PROCESSO INFORMATIVO

"sulla fama di santità, virtu e miracoli"

del servo di dio

I V A N  M E R Z

 

 

 

 

"A R T I C O L I"

 

A) CENNI BIOGRAFICI DI IVAN MERZ

 

            Art. 1. Il Servo di Dio Ivan Merz nacque a Banja Luka (diocesi di Banja Luka) il 16 dicembre 1896. Suo padre Mavro era allora capo della stazione ferroviaria di Banja Luka - Città. Durante la guerra, essendo ufficiale militare, egli fu assegnato alla direzione della ferrovia militare Banja Luka-Doberlin.

            Sua madre si chiamava Terezija Mersch ed era di famiglia ebrea. I genitori di Ivan professavano la religione cattolico-romana.[1]          

            Ivan fu battezzato nella casa paterna dal cappellano militare Petar Andrassy il 2 febbraio 1897.

            Fece da padrino il fratello del padre, Georg Merz (assente), rappresentato dal tenente Robert Kautz. Ivan ebbe anche i nomi di Đuro (Georg) e Robert.

 

            Art. 2. Ivan crebbe nella casa paterna a Banja Luka. I genitori lo educarono    "onestamente", cioè[2] secondo i principi di un umanesimo relativamente liberale.

            Successivamente, sotto l'influsso di Ivan, i genitori cominciarono a vivere una vita cristiana seria. Se ne parlerà più ampiamente all'art. 38.

           

            Art. 3. Nonostante la carenza di una profonda vita cristiana nella casa paterna, i genitori insegnarono al piccolo Ivan a recitare le preghiere del mattino e della sera.

            Lo iscrissero alla scuola materna delle Suore del Preziosissimo Sangue. Lì Ivan ebbe anche la prima educazione musicale. Ben presto si nota in lui la nobiltà dei sentimenti verso i poveri e il senso del dovere.

            L'amore e la delicatezza verso i genitori traspare anche dal suo modo di correggere le proprie mancanze di bambino e dal modo di chiedere il perdono. Tanto più lo dimostra con atti positivi di attenzione e di amore, come ad esempio:

            Una volta, nella ricorrenza dell'onomastico della mamma, con tutta serietà chiese al padre di issare la bandiera. Aveva visto infatti che il padre, in qualità di capostazione, issava la bandiera nel giorno di festa dell'Imperatore: «... se facciamo imbandierare la casa nel "giorno dell'Impera­tore", tanto più dobbiamo imbandierarla nel "giorno della mamma"».

 

            Art. 4. Ivan ha frequentato la prima e la quarta classe a Banja Luka, la seconda e la terza invece a Prijedor, dove suo padre era stato trasferito per un periodo di tempo.  Il suo insegnante di religione (Rev. Kaurinović) soleva dire alla mamma di Ivan che suo figlio doveva farsi sacerdote, poiché conosceva il catechismo meglio di tutti i suoi compagni.

            Ivan si accostò alla prima Comunione all'età di 9 anni compiuti, il 22 aprile 1906.  La foto ricordo della prima Comunione rimase appesa sopra la sua scrivania fino alla sua morte.

            L'anno successivo gli fu amministrato il sacramento della Cresima dal Vescovo di Banja Luka, Marijan Marković O.F.M. Alla cresima ebbe il nome di Viktor, dal nome del padrino, il tenente Viktor Hönig.

 

            Art. 5. Nel settembre 1906 Ivan iniziò a frequentare a Banja Luka l'Istituto Tecnico (Realka). In tutte le materie progrediva bene, soltanto il professore di disegno, amico di suo padre, se ne lamentava alquanto. Venuto a saperlo dalla mamma, Ivan le confessò che il disegno lo interessava molto, ma che non vedeva bene alla lavagna e che spesso tutto gli pareva oscuro, vedeva doppie immagini dei compagni ed avvertiva forti dolori alla parte frontale durante la lettura.

            Tale dolore lo accompagnò per tutta la vita e, probabilmente, fu alla radice della sua malattia che alla fine lo portò alla morte. E benché per tutta la vita soffrisse agli occhi, terminò ottimamente gli studi e successivamente svolse la sua ricca attività professionale, nonché una feconda attività letteraria e la molteplice corrispondenza privata. Egli affrontava questa sofferenza offrendola come permanente e incessante sacrificio della sua vita nel lavoro per Iddio, la Chiesa e il suo popolo croato, senza parlarne a nessuno. Si confidava soltanto con il suo Diario, nei momenti di eccessiva sofferenza.

 

            Art. 6. Fisicamente bene sviluppato, Ivan era forte e sano, tranne le sofferenze agli occhi e periodiche sinusiti. Portava la bicicletta e, all'occorrenza, sapeva ripararla.  Gli piaceva andare in slitta e pattinare sul ghiaccio. Giocava volentieri a tennis, raramente a calcio.[3]  Con i compagni faceva gli esercizi sugli attrezzi ginnici e giocava a scacchi.   

            Nella scuola media era un alunno calmo e serio, però di temperamento ilare e di carattere socievole. Accanto alle materie scolastiche studiava anche il violino, il pianoforte e le lingue inglese e francese. Apprendeva le lingue con facilità e faceva grandi progressi nello studio. Si divertiva a disegnare e a fare simpatici ritratti e caricature.

            La professoressa Danica Latas, che gli impartiva lezioni private di francese durante gli anni della scuola media inferiore, nei suoi ricordi metteva in rilievo la modestia, la diligenza e l'intelligenza di Ivan. Le sembrava troppo serio per la sua età. Spesso vedeva i suoi compagni giocare allegramente per strada, ma Ivan non c'era tra loro.

 

            Art. 7. I compagni e i professori di Ivan apprezzavano i lati positivi del suo carattere.  Tra l'altro, egli fu scelto a salutare in lingua francese il prof. Blondel, allorché venne a vedere il loro Istituto.

            Ivan però, sin dalla tenera età osservava criticamente sia i suoi compagni che gli insegnanti, soprattutto se stesso. Ben presto seppe distinguere il bene dal male.  A scuola non gli piacevano tante cose che notava sia negli insegnanti che nei compagni.

            Valutava correttamente e l'insegnamento e il comportamento di alcuni professori di orientamento liberale. In segno di rispetto non si opponeva pubblicamente a loro, però dinanzi ai compagni dimostrava apertamente il suo dissenso. Dieci anni dopo si lamentava nel Diario: «Mi hanno messo nella testa tante bugie, da cui forse non mi sono ancora liberato».[4] Osservava criticamente gli anziani e le persone investite di responsabilità che parlavano e insegnavano una cosa e spesso invece agivano diversamente, anche in senso contrario. Anche questa era una delle ragioni per cui nel periodo della pubertà la sua pietà divenne più debole; per qualche tempo egli si astenne anche dal partecipare alle riunioni della Congregazione Mariana a cui era iscritto.

            Erano iniziate le prime tempeste primaverili nella vita di Ivan, che con maggiore o minore veemenza continuarono nell'età di maturazione giovanile, purificando la sua atmosfera interiore in ordine alle successive ascensioni.

 

            Art. 7a. Ivan osservava criticamente i suoi compagni ed agiva secondo i propri principi.  Sebbene nella VII. classe avesse esaltato il principio della Rivoluzione francese: libertà, fraternità, uguaglianza, tuttavia lo aveva interpretato a modo suo. I suoi compagni ricordano l'insolita calma con cui respingeva gli attacchi dei compagni liberali, i quali gli rinfacciavano di non aver capito il progresso del tempo.  L'ing. Božo[5] Jović, uno dei compagni più giovani di Ivan, afferma che nessuno più di Ivan poteva convincerlo dell'utilità soprannaturale della vocazione religiosa dei suoi fratelli per il popolo.

 

            Art. 8. Ivan vagliava criticamente anche se stesso, i suoi pensieri, i sentimenti, le

parole e le opere.

            Dal Diario si desume il suo rimorso di coscienza per aver dato la parola di fare il compito di maturità prima agli altri e poi a sé.

            Un altro rimorso di coscienza traspare dal Diario, quando si rammarica di essere andato alla ricerca di avventure scolastiche insieme ai suoi compagni: «l'onestà innanzi tutto».[6]

            Pare che queste sue impressioni spiacevoli non le manifestasse molto ai compagni.

 

            Art. 9. Amava la compagnia ed i compagni non per servirsene per il divertimento personale e nemmeno per emergere, bensì per dare un proprio contributo alla gioia e al progresso comune sia a scuola che al di fuori di essa.

            Nelle situazioni spiacevoli, ubbidendo alla coscienza silenziosamente e a malincuore si metteva in disparte, ma talvolta sapeva anche opporsi apertamente.

            Ivan era benvoluto dai suoi compagni per la sua buona educazione, per la sua indole piacevole e per la sua disponibilità a far servizi. Era inoltre il più giovane tra i compagni.

 

            Art. 10. Affinché la futura guida e l'apostolo della gioventù cattolica croata potesse meglio comprendere, consigliare e guidare i giovani nelle questioni delicatissime dell'amore giovanile, per disposizione della divina Provvidenza anche Ivan ha vissuto l'esperienza dell'amore giovanile.  All'età di 16 anni, nell'ambito delle relazioni familiari conobbe una ragazza bella e molto dotata, figlia di un consigliere della guardia forestale. Spesso si incontrava con lei, insieme leggevano e discutevano argomenti di letteratura e di storia. Per questo Ivan la stimava molto e le voleva bene, mentre cercava di dominare coscientemente le emozioni istintive, e provava vergogna di se stesso se gli affiorava l'istinto di concupiscenza nei confronti della ragazza.

            Ma la povera ragazza non era così ideale come la riteneva Ivan.  Delusa della disonestà di un suo "ammiratore" e disperata si avvelenò a Travnik nel 1913.  Nemmeno la madre di Ivan aveva presentito quanto egli sarebbe rimasto scosso dalla notizia di quella morte.

 

            Art. 11. Questa morte significò per Ivan una "rottura" (crisi), come si esprime nel suo Diario. Ciò lo portò a guardare con maggiore serietà non solo l'amore, ma anche la vita in genere. In un primo momento dopo la morte della ragazza rimase assai abbattuto, senza farlo trasparire molto all'esterno. A poco a poco andò sollevandosi, approfondendo sempre di più il senso della vita nella fede. Incontrava non poche difficoltà perchè era poco istruito nella fede.  «Se fosse qui un dotto confessore per confidarmi con lui» (D. 30.Vlll.1914). Riacquistò definitivamente la pace soltanto per un intervento straordinario della Madonna a Lourdes e dopo aver fatto il voto di castità perpetua, come si vedrà più avanti.[7]

 

            Art. 12. Sulla trasformazione interiore di Ivan influì positivamente il suo professore al ginnasio dott. Ljubo Maraković, professore di letteratura, cattolico convinto e critico letterario. Questi indirizzava gli alunni al bene, allargava i loro orizzonti spirituali, suscitando in essi il sentire per il popolo, l'interesse per i problemi sociali e la prontezza al sacrificio per il bene comune. Esaminando opere letterarie li istruiva a lavorare con metodo, indicava pure i mezzi e i modi di formazione del carattere, raccomandando tra l'altro di scrivere un diario. Così Ivan iniziò a scrivere il suo il 27 febbraio 1914.

 

            Art. 13. La prima fase dello sviluppo religioso del dr. Ivan Merz ha un carattere letterario-estetico. La concezione della vita e la "poesia della vita" si intrecciano. Questa fase fu successivamente definita dallo stesso Ivan il "cattolicesimo estetico". Durante la guerra, al fronte, poi a Vienna e specialmente a Parigi, Ivan si è liberato di questa concezione del mondo e ha iniziato a guardare la vita nella sua realtà, cioè qual'è secondo il disegno del Salvatore.

            Poiché la letteratura che il prof. Maraković gli forniva era impregnata di spirito cattolico, e la rivista letteraria "Der Gral" del 1914 - alla vigilia del Congresso Eucaristico mondiale[8] - era dedicata alla SS.ma Eucaristia, Ivan comincia ad avvicinarsi all'Eucaristia. Tuttavia ci volle del tempo prima di poter assaporare questo cibo divino e prima che l'Eucaristia diventasse per lui "panis quotidianus supersubstantialis".

 

            Art. 14. Fatto l'esame di maturità con esito eccellente, Ivan doveva scegliere una professione. Aveva talenti naturali per diverse vocazioni. Vedendolo riparare la bicicletta o fare dei progetti, uno poteva pensare: sarà un buon ingegnere. E quando usava gli attrezzi ginnici o cavalcava il cavallo, sembrava nato per l'ufficiale. Nel sentirlo criticare gli scrittori o valutare i filosofi si poteva dire: sarà un ottimo profes­sore. Il suo insegnante di religione nella scuola elementare diceva alla mamma: «Hans sarà un buon sacerdote». Dotato sotto ogni aspetto, Ivan aveva grande possibilità di scelta. Sin dalla giovinezza però si era sentito portato verso la vocazione di professore, per essere educatore ed amico della gioventù. Ciò si spiega con il benefico influsso del suo professore e guida dott. Maraković, il cui esempio di insegnante modello era all'origine del desiderio di Ivan di seguirlo nella stessa pro­fessione.  Era questa la vocazione che maggiormente rispondeva alle doti di Ivan, una mente molto dotata, una tenace laboriosità, un gusto raffinato e l'amore all'arte e alla gioventù. Per poter seguire tale vocazione avrebbe dovuto affrontare l'esame di latino che nell'Istituto Tecnico non aveva appreso. Sperava di superarlo con facilità. Per ottenere più facilmente il consenso dei genitori all'iscrizione all'università si impegnò a sostenere l'esame di maturità con esito eccellente.

            «Voglio vivere per la mia cara professione, dovessi essere anche l'eterno povero, piuttosto che tormentarmi con lavori meccanici, guadagnare soldi e alzare la testa come uno stimato esperto, considerarmi intelligente, serio e tenuto in alto, se non lo sono... Evviva l'arte!». Questi sono i sentimenti di Ivan durante la preparazione dell'esame di maturità e mentre faceva propositi per l'avvenire (D. 17.VI.1914). Ivan proponeva, ma i genitori disponevano.

 

            Art. 15. I genitori, specialmente la madre, sognavano per Ivan la professione militare, come quella del padre. Speravano che le doti di Ivan gli avrebbero permesso di raggiungere un alto grado militare. Per di più, come ufficiale non avrebbe dovuto leggere molto, circostanza questa che avrebbe favorito i suoi deboli occhi. Essendo inoltre scoppiata la prima guerra mondiale (1914), Ivan doveva essere presto arruolato e mandato al fronte; ciò sarebbe stato ritardato se egli fosse entrato nell'Accademia militare. Perciò i genitori decisero di inviarlo all'Accademia militare di Wiener Neustadt.

            Questo fu un gran sacrificio per Ivan, ma per non rattristare i genitori egli obbedì. Parti il 12.IX.1914. Sostenne eccellentemente l'esame di ammissione e fu accettato tra gli allievi. Dal suo Diario si può rilevare il suo stato d'animo nell'Accademia militare.  "Sono entrato nell'Accademia militare, vuol dire, devo diventare un buon soldato. Io sono completamente diverso. Non ho mai avuto la voglia di fare il militare, però per facilitare la vita ai genitori, sono entrato qui... Qui non ci sono veri soldati... Iddio non è il loro ideale.  In genere essi disprezzano la fede, ciò è ovvio, dal momento che non la conoscono. La mia fede, il pensiero alle cose belle, la vita di fede in genere mi pare che indeboliscano. Non posso accostarmi qui alla Confessione che desidero tanto e nemmeno alla Comunione. Non ho mai pensato che vi potessero essere uomini così... Ho avuto ribrezzo e ho pianto... La mamma celebra oggi l'onomastico. La buona mamma e il buon papà!  Mi vogliono bene ed io li amo e ho descritto loro sinceramente la mia situazione. Non accennano di togliermi da qui. Io scapperò...».

            Ivan aveva trascorso le vacanze natalizie a Banja Luka, dove era riuscito a convincere, prima il padre e poi la madre, di non essere idoneo per la carriera di ufficiale militare.

 

            Art. 16. I genitori acconsentirono che Ivan abbandonasse l'Accademia militare. Per accontentare la madre egli si iscrisse alla facoltà di diritto e non a quella di filosofia.  Frequentava le lezioni di diritto, ma, all'insaputa dei genitori, frequentava anche dei corsi di filosofia, nella speranza di diventare un giorno professore. Lo studio del diritto non lo soddisfaceva, e il pensiero di diventare avvocato lo riempiva di orrore.

            «... Così (sono) uno studente di diritto, e ancora non ho frequentato lezioni di legge, frequento alcune lezioni di filosofia. Ascoltando imparo molto, ma ciò non è ancora quello giusto. Volentieri mi concentrerei per approfondire tutto con esattezza. Quando penso alla mia futura professione provo orrore, perchè mi troverei a lavorare nel settore che non mi soddisfarebbe. Volentieri sarei professore in Bosnia, charirei i concetti ai bambini, mostrerei a loro un nesso più profondo delle cose, li entusiasmerei per la fede, per l'arte, ed io stesso mi dedicherei alla letteratura, forse scriverei anche» (D. 24.XI.1915).

            Nel frattempo Ivan studiava il latino e finalmente, non senza fatica, sostenne l'esame a Sarajevo il 21.X.1915. Studia e riflette molto sull'arte. Analizza le opere letterarie dei principali scrittori dell'Europa centrale e settentrionale nonché della Russia. Colpisce la costatazione che Ivan già allora non leggeva per passatempo: romanzi, novelle, drammi e poesie, ma li studiava a fondo. Frequentava anche i concerti e i teatri. Le sue impressioni ed esperienze però, le vagliava criticamente e con un certo scetticismo. Tutto poi giudicava alla luce dei principi della fede cattolica.

            Nei primi giorni della sua permanenza a Vienna annota: «Quasi da un mese non ho scritto nulla. Ho appagato il mio desiderio e son venuto qua (per iscrivermi all'università), per studiare Legge. Quasi tutte le pratiche sono state ultimate, e a poco a poco sto diventando uomo... La mia preghiera ora è rivolta all'Immacolata: accompagni lei ogni mio passo in questa città. Ogni mio passo e mossa siano indirizzati al bello. In genere voglio qui godere soltanto del bello. Penso prima di tutto al teatro. Mi preparerò alle opere e cercherò di immergermi in tutto ciò che è sublime. Lo stesso vale per le arti. Il mio motto è: "Soltanto attraverso il bello si raggiunge la Sorgente"». (D. 17.11.1915).

            Nel 1916, col permesso del padre, lascia la facoltà di diritto e passa a quella di filosofia. Oltre la filosofia pura Ivan studia anche la lingua e la letteratura tedesca e francese.

 

 

            Art. 17. Benché a Vienna, come anche altrove, evitasse le compagnie cattive e cercasse di guardare nella luce della fede tutte le manifestazioni della vita, Ivan tuttavia non sfuggì al duplice scontro e lotta in cui generalmente viene coinvolto un giovane intellettuale nel periodo in cui si forma una concezione di vita. Giunto all'università di Vienna da un ambiente piccolo-borghese, egli venne a conoscere più da vicino l'irreligiosità "scientifica" e letteraria nonché le sue conseguenze morali e sociali. E pur essendo un cattolico convinto, egli volle una volta per sempre rendere conto a se stesso della verità delle sue convinzioni. Non si trattava dello scetticismo né del dubbio, come spesso lo denomina nel suo Diario, bensì della reazione di un vero intellettuale contro il ronzio dell'irreligiosità e dell'immoralità contemporanea. La sua fede infantile, basata sull'autorità dei genitori e dei maestri, stava maturando per diventare la fede ragionevole di un uomo adulto.

            Questa crisi, nel suo caso non assunse mai forme acute. Aiutato dalla grazia di Dio, la superò sin dall'inizio. Risolto questo problema una volta per tutte, mettendo Dio al primo posto nella sua anima, egli aveva un solo fine: avvicinarsi a Lui sempre di più.

            In questa lotta l'istinto spesso pone alla ragione l'interrogativo: essere solo un "animale intelligente" o svilupparsi in un "uomo ragionevole". In questa lotta Ivan conservò la dignità umana consistente nella perfetta purezza di cuore, ma dovette a lungo combattere con la sua natura esuberante e artisticamente orientata.

 

            Art. 18. Nell'estate del 1915 Ivan venne chiamato alle armi e nel febbraio 1916 inviato a Lebring presso Graz. Rimase lì due mesi, indossando l'uniforme, esercitadosi e abituandosi alla vita militare. Fu poi trasferito a Graz e successivamente a Slovenska Bistrica per ulteriore formazione. Frequentò il corso per gli ufficiali a Mürzzuschlag, e a Graz sostenne il relativo esame. Fu quindi inviato al reggimento bosniaco-erzegovinese per ulteriore destinazione. Poiché ai militari scarseggiavano i viveri, fu congedato (Hungerurlaub). Trascorre le vacanze in parte dalla madre a Banja Luka e in parte dal padre a Pécs, dove questi era in servizio come rappresentante delle ferrovie militari.

            Tornato al reggimento, nel novembre 1916 fu inviato ad An Seewiesen per un corso di sci e fu abilitato a guidare i soldati nelle montagne. Con lui c'era un gruppo di ragazzi del suo reggimento. Come aspirante ufficiale si avviò con loro verso Bolzano (gennaio 1917). Ebbe sede a Regensburger-Hütte, a 2100 metri di altitudine, con il compito di portare le truppe al posto di combattimento e di riportarle attraverso i monti e le gole, per le vie più sicure. Alcune volte dovette percorrere 30-40 Km. al giorno, abituandosi alla fatica e al freddo intenso.

            Come tenente fece anche un "Gasskurs" a Vienna, tra il 3 e il 17 aprile 1918, diventando "Gassschutzoffizier". A parte i brevi congedi semestrali di 10 giorni, egli rimase al fronte fino alla fine della guerra, prestando vari servizi, talvolta anche quello pericoloso di vedetta.

            Poco prima che terminasse la guerra ebbe licenza, a causa del forte indebolimento dovuto alla dissenteria (aveva perso 12 Kg.).

            Il 1 novembre 1918 si mise a disposizione al Consiglio Nazionale,  insieme con i suoi compagni, ed entrò a far parte della Difesa popolare in qualità di tenente.

 

            Art. 19. Il Signore inviò Ivan sui campi di battaglia perchè, attraverso grandi fatiche, gli venisse a noia tutto ciò che è transitorio, e la sua volontà si rafforzasse, per poi modellarlo secondo il Suo Cuore.

            Nella crudele realtà della guerra le forze umane vengono adoperate al massimo, e la volontà spesso crea dei miracoli.  Anche la volontà di Ivan ha fatto grandi cose, non tanto in funzione della sconfitta del nemico quanto per la propria formazione. Il suo Diario testimonia come egli osservava tutto dal punto di vista spirituale, valutando le azioni e gli avvenimenti secondo il loro valore morale.

            Il Signore lo illuminava, facendogli dominare il corpo con continue rinunce, per poter servire Dio con una vita purificata. Gesù eucaristico sosteneva vivo questo desiderio di perfezione e aiutava Ivan a realizzarlo. Ogniqualvolta gli era possibile si accostava alla Comunione, e se non lo poteva fare ricorreva alla comunione spirituale. Trovandosi sulle Alpi al Monte Rasta annotava (D. 9.1X.1917): «La situazione si è molto aggravata. Qui bisogna fare spesso la ronda. Non c'è l'Eucaristia, come se l'Agnello non fosse più al centro dell'universo, come se non esistesse affatto. Dio, Consolatore, vieni e impregna degli atomi di eternità la mia natura, perché io, reso più simile a te, possa capire il corso dell'esistenza! - Gli stati moderni curano l'intelletto, mentre la santa Eucaristia è una cosa secondaria».

            La guerra ha corrotto molti, mentre Merz ne è uscito più nobile, perché sempre ed ovunque sentiva la presenza di Dio. Sia le bellezze della natura che gli orrori della guerra elevavano il suo spirito. «Mentre intorno a lui cadevano le granate, egli leggeva con calma L'imitazione di Cristo», racconta il Dr. C.[9] «E' veramente un uomo di Dio!». Aveva sottomesso il corpo allo spirito, e lo spirito a Dio. Si era messo di buon animo ad essere un uomo sinceramente nobile e un vero cristiano. «Sono grato a Dio di aver preso parte alla guerra, perché la guerra mi ha insegnato molte cose che altrimenti non avrei mai imparato.  Il mio vivo desiderio è quello di diventare di nuovo libero e di ordinare la mia vita secondo quanto ho capito che è giusto» (lettera al padre, del 23.VIII.1918).

 

            Art. 20. Osservando gli orrori della guerra, a cui doveva prendere parte, Ivan sente il tormento riflettendo sulla liceità e moralità delle devastazioni belliche: «Mi viene di chiedermi se veramente dovevo fare il giuramento di combattere contro coloro che i signori negli uffici avrebbero stabilito. Sempre ero contro la guerra, ben volentieri abbraccerei tutti gli uomini e farei pace tra loro, ed ora li ammazzo!».

            Non aveva dubbi che facendo il proprio dovere nella guerra non faceva male, anzi profittava della circostanza per esercitarsi nelle virtù: nella giustizia verso i subalterni e verso i nemici, nella cura paterna per le persone affidategli, nella fede viva e nell'abbandono alla Provvidenza, e soprattutto nella mortificazione degli appetiti della carne.

            Vedendo come gli ufficiali saccheggiavano i paesi italiani conquistati e inviavano i regali ai propri familiari, Ivan pregava il Signore: «O Dio, se l'avanzata riuscirà, preservami da ogni avidità! Dammi la tua grazia, la salute ai miei genitori e a me, e nessuno al mondo sarà più ricco di noi...». Il 21.V.1916 confessa: «Sento che con molta facilità mi privo del denaro e di altre cose». E' una scuola di rinunzia e di autoeducazione.

 

            Art. 21. Durante il rivolgimento (1918) si era creata una situazione penosa nella miniera di Maslovare presso Banja Luka. I minatori si erano ribellati, in parte anche per mancanza di viveri e di cose necessarie, minacciando la vita e la sicurezza dei superiori; c'era anche il rischio che la ferrovia rimanesse senza carbone, che proveniva proprio da quella miniera.

            Poichè Ivan, in qualità di tenente, già il 1 novembre 1918, insieme con i suoi compagni, si era messo a disposizione del Consiglio Nazionale entrando nella Difesa Nazionale, con l'ordinanza del 4 novembre, n. 3838, del Comando della gendarmeria del Consiglio Nazionale fu nominato comandante militare della miniera di Maslovare. Egli doveva garantire il normale lavoro della miniera, compito non facile che Ivan però riuscì ad assolvere in modo corretto. Ritenendo che, invece di usare la forza, bisognava innanzi tutto accontentare le giuste richieste dei malcontenti, fece portare dai magazzini militari scarpe, materassi, viveri e tabacco. Gli operai gli si affezionarono subito ed in pace tornarono al lavoro. In segno di affetto gli inviarono per Natale un albero di Natale, sebbene quell'anno fosse stato proibito tagliare gli alberi, a causa della situazione caotica, e poche famiglie poterono avere l'albero natalizio.

            La guerra era finita, ma la situazione era tutt'altro che normale. Ivan tuttavia cominciò a pensare agli studi universitari e a tal fine si rivolse al presidente del Consiglio Nazionale a Banja Luka, il sacerdote ortodosso Kostić, chiedendo di essere esonerato dall'incarico di comandante militare della miniera di Maslovare, ufficio da lui ricoperto per due mesi con soddisfazione dei superiori e degli operai. Avutone il permesso, s'avviò nuovamente all'università di Vienna.

 

            Art. 22. Anche dal fronte Ivan faceva qualche scappatina a Vienna, per iscriversi e possibilmente frequentare dei corsi, onde accelerare gli studi. In parte ci è riuscito, così che dopo la guerra ha frequentato soltanto quattro semestri di filosofia a Vienna, terminando poi gli studi a Parigi.

            Giunse a Vienna nel gennaio del 1919, con un gruppo di studenti croati. In un primo tempo era alloggiato nell'Augustinianeum, collegio per sacerdoti, di cui era rettore l'attuale (1958) arcivescovo di Belgrado, Dr. Ujčić. Successivamente si trasferì presso i vecchi conoscenti, dove era stato prima di essere arruolato.

            I viveri scarseggiavano ovunque, specialmente a Vienna, per cui Ivan aveva molte occasioni per il suo perpetuo digiuno. La mamma sì gli inviava spesso pacchi di viveri, ma egli non si sentiva a suo agio di avere delle riserve di cibo, mentre i suoi compagni soffrivano la fame. Distribuiva quindi abbondantemente agli altri, e lui digiunava e soffriva la fame.  A Vienna dormiva per terra oppure senza biancheria da letto, mentre lavorava dal primo mattino fino a notte inoltrata. Frequentava regolarmente le lezioni e ne profittava molto. Tuttavia per Ivan lo studio non era fine a se stesso, bensì un mezzo. Ragionava così: «La scienza non dev'essere fine a se stessa, ma con la bellezza che racchiude in sé deve contribuire al Regno di Dio sulla terra. Penso che ogni uomo, pur amando la propria professione, debba condurre una vita sociale e aiutare coloro che soffrono. Da studente penso lavorare nella Conferenza di S. Vincenzo e nella (associazione) "Hrvatska". Conviene quindi provare di mangiare soltanto due volte (al giorno) per essere fisicamente libero. Per principio non mangiare fuori orario anche se vi fosse chi me ne offre. Non devo dimenticare di mortificare il corpo. Il letto duro, alzarsi di buon'ora, talvolta digiunare rigorosamente, così che possa sempre fare del mio corpo ciò che voglio. Mai dimenticare Dio! Sempre anelare all'unione con Lui. Ogni giorno, preferibilmente all'alba, dedicare un'ora alla meditazione, alla preghiera, possibilmente nella vicinanza dell'Eucaristia oppure durante la S. Messa. Quest'ora dev'essere la sorgente della giornata; l'uomo in quell'ora deve dimenticare tutto il mondo, far scomparire tutte le preoccupazioni, tutti i contrasti della vita, per essere tranquillo come un bambino nella culla. In quell'ora occorre fare i progetti per il giorno che viene, riflettere sulle proprie mancanze e chiedere la grazia per superare le proprie debolezze» (D. 5.II.1918). Tali erano i suoi buoni propositi.

 

            Art. 23. Nel mese di gennaio 1919, contemporaneamente con Ivan, arrivarono a Vienna altri 30 studenti universitari croati, ma a causa delle difficoltà logistiche la maggioranza presto ritornò in patria. Rimasero solo quattro: Dragan Marošević, studente di agronomia, Matteo Filipović S.I., studente di filosofia, Ivan e Avelin Ćepulić, studente di medicina. Questi quattro, insieme con gli altri che si trovavano a Vienna (nel secondo semestre del 1918-19 l'associazione contava 18 membri), riattivarono l'associazione accademica cattolica croata "Hrvatska". Le riunioni si tenevano nella stanza di Ivan, il quale era segretario e l'anima dell'associazione. La sua conferenza "I tempi nuovi" ("Novo doba") - più tardi stampata nella rivista studentesca "Zora-Luč", num. IX-X, pp. 210-214 - era rimasta particolarmente impressa nella memoria dei presenti.

 

            Art. 24. In questa conferenza Ivan di fatto descrive la propria trasformazione e le sue aspirazioni, proponendo gli obiettivi concreti di un cattolicesimo contemporaneo. Egli scrive:

            «Il dolore ha creato e crea nuove generazioni... Chi vuole capire il senso della vita, almeno fino ad un certo punto, e desidera capire la cultura, deve soffrire fisicamente e spiritualmente. I teorici, seduti ad una ricca tavola in una camera calda e luminosa, forniti di tutto ciò che alletta il loro corpo, non conosceranno mai che cosa è la vita. Per essi la religione con tutti i suoi dogmi e riti rimarrà sempre un mistero... Penetrino nella vita reale! Amo gli uomini della generazione attuale, quelli che hanno sofferto e che hanno capito la serietà della vita. Essi hanno praticamente risolto il problema di Faust... L'aspetto etico della vita diventa attuale; i problemi estetici rimangono nello sfondo, poiché si tratta della vita e della morte, dello spirito di sacrificio, dell'abnegazione e dell'eroismo. Verranno discussi i problemi estetici, ma non si tratterà di un bel gioco; l'art pour l'art... Dobbiamo anche noi arricchirci di questo gran bene, bisogna cercare di educare uomini grandi; l'obiettivo degli uomini nuovi dovrebbe essere quello di liberare lo spirito dalla temporalità e con un occhio non offuscato osservare lo svolgersi della vita. La lotta per la perfezione, l'ascesi dev'essere il nostro pane quotidiano. In seguito alla nuova situazione, dovuta alla guerra, nella nostra vita pubblica sono sorti dei contrasti, che sono caratteristici nei periodi di transizione. Lo spirito dei tempi nuovi si è subito sentito da noi, perchè noi di fatto viviamo intensamente. Sono stati però oltrepassati i limiti: dalle discussioni che sono senz'altro necessarie, sono nate inutili polemiche. Nelle nostre file è entrato lo spirito di debolezza, gli effimeri problemi politici ci hanno divisi. Abbiamo dimenticato il cosmopoliti­smo della Chiesa e il suo programma politico costruito attraverso i secoli (cf. "Čas", Respublica christiana XI, num. 4-5) che si fonda soltanto sulla dottrina di Cristo. L'egoismo nazionale si è insinuato negli spiriti incandescenti, per cui questi hanno dimenticato l'umiltà e l'abnegazione e si son messi a ostentare al mondo le proprie virtù, mentre rivelano i difetti dei loro fratelli più vicini a coloro che nemmeno essi stessi apprezzano. Invece di continuare a costruire, noi stiamo distruggendo ciò che con tanta fatica abbiamo costruito insieme... Dobbiamo far attenzione all'educazione di noi stessi e allo studio del catto­licesimo che noi, purtroppo, non conosciamo meglio di un alunno della scuola elementare. Creare uomini grandi è il fine di tutto il movimento cattolico...» (Novo doba, in "Luč" 1618, 210-214)[10].

            Questa prima conferenza programmatica di Ivan contiene in germe i principi di tutta la sua attività decennale nel Movimento cattolico croato.

 

            Art. 25. Accanto allo studio intensivo di filosofia e i relativi esami, Ivan era molto impegnato nel lavoro sociale e nello studio e la diffusione dei principi fondamentali del Movimento cattolico.

            Allorché la "Hrvatska", sotto l'influsso delle correnti politiche, l'anno successivo, cambia il nome in "Jug" (Sud), egli vi continua la sua lotta per la purezza dei principi cattolici, anche a costo di perdite materiali.

            Ivan fu uno dei dieci fondatori dell'associazione universitaria "Logos", fondata dopo la guerra dal P. Streicher S.I. per aiutare gli intellettuali a risolvere le loro difficoltà sul piano religioso.

            Ivan faceva parte anche della Congregazione Mariana degli universitari, dove ogni domenica riceveva preziosi stimoli per la sua vita spirituale.

            Partecipava alle riunioni dell'Associazione Leoniana ("Leonovo društvo") e della Lega popolare ("Pučki savez"). Si recava anche ai raduni degli operai cattolici, socialisti e comunisti. Come segretario della "Hrvatska" era instancabile nel seguire attentamente tutte le conferenze pubbliche sulla cultura cattolica, sulle organizzazioni cattoliche, ecc. e, quasi fosse un ufficio di informazioni, informava i suoi compagni sul luogo e sul tempo delle conferenze.

            Durante la settimana santa del 1919 fece il corso di esercizi spirituali liturgici diretti dal P. Schmidt S.V.D. a St. Gabriel presso Mödling. Il ritiro terminò il Sabato Santo con la processione e la celebrazione liturgica della Resurrezione. Lì fu preso dall'entusiasmo per la pietà liturgica, che egli poi cercò di propagare fino alla fine della vita.

 

            Art. 26. Per perfezionarsi nella filologia romanza, cui desiderava dedicarsi, doveva recarsi a Parigi. Vi andò nell'ottobre del 1920, insieme con Duro Gračanin e Juraj Šćetinec. Dopo varie difficoltà si stabili presso la signora Michaut, dove rimase per tutto il periodo dei suoi studi a Parigi. Quale fosse il suo genere di vita e quale impressione abbia egli lasciato in quella famiglia ci è noto dalla lettera che la Sig.na Michaut indirizzò al Dott. Drago Ćepulić il 15 dicembre 1928. Scriveva così:

            "Signor Professore, Non pensi che, nonostante il mio silenzio, io non mi interessi della cosa del nostro caro signore Dott. Ivan Merz. Anch'io sono felice che stiate raccogliendo tutti i ricordi relativi alla sua persona, perchè a Parigi agli occhi di tutti coloro che lo hanno conosciuto, egli conduceva la vita di santo. Le varie sofferenze, i digiuni, tutte le sue azioni erano fatte a gloria di Dio. Con il suo esem­pio egli edificava noi che lo abbiamo conosciuto per due anni, dove egli viveva quasi di continuo, poiché lavorava e mangiava con noi nella famiglia.

            Se lei rammenta, signor professore, come mia madre lo rimproverava ad ogni pasto, per costringerlo a mangiare. Ogni mattina assisteva alla S. Messa e si comunicava o nella chiesa delle Benedettine, dove si recava spesso, o dai Lazzaristi. Il resto della giornata era dedicato al lavoro, aveva poco riposo, e un riposo duro, perchè accanto a un letto buono e soffice egli si metteva a dormire per terra. Noi poveri peccatori non potevamo capire le sue mortificazioni, mentre con gli altri era così buono, così mite. I poveri e gli operai erano la sua più grande preoccupazione. Faceva parte dell'associazione di S. Vincenzo De' Paoli e si prendeva cura di una famiglia bisognosa che spesso visitava e le dava della sua modesta borsa di studio. Nelle grandi feste si recava da questi suoi conoscenti la mattina, per andare poi con loro alla S. Messa e alla Comunione...

            Da questi pochi particolari si renderà conto che egli è ugualmente rimpianto a Parigi e a Zagreb da coloro che lo hanno conosciuto, i quali sperano che egli dal cielo, dove certamente si trova, intercederà per loro presso Dio e otterrà loro varie grazie per l'anima e per il corpo, perchè se è stato duro con se stesso, non lo è stato per i suoi fratelli...».

 

            Art. 27. A Parigi Ivan cercava la verità a quattro livelli. Alla Sorbona studiava la romanistica. Lì[11] presentò la sua dissertazione sull'influsso della liturgia sulla letteratura francese da Chateaubriand in poi. Lì ha completato la sua formazione letteraria, il che poi gli è servito per la sua ampia attività pubblicistica finalizzata al risveglio del senso religioso nel popolo croato.

            Nelle organizzazioni cattoliche che frequentava studiandone le strutture e prendendovi parte attiva - nella Francia ce n'erano tante e di varia natura - Ivan cercava di acquisire esperienze concrete in vista del suo successivo intenso lavoro nelle organizzazioni che intendeva fondare e diffondere nel popolo croato. Aveva subito notato lo spirito non cattolico del Sillon e dell'Action française e l'aveva ripudiato e combattuto. Si era entusiasmato soprattutto per l'organizzazione giovanile dell'Azione Cattolica e per i Crociati Eucaristici dell'Apostolato della preghiera, che chiama «un'opera magnifica di educazione». La sua massima giovanile «bisogna ubbidire all'autorità» e quella successiva «essere un cattolico completo» riceve la sua forma definitiva a Parigi: «Devo in tutto ubbidire al Santo Padre il Papa!».

            Sulla formazione interiore di Ivan e sulla sua crescita spirituale ha influito assai l'esempio concreto di vita cristiana delle famiglie cattoliche francesi da lui conosciute, il loro comporta­mento delicato all'interno della famiglia e nelle relazioni con gli esterni, nonché il contatto con il clero francese che in quel tempo era considerato come modello in tutta la Chiesa cattolica.

            Infine, il pellegrinaggio a Lourdes nell'agosto del 1921 ha lasciato una impronta particolare nella vita di Ivan e nella sua visione del mondo. Lì alla sorgente della Madonna lavò i suoi occhi malati che migliorarono quel tanto che gli permise di continuare gli studi. Ma le sofferenze continuarono. Ivan era disposto a «soffrire e lavorare». Tale disposizione gli veniva dalla sua fede. «Alla mia fede razionale, però, Lourdes ha aggiunto anche la forza del sentimento...» (lettera all'ing. dr. Marošević). A Lourdes la sua fede terrena ha ricevuto le ali angeliche...

 

            Art. 28. Dopo il ritorno da Parigi nel 1922 Ivan ebbe il posto di professore delle lingue francese e tedesca all'Arciginnasio Arcivescovile di Zagreb, dove svolse la sua attività fino alla fine della vita, cioè per sei anni. Come egli abbia influito sui suoi alunni è descritto nell'alma­nac­co "Zumbuli" da essi pubblicato nel 1929, dove con animo grato fanno elogi al loro professore.

            Il 31 luglio 1923, all'Università di Zagreb Ivan fu promosso dottore in filosofia in base alla sua dissertazione "L'influsso della liturgia sugli scrittori francesi da Chateaubriand fino ad oggi", per la quale aveva raccolto il materiale durante il suo soggiorno parigino. Il Prof. Dr. Skok, che aveva accettato questo lavoro, più tardi esprimeva il rammarico perché la morte prematura di Ivan gli aveva impedito l'approfondimento delle caratteristiche della letteratura francese, come invece avrebbe voluto fare. Alcuni estratti di questa dissertazione sono stati pubblicati da Ivan nei periodici cattolici ("Hrvatska prosvjeta", "Vrhbosna"), e alcuni Ivan li ha letti nell'associazione accademica "Domagoj", nell'anno scol. 1922-23. La critica si è espressa in termini elogiativi.

            Ivan sostenne l'esame di Stato (professorale) delle lingue francese, tedesca e croata il 20 ottobre 1923, a Zagreb.  Per l'occasione aveva preparato la dissertazione "Lessing e i francesi", lavoro che, scritto con ponderazione e obiettività, fu qualificato "eccellente" dal Prof. Dr. Trops.

 

            Art. 29. Terminati gli studi universitari, Ivan si dedicò ad uno studio sistematico di filosofia e di teologia. Studiò filosofia sotto la guida del P. Alfirević S.I., il quale tenne un corso biennale per Ivan e il dr. Drago Ćepulić, nel 1923-25. Da manuale serviva il testo del Dr. Reinstadler. Ivan si preparava diligentemente per ogni lezione, che poi studiava a fondo. Lo interessava particolarmente la teodicea.

            Contemporaneamente Ivan approfondiva - sul testo originale e la traduzione francese - le encicliche e i messaggi più importanti di Leone XIII, di s. Pio X, di Benedetto XV e di Pio XI.

            Terminati i corsi di filosofia diretti dal P. Alfirević, si dedicò allo studio di teologia fondamentale e dogmatica, seguendo il manuale di Chr. Pesch S.I., Compendium theologiae dogmaticae, in 4 volumi. Per lo studio della morale si serviva dei manuali di Noldin e di Bucceroni. Negli ultimi anni lo interessavano le questioni morali, che analizzava (anche) dal punto di vista estetico e sanitario; lo faceva per sé e per il pubblico cattolico, specialmente per le "Aquile". Verso la fine della vita studiava anche le questioni di estetica seguendo il libro di Maritain L'art et la scholastique.

            Acquistando continuamente dei libri scelti e le riviste che trattavano la sua materia, o comunque le questioni di cui si occupava, è riuscito a costituire una bella biblioteca che, nelle nostre condizioni, era l'unica nel suo genere. E tutti i suoi libri egli li ha letti, ritornando spesso a consultarli. Non leggeva letteratura amena né frequentava teatri, concerti e divertimenti se non per motivo di studio.

 

            Art. 30. Merz non ha mai abbandonato del tutto lo studio della letteratura francese. Analizzava criticamente le opere letterarie soffermandosi sulla problematica della vita in esse trattata, e non sulle qualità linguistiche, stilistiche o tecniche delle opere.

            Al teatro si recò per vedere soltanto L'Annonce faite à Marie di Claudel, il Povero sotto le scale di Ghéon e Santa Giovanna d'Arc di B. Shaw. A Parigi conobbe Ghéon personalmente e studiò a fondo il suo impegno per il rinnovamento del teatro cattolico. Desiderava che alcune opere di Ghéon venissero tradotte in croato e cercava in tutti i modi di far rivivere l'interesse per la letteratura cattolica ed il teatro cattolico.

            Del L'Annonce faite à Marie di Claudel egli aveva scritto molto prima che quest'opera venisse rappresentata nel teatro di Zagreb ("Hrvatska prosvjeta" 1921, 274-287).

            Santa Giovanna d'Arc di Shaw veniva rappresentata proprio in quel tempo quando Ivan preparava la sua biografia, in cui alla fine fece un'ampia critica di questo "mal riuscito dramma storico", perchè sapeva quanto la gente veniva influenzata nei suoi giudizi da quel che vedeva sui palcoscenici.

            Per quanto consta, Ivan si recò al cinema soltanto una volta, e precisamente nel dicembre 1927, allorché fu proiettato il film su San Francesco d'Assisi. Pregò un sacerdote di accompagnar­lo, per studiare insieme il film, che però non lo soddisfece: troppi paesaggi, poesia e gente, ben poca presenza di San Francesco e della sua anima.

            Ivan aveva le doti di esteta e la preparazione letteraria, rinunciò però alle sue inclinazioni letterarie per potersi dedicare interamente all'opera di rinnovamento (religioso) del popolo croato, specialmente dei giovani.

 

            Art. 31. L'ordine della giornata del dr. Ivan Merz comprendeva: atti di pietà, doveri di professore, studio e attività (apostolica). Nessuno e nulla riuscì a turbare il suo ordine. Quando si stavano gettando le basi dell'organizzazione delle "Aquile" croate, le forze disponibili non erano sufficienti per la mole del lavoro richiesto, e i giovani impegnati in questa impresa fecero ogni sforzo, dedicando tutto il tempo fino ai limiti delle possibilità umane. Anche Ivan lavorò intensamente, egli però conservò sempre la sua pace interiore e l'equilibrio. Sapeva dire con molta calma: «Devo studiare quattro ore al giorno», e si atteneva al suo orario, convinto che in ciò stava la condizione preliminare di ogni solido lavoro pratico. Con tutto ciò egli riuscì a fare molto per l'Azione Cattolica.

            Molti, osservando l'enorme e intenso lavoro di Ivan in tutti i settori del Movimento cattolico di allora e non conoscendo l'organizzazione della giornata di Ivan, si chiedevano come egli trovasse tante energie e tempo per una sì grande attività spirituale e concreta. La risposta a tale quesito si trova, oltre che nelle doti naturali di Ivan e nell'aiuto della grazia, nel segreto del suo ordine del giorno nella cui osservanza era irremovibile.

 

            Art. 32. I suoi profondi studi alle università di Vienna e di Parigi nonché lo studio privato delle discipline filosofiche e teologiche hanno consentito ad Ivan di acquisire una vasta cultura generale e la preparazione specifica professionale, per cui oltre ad essere padrone della sua materia si orientava bene nelle questioni filosofiche e teologiche. In tal modo aveva raggiunto una visione di vita che lo faceva vedere tutto "sub specie aeternitatis", non solo agendo di conseguenza, ma anche sapendo darne una giustificazione dottrinale, cosa che anche fuori dei confini della sua patria difficilmente si poteva riscontrare in un laico della sua età.

            La sua cultura intellettuale era prettamente cattolica. La sua volontà era fortemente attaccata a Dio, fine di tutte le sue aspirazioni e del suo amore, per cui da "homo catholicus" nel senso pieno del termine Ivan poté assumere l'importante ruolo nella vita dei cattolici croati, particolarmente della gioventù.

            Quanti sacrifici egli abbia dovuto fare rinunciando alle sue aspirazioni e inclinazioni personali, lo sa solo Iddio.

 

            Art. 33. Già nel 1921 Ivan pensava seriamente di entrare nella Compagnia di Gesù. Nel 1923, per la festa di Ognissanti, fece un ritiro spirituale di tre giorni presso i gesuiti, sotto la direzione del suo confessore P. Vrbanek, il quale in proposito scrive: «A causa della sua malattia degli occhi non ho affatto potuto consigliargli di entrare nella Compagnia, sebbene ne avesse parlato seriamente con il padre provinciale. I primi due giorni Ivan li trascorse in grande aridità spirituale, non cessando però di invocare il lume. Il terzo giorno, nella meditazione sui "Due vessilli", fu rasserenato e riconobbe ciò che scrisse il 7 novembre 1923: «Servirò Dio come correttore nelle organizzazioni cattoliche... Sarò mediatore tra i movimenti cattolici di altri paesi e il nostro: l'attività di correttore, revisore» (Vrbanek, Vitez Kristov dr. I. Merz, p. 95).

            Per poter svolgere la sua funzione di "correttore", studiava a fondo le direttive della Santa Sede, come anche i successi e gli insuccessi di varie iniziative cattoliche nel mondo. Inoltre, quelli che lo conobbero affermano che i suoi pensieri guida erano frutto della preghiera più che di studio.

 

            Art. 34. L'umiltà e la prudenza gli impedirono di fondare una organizzazione propria, ma lo portarono a introdurre nelle associazioni cattoliche esistenti le direttive del Papa. Cominciò a collaborare con il clero che dirigeva la "Lega giovanile" ("Omladinski savez"), della quale fu subito eletto presidente (1922).  Poiché questa associazione non era abbastanza attraente per la gioventù, egli si adoperò perchè fosse unita a quella delle "Aquile", più affascinante, fondata in collaborazione con gli Sloveni, dai Dott. Zudenigo e Dott. Kniewald. Agli uni e agli altri Ivan desiderava inculcare le idee di Pio XI; propose quindi ai vescovi che alle associazioni cattoliche fosse dato un sacerdote come assistente spirituale, e che le stesse impostassero la propria attività secondo le direttive della Santa Sede per l'Azione Cattolica e, infine, che dipendessero dai vescovi. Anche se riteneva migliore la forma di organizzazione dell'Azione Cattolica in Italia, non era la forma organizzativa a interessarlo in primo luogo, bensì il progresso della vita soprannatu­rale nei singoli, nelle famiglie e nella società. A tal fine, nel 1923 contribuì a trasformare la "Lega giovanile" in "Lega croata delle Aquile", perchè attirasse maggiormente le giovani generazioni e le formasse integralmente mediante una disciplina più solida. Ivan fu poi segretario e vice-presidente della Lega delle Aquile.

            Per le Aquile croate Ivan ha curato il Libro d'oro, insistendo particolarmente sulla pietà eucaristica, la fedeltà al Papa e lo spirito di sacrificio. Ha dovuto lottare e soffrire molto perchè il Libro d'oro potesse essere una vera guida ad una profonda vita soprannaturale.

            Il 7 agosto 1925, in occasione del raduno e dei corsi delle Aquile-ragazze a Šibenik, fu fondata la "Sveza Hrvatskih Orlica" ("Lega croata delle Aquile-ragazze"), affinché riunisse in una nuova centrale le associazioni femminili delle Aquile, come a Zagreb era stato suggerito dal Dott. Merz.

 

            Art. 35. Quando nel Movimento cattolico croato sorsero delle divergenze circa l'Azione Cattolica, Merz cercò di regolarsi nella sua attività secondo le direttive della Santa Sede per l'Azione Cattolica. Il compito di "correttore" nel Movimento cattolico croato, che Ivan si era assunto come sua missione di vita, non era né facile né piacevole. Esigeva principi chiari, una enorme energia, molti sforzi, una cultura vasta, uno studio approfondito delle fonti e una perseveranza ferrea.

            Inflessibile quando si trattava dei principi, Ivan era giusto e mite nei modi. Nelle controversie, talvolta anche accese, non offendeva mai, sebbene qualche volta fosse stato offeso. Era un avversario nobile.

            L'ultima notte prima di essere ricoverato in ospedale, bruciò tutto il materiale

scritto che avrebbe potuto dispiacere a qualcuno.

            Il suo modo cavalleresco nella lotta gli fu riconosciuto anche da coloro che non sempre erano d'accordo con lui.

 

            Art. 36. Oltre al suo forte e diretto impegno nell'organizzazione delle Aquile, Ivan

scriveva molto. In fondo tutto il suo lavoro di scrittore fa parte del suo apostolato.

            Ha scritto alcuni opuscoli:

            Lourdes e Zola, Zagreb 1923.

            I più recenti miracoli a Lourdes, Zagreb 1924.

            Die neusten Wunder in Lourdes, Osijek 1925.

            La vita eroica di Santa Giovanna d'Arc, Osijek 1926.

            L'Azione Cattolica, Šibenik 1927.

            I cattolici e i nuovi balli, Sarajevo 1925.

            Tu e lei, Zagreb 1926.

            Il libro d'oro (Zagreb 1924).

            Ha scritto alcune decine di articoli riguardanti la liturgia, la morale e l'Azione Cattolica, quindi su Lourdes, sul papato, pubblicati in varie riviste e settimanali: "Hrvatska prosvjeta", "Luč", "Život", Katolički tjednik", "Za Vjeru i Dom", "Orlovska straža", "Katolički list", "Nedjelja", ecc.

 

            Art. 37. Ivan pensava molto alla morte e ne parlava spesso. La signorina M. M.[12] dice: «Quando fu promosso dottore, mi affrettai a congratularmi con lui. Ed egli: "Ora devo prepararmi all'ultimo esame rigoroso". Non avendo capito lo guardai come per interrogarlo, ma egli continuò: "Mi attende un esame grande ed importante, molto più grande e più importante di tutti, e se lo supero, beato me!" Solo allora capii che pensava alla morte, e pensai tra di me: beati coloro che tutto vedono con gli occhi dell'eternità». Questo dunque avvenne poco dopo la laurea, ossia dopo il 1 agosto 1923.

            All'inizio della primavera del 1928 Ivan incominciò a deperire, pur continuando il suo lavoro di professore. I medici consigliarono un intervento chirurgico urgente. Egli era pronto a sottoporsi all'operazione, sebbene presentisse, o ne avesse quasi la certezza, della sua fine.  Quando infatti, in quel tempo, si trovò a Djakovo presso l'amico Dott. Belić, il figlio di questi Predrag, di otto anni, gli chiese: «Quando verrà di nuovo a trovarci?». «Non verrò mai più a Djakovo», rispose con calma.

            I genitori si erano preoccupati ancor prima del suo ricovero in clinica, perché negli ultimi giorni diceva alla mamma, anch'essa gravemente ammalata da tanto tempo, che egli sarebbe morto prima. Per consolarla un po' disse in tono scherzoso, di prendersi per figlio il Dott. Avelin Ćepulić, che da poco aveva perso la mamma.

            Chiese al suo confessore se era il caso di rimandare ancora l'operazione. «Può lavorare?», gli chiese il confessore. «Ora poco», rispose Ivan, «e il medico dice che senza l'operazione potrò lavorare sempre di meno».

 

            Art. 38. Dal suo Diario apprendiamo che negli ultimi mesi egli soffriva molto spiritualmen­te. In queste prove egli rimane apostolo e vittima.

            «Oggi per la prima volta la mamma ha consentito di recitare il rosario in comune nella nostra famiglia. Domani è la festa della Madonna di Lourdes, è opera sua. Ma per questo ho dovuto affrontare tante malattie e l'operazione del naso che dovrò ancora subire, se la Madonna Santissima non dispone diversamente» (D. 10.11.1928). «Una grande croce ci è cascata addosso. Ho una forte infiammazione purulenta del cavo orale (della mandibola). Oggi mi hanno tolto ancora un dente. La mamma è molto angosciata, però vedo che prega volentieri. Ieri sera abbiamo fatto una specie di voto di pregare insieme il rosario, quando lo permettono le circostanze e il lavoro. Strano: questa nostra sofferenza sembra aver fatto miracoli nella mamma, che ora prega abbastanza facilmente anche il rosario e dice di aver recitato oggi un centinaio di Padre nostro e Ave Maria. E' una dimostrazione evidente che la sofferenza è il mezzo più efficace per la salvezza e santificazione delle anime. Beate quelle anime che con gioia accettano ogni dolore dalle mani di Dio e in unione con Gesù contribuiscono alla diffusione della Chiesa di Gesù nelle anime e nella società» (D.15.11.1928).

            Provando una grande aridità spirituale confidò al confessore (P. Vrbanek S.I.): «Anche il buon Dio mi abbandona». - «Non ti abbandona», rispose il confessore, «ti priva soltanto della dolcezza della (sua) presenza. Il Padre buono accarezza il bambino, lo invia alla scuola superiore. L'assenza del Padre è per il suo bene.

            - «Eppure sarebbe bello vivere e lavorare ancora...».

            - «Sì, ma anche Gesù, secondo il disegno del Padre, dovette terminare all'età di trentatre anni. E in qual modo!».

            - «Infatti, il dolore è qualche cosa di grande e di prezioso».

                 - «Sì, soffrendo l'uomo offre il suo dono al Signore. Accettando volontariamente la morte, il dolore spreme dall'uomo il suo minuscolo "io"...».

            - «Sacrificio, totale sacrificio! Lo dico, è venuto il momento di sacrificarsi».

            - «Offriamolo con abbandono il più generoso possibile».

            - «L'abbandono! Totale abbandono!»

            - «Donare tutto, e ciò con amore di figlio».

            - «Ebbene - fiat!  Si faccia la Tua volontà...».

            Il P. Vrbanek scrive: «Il nostro ultimo discorso verteva su alcuni difetti tra le Aquile.  Allora gli feci notare l'articolo del P. Don Coeur in "Etudes" sull'eroismo ciarliero e sul patriottismo di carta, dove spesso veniva sottolineato: «C'est de la litterature»; e come l'unica medicina di questa superficialità è il lavoro e il vero sacrificio, secondo le parole del Salvatore: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv. 12, 24), e con questo pensiero si è congedato: «Sì, ne sono convinto da tempo, bisogna offrire il sacrificio! Io sono finito!»

 

            Art. 39. Il 24 aprile doveva ricoverarsi in clinica. La notte precedente aveva messo in ordine la sua biblioteca ed i suoi scritti. Ha distrutto il suo testamento e al suo posto ha cercato di comporre in latino l'epitaffio.

I(ohannes) M(erz) in pace

mihi vivere Christus fuit et mori lucrum...

            In un primo momento, al posto della parola fuit aveva messo - secondo San Paolo - est.  Rileggendo il testo e cercando di immedesimarsi nella realtà di essere morto, ha cancellato est ed ha scritto fuit.

            Siccome non c'era posto libero in clinica per il 24, fu ricoverato il giorno appresso; cioè il 25 aprile e il 26 venne operato dal Prof. Mašek. Dopo l'operazione ebbe una forte emorragia che mise in pericolo la sua vita. Passato questo pericolo, apparvero i primi sintomi di meningite.  Seguì la paralisi della lingua e di tutta la parte destra del corpo. Di tratto in tratto perdeva i sensi. Nei momenti di lucidità faceva stupire tutti con la sua serenità e pazienza, con le sue parole gentili e devoti incoraggiamenti agli ammalati e alle suore.

            Quando si seppe della sua grave situazione, gli amici accorsero a trovarlo, alcuni rimanevano notte e giorno, per così dire, al suo capezzale. Tra questi il Dott. Beluhan, Dott.  Kniewald, P. Ambroz Vlahov, OFM Conv., P. Pavelić S.I. Lo venivano a trovare spesso le signorine Marošević e Stanković.

            In quel tempo anche il suo confessore stava male e, secondo la disposizione del medico, non doveva uscire di casa. Tuttavia venne due volte a trovarlo in clinica. La seconda volta gli amministrò il sacramento dell'unzione degli infermi. Ivan poté farsi capire soltanto mediante i segni. Il confessore gli rammentò l'ultimo dialogo sul sacrificio ed Ivan, con un grande sforzo riuscì a balbettare: «Ce n'est pas la lit­térature». Vedendo che Ivan immolava la propria vita, il confessore gli fece ricordare il dialogo sull'associazione delle Aquile chiedendogli se avesse ancora qualche cosa da dire. Ivan annuì ed il confessore a lui: «Vero, lei offre la sua vita per l'associazione delle Aquile croate?» Ivan lo guardò serenamente e i suoi grandi occhi brillarono e quasi per sorridere con quel volto ferito, inclinò il capo. «Così ci congedammo». Questo dialogo in clinica fu la continuazione di quello iniziato con il confessore prima di ricoverarsi. (v. Art. 38).

            Ivan non riuscì a leggere la lettera dell'arcivescovo Šarić e il telegramma del vescovo Srebrnić, ma in un momento di lucidità gli fu comunicato il rispettivo contenuto e la benedizione dei Presuli.

            Il 9 maggio 1928, vigilia della morte di Ivan, trovandosi di passaggio a Zagreb il nunzio apostolico mons. Pelegrinetti, poi cardinale, venne informato del grave stato di salute di Ivan e pregato di venire a trovare l'ammalato e impartirgli la benedizione. Il nunzio lo fece molto volentieri, dicendo subito: «Se muore, non sarà una disgrazia per lui, ma per noi».

            In assenza dell'arcivescovo Bauer, l'ausiliare Mons. Premuš chiese per Ivan la benedizione del Santo Padre. Il telegramma giunse il 9 maggio: «Santo Padre benedice l'infermo Dott. Merz e implora su di lui l'aiuto divino. Cardinale Gasparri».

            Molti hanno pregato per la guarigione di Ivan, si dice che alcuni avevano offerto la propria vita per tale intenzione.

            Negli ultimi momenti spesso gli porgevano la croce e dicevano: «Gesù, per te soffro, per te vivo, tuo sono vivo e morto». Le ultime due notti fu assistito da una suora, mentre di giorno era sempre presente qualche sacerdote. Le ultime due notti si scambiarono anche Mons. Beluhan, P. Ambroz Vlahov e P. Pavelić. Giovedì, 10 maggio, al mattino stava al capezzale del morente Ivan l'indefesso Mons. Beluhan, il quale - presenti il medico, la suora, il padre di Ivan, il Dott.  Kniewald e il Dott. Protulipac - recitò le preghiere per i moribondi. Il respiro di Ivan era sempre più lento e più debole. Ad un tratto spalancò i suoi grandi occhi, dai quali cadde la lacrima di morte. Guardava in alto, calmo, fiducioso, sicuro; ancora un respiro, un sussulto appena percettibile ed Ivan Merz consegnò all'Altissimo il suo nobile spirito. I presenti si inginocchiaro­no, mentre Mons. Milan Beluhan pregava: «L'eterno riposo dona a lui, o Signore, e la luce perpetua risplenda a lui. Riposi in pace. Amen». Era giovedi, 10 maggio 1928, verso le ore 10.30.

 

            Art. 40. La grande campana della cattedrale di Zagreb annunciò ai cittadini la triste notizia. La partecipazione di morte fu fatta dai genitori di Ivan e, a parte, dalla Lega croata delle Aquile e dal Collegio dei professori del Ginnasio arcivescovile.

          Tutta la stampa cattolica, come anche i giornali laici "Jutarnji list", "Novosti", "Večer",  commemorarono la morte di Ivan.

 

           Art. 41. Le esequie furono officiate dal vescovo ausiliare Dr. Premuš, assistito dai canonici. Immediatamente prima del funerale ci fu un nubifragio, ciononostante presero parte al commiato circa 5000 persone. Erano presenti il vescovo ausiliare Salis-Sewis, i rappresentanti dell'arcivescovo di Sarajevo e del vescovo di Šibenik nonché il Console francese, molti sacerdoti, i seminaristi di Zagreb e i chierici dei Frati Minori e dei Conventuali.

          Ivan fu sepolto al cimitero centrale di Mirogoj, Zagreb. La messa de requiem fu celebrata il 12 maggio, alle 7 del mattino, nel santuario del Sacro Cuore, in via Palmotić.

 

           Art. 42. Il 17 maggio 1930 la salma di Ivan fu trasportata nella nuova tomba di

famiglia, nel cimitero di Mirogoj, dove si legge il seguente epitaffio:

 

                                                                           QUI RIPOSA

                                                                      IN CRISTO SUO DIO

                                                                          DR. IVAN MERZ

                                                                      16.XII.1896-10.V.1928

AL FIGLIO FEDELE DELLA CHIESA CATTOLICA

LA VITA ERA CRISTO E LA MORTE LUCRO

PERCHE' ATTENDEVA LA MISERICORDIA DI DIO

E IL RIPOSO ETERNO

NEL CUORE DI GESU'

 

            Nel 1935, accanto ad Ivan fu sepolta sua madre.

 

            Art. 43. Date principali della vita di Ivan.

 

1896, 16 dic.: nato a Banja Luka

1914, luglio: esame di maturità a Banja Luka,

1914, nov.-dic.: nell'Accademia militare di Vienna

1915, gennaio: iscritto alla Facoltà di giurisprudenza all'Università di Vienna

1915, estate: arruolato nell'esercito

1915, 21 ott.: l'esame di latino a Sarajevo

1916: studia legge a Vienna

1916, febbraio: a Lebring presso Graz indossa la divisa militare

1916, autunno: passa alla facoltà di filosofia

1916, novembre: corso di sci a An Seewiesen

1917, gennaio: aspirante ufficiale, guida delle truppe presso Bolzano

1918, aprile: in qualità di tenente termina il "Gaskurs" a Vienna e diventa               

                   "Gasschutzofi­zier".

1918, 1 nov.: si mette a disposizione del Consiglio Nazionale a Zagreb.

1919, gennaio: si reca a Vienna

1919-1920: prosegue gli studi a Vienna

1920, ottobre: si reca a Parigi

1921: durante le vacanze estive si reca in pellegrinaggio a Lourdes

1921-1922: secondo anno di studi a Parigi

1922: in autunno diventa professore di lingua francese e tedesca

            al Ginnasio arcivescovile di Zagreb

1923, 31 luglio: promosso dottore di filosofia a Zagreb

1923-1925: il corso biennale di filosofia (scolastica)

1928, 25 aprile: ricovero in clinica

1928, 26 aprile: l'intervento chirurgico

1928, 6 maggio: riceve l'estrema unzione

1928, 9 maggio: visita del nunzio apostolico a Ivan e il telegramma

       del Santo Padre

1928, 10 maggio: verso le 10.30 muore

1928, 12 maggio: S. Messa de requiem

1928, 13 maggio: sepoltura

1930, 17 maggio: traslazione della salma nella tomba di famiglia.

 

 

 

                                                                                 


 


    [1] Vedi le precisazioni sopra, Cap. III Intr.

    [2]  Secondo il Teste III (ad art. 1-6), le virgolette in cui è messa la parola "onestamente" e il "cioè" che segue, vanno eliminati.

    [3] Cf. infra, Teste III, ad art. 1-6.

    [4] Cf. sopra, Cap. III, nota 8.

    [5] Non Božo, ma Vlado Jović; cf. infra, Teste XII, ad art. 8.

    [6] Vedi Teste III, ad art. 8. Cf. sopra, Cap. III, Intr.; Diario, 5 marzo 1914.

    [7] Cf. la precisazione del Teste III, ad art. 10-11, in merito alla "calma spirituale" di Merz.

    [8] Il Congresso Eucaristico fu celebrato nel 1912!

    [9] Dr. Šime Cvitanović (pseud. Šime Lukin), cf. sopra, Cap. VI, D.

    [10] Vedi sopra, Cap. VI, B.

    [11] Merz presentò la sua dissertazione alla Facoltà di Filosofia a Zagreb; cf. infra, Art. 28.

    [12] Mira Majetić, v. infra, Teste VIII, ad art. 116-160.