il mio diario e pieno di gioia canto: Gaudeamus igitur...».

 

            La sera dello stesso 28 febbraio 1916, con riferimento alla festicciola (pare) di congedo annota: «Si, mi sono accorto che molti mi vogliono bene. Forse molte del mondo femminile si arrabbiano alquanto, perché nei loro riguardi sono allegro e gentile, ma le allontano da me con una mano fredda». E a proposito del dott. Rebac scrive: «Quale fascino esercita quest'uomo sugli altri. Io stesso sento che nemmeno l'uomo più intelligente potrebbe mai impressionarmi come un'uomo puro. Questo è un fatto e proprio questo mi conferma la verità dei principi morali cristiani. Castità e sempre castità, dev'essere il motto»

 

 

 


    [1] Nell'Archivio Merz si conservano i libretti d'iscrizione all'Università: così il "Meldungsbuch des ausserordentlichen Hörers Hans Merz gebürtig aus Banja Luka. - Inscribiert in der philosophischen Fakultät der k.k. Universität zu Wien den 15-I-1915". Al corso di latino (prof. Jurenka) erano dedicate 5 ore settimanli in entrambi i semestri; seguiva la Psicologia e Pedagogia (prof. Jerusalem, 4 ore), quindi la Storia delle letterature serbo-croata (sic) (prof. Rešetar), francese (Würzbach e Becker), tedesca (Brecht), Dante nel suo tempo e la Divina Commedia (Würzbach) e una lezione di Storia d'arte. Dal Diario sappiamo che il 22 aprile 1915 ha avuto il colloquio di psicologia con il prof. Jerusalem, con esito molto buono. Gli piacciono soprattutto le lezioni di Becker (cf. 28 giugno) e di Würzbach sulla letteratura francese. Il 7 maggio 1915 assistette anche ad una lezione di diritto, dopo di che annota: «Queste ultime (lezioni di diritto) non sono affatto interessanti».

    [2] Al dr. Kniewald che si occupava dell'arte sacra, ma non sapeva che anche Ivan se ne interessava, questi menzionò appena una volta che gli avrebbe fatto vedere la sua piccola collezione di cartoline artistiche, ma non riuscì mai a farlo. Kniewald dice di averla vista dopo la morte di Ivan.

    [3] Junije (Giunio) Palmotiæ (1606-1657), poeta e scrittore drammatico di Dubrovnik.

    [4] Ante Benešiæ (1864-1916), poeta e scrittore drammatico.

    [5] P. Miroslav Vanino, gesuita croato (cf. Cap. IX).

    [6] Alla pagella dell'esame di maturità rilasciata l'11 luglio 1914 dalla "Velika realka" (Istituto tecnico) di Banja Luka è stata allegata la pagella dell'esame di latino sostenuto davanti alla speciale commissione del Gran Ginnasio di Sarajevo il 21 ottobre 1915. Mentre nel primo attestato gli si riconosce la maturità "per poter frequentare le scuole superiori", nel secondo viene dichiarato maturo per "quella sorte di scuole superiori per le quali si esige l'esame di maturità sostenuto in un ginnasio reale (Realgymnasium)".

    [7] Questa volta ebbe il nuovo libretto d'iscrizione, quello di studente ordinario: "Meldungsbuch des Studierenden Hans Merz gebürtig aus Banja Luka.- Inskribiert in der juristischen Fakultät den 1 Nov. 1915". Nel primo e secondo semestre del 1915/16, infatti, risultano iscritte soltanto le materie giuridiche (Istituzioni di diritto romano, Storia di diritto romano, tedesco, austriaco, Pandette,  Processo civile romano ecc.). Quando poi Ivan nel 1918/19 riprese gli studi alla Facoltà di filosofia, sul frontespizio dello stesso "Meldungsbuch" fu cancellata la parola "juristischen" e scritta sopra "philosopf."; e all'interno del libretto la numerazione dei semestri continua: III, IV, V e VI. Inoltre fu cancellato il nome Hans e scritto sopra: Ivan. I primi due semestri della Facoltà di filosofia li aveva frequentati da studente straordinario.