Teste XI - IVAN JAEGER

 

 

          Ad II interr.: «Ivan Jäger S.I., Palmotiæeva 33, Zagreb. Ho 66 anni. Nato a Pakrac il 9 luglio 1907, romano-cattolico, sacerdote della Compagnia di Gesù».

 

          Ad III interr.: «Non ricordo esattamente quando lo incontrai la prima volta. L'ho conosciuto dal 1925 quando ero candidato all'esame di maturità, fino al 1927, rispettivamente fino alla sua morte nel 1928. Ho sentito parlare molto di lui. Impressione: calmo, intelligente, pieno di bontà, di profonda serietà e di franchezza di un bambino».

 

          Ad IV interr.: «Per due anni che ho lavorato come segretario della sezione studentesca [delle Aquile], venivo spesso in contatto con Ivan. Non lo evitavo, anzi mi era caro incontrarlo. Spesso andavo da lui come delegato portandogli la posta, egli mi dava istruzioni nonché i messali per prepararci alla partecipazione liturgica alla s. Messa».

 

          Ad V interr.: «Abitavo a Zagreb. Siamo stati in servizio insieme, io come segretario della sezione studentesca, e il Merz come segretario della Lega Croata delle Aquile».

 

          Ad VI interr.: «Niente».

 

          Ad VII interr.: «Niente».

 

          Ad VIII interr.: «Ancor prima di incontrarlo ho sentito di lui che era un sant'uomo».

 

          Ad IX interr.: «Ho letto le biografie, specialmente quella scritta dal Kniewald, e ho scritto su Merz l'articolo "Il mio incontro con Ivan", in "Život" 1938. - Spesso ho parlato ai giovani di Ivan come modello di operosità e di vita cattolica. Ho composto una omelia perché servisse ai sacerdoti per la celebrazione dell'anniversario di Ivan. Questa è stata moltiplicata a ciclostile».

 

          Ad X interr.: «Sono convinto che egli è stato un uomo santo al di sopra del comune, e lo venero».

 

          Ad XI interr.: «Di solito sentivo parlare di Ivan in senso positivo, né ho sentito dire in pubblico quancosa contro di lui».

 

          Ad XII interr.: «Niente».

 

          Ad XIII interr.: «Era calmo, sapeva alquanto scherzare. Era sereno, naturale,

lontano dalla sfrenatezza e dalla rigidezza. Talvolta diceva anche a me qualcosa d'interessan­te».

 

          Ad XIV interr.: «No, tutti gli volevamo bene».

 

          Agli Articoli risponde:

         

          Ad art. 1-43: «So questo dai documenti scritti. Posso testimoniare come testis ocularis dal 1925 al 1927, quando entrai nel noviziato della Compagnia di Gesù. Durante il noviziato l'ho visto soltanto una volta.

          Per questi anni che passai con Ivan, mi risulta che egli si atteneva all'ordine del giorno e studiava, sebbene alcuni colleghi lo avvertissero benevolmente che lavorava eccessivamente. Egli però lo faceva per una sua necessità interiore e convinzione. Ho notato quanto gli stessero a cuore le vocazioni sacerdotali, allora quando seppe che stavo per entrare nella Compagnia di Gesù. Conversando con gli studenti disse che Dio suscita molte vocazioni, ma è colpa degli uomini se non rispondono a tale invito».

 

          Ad art. 44-49: «Non ho nulla di particolare da aggiungere».

         

          Ad art. 50-52: «Niente di particolare».

         

          Ad art. 53-54: «So che faceva la Via Crucis. La sua stanza era ordinata religiosamen­te».

         

          Ad art. 55-56: «Ho visto Ivan assistere devotamente alla s. Messa, stava inginocchiato, immobile, non appoggiato; alla s. Comunione andava devotamente. Egli ci introduceva nella meditazione, specialmente nella liturgia. Ci istruiva sul come insegnare agli altri perché comprendano la liturgia e vi prendano parte. Per suo incitamento si creava (a poco a poco) la prassi di accostarci mensilmente alla confessione e alla Comunione. Mi ha procurato un grande messale francese-latino. Ci insegnava come meditare sui passi della S. Scrittura. Noi quattro-cinque della nostra comunità (=associazione) - che Žanko ha chiamato "il circolo delle anime" - Ivan ci teneva più strettamente uniti a sé; ci istruiva sulla meditazione, sulla liturgia, sceglieva i testi liturgici e li applicava a noi. Ci riunivamo ogni mese nel suo appartamento per partecipare a queste istruzioni.

          Mi è noto che egli educava in modo particolare anche alcune dirigenti (femminili) delle Aquile e stava attento al modo in cui esse si vestivano».

 

          Ad art. 57-60: «So che egli pregava volentieri, specialmente il rosario. Il p. Foretiæ mi aveva offerto la possibilità di andare a Lourdes, ma io ho rinnuciato in favore di qualcun altro. So che [Ivan] spesso parlava della Madonna di Lourdes».

 

          Ad art. 61-71: «Mi è noto che Ivan si nutriva dei pensieri dei Papi, delle encicliche, dell'Episcopato, dell'Azione Cattolica ecc., e li istillava in noi. So che Ivan aveva una particolare sensibilità per discernere il giusto da quello che non lo era nella nostra vita cattolica. Il Papa e le encicliche erano autorità per lui. Nel desiderio di rinnovare spiritualmen­te l'Azione Cattolica e di metterla sotto la guida della Chiesa, ha introdotto i padri spirituali [nelle singole assocíazioni] come delegati del Vescovo. Ci educava per l'apostolato, perché la Chiesa è responsabile delle anime, dell'apostolato; la politica e l'economia dovevano rimanere in secondo piano ("più lontano"). Sentivamo fortemente l'amore di Ivan per il Santo Padre. Per questo egli aveva organizzato i pellegrinaggi a Roma. Mi è noto che egli fu iniziatore della celebrazione della Giornata del Papa a Zagreb. Per l'Azione Cattolica questa celebrazione [annuale] è diventata un dovere e una cosa sacra. Ogni associazione organizzava accademie per questo giorno, nelle quali si coltivava l'amore al Santo Padre.

          Rispettava i Vescovi. Ha sofferto abbastanza a causa della campagna contro la Lega Croata delle Aquile, ma non ammetteva che si parlasse contro i Vescovi. Una volta abbiamo scherzato: uno [di noi] ha imitato il vescovo di Mostar Mišiæ; Ivan ha detto che il Vescovo doveva parlare in quel modo per essere meglio capito dal popolo.             

          Ivan ci raccomandava di rispettare i sacerdoti, di rivolgerci anzitutto al parroco se dovevamo organizzare qualcosa nel suo territorio».

 

          Ad art. 71: «Parlava volentieri dell'Opera Cardinal Ferrari; non so altro. Ricordo che una volta venni nel parlatorio in via Palmotiæ [Gesuiti] dove c'erano il p. Perica e il dr. Merz.  Mi chiesero se ero disposto entrare nella comunità chiamata "Cavalieri di S. Giorgio", una specie di religiosi nel mondo. Risposi che avevo già preso una decisione, ed essi smisero di suggerirmi qualcosa in proposito».

 

          Ad art. 72- 77: «Sapevo che Ivan aveva fatto la tesi di laurea sulla liturgia; me ne hanno parlato gli studenti che in questo vedevano una prova del suo entusiamo per il pensiero cattolico. Amava il canto gregoriano, che non mi attirava personalmente. Ho già parlato del come ci introduceva nella liturgia».

 

          Ad art. 78-79: «So che venerava s. Giovanna d'Arc e che le Aquile (ramo femminile), per sua iniziativa, l'hanno scelta come patrona. Penso che il ramo maschile delle Aquile abbia scelto come patrono s. Giovanni Battista [esatto: Evangelista], sempre per l'iniziativa del Servo di Dio.

          Ivan era profondamente penetrato dalla fede. Ci educava al coraggio, di non aver paura di recarsi in luoghi pericolosi. La nostra curiosità giovanile avrebbe voluto sapere molto di Ivan, ma egli taceva delle cose che ci interessavano».

 

          Ad art. 79: «L'esercizio del coraggio egli lo considerava un atto di fede. Di che cosa aver paura? Dio è dovunque. Mi ha rimproverato dolcemente perché avevo timore di avvicinarmi ad un automobilista morto».

 

          Ad art. 80: «Ci raccomandava la devozione dei primi venerdì del mese».

 

          Ad art. 81: «Era calmo anche nelle situazioni più difficili; questo ci faceva

effetto».

 

          Ad art. 82-87: «Non avrei qualcosa di particolare da aggiungere».

 

          Ad art. 88-91: «Odiava il peccato, temeva il peccato e richiamava la nostra attenzione sull'orrore del peccato. Riteneva che dovevamo come organizzazione dimostrare l'amore verso Dio, combattendo il male e il peccato. Ci faceva riflettere sulla vera grandezza del uomo in stato di grazia. Personalmente non sono mai stato al corrente di certi doni mistici del dr. Merz, soltanto l'ho visto profondamente immerso nella preghiera».

 

          Ad art. 92-101: «Sono convinto che molti abbiamo imparato proprio da Ivan a condurre una vita religiosa, liturgica, eucaristica più profonda. Ivan non permetteva che si parlasse male degli altri, sia che appartenessero all'organizzazione o meno».

 

          Ad art. 102-105: «Mi risulta che Ivan dava del suo ai poveri, aiutava dovunque ciò gli era possibile».

 

          Ad art. 106-118: «Era sapiente e molto prudente. Evitava ogni eccesso. In pubblico e nei giudizi era mite, moderato. Ivan conversava molto, discuteva e chiedeva consiglio ai collaboratori e ai sacerdoti: p. Foretiæ, p. Vrbanek e mons. Beluhan, parroco di S. Maria. Sono convinto che i suoi studi erano diretti all'apostolato, studiava per una necessità interiore, in vista della sua attività. Penso che Ivan desse la precedenza alle direttive della Chiesa e del Vangelo; desiderava conoscere le intenzioni della Chiesa in tutti i campi. Vari corsi liturgici, organizzativi dovevano contribuire alla formazione cattolica generale, nello spirito dell'organiz­zazione, alla vita liturgica ecc.».

 

          Ad art. 119-124: «Nei (grandi) raduni e nelle riunioni (delle singole organizzazioni) Ivan voleva che si iniziasse con la s. Messa. Tra di noi si diceva che Ivan si mortificava, flagellava, dormiva sul pavimento ecc. Nella direzione del Movimento c'era la tendenza di far radicare nei membri dell'organizzazione il senso del sacrificio. Sapevamo che egli amava il popolo croato, ma egli non lo metteva tanto in vista; piuttosto sottolineava la necessità di un rinnovamento e di una solida vita spirituale. Egli partiva dal punto di vista religioso».

 

          Ad art. 125-138: «Ci raccomandava una vita disciplinata e seria. La stanza di Ivan era povera, semplice ma ordinata. Nel vestire era ordinato ma modesto. - Dalle fonti scritte ho saputo del voto di castità di Ivan, tra gli studenti però si diceva che egli non si sarebbe sposato per poter dedicarsi a quello che era lo scopo della sua vita. - Verso le persone dell'altro sesso era naturale e normale. Non temeva la loro compagnia. Nelle nostre riunioni ufficiali ci attenevamo alle direttive di Ivan in merito al ballo. Praticamente ci si limitava al "kolo", escluse le altre danze. - Noi amavamo gli esercizi ginnici comuni, in vista dei saggi ginnici in pubblico; questo ci veniva raccomandato come mezzo per rimanere puri e onesti».

 

          Ad art. 139-141: «Ivan non metteva mai in vista se stesso, negli interventi pubblici si regolava con i motivi apostolici».

 

          Ad art. 142-152: «Si percepiva che Ivan faceva tutto con una naturale mitezza, ma con costanza e perseveranza. - Lo ritenevamo un santo già durante la vita; dopo la sua morte, questa nostra convinzione si è rafforzata. Le sue biografie si basano su fatti veri e contribui­scono alla conoscenza di Merz. Personalmente volentieri mi rivolgo a lui nella preghiera. - Desidero che il processo sia continuato e che si arrivi alla beatificazione del dr.  Ivan Merz. Egli può essere ammirato come modello dei giovani, degli intellettuali, come professore, un santo laico. La sua beatificazione contribuirebbe in questo senso. Alcune sue idee sono diventate di grande attualità dopo il Concilio. La riforma, l'interessamento per tutti, la vita liturgica».