c a p i t o l o  xviii

 

                                          CAUSA DI CANONIZZAZIONE DI IVAN MERZ

 

 

 

            La fama di santità di Ivan Merz, affermatasi subito dopo la sua morte, ben presto fece pensare alla possibilità di una formale causa di canonizzazione.

 

            I. Storia della causa.

 

            Nel 1940, l'organizzazione dei Crociati decideva di farsi promotore della causa, ma l'iniziativa non ebbe seguito, a causa della situazione bellica in cui anche la Croazia venne a trovarsi (nel 1941-45), e della successiva persecuzione comunista, quando l'organizzazione dei Crociati cessò di esistere.

            Negli anni Cinquanta, l'Istituto secolare "Suradnice Krista Kralja" (Collaboratrici di Cristo Re) - fondato da Marica Stanković, la quale così realizzò una vecchia idea di Ivan Merz - promosse la causa presso la Curia arcivescovile di Zagreb. Fu nominato postulatore mons. Krešimir Zorić (Roma), il quale a sua volta nominò vice-postulatore il dr. Marko Klarić (Zagreb).

            Secondo la legislazione del CIC del 1917, il processo informativo sulla fama di santità virtù e miracoli del Servo di Dio doveva iniziare entro trent'anni dalla sua morte. Per rispettare questi termini, mons. Franjo Šeper, Arcivescovo coadiutore Sedi datus (mentre l'arcivescovo di Zagreb Alojzije Stepinac era confinato a Krašić), l'8 maggio 1958 nominò il Tribunale composto di:


 

            Mons. Josip Lach, vescovo tit. di Dodona, ausiliare, - giudice delegato;

            Dr. Franjo Cvetan, promotore della Fede;

            Dr. Josip Salač, notaio attuario;

            Dr. Josip Kribl, notaio aggiunto.

            Pro Actis primordialibus funse da notaio il Rev. Mijo Pišonić.

 


 

            Negli anni 1958-1961 furono tenute 15 Sessioni ed escussi solo 3 testi, tra cui il teste principale di tutto il processo, dr. Dragutin Kniewald, collaboratore del Servo di Dio e suo primo biografo (Sessioni VI-XV).

            Nel 1965 si ebbero le Sessioni XVI-XVIII, per l'escussione del teste IV.

            Dopo una lunga pausa (in seguito alla morte del vice-postulatore) il processo fu ripreso nel 1973, su richiesta del nuovo postulatore p. Božidar Nagy S.I. (nominato il 20 gennaio 1972).

            Anche i membri del Tribunale furono sostituiti, perchè i precedenti avevano dato le dimissioni (l'11 gennaio 1973) a causa di troppi impegni (il dr. Salač, nel frattempo, era diventato vescovo ausiliare).

            Il nuovo Tribunale, nominato dall'arcivescovo mons. Franjo Kuharić in data 29 gennaio 1973, era così composto:

            Mons. Mijo Škvorc, vescovo tit. di Adrumento, - giudice delegato;

            Rev. Juraj Pukec, promotore della Fede;

            Dr. Stjepan Kožul, notaio.

            Negli anni 1973-1974 furono escussi nove testi (V-Xlll), mentre un teste, mons. Čedomil Čekada, che si trovava a Dubrovnik, mandò la sua testimonianza scritta e giurata.

            Il 9 novembre 1973 (dopo la Sessione XXV del 7 novembre) l'Istituto secolare "Collaboratrici di Cristo Re" rinunciava ad essere Actor Causae, «non essendo in grado di sopportare le spese del processo». Il ruolo di Actor venne allora assunto dalla Parrocchia di S. Pietro a Zagreb, Vlaška 93, e il parroco Ivo Šalić confermò il mandato di postulatore a p. Božidar Nagy S.I.

 

            Esame degli scritti del Servo di Dio. - Con decreto del 2 marzo 1974 (N.VAR. 876/974) la Congregazione per le Cause dei Santi concesse che gli scritti del Servo di Dio venissero esaminati dai censori teologi nominati dal Tribunale diocesano.

            I voti dei censori, rispettivamente del 12 luglio 1977 (II censore) e del 5 dicembre 1982 (I censore), redatti in croato, sono stati allegati agli Atti del Processo. Nella Copia publica sono riportati nell'ordine cronologico di consegna, quindi il voto del I censore figura al secondo posto.

 

            Esumazione e traslazione dei resti mortali del Servo di Dio. - Il 16 dicembre 1977, previa autorizzazione delle autorità civile ed ecclesiastica (Arciv. Kuharić), i resti mortali del Servo di Dio sono stati esumati e dopo la ricognizione trasferiti nella basilica del Sacro Cuore di Gesù a Zagreb. Il relativo verbale è allegato agli Atti del Processo.

 

            Inchiesta sul "non culto". - Il processo sul non culto non fu fatto mentre era ancora in vigore la legislazione del CIC del 1917. Dopo l'entrata in vigore della legislazione del 1983, sarebbe stata sufficiente una Dichiarazione dell'Arcivescovo (o Giudice delegato) "de non cultu". Nella causa di lvan Merz, invece, fu seguita una procedura particolare:

            Con lettera del 20 settembre 1984, il vice-postulatore p. lzidor Jedvaj S.I. chiese a tutti i vescovi croati di informarlo se nelle loro diocesi ci fosse qualche segno di culto pubblico ecclesiastico in onore di lvan Merz. Gli arcivescovi (compreso l'Ordinario di Zagreb) e i vescovi risposero al vice-postulatore, il quale consegnò le loro risposte al Tribunale. Il risultato del'inchiesta: Constat de non cultu.

 

            Il Processo fu chiuso (Sessione XXX) il 17 gennaio 1986, e il "transunto" in lingua croata fu trasmesso alla Congregazione, tramite la Nunziatura Apostolica di Belgrado, con lettera di accompagnamento del Pro-Nunzio S.E. Mons. Francesco Colasuonno, dell'11 febbraio 1986.

 

            La traduzione italiana del Processo è stata fatta dal Sottosegretario della Congregazione delle Cause dei Santi, mons. Fabijan Veraja, il quale ne garantisce la fedeltà all'originale.          

            Per quanto riguarda il "non culto", non sono state tradotte le lettere integrali dei singoli vescovi, ma il Sottosegretario ne ha riassunto il risultato in una apposita relazione.

                                                                            

            Validità del processo. - Esaminato il Processo, nel giugno del 1992 il Sottosegretario faceva presente al Congresso Ordinario della Congregazione che:         

            «Per quanto riguarda le formalità di legge, esse sono state osservate; c'è tuttavia qualche rilievo da fare sull'assenza di testi d'ufficio, che il CIC richiedeva. Nel caso in esame, sarebbe stato necessario citare formalmente i fratelli Đuro e Zlatko Kuntarić, avvocati, già impegnati nel Movimento cattolico croato, i quali avevano espresso delle riserve sulla causa di Ivan Merz. In verità, i due fratelli figuravano nella lista dei testimoni, ma nonostante le  sollecitazioni sia da parte del postulatore che da parte di qualche vescovo (mons. Dragutin Nežić e mons. Mijo Škvorc, quest'ultimo giudice delagato nella seconda fase del processo), essi non hanno deposto. La mancanza formale sta nella circostanza che il Tribunale non ha ufficialmente citato i due fratelli. (Crediamo che questa omissione vada attribuita all'inesperienza del Tribunale).

            Con il Processo, tuttavia, sono state trasmesse varie lettere scambiate con i fratelli Kuntarić, dalle quali risulta la loro non disponibilità a deporre. Quanto al motivo delle riserve avanzate dal dr. Đuro Kuntarić, si tratterebbe della responsabilità di Merz nella divisione del Movimento cattolico croato in seguito all'opzione dello stesso Merz per l'Azione Cattolica voluta da Pio XI. La questione, ovviamente, sarà oggetto di studio nella Positio; comunque, a prescindere dalla possibilità di varie interpretazioni dei fatti, non si tratta di un ostacolo perentorio alla causa.

            Oggi non è più possibile avere altri testi.

            Trattandosi di un Processo Informativo a norma del CIC (del 1917), non c'è stata una Commissione incaricata di raccogliere tutta la documentazione riguardante la causa. La Causa, però, è ricca di documentazione, sia degli scritti del Servo di Dio (tra cui il suo Diario, molto importante per la conoscenza della sua maturazione spirituale) sia di altri documenti. Molto di questo materiale è stato messo a dispozione della Congregazione direttamente dal postulatore. Non ci sono dubbi sulla sua autenticità e integrità.

            In conclusione, nulla osta a ché venga emesso il regolare Decreto sulla validità degli atti giuridici posti nella Causa». 

            Il Decretum de validitate processus fu emesso dalla Congregazione il 5 giugno 1992.

 

                                                                          * * *

 

          Riportiamo qui l'elenco dei testi, nell'ordine di escussione, indicando (fra parentesi quadre) il periodo in cui hanno conosciuto da vicino il Servo di Dio, e (fra parentesi tonde) le date in cui sono stati esaminati.

 

          Inizio del Processo (Sessione I: 8.V.1958)

          I - Mavro Merz, padre di I.M. (Sess. II: 16.V.1958; Sess. III: 10.VI.1958)         

          II - Katarina Bajić (1923-28) (Sess. IV: 24.IV.1959; Sess. V: 19.VI.1959)

          III - Dragutin (Carlo) Kniewald (1923-28) (Sess. VI: 2.VI.1960 - Sess. XV: 13.I.1961)

          IV - Viktorija Švigir (1925-28) (Sess. XVI: 30.VI.1965 - Sess. XVIII: 2.VII.1965)

          V - P. Ambroz Vlahov (1923-28) (Sess. XIX: 21.II.1973 - Sess. XX: 28.II.1973)

          VI - Drago (Carlo) Cerovac (1922-28) (Sess. XXI: 8.III.1973 - Sess. XXII: 30.V.1973)

          VII - Marija Marošević (1919-28) (Sess. XXIII: 26.VI.1973)

          VIII - Mira Majetić (1922-25) (Sess. XXIV: 25.X.1973)           

          IX - Zvonimir Dugački (1923-28) (Sess. XXV: 7.XI.1973)       

          X - Slavko Šarić (1927-28) (Sess. XXVI:13.II.1974)  

          XI - Ivan Jäger S.I. (1925-27) (Sess. XXVII: 21.II.1974)         

          XII - Ladislav Vlašić (1919-20, 1926) (Sess. XXVIII: 22.II.1974)          

          XIII - Sac. Ante Radić (1923-28) (Sess. XXIX: 6.III.1974)       

          Chiusura del Processo (Sessione XXX: 17.I.1986)   

 

          Testimonianze scritte e giurate acquisite nel Processo:[1]

          1. Sac. Čedomil Čekada

          2. P. lrenée Hausherr S.I. 

                                                                          * * *

 

          Nei capitoli XIV-XVII abbiamo riportato una serie di testimonianze su Ivan Merz, pubblicate prima del Processo Informativo. Esse provengo dalle persone autorevoli che hanno conosciuto bene il Servo di Dio, perciò non hanno minor valore delle deposizioni processuali. Se queste persone avessero potuto deporre nel processo, certamente avrebbero confermato quanto da loro scritto. Solo don Ante Radić poté presentarsi al Tribunale (teste XIII).

          Ecco l'elenco di queste testimonianze, comprese le due relazioni scritte acquisite nel Processo Informativo (Hausherr e Čekada):

 

          Per il periodo parigino di Ivan Merz (1920-1922):

          Sig.na J. Michaut (Cap. IX, D, 1)

          Mons. E. Beaupin  (Cap. IX, D, 2)

          Dr. Đuro Gračanin (Cap. IX, D, 3)

          P. Irenée Hausherr S.I. (Cap. XVII, 7)

 

          Per il periodo di vita pubblica di Merz (1923-1928):

          Don Ante Radić (Cap. XIV, 4)

          Prof. Dušan Žanko (Cap. XIV, 5)

          Prof. Marica Stanković (Cap. XIV, 6; XVII, 3 e 12)

          P. Ivan Kukula S.I. (Cap. XIV, 7)

          Mons. Miho Pušić, vescovo (Cap. XIV, 8)

          Don Mate Blašković (Cap. XIV, 8, nota)

          Card. Franjo Šeper (Cap. XIV, 9)

          P. Josip Vrbanek S.I. (Cap. XV, 1; XVI)

          Dr. Avelin Ćepulić (Cap. XV, 2)

          Mons. Ivan Ev. Šarić, arcivescovo (Cap. XVII, 1)

          Dr. Juraj Šćetinec (Cap. XVII, 2)

          Prof. Konstantin R.-Volinski (Cap. XVII, 4)

          Dr. R. (Cap. XVII, 5).

          P. Milan Pavelić S.I. (Cap. XVII, 6)

          Dr. Mijo Lehpamer (Cap. XVII, 8)

          Mons. Čedomil Čekada (Cap. XVII, 9, 10, 14, 15)

          P. Petar Perica S.I. (Cap. XVII, 11)

          Dr. Milivoj Mostovac (Cap. XVII, 13)

           

 

          II. La "Positio super vita virtutibus et fama sanctitatis".          

 

          Prima che il Processo fosse chiuso, con la Costituzione Apostolica Divinus perfectionis Magister, del 25 gennaio 1983, era cambiata la legislazione per le cause dei santi, quindi anche la causa di Ivan Merz doveva proseguire secondo lo spirito della nuova legge. Ciò risultò a tutto vantaggio della causa, in quanto, accertata la validità giuridica degli atti posti nel Processo Informativo, si poteva subito procedere alla preparazione della Positio super vita virtutibus et fama sanctitatis, quale è richiesta dalla nuova legge.

          La causa di Ivan Merz, però, vista dalla Congregazione, presentava una grossa difficoltà: la questione della lingua. In italiano esisteva soltanto la traduzione del Processo Informativo, mentre tutta la documentazione, molto abbondante, come anche tutta la bibliografia necessaria per lo studio della causa, era in lingua croata. D'altra parte, la breve vita di Ivan Merz si era svolta in un contesto storico assai complesso e abbastanza torbido; per valutarla quindi adeguatamente era indispensabile ricostruire questo contesto, tanto più che la "cultura occidentale" conosce poco, e talvolta in modo distorto, la sorte del popolo in cui nacque il Servo di Dio. In questa situazione, nessun Relatore della Congregazione avrebbe potuto dirigere adeguatamente questa causa, né c'era qualche Croato disponibile a sobbarcarsi alla fatica di preparare la Positio, così come il caso lo richiedeva. Fu allora che il Sottosegretario della Congregazione, mons. Fabijan Veraja, che stava per andare in pensione, assunse l'impegno di studiare personalmente la causa e di preparare la Positio. Lo fece non solo per riguardo alla Chiesa della propria Patria, ma anche perché nella causa di Ivan Merz, laico, vedeva una figura di grande attualità ecclesiale a livello europeo. Questo studio, quindi, dovrebbe far conoscere all'Europa cattolica questa figura singolare e, per conseguenza, un po' meglio anche la sua patria.[2]

 

                                                                          * * *

 

          Giuridicamente, la causa di Ivan Merz è una causa "recente", in quanto dispone dei testi de visu sulla vita virtuosa del Servo di Dio. Tuttavia, le deposizioni processuali si possono valutare adeguatamente soltanto se si tiene presente il contesto storico ricostruito nella Positio.

 

          Le principali fonti scritte che abbiamo avuto a disposizione, sono:

          1. Il Diario di Ivan Merz, 20 quaderni (di cui v. Cap. III);

          2. Gli scritti editi e inediti di Ivan Merz (v. l'elenco, infra);

          3. L'archivio di Ivan Merz che consta di 56 fascicoli (F1 fino a F56), con circa 1500 pezzi; inoltre tre cartelle: Personalia, Corrispondenza, Varia;

          4. Il Diario del dr. Dragutin Kniewald (dattiloscritto originale, inedito); la sua corrispondenza e altro materiale archivistico;

          5. Il Diario del dr. Ljubomir Maraković (manoscritto, inedito) e la corrispondenza Merz-Maraković;

          6. Le Memorie del dr. Velimir Deželić jr., dal titolo "Kakvi smo bili" (Quali eravamo) (dattiloscritto, inedito).

          A questo materiale archivistico va aggiunta la stampa periodica dell'epoca, nonché la bibliografia citata nelle note a pie' di pagina.

 

          Delle testimonianze orali raccolte nel Processo Informativo, la più ricca è quella del dr. Kniewald - teste III -, primo biografo del Servo di Dio; ma anche le altre testimonianze, nell'insieme dicono abbastanza, purché si leggano tenendo presenti gli Articoli.

          A proposito di questi è da notare che fu l'arcivescovo Šeper a controllarne la stesura. Più che Articoli in senso tradizionale, è stato redatto un Compendio della vita di Ivan Merz, abbastanza dettagliato, e una Silloge delle sue virtù.

          I testi, buoni conoscitori del Servo di Dio, dopo aver studiato gli Articoli, spesso si sono limitati a confermarne il contenuto, nella misura in cui erano in grado di farlo, aggiungendo poi altri particolari; in qualche caso hanno fatto delle precisazioni o qualche correzione. Perciò le risposte dei testi necessariamente vanno confrontate con i rispettivi Articoli. A tal fine viene riportato il testo integrale degli Articoli, oltre che gli Interrogatori del Promotore della Fede.

 

          A questo punto, per evitare superflue ripetizioni, non diamo un nuovo Compendio della vita del Servo di Dio, ma rimandiamo agli Articoli 1-43, che abbiamo corredati di note.

          Così pure per la Silloge delle virtù rimandiamo agli Articoli 44 e seguenti. In essa l'autore dà una immagine fedele della vita virtuosa del Servo di Dio; lo poteva fare perché disponeva, tra l'altro, di due biografie critiche di Merz.

Tuttavia, le biografie di Merz avevano una lacuna. Come già accennato nell'Introduzione, i biografi hanno dovuto sorvolare sull'opposizione che Ivan Merz aveva incontrato nel lavoro per l'Azione Cattolica. Lo hanno fatto in ossequio alla proibizione dell'Episcopato croato di scrivere delle controversie nelle file dei cattolici organizzati.[3] Nella Positio, però, questo argomento doveva essere studiato a fondo (v. Cap. XI-XIII), anche perché qualcuno aveva creduto di scorgere nella condotta di Merz qualche comportamento pregiudizievole alla sua causa di canonizzazione. Si tratta dell'obiezione avanzata dal dr. Đuro Kuntarić (v. sopra, Validità del Processo), alla quale è stato risposto nel Cap. XI Intr. 9.       

 

                                                                          * * *

 

          Quanto agli scritti di Ivan Merz, più avanti viene riportato solo il voto del primo Censore teologo. Esso ci offre una visione d'insieme di questo settore dell'attività di Ivan Merz.

          Del secondo voto, invece, in cui il Censore si dilunga nella descrizione dei singoli scritti, in particolare del Diario di Merz, si è ritenuto sufficiente riportare la Conclusione che, ovviamente, concorda con quella del primo Censore teologo.

 

 

          III. Profilo spirituale di Ivan Merz.

 

          1. La vita di Ivan Merz, in particolare la sua dedizione all'apostolato cattolico, non si spiega senza un intenso esercizio delle virtù teologali: fede, speranza e carità. Secondo il suo confessore, p. Vrbanek, Merz era «con la mente e col cuore immerso nel soprannaturale (v. Cap. XV); o, per usare le parole del p. Hausherr, egli era «le naturel dans le surnaturel», «il vivait au ciel dès ici-bas» (v. Cap. XVII, 7).

          Le verità della Fede per lui sono la realtà in cui si muove, tutto vede e giudica alla luce della Fede. La gerarchia dei valori è quella che la Fede gli ispira. «La Fede cattolica è la mia vocazione», scrive da Parigi alla mamma (6 nov. 1921). «Ti è noto che la vita all'università a Vienna, poi la guerra, lo studio e infine Lourdes mi hanno convinto della verità della religione cattolica e che per questo tutta la mia vita gira intorno al Cristo Signore» (alla mamma il 20 ott. 1921).

          Alla luce della Fede, per Merz la cosa più grande al mondo è la Chiesa e nella Chiesa la s. Messa e nella Messa la Transustanziazione (v. Cap. XIV Intr. 3). L'Eucaristia è il centro del Cosmo ed è il centro della sua vita, egli però vorrebbe che fosse anche al centro della vita di ogni cattolico organizzato, anzi della società (cf. Cap. XIV, 1). E' convinto che a tal fine contribuirà soprattutto il rinnovamento liturgico, di cui si fa promotore in Croazia (v. Cap. XIV Intr. 3), dando personalmente esempio di come si vive con la Chiesa e per la Chiesa.     «Tutta la vita di Merz in realtà è una grande preghiera», scriverà Dušan Žanko (cf. Cap. XIV, 5), e la sua «azione esterna fino nei minimi dettagli è effusione della vita contemplativa, perché egli vive nella carità»[4]. Ma la vita di Merz è anche una costante mortificazione, non solo per essere pienamente padrone di se stesso, ma anche per motivi apostolici.

          Egli ha scoperto che «il lavoro più sublime che si possa immaginare» consiste nell'impegnarsi per la salvezze delle anime. Ha pensato quindi al sacerdozio ma, dopo aver compreso che il Signore lo vuole nel mondo, si dedica all'apostolato dell'Azione Cattolica, vivendo nel mondo come un religioso. Lavora instancabilmente, rinunciando anche alle sue aspirazioni artistiche e letterarie. Perfino nel suo lavoro di professore vede, oltre che il mezzo per guadagnare onestamente il pane, anche "la croce quotidiana" da offrire per ottenere la benedizione di Dio sul lavoro nell'Azione Cattolica. E' convinto, infatti, - come più volte disse a D. Žanko - che la croce più preziosa è appunto quella che l'uomo incontra nell'adempimento dei doveri di stato.        

          Nell'apostolato dà sempre il primato alla vita interiore. Le organizzazioni cattoliche - insiste - devono creare degli apostoli della santità, quindi prima di tutto i suoi membri devono vivere nella grazia di Dio, per cui l'obiettivo primario delle organizzazioni è la lotta al peccato.

          Merz è pure profondamente convinto che il lavoro apostolico è inseparabile dalla Croce. E a lui la croce non manca mai (v. Cap. XV, B, 1). Egli l'accetta perché vuole rassomigliare alla Chiesa, «la sposa di Cristo (che) per tutti i secoli viene inchiodata alla croce». «La vita senza croce per me dovrebbe essere una vergogna» (v. Cap. XV, A, 6). E all'amico Marošević scrive da Parigi: «Il cattolicesimo non si diffonderà da noi se non ci saranno Operai, Oranti e Sofferenti. Questa è la legge della diffusione del Regno di Dio sulla terra. Il nostro movimento ha prodotto finora solo il primo tipo (operai)... Abbiamo pregato di meno, e abbiamo sofferto quando eravamo costretti. L'ultimo tipo è comunque il culmine - l'imitazione del sacrificio perfetto del Salvatore sulla Croce...» (v. Cap. IX, B, 6; si veda tutto il testo).

          Soltanto dal suo Diario sappiamo in quale crisi Merz si era trovato a Parigi, a causa degli occhi malati (v. Cap. IX, A, al 12.II.1921). Né la situazione in seguito diventa molto migliore, solo che egli non parla delle sue sofferenze fisiche. La malattia, del resto, non sembra sia la sua croce più pesante. Il suo amico e collaboratore Dušan Žanko vede la più grave croce di Merz nella sua «solitudine», nell'incomprensione del suo operare apostolico. «Hai lavorato in mezzo a noi e per noi, e noi eravamo il tuo deserto... A noi cattolici dicevi che solo nel soprannaturale sta il segreto dei nostri successi e che ogni cosa che si chiama "cattolica" può ritorcersi contro di noi se in essa non c'è il succo del mistero della carità. Per allontanare la catastrofe da tante cose che si chiamano "cattoliche", ti sei messo a spiegare il nocciolo soprannaturale nella letteratura, nell'organizzazione, nella vita sociale, nei costumi morali, nell'apostolato ecclesiastico, nella politica. Qui però ti aspettava la croce più pesante - la croce della solitudine. E mentre hai portato tutte le altre croci eroicamente con gioia nel cuore, sotto la croce della solitudine due volte hai pianto...».[5]

          A un certo momento, accennando al «lavoro indescrivibilmente grande che ciascuno (dei dirigenti delle Aquile) deve compiere accanto a tutti gli affari professionali ed altre difficoltà», confessa: «Se non ci fosse l'amore verso il Salvatore e le anime, ci creda che già da tempo ci saremmo liberati di questa croce» (lett. a mons. Sokol, v. Cap. XII, 10 intr.). L'amore verso il Salvatore e le anime! E' il senso della vita e dell'opera di Ivan Merz. "Mihi vivere Christus fuit" - scrisse al tramonto della vita. E questo amore del Salvatore lo spingeva ad amare le anime: «Poiché Gesù brama e trepida per ogni singola anima, essendo essa creata per la beatitudine eterna, questa brama e trepidazione per le anime dei nostri prossimi da Gesù passa a noi e in noi nasce il desiderio di mettere tra le braccia di Gesù tutte queste anime, che per questo sono state create» (v. Cap. X, 2). Questo è lo scopo dell'apostolato cattolico. Il lavoro nell'azione cattolica, quindi, trattandosi di un lavoro per la salvezza delle anime che il Salvatore ha affidato alla sua Chiesa, va svolto sotto la guida della Gerarchia. Da queste premesse Merz trae tutte le conseguenze pratiche per sua attività apostolica.

          Molti non lo hanno capito - in primo luogo quelli che lo hanno escluso dalle proprie file (Seniorato) -, ma anche quelli che lo hanno seguito spesso non sono stati coerenti fino in fondo. Merz - uomo del soprannaturale, della preghiera, dell'Eucaristia, della Chiesa - all'inizio della sua attività pubblica aveva affermato: «Ogni movimento cattolico che non conta con il Cielo come con una realtà, è basato su di un cattivo fondamento» (v. Cap. X Intr. 2). Egli rimane coerente in tutte le situazioni: «...per noi la norma suprema è la parola della Chiesa, e non l'Aqilismo» (v. Cap. XI, 10). «Chi crede nella forza del cristianesimo sa che i principi vincono nonostante il terrore dell'opinione pubblica». «Sono convinto che le preghiere saranno più utili alla buona causa che non tutti i nostri argomenti» (v. Cap. XII, 22 b). «Il buon Dio sistemi tutto così che sia per il bene delle anime, fosse anche contrario ai nostri desideri e alle nostre vedute» (v. Cap. XIII, 16). Merz mostra di non avere interessi propri, egli ha fatto suoi gli interessi di Dio e della Chiesa. «Perciò - scrive Dušan Žanko[6] - è stato proprio provvidenziale che agli inizi dell'Azione Cattolica in Croazia, alla sua guida e nel cuore sia stato quest'uomo di Dio, che sarà sempre un memento agli uomini dell'organizzazione che si comportano come se la Chiesa non potesse esistere e progredire senza la loro azione, e che aspettano tutto dalle proprie attività, capacità, tattica, relazioni e popolarità».               

         

          2. La vita teologale sta alla base di tutto l'edificio delle virtù morali di Ivan Merz.

          «Bastava soltanto un paio di volte venire in contatto con lui, per rendersi conto di che cosa possa fare la Grazia, la preghiera e la rinuncia. Mai impaziente, mai impetuoso, sempre amabile, costantemente nel lavoro, infaticabile, semplice, egli aveva tutte quelle grandi e belle qualità che ornano un cavaliere di Cristo, un gentleman di Cristo. Aveva lo spirito di sacrificio dell'apostolo Paolo e la carità dell'apostolo Giovanni, per esprimermi così» - scriveva Juraj Šćetinec che non condivideva le idee di Merz a proposito dell'Azione Cattolica. - «In lui c'era della semplicità, schiettezza e ingenuità di Francesco. Ricevendo quotidianamente il Pane degli Angeli egli, oltre a una profonda vita religiosa, aveva raggiunto anche uno (stile di) condotta insolitamente attraente, così che raramente si incontravano uomini con cui si potesse lavorare e comunicare con tanta piacevolezza come con il dr. Merz. Nel tempo dei più gravi contrasti nelle file dei cattolici il dr. Merz, sebbene fermamente convinto delle sue opinioni..., non ha mai oltrepassato la misura e ha sempre cercato di essere oggettivo...» (v. Cap. XVII, 2). 

          Questa testimonianza, letta nel contesto storico che conosciamo dalle pagine precedenti, da sola sarebbe sufficiente per poter parlare dell'esercizio eroico delle virtù teologali e cardinali. Merz è quel "sapiente di Dio", come l'aveva definito Čedomil Čekada, che, trovato un tesoro, vende tutto quello che ha, per acquistarlo. Tutta la sua vita prova la sua prudenza soprannaturale che lo fa cercare solo la gloria di Dio, la propria santificazione e la salvezza delle anime, a cominciare da quelle dei suoi genitori. Prima di agire studia, prega, chiede consigli. Di natura è dotato di un acuto senso di giustizia - «Il mio ideale è la giustizia e forse sarò vittima di questo» (v. Cap. III, Diario, 28.III.1914) -, e se involontariamente ha mancato, non tarda a correggere l'errore (cf. Cap. XI, 13). Essere sempre calmo, equilibrato, padrone di se stesso, paziente, pronto a servire gli altri - non è possibile senza una straordinaria fortezza d'animo. La virtù della temperanza, poi, in modo particolare risalta nella sua vita ascetica, penitente. Il frutto ne è anche la castità perfetta raggiunta dal Servo di Dio in un grado insolito. Per sua espressa confessione, egli ha dovuto combattere fortemente per conservarsi casto: «Senza una particolare protezione di Dio, forse sarei finito col suicidio; una lotta terribilmente difficile».[7] In seguito però aveva raggiunto una tale calma in questo campo che alla domanda del p. Vrbanek se, per il fatto di dover spesso trovarsi tra le giovani, avesse difficoltà di osservare il voto di castità, poteva rispondere: «Io adesso non ho affatto tentazioni del genere».[8]

 

          3. Ciò che nel caso di Merz sorprende è il modo in cui egli trova la via alla santità. La sua formazione spirituale non è il risultato di una educazione sistematica, egli non è cresciuto nel clima di una determinata spiritualità. In lui, si direbbe, l'atto precede la teoria. Con un intuito superiore egli imbocca la via giusta. Degli influssi esterni che subisce, di portata fondamentale è quello di un laico cattolico, professor Ljubomir Maraković. Per suggerimento di questi, poi, impara a conoscere L'imitazione di Cristo e l'Ars orandi (Kunst zu beten). Un francescano a Bolzano gli insegna a meditare. A St. Gabriel presso Mödling s'innamora della liturgia e a Parigi completa la sua formazione, dove ha come direttore spirituale il Sulpiziano Pressoir. A Lourdes comprende la forza della preghiera cristiana e il valore dei pellegrinaggi come scuola di preghiera; Lourdes alla sua fede razionale aggiunge il momento affettivo. Tornato a Zagreb, fino alla morte ha come confessore il gesuita p. Vrbanek. Merz poi completa la sua cultura spirituale studiando sistematicamente la filosofia scolastica, la teologia dogmatica, morale e ascetica, i documenti del Magistero ecclesiastico, le Vite dei santi ecc. E tutto ciò egli assimila per trasformarlo in linfa vitale, per sé e per gli altri.

          Quando nel 1932 uscì la prima biografia di Merz, con ampi estratti del suo Diario, anche i suoi amici più vicini rimasero stupiti di fronte alla ricchezza di quest'anima. Riflettendo sulla figura di Merz, mons. Čedomil Čekada (cf. Cap. XVII, 9) ne scrisse un breve profilo, dal titolo Il nostro santo in frac[9] che il p. Vrbanek, direttore spirituale di Merz, ha definito «la più fedele e più spirituale» presentazione del Servo di Dio, con particolare accento sulla sua «realtà soprannaturale».[10] Čekada scrive:

 

          «A quest'uomo sorprendente nella più giovane età una mano invisibile, soprannaturale ha spalancato tutta la enorme problematica dello spirito, del mondo e dell'eternità. Dio gli si è manifestato nel macrocosmo e nel microcosmo. E tutto il divino è presto diventato in lui vita, realtà. Quel velo fitto che a noi altri impedisce di vedere al di là del corpo, in lui sembrava trasparente. Egli vede e tocca Dio. E come se fosse ispirato, ne indovina i desideri e sente la sua voce. Senza guida, senza aiutante, senza manuale, senza teoria, senza noviziato, senza seminario, senza famiglia egli trova la via verso la santità. Lo Spirito lo spinge: il mondo invisibile agisce in lui. L'agens soprannaturale della grazia è costantemente il suo sosia - alter ego. Fin dall'inizio la sua virtù ha qualcosa di maturo e di perfetto da anziani. La natura si fa sentire, ma lo spirito la tiene imbrigliata con una mano che suppone l'esperienza di tutta una vita. 

          E incessantemente ingrossa e scorre questo fiume di sorprendente, infusa vita della grazia... Ivan... riceve la sua missione. La sua vita combacia con la Chiesa. Due realtà soprannaturali, l'Uomo di Dio e il Regno di Dio nel mondo convivono nella simbiosi spirituale di grazia. L'intelletto e la volontà diventano il mezzo della Provvidenza.

          Trae con sé gli altri. Diventa il consigliere e l'ideologo. A piene mani getta gli elementi dello spirito e dell'ecclesialità dentro la vita cattolica del nostro popolo.

          In Merz, oserei quasi affermare, la grazia e il mondo spirituale sono sperimentalmente dimostrati. Il suo sviluppo religioso e la maturazione ascetica, specialmente all'inizio del suo percorso spirituale, non trovano una spiegazione naturale. Egli è un frutto spirituale spontaneo (samonikao duhovni plod). Non ha attinto dal suolo suoi succhi. Non ce ne sono intorno a lui. Se nel suo caso non vogliamo peccare contro il principio di ragione sufficiente, dobbiamo riconoscere la metafisica della grazia e del mondo invisibile. Essa lo penetra sempre di più, senza di essa non possiamo affatto comprendere Merz.

          Egli ha sentito che cosa è la Chiesa. Egli l'ha vissuta in sé. In essa ha inserito la propria vita, senza menomarla minimamente. Egli sapeva innestare in questo vecchio albero fruttuoso sempre nuovi virgulti vitali, al fine di innestare tutta la vita pubblica cattolica su questo elemento radicale divino del mondo soprannaturale. Egli è vissuto con la Chiesa e dalla Chiesa. Egli sapeva che cosa è il Papa, che cosa il vescovo, che cosa il sacerdote, che cosa la Chiesa e la gerarchia. Ha lavorato per la Chiesa. E che abbia lavorato bene, noi tutti ne siamo testimoni. E saranno testimoni anche i decenni che verranno».

 

          4. Nella vita di Merz, infatti, «non c'è un'idea più forte... dell'idea della Chiesa; della Chiesa che attraverso il Papato custodisce la dottrina e l'unità, e della Chiesa che attraverso la liturgia prega e offre il "sacrificio di lode" al Padre..., e non so - scrive D. Žanko[11] - se sia affatto possibile immaginare la fisionomia religiosa di Merz fuori di quel nimbo in cui risplende la più profonda, mistica idea della Chiesa. Egli portava la Chiesa nel proprio essere così organicamente, spiritualmente, sentendosene una parte viva, come la mano o il piede è membro di un organismo che si chiama uomo. Tutta la sua anima era amore per la Chiesa, amore nella Chiesa». 

          La Chiesa - il Regno di Dio sulla terra - per Merz è il criterio di valutazione dell'operato dei cattolici, a tutti i livelli, compreso quello politico. Dopo una conferenza del ministro Korošec (sacerdote!), il 7 ottobre 1920 scrive nel Diario: «Ho avuto l'impressione che noi cattolici non abbiamo una politica di grande respiro, di cui l'alfa e l'omega sarebbe la diffusione della Chiesa di Cristo. Anche Korošec pensa come tutti i politici...». E a Parigi, dopo una burrascosa seduta nella "Conference Olivaint" annota: «Gli studenti cattolici francesi sotto l'aspetto politico sono orientati in senso del tutto liberale. Essi creano le loro alleanze solo allora quando queste possono essere utili materialmente e per la gloria del popolo francese. Di qualche loro orientamento politico cristocentrico(!) non se ne parla. Il Tedesco è loro nemico anche se tutti i giorni andasse alla mensa del Signore...» (1.XII.1020).

          E' comprensibile quindi che Merz senta profondamente anche il dramma della divisione dei cristiani. Già nel 1917 scriveva dal fronte all'amico Bilogrivić: «Non puoi immaginare quanto mi dispiace che le Chiese siano separate; è proprio catastrofico l'effetto di questa divisione sull'umanità!» (v. Cap. VII, B, 1).

 

          Il Movimento cattolico croato non era minacciato da eresie; i suoi appartenenti erano cattolici convinti. Tuttavia Merz, che sembra orgoglioso del Movimento stesso - «Il nostro Movimento cattolico è unico. Ogni membro è un'unità consapevole nel lavoro per la Chiesa» -, pensa che «bisogna adoperarsi, affinché il legame con la Chiesa sia più forte, che oltre alla capacità e alla consapevolezza dei dirigenti, ci sia in essi l'eroismo dell'umiltà e dell'ubbidienza (sottomissione)» (Diario, 7.XI.1920). Egli già sul fronte si era reso conto che il nuovo indirizzo, che il Movimento stava prendendo per opera di Petar Rogulja, rischiava di dividere le file dei cattolici (cf. Cap. VI, C, II, 4; Cap. VII, B, 4). A Vienna, poi, parlò di due tipi o generazioni di cattolici formatisi durante la guerra: la generazione nazionale-intellettuale e quella religiosa. Per la prima la religione è diventata lo strumento del nazionalismo. «Noi non saremo mai né dobbiamo essere cattolici allo scopo di aiutare il popolo, bensì noi aiuteremo il popolo perché siamo cattolici. Il cattolicesimo è il nostro fine, e non il mezzo» (v. Cap. VIII Intr. 5).

          Tornato in patria, si propone di essere «correttore nelle organizzazioni cattoliche, perché riconosce le deviazioni permanenti dalle rette dottrine» (v. Cap. X Intr. 2). Impegna quindi tutte le forze perché si attui l'Azione Cattolica secondo le direttive di Pio XI. In questo suo tentativo incontra le difficoltà da parte dei dirigenti del Seniorato cattolico che considerano l'Azione Cattolica buona per l'Italia o altri paesi, ma non per la Croazia che ha il suo Movimento cattolico, guidato dal Seniorato stesso il quale, nel frattempo, ha concentrato la sua attività soprattutto nel partito politico (Partito Popolare Croato). Merz non è per il disimpegno dei cattolici dalla politica, ma per l'indipendenza dell'Azione Cattolica - che è la collaborazione dei laici all'apostolato gerarchico - dal Partito politico. Si scontrano due visioni, due mondi e da qui tutte le difficoltà, lotte, sofferenze di Merz. Ma queste lotte, senza che gli stessi protagonisti se ne accorgano subito, contribuiscono alla nascita di un nuovo clima ecclesiale tra i cattolici croati, con l'accresciuto prestigio del Papa e dei vescovi e con una nuova generazione della gioventù idealista più orientata ai valori spirituali (cf. Processo, Teste III, ad art. 35 in fine, e ad art. 61-71).

 

          Nel 1945, con l'arrivo al potere dei comunisti, comincia il periodo delle persecuzioni in cui molti, uomini e donne, formati in quel clima ecclesiale, hanno trovato la forza di testimoniare il proprio attaccamento alla Chiesa. E viene spontaneo da chiedersi, che cosa sarebbe rimasto del cattolicesimo in Croazia se non ci fosse stato il Movimento cattolico, in genere, e il nuovo spirito che Ivan Merz vi aveva immenso. Qualcosa di questo spirito è rimasto anche sotto le ceneri. Possa la beatificazione e la canonizzazione di Ivan Merz, a Dio piacendo, contribuire a ravvivare questo fuoco dell'autentico cattolicesimo, del quale il popolo croato ha bisogno oggi non meno che ai tempi di Ivan Merz.

 

          5. Sono passati settant'anni dalla morte di Merz, e nel frattempo c'è stato il Concilio Vaticano II, la contestazione postconciliare, l'accresciuta secolarizzazione, con tutte le conseguenze... E il messaggio di Merz in questo nuovo contesto? Rimane lo stesso come quarant'anni prima del Concilio. E' forse un caso che gli argomenti principali affrontati dal Concilio siano stati: il mistero della Chiesa (Lumen gentium), il rinnovamento liturgico (Sacrosanctum Concilium), la Parola di Dio (S. Scrittura) (Dei Verbum), il ruolo della Chiesa nel mondo (Gaudium et spes), l'ecumenismo (Unitatis redintegratio), la santità del clero e delle anime consacrate (Presbyterorum Ordinis, Perfectae caritatis), l'apostolato dei laici (Apostolicam actuositatem), la chiamata universale alla santità...? Tutti temi la cui importanza e attualità Merz, qui Spiritu Dei agebatur, aveva sentito quarant'anni prima del Concilio. Per lui quindi, se fosse stato vivo al tempo del Concilio, sarebbe stato del tutto ovvio che il Concilio si occupasse di questi temi, perché lo Spirito Santo che guida la Chiesa sa quello di cui la Sposa di Cristo ha bisogno, e dovunque interviene lo fa nella stessa direzione.

          E' illuminante in proposito la riflessione di Merz sui vari Movimenti cattolici in Europa. Dopo aver preso parte a un Congresso dell'Association catholique française, il 30.I.1921 annota nel Diario: «Considerando questo enorme interesse della generazione cattolica per l'instaurazione di tutta la vita pubblica in Cristo noto l'opera di una Energia che è ovunque attiva. Dovunque - in Austria, da noi e adesso anche qui - ho ammirato l'unità d'ispirazione dei movimenti cattolici di tutti i paesi. La miglior apologia dell'operare divino nell'umanità è quest'unico spirito che ispira i Movimenti cattolici del mondo. Questo capolavoro non può essere prodotto da nessuna forza umana, da nessun sistema filosofico. Questo è opera della Forza che è al di sopra di noi e che noi cerchiamo e desideriamo conoscere. Gli atei, gli internazionalisti e tutti i possibili teoretici studino la storia della Chiesa e la sua attività di oggi e vedranno che essa è l'unica che trascina avanti l'umanità» (v. Cap. IX).

          E nella crisi postconciliare dentro la Chiesa, non sono forse tuttora attuali le parole di Merz sulla necessità dell'«eroismo dell'umiltà e dell'ubbidienza»? E' il messaggio che egli, con tutta la sua vita ancor più che con le parole, rivolge ai figli della Chiesa, sacerdoti e laici, alla soglia del terzo Millennio. 

 

 

 

 


 


    [1] Trattandosi di relazioni sintetiche, e non di deposizioni processuali dipendenti dagli Articoli, queste testimonianze scritte sono state riportate sopra, nel Cap. XVII.

    [2] Poiché (a causa della lingua) solo attraverso questa Positio la figura di Ivan Merz potrà essere conosciuta fuori della sua patria, è auspicabile che questo volume abbia una maggiore diffusione, il che per accidens contribuirà anche a una migliore conoscenza del lavoro della Congregazione delle cause dei santi. Infatti, mentre ero in servizio presso la Congregazione, più volte mi è capitato di sentire deplorare il fatto che i suoi lavori (Posizioni), non di rado di notevole valore scientifco-storico, rimangono praticamente inaccessibili al mondo della cultura. Perciò a suo tempo suggerii al Postulatore della causa del Servo di Dio, ora Beato, Giovanni Battista Salabrini di far circolare nelle librerie la grande biografia, che in realtà costituiva la parte essenziale della Positio super vitutibus. Cf. F. Veraja, Le cause di canonizzazione dei santi, Libreria Editrice Vaticana, 1992, p. 64, nota 8.

    [3] P. Vrbanek espressamente dichiara che «a causa dell'esistente proibizione ecclesiastica di controversie sull'Azione Cattolica», nella biografia di Merz ha dovuto limitarsi a descrivere soltanto il suo lavoro costruttivo nel campo del rinnovamento cattolico, senza le ombre contrarie, per cui non risalta adeguatamente la sua grandezza. Vrbanek, op. cit., p. 8. - Kniewald, a sua volta, su richiesta della censura aveva dovuto omettere una lettera di Merz sul Seniorato (v. Cap. XI, nota 32).

    [4] Duša dra Ivana Merza (L'anima del dr. Ivan Merz), in "Život" 5, 1938, p. 263.

    [5] Ibid., p. 271s.

    [6] Ibid., p. 263.

    [7] Risposta di Merz alla domanda 29. del Questinario del dr. Kniewald, in vista della pubblicazione del Katolički Đak (Lo studente cattolico): «Nella mia vita di giovane, quale ruolo ha lo sforzo per conservare la purezza di cuore?»

    [8] Vrbanek, op. cit., p. 183.

    [9] Naš svetac u fraku - Nel 5E anniversario della morte del dr. Ivan Merz, in "Katolički Tjednik" del 7.V.1933.

    [10] Vrbanek, op. cit., p. 241.

    [11] Duša dra Ivana Merza, cit., p. 250.