C a p i t o l o  V

DOCUMENTI

A. Dal Diario di Ivan Merz: 17.I.1915 – 28.II.1916

Vienna, 17 gennaio 1915.        

            E’ quasi un mese che non ho scritto nulla. Ho appagato il mio desiderio e sono venuto qua per studiare il diritto. Tutti gli affari sono quasi sbrigati ed io a poco a poco sto diventando un uomo.

            Cogito, ergo sum. In realtà finora ho avuto poco tempo per meditare. Qui tutto mi costringe a meditare. Se vedo qualche chiesa gotica o palazzo, il teatro barocco, medito; se vedo pitture artistiche, le ammiro; se mi reco al teatro, non riesco a mettere insieme nemmeno tutte le impressioni. D’ora in poi penso di scrivere nel diario, vi annoterò tutte le impressioni del giorno.

            La mia preghiera ora si dirige all’Immacolata: mi accompagni ad ogni mio passo in questa città. Ogni mio passo e movimento sia rivolto al bello. In genere voglio qui deliziarmi solo di quello che è bello. In primo luogo penso al teatro. Mi preparerò per le opere e cercherò di immergermi in tutto ciò che è sublime. Lo stesso atteggiamento assumerò verso tutte le arti. Il mio motto è quello di Keats: A thing of beauty is a joy for ever. Solo con la bellezza si giunge alla Sorgente.

18 gennaio 1915.

            Mi sono iscritto. Ho parlato a lungo con Rešetar. E’ una persona particolarmente gentile. Mi ha chiesto di Glušac e di Ćorović. Mi ha chiesto di procurargli delle antiche monete bosniache.

            Qui ci sono delle belle cartoline artistiche. Ho comprato Mater Purissima di Morelli, la Madonna Sistina, la testa di Cristo di Reni e la Chocolatière di Liotard. Mi dispiace di non avere più soldi. Mi diletto particolarmente nei quadri. La Madonna e Gesù sono generalmen­te belli. E’ terribile quella goccia di sangue sulla testa. Ad ogni modo i quadri religiosi sono i più profondi.

            Al teatro vengono presentati Ibsen ed altri. Devo informarmi dei posti più economici e spero di trovare nella biblioteca universitaria dei libri per poter prepararmi. Ho studiato il latino.

22 gennaio 1915.

            Scrivo e non vedo quel che scrivo. In clinica mi hanno messo negli occhi atropina. Sono preoccupato per i miei occhi. Qui è meraviglioso. La figlia della padrona è intelligente. Sarebbe terribile se diventassi cieco. Dio me ne guardi! Tutto il mio mondo spirituale me lo son creato col guardare, e adesso questo dovrebbe scomparire. Non sono tanto portato per la musica. Cercherò di esercitarmi sul pianoforte in qualche parte, di imparare a memoria dei pezzi, perché non si sa mai…

            Madre eterna, Tu che sei incarnazione della Poesia, di tutto ciò che è bello ed eterno, fa che io possa continuare a ricevere i doni della bellezza!

27 gennaio 1915.

            Grazie a Dio, già ci vedo tanto da poter scrivere. Leggo con difficoltà. Vorrei che i miei occhi fossero già normali per non perdere tempo. Sono molto indietro in latino. Dovrò lavorare molto per poter ricuperare tutto. – Domenica c’è la Comunione. Non posso comprendere che Cristo, Dio Creatore, Colui al quale il cuore anela, che l’uomo sente nel sonno e in stato di veglia, il Forte e l’Onnipotente, che ha impresso il movimento all’universo, Colui che vigila su ogni erba e su ogni vermicello; che Cristo a cui hanno trafitto le mani e i piedi con i chiodi, su cui hanno sputato, Colui che risuscitava i morti e amava i bambini e, al momento della sua morte, ha fatto oscurare il sole e tremare la terra, che Egli sarà mio, che parlerà con me, uomo che solo a me è veramente noto. Proprio da questo vedo che è Lui: perché mi dimostra il suo immenso amore.

            Sì, la terra gira. Lo so, ciò si studia a scuola. Faccio la passeggiata lungo la via Kärtner illuminata. C’è gente di vario genere: passeggiano le dame con gli enormi cappelli, con i berretti rossi e le scarpe bianco-nere, ufficiali con bottoni lucicanti. Ogni momento passano le automobili, poi le biciclette, gli autobus ed altri mezzi di trasporto. Le dame sospette, con le cinte strette, con i berretti, con capelli rosso-biondi sugli occhi si aggirano in modo evidente tra il pubblico. Un certo giovane, con l’impermeabile munito di bottoni sulla schiena, con un cappello grigio e il bastone con il pomo bianco, le segue guardandole con passione. Esse non guardano, solo talvolta involontariamente si girano verso di lui e continuano ad aggirarsi. Il giovane sta dietro ad esse.

            Mi sono annoiato passeggiando. Esco dal chiasso e da questa luce e solo adesso mi accorgo che in alto c’è la luna piena che ricopre con la sua luce argentina i tetti e l’orto. Ci sono le stelle a miriadi; le più vicine alla luna sono più bianche, mentre quelle verso l’orizzonte hanno una luce giallognola.

            Mi sono appoggiato sul recinto e guardo in alto. Le stelle sembrano gareggiare nel tremolio. Guardo come la nube argentea naviga pian piano, si avvicina sempre più alla luna e sempre più nell’argento s’illumina. Copre la luna e fa chiaramente trasparire la luce della luna. I suoi lembi sono giallo-argentei e sono ben visibili. Si muove lentamente e l’immagine della nuvoletta cambia. La parte destra già si è dileguata, mentre la sinistra riluce maggiormente. Ad un tratto la luna compare in tutta la sua bellezza.

            Guardo e guardo questo grande movimento. Le stelle tutte ancor sempre tremolano.  Mi giro verso l’Orsa, le Pleiadi, verso il Sirio, tutto tremola. Guardo in alto; come se avessi perso il terreno sotto i piedi, percepisco che la terra gira, che il tremolare è solo la conseguenza della rotazione. Mi sento come solo sul globo e la terra ed io giriamo velocemente attraverso l’universo. Anche la luna gira e tutte le stelle dell’Orsa percorrono la loro traiettoria fischiando.Tutto è un gran movimento, spostamento, ogni stella ha la sua orbita, una passa velocemente accanto all’altra e non si scontrano. La terra continua velocemente il suo giro. Donde questi mondi, donde questa immensità, questo movimento regolare, questa bellezza?  Percepisco fili argentei dello Spirito che regge tutto questo e che non è altro che seta piena di musica di melodie argentee molto acute. Scorgo i fili di questo Spirito sulla luna luminosa, sulle stelle, sulla rugiada argentea caduta sulla siepe. Questo Spirito riempie tutto l’universo  e tutta l’anima e mi pervade il desiderio di scuotere tutta la polvere e di elevarmi fino ai suoi piedi e con capo chino ed occhi chiusi ascoltare le melodie della sua arpa che rimbomba come il tuono per trasformarsi di nuovo in una melodia piana.

            Mi risveglio di soprassalto. Che cosa? Non alza tutto il mondo gli occhi e il cuore verso l’Eternità? – «Grosse Erfolge in Bukovina (Grandi successi in Bukovina)». – Che è questo, o Dio! – Ti hanno dimenticato; i vermi lottano, si mordono e si ammazzano. E’ possibile che abbiano traviato accanto al cielo così meraviglioso?

            In fretta esco dal parco e con un soave sentimento di nuovo entro in mezzo alla folla. I ragazzi e le donne gridano «Extraausgabe» (Edizione speciale). La gente si è fermata davanti alla vetrina e legge gli ultimi telegrammi.

28 gennaio 1915.

            Oggi mi sono alzato un po’ prima. Ho studiato latino e poi mi sono recato alla lezione di francese. Ha parlato delle principali opere di Marivaux, soprattutto di Marianna (La Vie de Marianne), opera che non si riesce a digerire a causa delle sue digressioni. Mi interessa molto. Di pomeriggio ho studiato nuovamente latino, però non ho fatto molto perché ancora mi fanno male gli occhi. Il professor Jurenka è un uomo molto strano. Sembra ridere anche quando è serio. Ha una bocca larga. Con i suoi bonari occhi azzurri salta da un oggetto all’altro, mentre innalza la pelle sulla fronte formando solchi orizzontali. «Merken Sie sich, meine Herren» (Tenete a mente, Signori miei) dice, mentre alza l’indice della mano destra. Son stato di nuovo al corso. Penso che mi sia riuscito il bozzetto di ieri. Devo correggere ancora il quadro di via Kärtner.

            Ho visto esposta la “Serva” di Bukovac. Mi dispiace per Pelz. Gli ho voluto bene perché è molto delicato. Già per il fatto che ama i bambini, mi piace. Mi ha richiamato l’attenzione sulla grossolanità di alcuni membri di “Hrvatska”. Ci sono infatti alcuni che si comportano in modo incivile, che bestemmiano e amano discorsi solo su cose lascive, ecc.

29 gennaio 1915.

            Sono felice e strafelice. Tutto mi riesce, tutto va bene. Vedo un bel quadro: ne gioisco. Vedo uomini buoni: ne gioisco. Mi vesto bene: ne gioisco.

            Ho visto le pitture di Segantini “Dietro l’aratro” e la “Primavera”. La prima è particolarmente bella. Finora non ho visto un “plainaire” così meraviglioso. Mi sembra di esser nelle Alpi, di vedere quei cavalli, i prati e le montagne. Ho visto parecchie pitture di Böcklin. La “Herbstgedanken” è più bella in bianco e nero che a colori (nella riproduzione). L’acqua è particolarmente bella. Lo studioso Nansen dell’Egmont può essere paragonato con Fallstaf: una forte figura di letterato del XVI secolo, pieno di umore, di astuzia e di patriottismo. La lingua con cui parla è insuperabile.

            Sono molto contento per la Comunione.

31 gennaio 1915.

            Das Ewig-Weibliche zieht uns hinan. (L’eterno femminile ci innalza).

            Sono veramente sorpreso del calore e della profondità dell’amore di E. verso P. e viceversa. Mi sembra di non essere capace di sentimenti così profondi. Purtroppo in me agisce più la ragione, l’analisi critica e l’educazione. E ciò che di nobile percepisco in me, probabilmente non proviene dal sentimento, ma la ragione mi dice: così va bene e fa così. In genere le complicazioni nella natura dell’uomo, quel diavolo che si insinua anche nelle cose più profonde e più nobili, fa sì che l’uomo metta in dubbio quello che con grande sforzo si è costruito nell’anima.

            Questa mattina sono stato in chiesa, nel pomeriggio in “Hrvatska”. Buconjić è stato eletto presidente. Sembra che sia adatto. Dopo di che è venuto da me P. e mi ha rivelato l’amore verso E. Adesso ho davvero visto che esiste l’amore, che tutte queste parole d’amore sono l’effusione di un sentimento che io non conosco. Rudolf è chiamato sotto le armi. Per ricordo mi ha trascritto (nel diario) alcune bellissime frasi delle lettere di E.

            La vita è meravigliosa! Anche dopodomani andrò alla Comunione. Ho scritto ai genitori…

9 febbraio 1915.

            Ho pensato a Greta. Vorrei andare nell’appartamento dei suoi genitori per vedere l’arredament, specialmente il pianoforte. Mi legano tristi ricordi. Sono stato nell’associazio­ne ZFV che ha per motto “Omnes unum in Christo”. Il professore di teologia luterana ha discusso sul tema “guerra e cristianesimo”. E’ contro la guerra. Io non so se sono per o contro la guerra. Penso infatti alle guerre di liberazione. L’attuale guerra, quale è adesso, poteva essere evitata.

            Ho visto Parsifal. L’impressione è stata eccellente, ma non completa. Devo vederlo ancora una volta. In “Hrvatska” ho fatto una introduzione al Parsifal, continuerò il sabato prossimo… Sto studiando il latino pian piano.

15 febbraio 1915.

            Sono tornato dal Raimundtheater. E’ stato presentato il Verschwender (Dissipatore). […] E’ un pezzo moralizzante. Penso che sarebbe bene rimaneggiarlo… Mi pare che ciò non sarebbe difficile per chi è vissuto a lungo tra i contadini. Bisogna inserire degli episodi della vita domestica dei contadini.

18 febbraio 1915.

            Ora sono tornato da Burgtheater. Veniva presentato Wallensteins Lager e Piccolomi­ni. Purtroppo non ho potuto sentire esattamente tutto. Quel che ho visto e capito era magnifico. […]

            Per me l’amore è una sfinge. La ragione mi dice che l’amore non esiste, se invece penso a Greta dice che esiste. A dir il vero, in me ha avuto conseguenze animalesche. Eppure ora io amo Greta e, da come mi sento rigenerato dopo la sua morte mi sembra che, se adesso vivesse, io mi metterei in ginocchio davanti a lei e le chiederei il perdono per averla considerata un animale. Questo è passato e l’amore mi attira a lei. Questo amore non è amicizia, è un’altra cosa ineffabile. Sfinge?

            Domani andrò a casa per un dibattito giudiziario… Ho fatto latino più di quanto fu ordinato. Sono scontento anche con questo, avrei desiderato fare di più. Ho studiato Parsifal e su questo ho fatto la conferenza in “Hrvatska”. Non c’è stata alcuna discussione. Questi uomini non sono al loro posto. Bestemmiano, inseguono le ragazze, non si distinguono dagli altri. Non so perché sono “furtimaši” (clericali). Come pensano coltivare il nuovo campo alla maniera cattolica se nella condotta sono non-cattolici? In genere non hanno una più profonda visione del mondo. Non vivono problemi della lotta interiore e del perfezionamen­to interiore. Ad esempio, P. ex-francescano è terribilmente unilaterale. Per lui la filosofia e la storia sono tutto, mentre disprezza, anzi offende la pittura, la musica, il ballo ed altre cose. Questi sarà un giorno professore ed educherà gli uomini! Non avrà successo. In quanto al resto è buono e giudizioso. Sono stato al Prater e al Kahlenberg.

Banja Luka, 28 febbraio 1915.

            Domani ritornerò a Vienna. Sono scontento. Ecco in quale sentimento mi sono immerso. Godo nell’immagine, godo nell’opera di Wagner. Godo in tutto ciò che è bello e languisco per la sete di bellezza. Dopo ogni godimento mi sveglio di sorpassalto e mi rendo conto di non aver fatto niente, mentre mi attende un gran lavoro. Voglio il lavoro, molto lavoro che mi occupi a tal punto da non poter pensare a null’altro. Forse lo stesso lavoro può dare soddisfazione, cioè esso non permette che nell’uomo emerga la coscienza dell’insoddi­sfazione. Lavora, fatica e lavora sempre! Non pensare! Sii macchina!

            Ed io amo lei, però so che non è l’eletta del mio cuore. Non posso amarla. Cerco di affezionarmi a lei, e che lei si affezioni a me; senza chiedere della scienza e di quello che l’uomo ha guadagnato.

Vienna, 4 marzo 1915.

            Sono stato dai genitori. Era meraviglioso. Studio e soltanto studio. E’ probabile che sarò bocciato all’esame di latino. Ancora non so nulla. Ciò non deve avvenire, perciò studio solo latino.

            Oggi sento direttamente che esiste l’anima. Mi meraviglio che il mio “io”, quello che mi rende tale, sia chiuso nel corpo, attraverso il quale il mondo mi conosce. Qualsiasi corpo io abbia, col volto di P., di X. o di Y., rimango sempre lo stesso. Proprio sento questo. Osservando gli uomini non dovrei affatto guardare l’esterno, bensì dovrei penetrare nell’anima. L’apparenza irrita (sic) l’uomo. Pare che lo sguardo, la bellezza del volto rispecchino l’anima. Nell’osservare le donne è difficile penetrarne l’essenza, perché la forza magnetica delle belle forme guasta all’uomo lo sguardo puro. L’uomo dovrebbe spingersi a tale altezza da non sentire minimamente di guardare una donna, pur osservandola. Solo allora si può scoprire “Ewig-Weibliches”. Prima no.

8 marzo 1915.

            Ieri sono stato nel Wienerkonzerthaus. E’ stata eseguita la sinfonia in D-dur di Brahms. La prima parte era bella. A dir il vero non l’ho capita. K. è stato oggi da me. Prima lo consideravo un mercante, ora invece vedo che è amante dell’arte e che ama soprattutto i Beuron-iani. Caso strano che ci siamo incontrati. – Bourget scrive particolarmen­te bene: que les triomphes et les defaites du dehors traduisent les qualités et les insuffisances du dedans. Lavora per la riorganizzazione della società francese. – Ho fatto un po’ di latino.

10 marzo 1915.

            Sul mio tavolo arde la candela. Fra poco sarà la mezzanotte. Sento ancora la musica, vedo il morto Werther e il paesaggio invernale. Sarebbe interessante descrivere l’impressione di Werther e analizzarlo, però mi sembra più importante in questo momento l’analisi di me stesso. Si tratta di queste frasi dall’opera di Rainer Maria Rilke su Rodin.

            (Cita quindi in tedesco alcuni estratti di Rilke sul sesso, poi prosegue:)

            Se acconsento a questi pensieri, vuol dire che rigetto tutta la mia ideologia e che inizio a costruirne una nuova. Queste parole scuotono l’esistenza morale. Scuotono? Sono meravigliosi i corpi nudi di Rodin. E’ vero che l’istinto nella donna è un istinto naturale. Però, o Dio, è questo piuttosto di natura artistica? Ist wie ein Schatzgräber (E’ come uno scavatesori). Nella notte si alza silenziosamente, si strascina al suo letto. Ha un bel aspetto…meraviglioso gioco della natura. Ma perché guardare? Bisogna sperimentare personalmente. Mi immagino di andar io al suo letto…- però guai, che cosa c’è in me, mi attira a lei con una forza irresistibile, mentre qualche cosa mi dice nuovamente: “Fermati, fai male”. Si tratta di queste due cose, se andare da lei e nell’abbraccio dei nostri corpi bere le delizie… e in questa voluttà vivere e morire…

            Nemmeno in questo piacere troverò la soddisfazione. Questo potente piacere demoniaco ci afferra e ad un tratto ci scuotiamo. Sento il “Memento mori”. Ricordati della morte. Questo che ora ti attanaglia, passerà, solo qualche cosa rimarrà anche dopo di te, ma quel che rimarrà, non ha goduto in questi momenti demoniaci. Non godere significa lottare contro la natura, anzi negarla. Fermamente sento che dopo la morte c’è la vita e che questa vita non ha alcun legame con quel (piacere) demoniaco. … Se vogliamo raggiungere qualche cosa, dobbiamo sacrificarci. Le statue di Rodin sono meravigliose, una splendida vita divampante, e più sono grandi e magnifiche, per noi è maggior vanto se abbiamo respinto la grandezza di questa magnificenza transitoria per motivo di quella sovrasensibile, dello splendore della bellezza eterna.

            In genere sono arrivato alla conclusione che la lotta contro le vedute moderne – a quanto pare – sia (in me) terminata. La vita per noi dev’esser un sacrificio, non dobbiamo nemmeno guardare molte cose belle. Adesso, dunque, devo condannarmi per aver guardato nell’Opera una bella dama troppo scollata. E’ un fatto che la bellezza femminile affascina e a causa di questo modo transitorio di guardare (la bellezza) dobbiamo sempre chiudere gli occhi e guardare solo il contenuto eterno. A causa di questa lotta anche la vita dell’uomo è più ricca. Lottare contro l’istinto verso una incantevole donna, superarlo e inalzarsi all’altezza dell’uomo che non avverte più l’istinto, bensì guarda la donna come il maschio uguale a sé, questo significa aver conseguito la più grande vittoria. Molti uomini sono rimasti vittime, perché presi dalla demoniaca bellezza della donna. Forse questa ha preso anche me. Ma d’ora in poi dico: (devo) chiudere gli occhi e non cercare questo principio di bellezza, che è qui solo per ingaggiare la lotta, il premio della quale è l’eternità.

            Werther era magnifico. Mi è particolarmente piaciuta la foggia di vestire. Il principio dell’arte di Rodin è l’art-pour-l’artismo. Questo non è giustificato, perché è la glorificazione del demonio, l’esaltazione di quella bellezza visibile che procura un godimento momentaneo, sensuale. E’ glorificazione della natura transitoria, che costruisce distruggendo. L’arte deve esaltare la lotta riuscita contro questa bellezza, ma se già tratta di questa bellezza, non deve perseguire la sua esaltazione, come se non ci fossero altre bellezze, bensì occorre far vedere come un male produce il bene.

12 marzo 1915.

            Oggi volevo studiare più il latino, ma non l’ho fatto perché non ho potuto resistere al desiderio di leggere di più sulla storia del ballo. Il libro è ben scritto. Inizia “ab ovo”: dalla natura all’uomo. Spiega poi la storia del ballo. E’ molto interessante. La storia del ballo è la storia culturale del rispettivo popolo. Ci sono note le danzatrici egiziane, le feste dionisiache e i baccanali. Infine l’era cristiana, quanto alla sfrenatezza, non rimane molto dietro al paganesimo. E’ interessante la posizione della Chiesa di fronte al ballo. Il ballo è stato oggetto di attacchi ed è stato difeso. San Basilio lo raccomanda, mentre gli altri Padri della Chiesa lo condannano. Naturalmente non si condanna il ballo come espressione del sentimento, come arte, si proibiscono invece le degenerazioni del ballo, i movimenti immorali… Nel considerare il ballo, l’uomo deve essere molto prudente. Anche qui, come nella scultura – Rodin – viene espressa la tendenza verso la donna. Questa (tendenza) è presente nei balli nazionali, ma qui non si tratta del desiderio dell’Eterno-femminile, ma semplicemen­te della soddisfazione della passione. Tale è la maggioranza dei balli spagnoli. Se invece paragono il “Kolo” (ballo tondo) con i balli di altre nazioni, posso capire la grandezza del nostro popolo croato e serbo in Bosnia. Sono danze malinconiche che, accompagnate da melodie lente, esprimono il fluttuare di sentimenti tranquilli e soddisfatti. Anzi questi sentimenti di contentezza sono esagerati, senza alcuna energia vivificante. Quando penso al “Kolo”, mi viene in mente l’opera di Đalski Naš pandur (Il nostro gendarme).

            Mi sono allontanato un po’ dall’argomento. E’ giusto che nell’arte venga glorificata la sensualità, magari nelle linee più morbide? Oppure, è lecito usare le immagini della vita sensuale – diciamo pure sessuale – per simboleggiare o presentare un sentimento dell’anima, un’idea? Tolstoj afferma che tutte le arti sono espressione del desiderio sensuale e che per questo essa (l’arte?) è ingiustificata. Fino ad un certo punto egli ha ragione. Il ballo, la scultura, la pittura, la musica e la letteratura lo sono state. Quanto all’architettura, ne dubito. Il ballo, come dissi, ha degenerato ed è diventato un puro piacere corporale (Roma!). Un tale ballo è ingiustificato. Nei saloni di oggi, però, si fanno dei balli che non sono un godimento (sensuale), ma che con i movimenti raffinatissimi esprimono il desiderio del godimento. Il loro scopo è semplicemente la sensualità. Da ciò non si deve concludere che il ballo è ingiustificato. Esso con movimenti esterni dovrebbe esprimere gli stati d’animo, anzi l’amicizia, l’amore ecc. Nel farlo l’uomo deve servirsi del corpo; non bisognerebbe ritenere un male se ad un certo punto del ballo fosse previsto il bacio, che può esprimere la solidarietà dell’anima. Il ballo è arte, espressione dell’anelito alla bellezza eterna e non sensualità.

             E’ giustificato l’atto nella scultura? Non ho idee chiare in proposito. Mi pare di sì. Soltanto l’atto non deve servire per rappresentare la sensualità, bensì – diciamo di nuovo – l’amore: esso dev’essere un mezzo per rappresentare le grandezze dell’anima. Il bacio di Rodin non lo giudico come Rilke, il quale dice che in esso è rappresentato l’amore che attira il sesso maschile a quello femminile, ma in esso vi è espresso l’amore in senso spirituale. Ogni stato d’animo viene dipinto secondo le espressioni esterne… Forse mi sbaglio. Prendiamo però il bacio di Sinding. Sinding ha rappresentato meglio la profondità dell’amore, solo che egli non dispone della maestria tecnica di Rodin. L’atto di Rodin potrebbe forse incitare qualcuno alla sensualità. Quello di Sinding mai. In genere, le statue greche eccitano forse alla sensualità? No, mai. Perciò dico che l’atto nell’arte è giustificato, dipende però dall’intenzione che lo motiva. Se uno volesse, potrebbe fare il volto che ecciti alla sensualità. E’ piccante questa questione perché c’è nell’uomo il pudore innato. Se l’atto è permesso e non eccita la sensualità, perché riconosco che la ragazza che si scoprisse farebbe male. Questa questione del tutto naturale confuta i sofismi in favore degli atti. Non ho raggiunto alcuna conclusione, e termino per ora questa questione con un gran punto interrogativo. Il tempo farà il suo. E’ un fatto che una Madonna di un pittore meno bravo mi entusiasma più e mi lascia maggiori reminiscenze di un atto di Velazquez. Questo già dimostra che cosa è la vera arte. Noi uomini ci occupiamo sempre di queste infelici questioni circa l’anima e il corpo, e non finiamo mai. L’uomo non riesce a fare un confine perché egli è l’uno e l’altro. […]

14 marzo 1915.

            E’ morto Eckert.1 Dicono che è caduto in guerra Spreizer senior. Muoiono gli uomini più validi.

            Wagner nel Tannhäuser ha risolto il problema dell’arte…, ha dimostrato che il problema dell’atto è giustificato nell’arte, se questo è portatore di un’idea decadente.

            Ho finito di leggere il libro sul ballo. E’ scritto bene. Si dovrebbe imparare tutto. Non ho studiato latino per niente. Perciò lo devo studiare domani. Ho voluto andare nel Volksopera per vedere Guglielmo Tell. Il rimaneggiamento dell’opera di Schiller è proprio un attentato all’arte. Ora mi rendo conto che le opere non hanno alcun valore letterario. Ciò che conta è la melodia. Questi scrittori di libretti sono senza una profonda visione del mondo…

16 marzo 1915.

            Sono andato al convento da Ivić,2 con me sono andati P. e V. Abbiamo parlato di tutto, specialmente della vita del popolo, della moralità e dell’immoralità del popolo. Si raccontavano delle facezie. Non ho fatto nulla. […]

            Ho sfogliato nuovamente Faust. Più lo leggo, più lo ammiro. […]

            (Comincia il III quaderno del diario, con motto: Cum Deo.)

Vienna, 17 marzo 1915.

            Seido è stato qui questo pomeriggio. Abbiamo conversato e passeggiato. Il tempo passa inutilmente. Ieri ho fatto il voto a S. Antonio di non mangiare dolci per due mesi, fino al 15 maggio, affinché mi si normalizzino gli occhi. Volesse Iddio!

18 marzo 1915.

            Ho studiato latino. Ho ricevuto una cartolina da Viktorija. Nel pomeriggio ho cercato il Künstlerhaus, non l’ho trovato. Ho fatto una passeggiata con Ivić, parlando francese. Ho visto un soldato senza gambe e senza un braccio: lo portava in carrozzella una signora della Croce Rossa. Ho letto Rasmerholm di Ibsen. (Ho sentito) di nuovo un certo conflitto sociale che non lascia una impressione profonda, artistica. Dello stesso conflitto rifletterò ancora.

            Con la padrona e con sua figlia abbiamo parlato della morte. La padrona ha una buona indole: si commuove fino alle lacrime quando vede dei bei fiori, racconta come suo marito stava male. Ella ha pregato la Beata Vergina Maria affinché lo custodisse. Una notte ha sognato Gesù in bianche vesti ed una vecchia signora che davanti a Gesù pregava per lei. Esponeva questo in un modo molto bello. […] La figlia sostiene che qualsiasi cosa abbia chiesto alla Madre, le è stata concessa.

            Amico Orazio, al mondo ci sono tante cose strane!

23 marzo 1915.

            Ljuba mi ha inviato una cartolina. Stamattina ho visitato la galleria di quadri. Non immaginavo che fossero rappresentati così grandi pittori quali Rembrandt e Raffaello. In genere le opere del XV e XVI secolo non mi hanno lasciato una profonda impressione. Tutte esprimono la stessa idea: l’epico racconto dell’amore. In genere la pittura del rinascimento non ha in sé nulla di lirico. Tutto parla dell’amore e della vita di Cristo. Quando sono uscito dalla galleria mi girava la testa. Il mio cervello non ha potuto registrare tante immagini e tante impressioni.

            Poco fa sono rientrato dal Burgtheater. Venne rappresentato Torquato Tasso di Goethe. Goethe è veramente un grande poeta, alto e dignitoso. Sulla scena non appaiono passioni sciocche e fanciullaggini, i facili amori e le infedeltà: tutto è lotta ed esperienza vissuta di grandi, eterni sentimenti. C’è poco contenuto, però c’è molta psicologia e ci sono molti pensieri. La stessa persona di Tasso è così suggestiva che non possiamo nemmeno immaginare un Tasso storico diverso. Egli è soltanto poeta che vive in dialogo con la natura e che attinge tutto il tesoro dalla propria interiorità (Schiller); non si cura dell’esteriorità del mondo. E’ pieno di passioni. In lui l’amore e l’odio arrivano all’estremo. La sua natura isolata è febbrile, ammalata, ovunque vede il nemico. Se in lui esistesse ancora la natura di Antonio, sarebbe l’uomo per il mondo. Alla fine questo avviene. La fine è molto reale. La prosa e la poesia si danno la mano (in modo conciliante).

            La mamma mi ha mandato del pane. E’ convinta che abbia fame. Ah, buona mamma! Io soltanto qualche volta penso a lei, ella invece non mi dimentica. Oggi non ho studiato affatto latino.

24 marzo 1915.

            Ho studiato latino. Ho fatto uno schema su Torquato Tasso. Mi sono vaccinato.

4 aprile 1915.

            Buconjić mi ha chiesto se ho un articolo per “Luč”: per questo studio di nuovo Turgenjev; completerò lo studio circa la sua visione del mondo. Voglio presentare Turgenjev come uomo colto sotto ogni aspetto, amante di tutte le arti, e metterlo in contrasto con l’unilaterale Dostojevskij e con l’etica di Tolstoj. Penso di finire il lavoro entro due giorni per poter continuare l’interrotto studio di latino.

            Il Venerdì Santo ho visitato alcune chiese. Il sole splendeva, bello e triste. Sul volto degli uomini di ogni categoria si poteva scorgere qualche cosa di triste…

            Oggi ho fatto la Comunione. Nel pomeriggio ero a Baden. Avevo voglia di andare in mezzo alla natura. Mi sentivo debole e affranto girovagando per le vie sporche, ma quando sono venuto a Baden, ho ripreso la mia naturale allegria. Il parco è meravilgioso. E’ bellissima la vista dei monti ondulati delle Prealpi. In fondo, tra questi monti e quello su cui eravamo noi, si trova una bella cittadina. Mi sono arrampicato sulla roccia, osservavo la voragine, la strada in fondo ed ero preso dal desiderio di avere le ali per librarmi sopra questo abisso.

            Sul campo di battaglia le cose vanno male. Nell’accampamento principale si beve “sciampagne”. Mostar e Sarajevo si stanno svuotando. Przemyšl è già nelle mani dei Russi.

            Tutto ciò avviene a causa di quel signore che nel Delitto e castigo stava sfacciata­mente accanto alla panca e guardava la ragazza ubriaca, vestita da uomo.

            Noi non abbiamo pane. I Filistei vogliono dolci… Se andiamo in rovina lo abbiamo meritato… Il sistema delle protezioni (raccomandazioni) e dell’immoralità deve andare in rovina. Proromperanno in pianto tanti popoli, velandosi in lutto. In tutta la città di Vienna la gente si è data all’immoralità invece di godere (nella contemplazione) della crescita delle piante, del giro delle stelle, della bellezza della Madonna. O patrioti, vincerete, sperate pure!

5 aprile 1915.

            E’ morto lo zio Georg. Pace all’anima sua. Non posso ancora capire né concepire una morte improvvisa. – Ljuba mi ha fatto gli auguri per Pasqua.

8 aprile 1915.

            “…in tutto ciò che meditavo, in tutto ciò che provavo, si celava appena percettibile un timido barlume di un qualcosa di nuovo, ineffabilmente dolce, femminile… (Turgenjev, Prva ljubav – Primo amore).

            Forse anch’io sento un qualcosa di simile, perché sono sotto l’influsso dei sentimenti di Turgenjev. Penso di poter iniziare a scrivere domani qualche cosa su Turgenjev. Ho letto tante opere da cominciare a confondere in testa tante scene, penso tuttavia di avere un buon progetto. Prima di tutto presenterò il riflesso della vita di Turgenjev nelle sue opere, quindi l’analisi dei tre gruppi (amoroso, individualistico, sociale), alla fine le caratteristiche generali di Turgenjev come immagine di un uomo moderno universale (Goethe, Beethoven, Puškin…!). Nell’esposizione delle sue opere mi atterrò a Brunetière…

            Non ho studiato affatto latino! Sarà nella prossima domenica!

            Stanco, mi sono recato da Petrović. Per dire il vero, non da lui. Ciò che mi attirava…e cercavo era qualche cosa di femminile. E l’ho trovato: una ragazza affatto bella, però le sue parole, il sorriso, tutto mi richiamava alla mente Greta: le assomiglia. Scriverò di lei un’altra volta. Mi piace molto, proprio perché è piena di tutto quello che è femminile, timido, misterioso… Passerà molto tempo…, forse non la vedrò mai più. Come recarmi da P. Lo stimo, ma non lo amo. Egli ha la stessa posizione nei miei confronti.

            Non ho mantenuto esattamente il voto fatto a S. Antonio. Con chi scherzo? Le cose stanno così. Ho ricevuto dolci da casa ed io li mangio per non dover comperare il pane. Altrimenti non li mangio. Penso di non aver fatto male, perché nel voto mi sono impegnato a mangiare il meno possibile. Dio, fa che io non abbia peccato!

10 aprile 1915.

            Ho ascoltato la Nona sinfonia di Beethoven. Mi piace molto. Nella prima parte l’uomo viene colpito da quel vuoto, da quella disperazione e da quella grande lotta contro          il destino malvagio. Nulla serve. Il destino non è sconfitto: con il suo vuoto comprende tutto l’universo. Non ho capito bene la seconda parte, però quello sconforto e insoddisfazione dopo un piacere sensuale porta l’uomo alla disperazione. Nella terza parte sono stupende le bellezze della vita  di campagna: ci allettano…, però ci attira di nuovo il piacere sensuale. Oscilliamo qua e là, finché la natura non ci scopre l’Autore. La quarta parte è la più bella. Siamo felici: abbiamo avuto successo nella lotta, godiamo nella meravigliosa natura e nel Creatore. E questo godimento si trasforma in una gioia sempre più grande, diventa un inno trionfante che si placa nuovamente. Vorrebbe esprimere qualche cosa, ma non riesce. Vengono allora in aiuto le parole. Ciò che la musica ha percepito, ma non ha potuto esprimere, esse esprimono. E’ un vigoroso inno alla gioia, inno a Dio e all’amore: Ode an die Freude di Schiller. «Seid umschlungen Millionen».

            Sono motivi di Faust, ma sono risolti meglio che in Faust. La soddisfazione non sta nell’agricoltura, bensì nella bellezza della natura e dell’inno al Creatore.

15 aprile 1915.

            Ho terminato lo studio (articolo) per “Luč”. Comprende 40 pagine. In genere è riuscito abbastanza bene, ma è incompleto. Dovrei leggere ancora una volta Lovčevi zapisci, la novella Faust, Tri ljubavi ed altro. Mujagić lo sta copiando: è molto diligente. Se domani finirò tutto, dopo domani studierò psicologia, per essere esente dalla tassa scolastica. Non spero di poter imparare tutto in tre giorni. […]

17 aprile 1915.

            Ieri ho spedito a “Luč” lo studio su Turgenjev. Comprende complessivamente 31 pagine. Sono curioso se lo inseriranno. Penso di no, a causa della lunghezza.

            Alla “Hrvatska” si è tenuta oggi la riunione. Si è discusso sull’opuscolo da pubblicare per informare gli stranieri sulla Croazia. Secondo la mia opinione esso non ha molto senso. Che cosa vogliono i Croati? Sempre chiedono e chiedono mentre essi stessi gironzolano nei caffé e fanno baldorie. Hanno tanti uomini dotati: tutto questo va in rovina. Ora quando bisognerebbe dire che tale o tal’altro ha contribuito in qualcosa all’umanità intera, noi esigiamo i nostri diritti, però – purtroppo – questi non ci sono.

            Oggi ho letto un po’ la Psicologia, e la sera, all’ultimo momento mi son deciso di andare a Burgtheater al Journaliste. Come tale l’opera è passabile, ma se pensiamo che è annoverata tra le migliori commedie tedesche, allora dobbiamo proprio dire che vale poco. Tra Molière e Freytag c’è differenza come tra giorno e notte. Mi sembra che le commedie di Nušić3 siano migliori. E’ vero, anche in quest’opera ci sono dei bei personaggi. […]

18 aprile 1915.

            Ho trascorso il pomeriggio nella natura, nei boschi e sui prati. La giornata era splendida. I primi germogli ornano i rami degli alberi, si possono già trovare le violette… Al mio ritorno mi hanno raccontato che c’è stata una processione quale Vienna non ne ha visto da tempo. Mi dispiace di non averla vista. Non ho fatto nulla. Sono stupido e debole.

20 aprile 1915.

            Ho visto l’opera di Hauptmann Die versunkene Glocke. Da principio, nel leggerla, non l’avevo capita. Ho riscontrato molti passi lirici e mi sono accorto che era riuscito il colorito del racconto. Non avevo capito l’idea dell’opera, sebbene ne avessi avuto il sentore. Ho comprato la biografia di Hauptmann (collana “Natur -und Geisteswelt”) e, dopo aver letto l’analisi dell’opera, mi è diventato chiaro il significato della favola…, alla fine del quarto atto mi si è svelato in tutta la sua grandezza. […] Mi sembra un’opera valida, le manca solo la vivacità drammatica.

22 aprile 1915.

            Ieri ho fatto il colloquio di psicologia con Jerusalem ed ho avuto “sehr gut” (molto buono). Mi ha chiesto che cosa sono le disposizioni psichiche… Ho saputo bene. In genere egli non richiede molto. E’ un buon uomo. E’ magnifico questo modo di studiare all’università. L’uomo acquista almeno l’idea del proprio valore e può svilupparsi individualmente. Penso alle classi inferiori della scuola media – al professor G. che mi ha chiamato “bestia”, per cui ero disperato -: studiavo e sgobbavo sulla sintassi, eppure non sapevo mai nulla: allora mi ritenevo un cretino.

            Con Šantić ho parlato un po’di Parsifal. Egli sostiene che Parsifal è Cristo: ha combattuto come Cristo contro il diavolo e l’ha vinto. Kundri gli lava i piedi come Maddalena ecc. In verità ci sono molte somiglianze con Cristo; il fatto stesso che Parsifal abbia salvato Kundri, ricorda la missione di Cristo. Queste sono solo le somiglianze, mi pare però che l’idea dell’opera sia proprio in contrasto con Cristo. Nel Parsifal Wagner ha voluto presentare l’uomo, come tale, quale un’unità etica nell’universo. Quest’unità arriva alla conoscenza soltanto mediante la compassione. Parsifal è un ignorante (Cristo è forse ignorante?) e non ha mai saputo che cosa sia il male. Ma se succede qualcosa di male egli sa subito che questo non è buono, anche se di questo non ha mai sentito niente. C’è dunque nell’uomo l’istinto del bene e del male. In Parsifal Wagner mostra come questo istinto si sviluppa (in Cristo l’istinto non si è sviluppato e non è stata la compassione a dirgli che doveva lottare. Cristo agiva mosso dall’amore. E’ una finezza psicologica: da una parte c’è la compassione di Schopenhauer come principio e base etica e dall’altra parte l’amore cristiano come seconda base). Parsifal ha visto la ferita, ha provato il dolore e voleva combattere la causa di questo dolore. Essendo ignorante Parsifal non poteva esser spinto dall’amore, come Cristo, nella lotta contro il male. Se egli avesse saputo tanto quanto ogni uomo che ha vissuto tra gli uomini, avrebbe lottato per compassione ed anche per amore. Cristo è onnisciente: egli ha lottato soltanto per amore verso l’uomo. La compassione è soltanto una parte dell’amore. (Infatti l’amore non è soltanto disponibile alla compassione, bensì dona anche altri beni: dirige sulla retta via, consiglia, aiuta ecc.). Parsifal e Cristo sono due estremi; l’uomo comune nobile sta in mezzo a loro…

24 aprile 1915.

            Ieri studiavo latino, oggi non ho fatto nulla. A Causa di M., stamattina sono di nuovo andato all’università e poi al Naturhistorisches-Hofmuseum (ieri sono stato nel Kunsthistori­sches). Ho visto molte cose, ho una gran confusione in testa. I minerali – i loro colori – mi hanno particolarmente interessato. Questa è la mia percezione. Purtroppo, non mi intendo d’altro. Quando ho visto queste cose naturali, mi sono balenati in testa strani pensieri. Solo ora ho capito pienamente Basarov. La natura è talmente grande, vi sono tante bellezze e leggi, che l’uomo deve studiarla. La poesia, l’amore, la fede, l’amicizia, anzi lo stesso Dio (secondo Basarov), tutto è sentimentalismo, “ciò vuol dire edulcorarsi con il miele”. Perché occuparsi di ciò che non esiste? Parlare dell’amore, della giustizia, dell’onore: questo non esiste. L’arte poetica, la musica: tutto questo è sciocchezza. Dobbiamo occuparci di ciò che è, di ciò che esiste: prendere una rana e sezionarla, girare le macchine elettriche, fabbricare grandi aratri, studiare la medicina ed occuparci di ciò che è sicuro e inoppugnabile. La natura non è un tempio ma una officina e l’uomo è l’operaio in essa. Tali pensieri mi vengono in mente e voglio attenermi ad essi, ma non va. Vedo un bel quadro: mi fermo a guardarlo; vengo a sapere di qualche opera buona e mi rallegro. Cerco un amico, una donna ecc. Penso ai genitori; dal punto di vista naturale anche l’amore verso di loro è un sentimentalismo, e mi vedo già nella tomba, perché mi sono annoiato della vita che non si accorda affatto con i miei principi… e vedo venire la mamma e il papà, ormai anziani, sulla mia tomba e piangere. Appena penso a questo, sento che oltre la materia c’è veramente qualche cosa d’altro, che esiste veramente il mondo spirituale. – Ringrazio l’Altissimo che ha permesso che io sperimenti tutto questo, così che oltre la mia visione unilaterale dell’arte e delle scienze umane, mi sono affezionato anche alle scienze naturali.

            Mentre ieri ero a letto mi è venuta in mente l’idea di fare un apparecchio che scrive mentre si parla. Si basa sul telefono senza fili o sui microfoni regolabili per ogni voce.

            Sono stato da P. Festeggiava l’onomastico. Anche lì i fratelli “furtimaši” (clericali) hanno raccontato “aneddoti sporchi”.

25 aprile 1915.

            Nemmeno oggi ho studiato quanto avrei voluto. Mi sono alzato tardi, sono andato alla Augustinerkirche. Lì ho visto la statua di Maria Cristina del Canova. Un sacerdote ha fatto l’omelia sulla Trinità… Faceva tanti gesti; ovviamente le parole non hanno avuto effetto. Il canto è andato abbastanza bene. Nel pomeriggio ho fatto un po’ il latino, poi sono andato nella sala dei concerti: hanno suonato l’Eroica, qualche cosa di Mozart, di Grieg e di Wagner. L’Eroica è stupenda. Mi è piaciuto soprattutto il secondo atto, la marcia funebre, e il terzo con la sua gioia. Ho cenato dai Mittler. Mi dicono che la mammina è malata.

            Domani incomincerà il lavoro, con l’aiuto di Dio!

26 aprile 1915.

            Il mio animo canta sempre. Ero nel parco vicino al Rathaus. C’era un meraviglioso chiaro di luna, le nuvole erano bene illuminate, lo scroscio di una bianca fontana d’acqua, l’acqua nera con riflessi dorati delle luci, l’odore di fiori che inebria. Non continuo a cantare per ammirare il Genio che ha creato tutto… Bisogna lavorare di più. Mi sono alzato alle 7, ho partecipato alla lezione di Becker e di Wurzbach, ho fatto un po’ di latino, ho continuato la lettura di Delitto e castigo. Mi accorgo sempre di più della genialità di Dostiojevskij: cogliere quei momenti psichici, come ha fatto lui, è qualcosa di sovrumano.

27 aprile 1915.

            Oggi ho lavorato un po’ di più, sebbene non abbastanza. Mi sono alzato alle 6 e mezzo, ho fatto una passeggiata nel parco di Rathaus e sono andato alla lezione. Becker ha parlato di Rousseau e della sua Héloïse. Diceva che le sue idee religiose erano troppo rivoluzionarie per quel tempo e che oggi sono reazionarie. Questo suona un po’ stranamente. Egli è l’uomo moderno di oggi, quello di prima non è moderno bensì reazionario. Il pronipote di Becker dirà che i principi di Becker sono reazionari. Così gli uomini sempre immagineranno che la loro epoca ha una perfetta visione del mondo. Mi meraviglio che Becker, come grande studioso, non ha colto ciò che c’è di eterno nella poesia, che non ostante tutti i cambiamenti di moda rimane sembre giusto e bello. Con ciò non ho detto nulla (di male) di Becker. Anzi mi piace e le sue lezioni sono interessanti. Wurzbach ha parlato di Regnard e di altri comici, inoltre ha parlato abbastanza di Turcaret di Le Sage. Nonostante i suoi difetti (cita gli anni alla rinfusa) ha questo di bello: nel menzionare un’opera cita anche le altre opere che hanno lo stesso motivo o la stessa idea.

            Nel pomeriggio ho studiato il latino, ho letto Delitto e castigo e con la signora Mittler sono andato al Raimundtheater. Eravamo in prima fila. Veniva presentato Kreuzelschreiber di Anzengruber. Non ha un valore letterario profondo.      

29 aprile 1915.

            Becker ha parlato di Chateaubriand; dice che egli stesso non lo comprende. Naturalmente perché Ch. è cattolico convinto. Non gli nega la genialità, però lo critica… Ho studiato un po’ di latino. La sera sono stato alla Volksopera per vedere la Prodana nevjesta di Smetana: è un’opera comica abbastanza carina. […]

30 aprile 1915.

            Becker ha continuato a parlare di Chateaubriand: ha detto tra le righe che la S. Scrittura non va d’accordo con la scienza. Cahateaubriand interpreta alla lettera i sette giorni in cui Dio creò il mondo e dice che Dio poteva creare delle rocce che sembrassero vecchie di milioni di anni. Chateaubriand non è un teologo e Becker sostiene che già questo esempio dimostra che la fede non va d’accordo con la scienza.

            Ho pagato l’affitto. Non mi sono rimasti molti soldi per questo mese. Ho studiato un po’ di latino e ho letto Delitto e castigo. Sono stato alla lezione di Jerusalem: ha parlato in modo interessante della cultura generale, di che cosa i Romani pretendevano da un uomo colto, che cosa i Greci, che cosa i cavalieri e che cosa noi esigiamo oggi. Sarebbe interessante trarre fuori da questo ciò che è immutabile, eterno. Ho parlato con Filipović:4 mi piace, perché è entusiasta del giornalismo.

            Noi – siamo romantici e lo saremo finché crediamo in Dio – dobbiamo essere entusiasti e felici. Non dobbiamo essere uomini razionali freddi che con le pinzette analizzano tutti i più delicati sentimenti e così li distruggono.

            Wer will was Lebendigs erkennen und beschreiben,

            Sucht erst den Geist herauszutreiben,

            Dann hat er die Teile in seiner Hand,

            Fehlt leider! nur das geistige Band.

7 maggio 1915.

            Oggi sono stato alla lezione di Becker, di Wurzbach e ad una lezione di diritto. Queste ultime non sono affatto interessanti. Stasera ero a Burgtheater. Venivano presentati Die Launen eines Verliebten di Goethe e Le malade imaginaire di Molière. La prima è un’opera bucolica, con il motivo: furore domato […]. Le malade imaginaire è l’opera migliore che io abbia visto finora sul palcoscenico […].

9 maggio 1915.

            E’ indescrivibile la gioia che ho provato oggi. Il cuore trabocca di sentimenti e vorrebbe cantare inni al Creatore. Ero dai Frank e a pranzo dai Mittler. Teresa va a Banja Luka dai miei genitori. E’ una ragazza buona, io non merito tutta questa bontà. Mi ha riempito le tasche di cioccolato. Ho trascorso il pomeriggio con Vanino5 nella meraviglio­sa natura. Abbiamo goduto dell’aria fresca, dell’erba, delle nuvole, dei fiori, di tutto ciò che era bello. Eravamo sdraiati sull’erba e con tutta l’energia bevevamo le bellezze della natura che si sta risvegliando. Mi è piaciuto molto Vanino allorché ieri, parlando in “Hrvatska” di gioia, diceva che ogni fiore è sorgente di gioia. Oggi mi sono convinto che egli gode delle bellezze della natura e che ci tiene a formarsi un animo allegro. E’ una buona idea: dobbiamo essere sempre allegri, perché solo la letizia crea l’entusiasmo e questo le grandi opere e la cieca disposizione al sacrificio. E’ bella, è meravigliosa la natura di Vienna.

17 maggio 1915.

            La vita per me è un grande punto interrogativo. Di giorno in giorno sta scomparendo la mia fede infantile. Non mi basta più quella distinzione di prima tra il bene e il male. Mi chiedo se ciò che prima ritenevo buono è veramente buono. Che cosa è veramente buono? Esiste il bene? Tutte queste concezioni del mondo non sono forse solo dei pregiudizi? E vivo sempre così e mi domando. Sono convinto che esiste solo quello che vedo dinanzi a me. Ecco che cosa vedo: la sera quando passeggio nel parco vedo su ogni panca una coppia che si stringe l’uno all’altra, che ride allegramente, si bacia… Di fatto esiste questa legge naturale: la legge dell’amore. (Uso qui la parola “amore” nel senso dell’istinto dell’uomo verso la donna). Queste coppie non le guardo più come prima. Una volta vi vedevo una passione, una debolezza, una volubilità umana che si abbandona al piacere sensuale. Non posso più guardare così questa fondamentale legge naturale, pur sapendo che nei momenti in cui osservavo tale vita da vicino (nell’accademia), mi era stomachevole questa sozzura e fango. Per giustificare questo principio, devo domandarmi se esiste Dio o no? E allora che cosa intendo sotto il nome di Dio? E’ un fatto che Egli esiste, che io lo sento intorno a me, in me, qui, là, dappertutto. Le melodie divine sostengono e riempiono tutto l’universo. Ogni uomo sente il respiro di qualche cosa di più grande e di eterno… Dunque Dio esiste. Allora mi chiedo: chi è questo Dio, come è? Possiamo pregare? E’ una persona? A queste domande ci risponde il nostro intimo in certi casi semplici. Se offendo i miei genitori mi dispiace molto. Ciò dimostra che il senso dell’ingiustizia comessa non è un pregiudizio, ma che in noi esiste la giustizia. La giustizia è un principio che è in noi e se agiamo contro questo principio, tutta la nostra interiorità si agita. Colui che sentiamo intorno a noi, che la nostra intelligenza percepisce come eterno, al Quale l’anima tende involontariamente, Questi è certamente giustizia. Con ciò noi arriviamo a Dio persona. Egli esiste ed io anche nei momenti delle più gravi prove e dubbi credo fermamente che Egli è l’unico eterno, grande Dio. Se Egli esiste, ne consegue che la nostra vita ha uno scopo. Bisogna inoltre pensare a quello a cui gli uomini non pensano e che potrebbe facilmente portarli alla vera conoscenza – (cioè) che moriremo. Vogliamo tanto bene ad una persona e questa muore. Non la vedremo mai, mai più. Noi stessi siamo colmi di pensieri, di dubbi, di aneliti, di opinioni, tutto l’universo spirituale gira intorno al nostro “Io”, che riceve e riordina le impressioni: tutto questo noi sperimentiamo, talvolta ci affanniamo e soffriamo (questo dimostra che la giustizia non è un pregiudizio, poiché se qualcuno è causa della nostra sofferenza, noi lottiamo realmente contro di lui). E ad un tratto moriamo. Perché tutto questo? Perché tanti pensieri e aspirazioni se tutto è inutile, se tutto finisce nel nulla, se l’anima non è un elemento a parte, come lo spirito nel “Diable boiteux” chiuso in una bottiglia. Non può esservi questa inutilità, dal momento che nella natura tutto è così splendidamente ordinato, quindi anche la nostra eternità deve esserlo nel senso della giustizia. In realtà è così ed io ci credo. E nel momento in cui percepisco questo con una fede di bambino, in cui provo rifiuto per il male e mi sprofondo nella preghiera, tuttavia mi rimane nel profondo dell’anima un certo dubbio, quel grande interrogativo dell’ultimo Adamo. Perché? Che cosa?

            E, nonostante tutti i dubbi, io credo. Ma non basta credere soltanto. La nostra fede deve essere un sistema, deve essere la guida della vita, affinché non agiamo contro il principio della giustizia e dell’eternità. Le religioni danno sistemi (morali). Ed io dico: “Aut catholicus, aut nihil”. Sotto questo aspetto non è mai esistito in me il minimo dubbio. So e sento che il cattolicesimo è l’unica vera religione… Delle altre religioni non ho mai pensato che qualcuna potesse essere migliore della cattolica. Ecco: sono cattolico nell’anima, però quell’uomo primordiale in me, quel Faust, che non conosce né educazione né pregiudizi, cerca di tirarmi giù e mi fa dubitare di tutto. Ma basta questo. Dovrei criticare la mia vita. Per il fatto che la mia pura fede nel cattolicesimo si sia affievolita è calato anche ogni vero entusiasmo, ogni giudizio rigoroso su tutto ciò che avviene. Tutto ciò che osservo lo guardo e non so se sia bene o male. Il mondo si bacia e abbraccia: si baci e si abbracci pure. Ed ecco, uno mi ha mollato uno schiaffo. Non fa niente, me ne dia un altro. Tanta gente è povera, tanti uomini si ammazzano. Sia pure, purché non riguardi la mia pelle. Di fatto, sebbene la ragione mi dica che questo non è giusto io l’ho veramente sperimentato in seguito a questi dubbi interiori. E adesso è l’ultimo momento per liberarmi di tutto ciò e di pensare che Qualcuno è morto per me sulla croce a causa della Verità. Mi scuoterò e vedrò che queste ragazze nel parco, questi uomini e le belle forme non sono che una passione schifosa, che non sono uomini con le loro aspirazioni e sofferenze, ma sono semplicemente delle bestie che non si differenziano dalle altre. Ed io non devo giustificare una cosa del genere perché so che questo principio di inclinazione dell’uomo verso la donna è qui solo per la nostra anima – perché la nostra anima è “noi” – la quale si perfeziona e si eleva. Questo principio negativo di bellezza, questo albero proibito del paradiso, è qui per renderci uomini con la sua bellezza. E cercherò di industriarmi, di non guardare la donna come un bel corpo e il suo esterno non deve attirarmi a lei. Resisterò a questo e in lei cercherò solo ciò che è eterno. E davvero adesso di nuovo sento di credere, di credere da cattolico, che la Madre di Dio non è Venere e sono tutto felice di essere ritornato sulla via giusta. E osservando la vita saprò che cosa è nobile e che cosa non lo è, che cosa è morale e che cosa no.

            Così ho fatto l’analisi dell’affettività. Se mi fossi attenuto alla santa frase “l’albero si conosce dai frutti”, attraverso la ragione, la scienza, l’arte, specialmente attraverso la storia sarei arrivato alla conclusione che esiste una certa verità, che attraversa tutta la storia e che tutte le aspirazioni e gli errori umani sono proprio il vagare intorno al cattolicesimo, che pochi hanno bene compreso. E nonostante creda tutto questo sono uomo e nel fondo del mio animo rimane il dubbio e questo mi fortifica perché è causa della lotta spirituale e della purificazione che come uomo sperimento.

19 maggio 1915.

            E’ un ordinamento meraviglioso quello dei musulmani di far coprire le donne. Deve esserci una profonda ragione se questo ordinamento si mantiene così a lungo. La donna deve nascondersi, se non vuole indurre ad un pensiero cattivo. Guardando sempre le forme fisiche dimentichiamo ciò che è spirituale. L’uomo involontariamente guarda una donna. Pertanto bisogna industriarsi per guardarla come si guarda un uomo. Bisogna giungere a tal punto da non vedere dinanzi a sé la donna con il corpo, bensì con le sue capacità spirituali. Ci vuole molta fatica e lotta affinché l’uomo arrivi a tale sublime modo di vederla.

20 maggio 1915.

            C’è la guerra con l’Italia. Si tratta del nostro sangue. L’Italia vuole la Dalmazia, Trieste, Rijeka (Fiume) e il Tirolo meridionale. E’ in corso un processo storico: si tratta della nostra pelle. Cercherò di elevarmi al di sopra delle passioni e di osservare tutto freddamente. – Però la mia unica preghiera alla Madre eterna è che ci dia la forza di poter resistere alle pretese egoistiche degli Italiani.

21 maggio 1915.

            Sono appena tornato dall’opera Tannhäuser. Non riesco a mettere subito insieme tutte le impressioni; il tempo saprà riordinarle. L'”ouvertire” non è così bella come nel Parsifal, non fa vedere così chiaramente tutto il contenuto dell’opera. […]

            In Tannhäuser Wagner ci presenta la lotta umana universale – la lotta dei sessi, la lotta che sperimentiamo giorno per giorno, la lotta che ci eleva sempre e ci perfeziona. Ed Elisabetta ha vinto: ci ha mostrato dove l’uomo deve tendere, se vuole essere uomo.

22 maggio 1915.

            Oggi non ho fatto nulla. Ho riposato. Mi fanno male gli occhi e non posso leggere come vorrei. Stasera sono stato al (club) “Hrvatska”, dopo di che Kuvačić, Buconjić, Strauch, Petrović ed io siamo andati al caffé (all’angolo di via Liechtenstein). La conversazione era triste: sull’Italia e la sua insolenza. Vuole lacerarci la patria. Si è parlato anche dell’amore, di Dio ecc. E’ difficile parlare di queste cose. Tutto il giorno ho meditato perché siamo sulla terra, perché Dio ha messo la nostra nobile anima in un sudicio corpo animale. Io so tutto questo e soffro, offendo la Madonna, offendo il mondo, e d’altra parte combatto. Il concetto di un amore ideale, della ragazza ideale – tutto sprofonda se si guarda intorno a sé la realtà: la sporcizia e la superficialità di questo mondo che dà importanza soltanto all’esteriorità. Queste donne con le calze trasparenti, con i vestiti attillati, in modo da far emergere ogni forma del corpo, suscitano sentimenti animaleschi. Il concetto dell’ideale è, purtroppo, soltanto un concetto; nel mondo che mi circonda non lo trovo. Oh, questo dubbio, maledetto dubbio! Perché proprio la castità è un bene? Non è questo un pregiudizio? Insomma, che cosa è il “Bene” di cui si parla tanto? Sono questi i dubbi. Eppure nel mio santuario – nel cuore – sento e custodisco sempre una scintilla di qualche cosa di imperscrutabile, di invisibile, di inconcepibilmente Grande.

            Con Buconjić ho parlato a lungo (fino alle 12 e mezzo; adesso è l’una e mezzo) di Dio e di cose simili. A lui non è chiaro se l’uomo da solo arriva ad avere il concetto di Dio… Egli si interroga, dubita: è uomo.

23 maggio 1915.

            Sono stato in chiesa. Ho pranzato dai Mittler, nel pomeriggio con Kuvačić, Puljić e Lasić ho fatto la passeggiata da Neuwaldegg a Hütteldorf. Il discorso verteva sul ruolo della monarchia nella storia… Poi di nuovo abbiamo analizzato i nostri sentimenti verso Dio, abbiamo parlato dei nostri dubbi e delle nostre lotte interiori…

25 maggio 1915.

            Non avrei nulla da scrivere, perché non ho fatto niente. Ieri tutto il giorno sono stato tormentato da una tremenda passione che mi spingeva a correre e a lottare contro di essa. Essa contamina i miei ideali e attira nel fango… la purezza morale, spirituale. Talvolta, per così dire, la compromette.

            Di sera sono sempre pieno di meravigliosi pensieri, di nobili intenzioni; sento direttamente qualche cosa di soprasensibile, sento che questo esiste. Quando arriva il giorno, dimentico tutti i bei propositi; tutto l’ambiente, le cose visibili attirano su di sé l’attenzione, di modo che l’uomo si comporta istintivamente, per lo più abbastanza male.

            Ho trascorso il pomeriggio con Vlaho. Mi ha letto le sue poesie, le migliori sono quelle che traboccano di passione. E’ molto dotato e potrebbe impiegare bene le proprie energie. Domani comincerò di nuovo il lavoro normale. Con difficoltà leggo a lungo, perché mi viene mal di occhi, così che non riesco a distinguere le lettere. La mia preghiera è rivolta all’Altissimo e a S. Antonio, perché abbiano pietà di me e mi facciano migliorare gli occhi perché io possa leggere e lavorare quanto desidero. Da tutte le parti ci sono nemici moderni e dotti e bisogna combatterli con mezzi profondi. O Dio, mi servirò dei miei occhi soltanto per guardare ciò che è bello e per fini sublimi, pertanto aiutami, ti prego!

26 maggio 1915.

            Ante non è ancora sul campo di battaglia. Stasera ho incontrato Novković. Dice che Kratena e Pavlović sono feriti. Đukić è caduto in guerra. Lo stesso Novković è un povero: è pieno di reumatismo, con fatica muove le mani, soffre di mal di testa, ecc. Per di più ha una malattia cardiaca. Tutto ciò a causa della povertà. Quando era nella scuola media, abitava in un appartamento umido ecc. Quando uno vede uomini di questo genere deve ringraziare Dio di star bene.

            Ho studiato un po’ di latino. Nel pomeriggio ho dormito. Occhi, i miei poveri occhi! Se potessi vedere meglio, mi sembra che sarei molto migliore.

27 maggio 1915.

            Oggi ho ascoltato Becker, Brecht, Eisler e Fournier. Il primo ha parlato di Hugo, il secondo ha analizzato meravigliosamente Herodes e Marianna. Il terzo ha parlato di Palamedes, Nirefeld, Vermeer e Fabricius, paragonando quest’ultimo con Rembrandt. Fournier ha parlato della politica della Monarchia dal 1875 al 1878 e dei motivi dell’occupa­zione della Bosnia.

            Ho studiato poco il latino. Gli occhi, poveri occhi miei! Mi rendo conto che la mia visione del mondo si sta approfondendo. Ho represso gli istinti bassi al punto da dimenticarli. Di nuovo mi appare più chiaro l’ideale della donna.

            Le mie sostanze economiche consistono in 20 filiri e un marco per la mensa. Gaudeamus igitur, iuvenes dum sumus…

29 maggio 1915.

            K. è stato qui: ha parlato dell’arte ieratica a Emaus (Praga). I Benedettini e i fanciulli camminano moderatamente come in Parsifal. Cantano l’Ufficio divino. Le donne fanno altrettanto. K. ha detto che è molto commovente. Inoltre ha parlato dei quadri di Beuron: ce ne sono tanti. Però sono più belli quelli a St. Gabriel…

            Ho studiato latino, ho preso parte alla riunione di “Hrvatska” […]

2 giugno 1915.

            E’ così. Non posso andare da Ante, ma vado a Pilsen. Ho sfogliato “Luč”. Hanno valore soprattutto le annotazioni dal diario di Eckert e il necrologio di Tieck.6 Ritornerò su questo un’altra volta. Stasera partono per la guerra molti miei compagni. Non sapevo che mi sarebbe rincresciuto tanto per loro…

7 giugno 1915.

            Stamattina sono tornato da Pilsen: lì mi sono trattenuto da giovedì mattina fino alla domenica sera. Il risultato è che mi sembra di essere innamorato di Rose. Forse sarebbe bene analizzare i miei sentimenti e cercare di individuare l’essenza dell’amore. Anzitutto mi chiedo: l’amore è peccato? La risposta è difficile. Prima pensavo che l’amore è quello stesso sentimento che esiste tra fratello e sorella, ma non è così. E che cosa altro potrebbe essere? E’ un sentimento strano che ci attira alla donna, non chiedendo molto alla ragione se l’essere, al quale siamo portati, possegga quelle bellezze spirituali che abbiamo tanto sognato. Se le cose stanno così, sentiamo che cosa dice Bazarov:7 L’amore è un processo fisiologico… Quindi il nostro rapporto è completamente animale: l’istinto dell’uomo verso la donna. Prima anch’io avevo pensato così, però (ora) non posso affatto pensare così. L’uomo non è animale, è il mio principio. Tuttavia sento una certa inclinazione, l’amore verso la ragazza, e con tutto ciò il mio pensiero è puro come una perla. A dire il vero, questo sentimento spirituale ha una base corporea. La ragazza mi piace perché ha un bel volto ed anche un bel corpo. Ma la bellezza del volto, o meglio l’espressione degli occhi, suscita in noi simpatia, è fino ad un certo punto l’espressione dell’interiorità. Non è grande il passaggio da questo rapporto spirituale a quello completamente animale: se si toccano i corpi, anche involontariamente la corrente attraversa l’uomo… Forse questo è ancora un’espressione dell’imperfezione (anche nel toccare il corpo altrui, il nostro corpo dovrebbe rimanere indifferente): “dobbiamo essere come uno di questi piccoli”.

            Forse ora comprendo l’amore e la donna, come centro della cultura di tutti i secoli. Questo rapporto spirituale fa parte di una grande opera: è nel piano di Dio. Naturalmente i poeti hanno fatto un passo e ritenuto che l’amore è il piacere sensibile, sono i brividi che vengono all’uomo; si sono però certamente ingannati. Quel che dà fascino alla loro poesia è l’elemento spirituale, eterno che hanno celebrato nei loro versi […].

            A Pilsen ho girato in automobile, ho visto Mörser (35 cm), sono stato alla tomba della nonna. Una volta sono andato a trovare Rosa. Sabato, dal monastero Cloischau l’ho portata qua. Il monastero ha influito positivamente sulla sua vita spirituale: è una buona cristiana. Non so se tutto ciò svanirà non appena esce dal monastero. E’ facile parlare della convinzione cristiana, stando nel monastero. Quando tornerà nel mondo e incontrerà ostacoli, (Rose) soccomberà. Bisogna ingaggiare una lotta cruenta per non affondare tra la gente comune. Ella parla bene il francese, suona il pianoforte e il violino. Non ha una intelligenza profonda, ha però il senso per il bello. E’ assetata del sapere, vorrebbe studiare la musica.

            Le voglio bene. Quando andavamo insieme sotto braccio, quando guardavamo insieme i quadri, infine quando mi ha dato il bacio di congedo per me erano bei momenti. Lei però non conosce i miei sentimenti, mi vuol bene, ma che cosa mi serve tutto ciò, se questo non è l’amore.

            Lo zio Heinrich è buono, fa del bene a tutti: ha raggiunto un posto influente, perché non contraddice mai nessuno. Questo non è bello… Anche Hedvige è molto buona. Le piace un po’ lodarsi, però ha fatto per me quanto ha potuto. Karl è un birbone: ha una figlia allegra. Al momento del congedo hanno avuto un bacio. Erano contente. Fritz è abbastanza calmo, ma non studia.

            Il monastero Clotieschau è meraviglioso. Le suore sono la bellezza spirituale stessa: (vi sono) la contessa Kleist, la principessa Lobkowitz, pittrice, artista al pianoforte e al violino, ci sono anche altre. E tutte sono così umili e obbedienti. Rose non ha un’educazione altruista. E’ un grosso peccato.

9 giugno 1015.

            Oggi mi sono fatto rapare. E’ un grande avvenimento nella mia vita. E’ bene che la mamma non lo sappia.

            Ho studiato un po’ di latino. Non va, per il grande caldo. Ho fatto il bagno e ho nuotato. Sono stato all’opera di Mozart Die Entführung aus dem Serail. All’inizio mi ha fatto impressione come se si trattasse di un’opera comica, ma benché – come da Shakespeare – le scene serie siano intrecciate con quelle comiche, tuttavia l’impressione (finale) è di un’opera. A dire il vero, per il nostro gusto moderno sono troppo lunghi i recitativi e i duetti quasi noiosi. Il primo atto è forse il migliore, perché la musica e l’azione corrono senza interruzione. La musica è leggera, melodiosa; mi piaceva dove non c’erano quei recitativi […].

            Guardando, sempre nell’arte, che due si baciano, ci sembra naturale e non ci pensiamo, come se dovesse essere così. In fine, che cosa è l’amore? Perché c’è l’amore tra l’uomo e la donna? Non è forse utopia l’amore? La natura umana, che è incline ad abbellire tutto, non ha trasformato forse la passione comune in amore? Osservando me stesso, mi meraviglio e chiedo se questo amore non sia un’invenzione, se deve essere così. Mi sentirei ridicolo se dicessi di essere innamorato, se mi sentissi attirato da un altro essere. Bisognerebbe studiare l’amore presso i poeti (anzitutto presso Shakespeare, perché egli è molto serio. Almeno la sua Ofelia e Amleto, più di tutti gli altri pezzi teatrali, mi hanno profondamente impressionato – Zagreb!) poi presso i filosofi, infine negli uomini (cosiddetti buoni e cattivi, perché chi può dirmi che il bene o il male non sia un pregiudizio?) e in se stesso.

10 giugno 1915.

            Di nuovo ho lavorato relativamente poco. E non riesco a studiare il latino da solo se nessuno mi spiega qualche cosa. Domani cercherò di andare da Jurenka e di chiedergli che cosa ne pensa. Volentieri imparerei bene il latino… E’ necessario per la conoscenza della letteratura, sebbene Ovidio ed altri non abbiano in sé molta poesia.

            Ho letto un po’ Diable boiteux di Le Sage. Scrive abbastanza realisticamente, altrimenti tutta la forza è concentrata sull’esteriorità. Manca qualsiasi psicologia. Lo stile è vivace. Si nota l’influsso di Mille e una notte… E’ grande l’influsso dei classici…

            Ecco che cosa mi spinge e perché non sono contento. Tutto il mio lavoro letterario si è fermato; non leggo, non ho un tema da studiare. L’uomo ha bisogno di qualche cosa di più elevato a cui aggrapparsi, a cui dedicare il proprio impegno, e che lo entusiasmi. Vorrei lavorare per il nostro movimento nel campo letterario; richiamare l’attenzione dei nostri sulla letteratura straniera, avvertirli (della necessità) dell’educazione del gusto e dell’amore verso le altre arti.

11 giugno 1915.

            Ho un gran desiderio di creare. Mi sono stancato di studiare, vorrei trasformare in poesia la mia vita spirituale: ne vale la pena. Certamente sarebbe una cosa più profonda, perché comprenderebbe i problemi umani universali. Penso che sarebbe necessario un contenuto come cornice di tutti i pensieri. Bisognerebbe studiare Grabancijaš dijak.8

            Ho continuato a leggere un po’ Diable boiteux. Devo ridere di come tutto è artificial­mente sistemato, fabbricato: per esempio il racconto sull’amore di Belfort […]

12 giugno 1915.

            Mi rendo conto di aver raggiunto un grado abbastanza alto. Osservo la vita e sempre mi chiedo della causa di tutto ciò che si muove. Il problema dell’amore è particolarmente interessante. Già per questo la mia visione della donna è abbastanza elevata, la mia passione quasi non parla più, ma osservo tutto oggettivamente, freddamente.

            Ho studiato un po’ di latino. Oggi ha tenuto la lezione Prinz al posto di Jurenka. Stasera ero al Prater con König, dopo di che mi sono avvicinato ad un soldato bosniaco (Muhamed Šišić di Sarajevo): l’ho portato sulla ferrovia ripida e su Riesenrad. Trovandosi lassù ha detto: Più che un biglietto da mille, vorrei che qui fossero mia madre, mia sorella e mio padre, per vedere questo… Ha detto inoltre che mi avrebbe ospitato a casa sua e avrebbe fatto ammazzare un montone e per otto giorni non mi avrebbe fatto uscire da casa e sua madre mi avrebbe abbracciato…ecc. E’ un uomo molto semplice, non sa scrivere, ma ha “un cuore buono”, come egli stesso dice. Ho speso 2,40 corone, ma non mi dispiace, perché chi sa, se non morirà presto in guerra. (Una volta è stato ferito in guerra). Quando gli chiesi se aveva avuto paura prima del fuoco, mi disse di no, perché è già stabilito quando l’uomo deve morire sia che egli stia seduto in poltrona oppure si trovi in guerra.

14 giugno 1915.

            Ho lavorato tutto il tempo, ho meditato poco. Insomma sono di buon umore, senza una base più profonda. Il riso e l’allegria, piccoli scherzi, talvolta qualche pensiero peggiore e l’impossibilità di poter di nuovo e più profondamente osservare. In genere l’incapacità per un lavoro spirituale più profondo, sulla presunzione circa una nascosta qualità poetica che potrebbe emergere se si trovasse un soggetto adatto (specialmente popolare: Grabancijaš dijak).

18 giugno 1915.

            Nel complesso sono allegro e di buon umore, specialmente di giorno. Mi rallegro della luce. Di notte esco presto. I pensieri cattivi mi spingono con furia; infatti Vienna è una città molto frivola. Di sera si vedono – almeno io vedo così – solo i bassifondi, gli sguardi brutti, peccaminosi.

            L’altro ieri ho ricevuto una lettera da Ljubo.9 Mi ha particolarmente rallegrato. La leggevo con piacere: mi sembrava di vederlo davanti a me, amabile, sempre entusiasta. Ci mancano tali uomini, che credono nel miglioramento, godono in tutto, di tutto sono entusiasti. Ljubo non è un freddo analizzatore, un dotto, bensì un uomo, pieno di Dio, almeno anela ad essere tale.

            La sua visione dell’arte è meravigliosa, benché io non ne abbia ancora una chiara visione. So che dal punto di vista metafisico il bene, il bello e il vero è uno – Dio. Vedo però che Rodin è bello, ma non è vero e quanto alla bontà è indifferente. Altre opere sono vere ma cattive, altre poi belle ma cattive ecc. Bisognerebbe trovare un legame. E’ vero che si tratta qui delle opere umane transitorie e il nostro concetto di bellezza è molto mutevole. A causa di questa transitorietà non vanno d’accordo queste tre cose. Pertanto dobbiamo stare attenti e nella bellezza transitoria cercare ciò che è eterno e queste tre cose eterne saranno praticamente sempre in armonia. Fino ad un certo punto ciò si può dire della Madonna di Raffaello: vera, buona e bella, anche se non è così buona quale sarebbe uscita dal pennello di un artista santo come Dante. Rodin è bello, però – giustamente dice Ljuba – egli non è nella verità. Quando vediamo che è bello dobbiamo sapere che dentro c’è e della verità e della bontà. Davvero ce n’è. Quell’istinto naturale presentato da Rodin, contiene in sé qualcosa di spirituale. Non è soltanto la tendenza di un animale verso un animale (Baiser!), ma la tendenza dell’uomo verso la donna, il vero amore. Questo è quel vero dentro l’opera, per cui quest’opera fino ad un certo punto è buona e bella. La bellezza della forma supera la bontà, per cui l’opera non è armonica. L’opera artistica dev’essere un accordo di verità, bontà e bellezza. Sinding mi sembra migliore. Il suo “bacio” è vero (non è presentata la passione ma la tendenza), perciò è buono. Però non è così bello come quello di Rodin. Quindi nemmeno questo è un’opera d’arte. Rodin, come uomo, è più grande di quanto Sinding sia buono (vero), poiché tecnicamente è più abile (crea cose belle). A causa di questa indivi­dualità Rodin per ora ha maggior valore. Quando verrà un artista che sarà grande, e più grande di Rodin e migliore di Sinding, le generazioni future diranno: ho raggiunto la mia arte attraverso Rodin e Sinding (o qualcun altro). Quest’ultimo ha attirato la mia attenzione sull’idea, mi sono sviluppato da solo, ho cercato la verità e (in) questa vita con Dio ho sentito l’istinto di creare. Creavo e ho messo queste idee nelle forme di Rodin. Davanti a Dio vale più chi, come Sinding, mi ha richiamato l’attenzione sull’Idea, sull’Eternità. Rodin era uomo di questo mondo: studiava soltanto l’esteriorità, senza pensare alla Volontà eterna.  Egli è un vaso dorato – transitorio – in cui ho versato l’Idea eterna.

            Ho studiato latino, ho partecipato alla conferenza del dott. Ude sul tema: “Perché noi cattolici siamo astemi”. Ha parlato meravigliosamente, poeticamente. Ha citato le statistiche riguardanti gli idioti, i cretini, i piccoli, i deboli, i pazzi, i suicidi, le prostitute ecc. Ci ha presentato un’immagine terribile. Di fatto l’alcool è nemico più grande degli altri, perché è un cattivo amico.

19 giugno 1915.

            L’uomo d’oggi deve ad ogni costo occuparsi anche di questioni sociali. Certamente la questione dell’alcool è una delle più importanti. Uno non ci crederebbe, però i numeri delle statistiche ne parlano e accusano. Il dott. Ude ha parlato benissimo, specialmente sulla prostituzione… Vuol dire molto quando qualcuno ha il coraggio di stigmatizzare le condizioni attuali.

22 giugno 1915.

            Leopoli (Lwow) è nostra. Bravo! Rose mi ha scitto. Il Sabor croato è una porcheria. Il bano e la Coalizione si comportano come traditori.10 Adesso che è il tempo per avere libere le finanze, litigano. Ho sentito che il bano avrebbe detto: “Comunico che l’accordo finanziario è prorogato per un anno”. “Molto comodo” – ha replicato Hrvoj. Ha parlato dall’animo di tutto il popolo croato. Impudenza! Mentre tanti Croati cadono in guerra, soffrono, eroicamente difendono l’imperatore, ricevono come premio un nuovo assolutismo.

23 giugno 1915.

            Sono tornato ora dalle gigantesche manifestazioni. Molta gente si è radunata davanti e intorno al municipio. Varie associazioni, per lo più gli scout, passavano cantando gli inni. Anzi i sionisti con le bandiere blu-bianche. Intere processioni di Ebrei polacchi passavano, tentavano di cantare qualche cosa, ma non andava. Gli alunni delle scuole medie hanno cantato bene, si sono sentite le grida: Evviva il popolo ruteno, ed altri […].

            A Vienna l’idea degli Absburgo è forte; io stesso non potevo immedesimarmi con questa allegria. Noi, uomini del Sud, non abbiamo tanta, incondizionata fiducia nell’Austria, anche se le vogliamo bene e senza di essa la Croazia non si può immaginare… I soldati bosniaci non hanno preso parte, il che mi dispiace. Infatti avrei voluto sentire a Vienna l’acclamazione “živio” (evviva).

            I miei diletti genitori mi hanno fatto auguri per l’onomastico. Li benedica l’Altissimo. Quando dubito del Sommo, della Bontà, di tutta la mia ideologia, rimane in me incrollabile l’amore e l’inclinazione verso i genitori: sento vivamente questo amore ed esso mi testimonia che l’amore, l’anima, Dio non sono utopia, ma che tutto ciò esiste; e che l’uomo è davvero l’idea che tende verso la sua sorgente. Sto troppo poco in mezzo alla natura.

24 giugno 1915.

            Il giorno del mio onomastico è trascorso bene. Da Teresa ho ricevuto la torta ed altri dolci, così pure da Puljić, mentre Ivić mi ha regalato un crocifisso che ho gradito più di tutto. Al crocifisso sono legate alcune indulgenze. Questo è bello, egli crede in questo ed ha cercato di essermi utile in quello che è eterno in me: al mio sentire religioso.

            Stamattina si sono svolte grandi manifestazioni davanti a Schönbrunn. L’imperatore ed altri sono usciti. Non l’ho visto proprio bene. La gente gridava come pazza, agitava bandiere, cappelli. La sera il palazzo municipale era meravigliosamente illuminato. Aveva su di sé qualche cosa di medievale… La gente gridava ed anch’io strillavo, non proprio (mosso) da un forte sentimento. La luna piena con la testa a sghembo rideva.

            (Comincia il IV quaderno del diario)

26 giugno 1915.

            Ieri a mezzogiorno mi son deciso di fare il colloquio col prof. Wurzbach sulla letteratura francese del XVIII secolo. La materia è abbastanza vasta […]. Ho lavorato sei ore nel pomeriggio e due ore questa mattina. E’ stato facile perché ho seguito le lezioni. Sono andato al colloquio e, grazie a Dio, mi ha preso per il tallone di Achille […]. Non sapevo bene gli anni… (Il professore) ha fatto bene ad accahiapparmi. Non conosco bene la storia, sebbene sia indispensabile per lo studio della letteratura e in genere è interessante. In un primo momento ero disperato, non per il “due”, ma per la vergogna di fronte al professore. Egli, è vero, dà troppa importanza alle date, ma sono necessarie anche queste. D’ora in poi le studierò tutte. Rinforzano la memoria, e sono anche la base per la cronologia della storia.  Dio mi aiuti! Non ho saputo bene il latino, perché non mi sono preparato bene a causa di questo colloquio.

28 giugno 1915.

            Oggi Becker ha terminato. Ha menzionato ancora Verlaine. Ha parlato bene, ho imparato molte cose. Ho studiato abbastanza il latino, poi ho letto su Michelangelo. Devo sempre ammirare questi uomini del Rinascimento. Non sono soltanto maestri della forma, ma tutto il loro lavoro ha un contenuto più profondo, ha per base un’idea. L’arte di Michelangelo non è peccaminosa come quella di Rodin, perché egli non adora la sensualità, ma proprio il contrario, le forme danno espressione al “regno dei pensieri”, che nell’uomo hanno il più grande ruolo. Pensando a Michelangelo lo ritengo grandioso e vigoroso come Mosè. Anche le sue pitture – mi sembra – sono delle grandiose statue (Sibilla, Geremia, Adamo, Dio).

29 giugno 1915.

            La pioggia scroscia battendo sulle finestre. Il tempo è tetro e triste e la pioggia scroscia e scroscia, ora forte, ora meno forte. Anche l’anima è tetra, triste, e piangerebbe, ma non sa perché. Mi piace questo giorno piovoso, più che un giorno luminoso, più che la luce che mi fa vedere tante cose da non permettermi di immergermi nell’anima mia. La pioggia continua a scrosciare. Ed io sprofondo nell’anima e cerco in essa, ma non riesco a trovare nulla. Vorrei piangere a lungo e godere nel pianto e piangendo vorrei immergermi sempre più profondamente fino a incontrare Lui, che è eternamente triste. Mi metterei seduto ai Suoi piedi e la pioggia continuerebbe a scrosciare, mentre io piangerei eternamente e, piangendo senza motivo, ascolterei Lui.

            E’ triste questo periodo (come se fosse l’autunno). Uno non ha voglia di uscire, ma gode prendendo un libro e abbandonandosi al mondo dei pensieri. Questo è il tempo più propizio per un lavoro profondo e piacevole.

            Anche durante questi giorni piovosi ricordo Greta, quei momenti belli in cui stavo seduto nella sua camera e chiacchieravo…

30 giugno 1915.

            Sono disperato. Tutto il giorno ho studiato il latino sforzandomi molto. Prinz mi ha interrogato proprio sulle parti che non sapevo tradurre. Per di più ho ricevuto due nel compito di classe. E’ fatto male. E’ un brutto segno: se al colloquio ricevo una brutta valutazione, facilmente potrei esser bocciato all’esame di maturità. Così sarebbero perduti due anni e più.

            Inoltre ho perduto fiducia nelle mie capacità. Gli altri studiano latino meno di me, eppure di fatto sanno più di me. Cercherò di impegnarmi di più, con l’aiuto di Dio. Ciò ha distrutto in me un certo orgoglio, la consapevolezza o la presunzione. Sì, ultimamente sono diventato alquanto arrogante; come se avessi giocato anche con Dio. Se credo in Lui, perché mi tormento con interrogativi di dubbio e con altro? Essendo Lui più grande di noi, dobbiamo avere cieca fiducia in Lui. Purtroppo spesso lo consideriamo più basso di noi, come qualcuno che è lecito tentare. D’ora in poi cercherò di agire diversamente.

            Che cosa direbbero i miei genitori se sapessero quanto male mi trovo con il latino? Mi dispiace più per loro che per me.

1 luglio 1915.

            Ante ha scritto dal fronte. Il papà viene in questi giorni. Magnifico! Stamattina ho studiato il latino per alcune ore, nel pomeriggio cinque ore, se non di più. E’ questa la mia più grande preoccupazione e non voglio pensare alle mie cose specifiche, alla bellezza, ai problemi della vita, finché non correggo i miei difetti.

3 luglio 1915.

            A Vienna tutto va a rovescio. Ecco, ora sono tornato dal colloquio del latino. Ho ricevuto sufficiente. A dir vero, non ho saputo proprio bene, di fatto però so meglio di molti “latinisti”, che hanno ricevuto “molto buono”. Prinz è troppo un professore di scuola media, classifica come nella scuola media ecc., non vuole alleggerire e dare “molto buono”. Con ciò la pagella fa buona impressione e fa piacere. Del resto, queste pagelle di colloqui non servono a nulla. Tuttavia da questi insuccessi concludo: durante le vacanze studierò la grammatica e mi occuperò di storia e di geografia. Devo imparare tanto latino da poter leggere con facilità Livio.  Le vacanze sono rovinate, però bisogna fare così.

            Personalmente sono contento di aver scoperto i miei talloni d’Achille, probabilmente ce ne saranno ancora tanti. Durante le vacanze del 1916 penso di imparare perfettamente il francese, per poter poi dedicarmi completamente allo studio di estetica. Il mio cuore mi attira là; e mi meraviglio di essermi finora tanto dominato e non aver letto le opere letterarie. Sono però arrivato alla conclusione: l’uomo deve acquistare una profonda cultura di base, prima di dedicarsi alla sua materia preferita: solo allora la comprenderà in tutti i lati e in profondità. O Dio e Vergine sempre mite e pura, vi prego aiutate il piccolo verme che desidera eseguire bene il compito che gli è stato assegnato come a uomo! 

            Andrò a casa probabilmente lunedì, dopodomani.

4 luglio 1915.

            Sono stato con Šantić… Si è discusso della Fede, dell’amore, di Kraljević Marko11 ecc. Ho provato almeno un po’ più di intimità. Ha parlato di Eichendorf e delle sue poesie. Dovrei leggerle, perché sono piene di intimità; non sono aristocratiche come quelle francesi.

Banja Luka, 19 luglio 1915.

            Sto a casa da una settimana. A Vienna stavo male (dente) e, quanto ricordo, ho vissuto una vita spirituale abbastanza intensa. Ho pregato molto. Sì, quando l’uomo si sente debole, quando lo riconosce davanti a se stesso, allora è più buono. Però basta di questo che è già passato. Adesso sono dai genitori e passo il tempo giocando a tennis e in compagnia della signorina Dulka. E’ una ragazza molto simpatica, particolarmente mi rallegra perché sa che cosa è la vita spirituale, la lotta… Naturalmente, ci sono in lei ancora molte cose che non sono proprio le più corrette, però questo forse scomparirà. Sono stato con lei al Petričevac e mi ha raccontato delle suore del convento, dove lei si trovava. Proprio schifoso.

            Preferirei essere il piccolo Ćiro sordomuto piuttosto che quello che sono. Ma l’uomo dev’essere felice di non stare peggio di come sta. Bisogna aspirare ad avere quell’animo semplice… Ormai è notte. Mi vengono in mente pensieri e disegni terribili, verrà però il giorno e tutto svanirà. L’animo insoddisfatto gemerà. Luce…, luce… Ivić è qui.

Banja Luka, 20 luglio 1915.

             Stamattina ho giocato di nuovo a tennis. Nel pomeriggio ho passeggiato con Ivić lungo il fiume Vrbas. Successivamente abbiamo incontrato Dulka e, dopo aver passeggiato un po’, Ivić ha deciso di non passeggiare con lei. Aveva ragione? Ora non penso solo a lui, ma egli può essere il simbolo di tutto lo stato a cui appartiene. Nel popolo vige il pregiudizio che un frate non deve andare con una ragazza e, se lo fa, provoca uno scandalo. Questo è un pregiudizio e bisogna combattere contro i pregiudizi. Ma questo pregiudizio non è forse giustificato? Infatti non spetta ai frati di andare con il mondo femminile. Essi hanno fatto voto di castità e il loro lavoro si svolge in mezzo al popolo. Quindi è bene che non vadano con la donna. Però, non andare con esse per principio – come oggi si pensa – è un’offesa alla donna. Questo indica che essa è qualcosa d’altro che l’uomo. Ciò significa guardare soltanto alla sua esteriorità, al ruolo del suo corpo di donna. E’ un’offesa al suo spirito, essendo essa uomo come noi maschi. Non condanno Ivić, perché egli andrebbe (con le donne) se ciò non creasse scandalo.

            Talvolta desidero essere il sordomuto Ćiro, ma questo non va bene, è peccato; dobbiamo essere felici di essere sani. Mi accorgo che la mia vita spirituale sta svanendo. Mi trovo spesso con Dulka, ma i discorsi dei Grünwald sono così infantili che non abbiamo occasione di parlare delle cose spirituali più profonde.

            Ante è probabilmente già nell’altro mondo.

Banja Luka, giovedì 22 luglio 1915.

            La vita è terribile. Se in fondo all’anima non avessi speranza e fede in qualche cosa di eterno, non avrei più voglia di vivere. Però non sono vigliacco, voglio vincere tutti gli ostacoli. Forse ho rimorsi di coscienza perché tutto il giorno sto fuori casa, mentre ho da studiare tanto latino. So che domani – come oggi – non farò nulla. Ora vado a letto e voglio rivolgere la preghiera a Dio. Come faccio a presentarmi a Lui così come sono?

            Io stesso non so quanto sia terribile, quanto la vita mi ripugni. Tuttavia cercherò di lavorare e di guadagnarmi la serenità.

Banja Luka, 29 luglio 1915.

            «Ne pourions nous jamais dans l’océan des âges jetter l’ancre un seul jour» – così suona, mi sembra, il verso dal “Lac” di Lamartine.

            Tutta questa settimana mi sono divertito giocando a tennis e in compagnia di Dulka. No, Dio mio, è ormai passato il tempo in cui si parla dell’amore. Non esiste l’amore come lo descrive il mondo e la letteratura. Una cosa è la legge naturale, e il risveglio di questa il mondo lo chiama amore. Civetteria e cose simili sono pura sensualità. Sono lontano da questo. Qui si tratta, però, di un’altra cosa, scevra da ogni ingrediente corporale e di simpatia fisica, sebbene talvolta queste tendono ad insinuarsi. Desidero conoscere la vita spirituale di una donna che ha avuto molte esperienze spirituali. La vita spirituale di una donna è ben diversa da quella di un uomo; l’una e l’altra ha la propria bellezza e l’uomo desidera penetrare non soltanto nella propria anima per individuarvi i cristalli dell’Eternità, ma cerca questi anche nell’anima della donna amica. Nell’anima della donna l’uomo trova molto, perché in fondo ad essa c’è qualcosa della Madonna, che noi in essa cerchiamo. E’ possibile che questa ricerca di quelle scintille eternamente belle sia l’anelito e l’amore. Così si compie meravigliosamente il piano di Dio: al matrimonio, che ha per fine la propagazione del genere umano, si arriva in modo del tutto spirituale…

            Ecco ciò che è bello in Dulka. Il suo ideale non è il matrimonio. Si entusiasma per varie idee, legge diligentemente; anzi ha studiato filosofia e si interessa di musica. Non si può esprimere con parole tutto ciò. Un’altra volta dirò un po’ di più.

Banja Luka, 30 luglio 1915.

            Ho parlato con Dulka. Fra poco parte per Cracovia. E’ tutta felice di tornare in patria. Mi ha raccontato come Maraković voleva chiederle la mano, ma ella si ritirava perché non le andava di sposarsi, oppure avrebbe voluto un Polacco per marito e vivere in Polonia e non in Bosnia.

31 luglio 1915.

            Domani riceverò la Comunione.

3 agosto 1915.

            Ho trascorso l’altro ieri e oggi a Slatina. Oggi era particolarmente bello. Ero con la famiglia Irzykowskij. Avevo poche, pocchissime occasioni di penetrare nel mondo spirituale di Dulka. Mi raccontava del fidanzamento di sua sorella ed ha soggiunto come per lei stessa la cosa peggiore è vedere la gente che si bacia… Nel boschetto le ho letto Faust, ella invece mi ha dato da correggere una lettera che scrive ad un certo Andrić. La copierò domani.

            Sono tornato da Slatina più a piedi che in bicicletta (la ruota anteriore si è rotta). Il crepuscolo, le ombre delle querce, gli ultimi raggi rossi del sole che penetravano attraverso gli alberi, tutto questo esercitava sullo spirito una grande e soave impressione, tutto rammentava qualche cosa di più grande e di più bello. Le ombre si posavano sul fiume Vrbas…

10 agosto 1915.

            Sono stato a Travnik sulla tomba di Greta. Vi sta scritto, mi pare: “Selig, die reines Herzens  sind, denn das Königreich Gottes gehört ihnen”. I fiori sono fioriti; ho portato sulla tombs una viola del pensiero. Avrei preferito rimanere sulla tomba ancora e riflettere, cercherò però di familiarizzarmi con il problema della morte anche stando lontano dalla tomba. Travnik è una bella città: ha un autentico carattere bosnico-cattolico o meglio croato-meridionale. Le donne portano i calzoni alla zuava e i capelli lunghi sciolti, gli uomini portano calzoni altrettanto larghi.

            Ho ascoltato Dulka parlare con Oskar sul problema dell’amore. Lei fa giudizi più profondi di lui. […]

            Per ricordo Dulka mi ha scritto qualche cosa nel diario. Non l’ho ancora tradotto. Ella ha ricevuto una lettera da Ljubo. Le cose che ci ha letto dalla lettera dimostrano che egli le vuol bene di cuore, lei però vuole sposare solo un Polacco e desidera vivere in mezzo al suo popolo e non in Bosnia… E’ una cosa tragica; Ljuba ha un’anima molto più pura e più evoluta di lei. Lei non ha capito ancora l’anima di un uomo che desidera coltivare e approfondire se stesso.

14 agosto 1915.

            Dulka è per me un enigma. Talvolta si diverte e conversa seriamente da far concludere che vive una vita spirituale più profonda. Oggi invece andava a braccetto con Oskar… Non sono affatto contrario che si vada a braccetto, però è evidente che in fondo a questa libertà e gaiezza c’è la sensualità. Posso entrare più profondamente nell’anima di Oskar. Egli è nell’età del bacciucchiare; prende per i capelli, la tira per il braccio, gode nel camminare a braccetto ecc. In questo modo egli vuol esser paggio, so però che in fondo alla sua anima non cè il minimo pensiero cattivo. Tuttavia, la base di tutto ciò è la sensualità infantile. Non lo condanno. Non molto tempo fa anch’io dsideravo andare a braccetto con Rose. Cercavo di convincere me stesso che si trattava di una cosa spirituale, sebbene – come lo vedo ora – fosse una sensualità velata.

            Nelle conversazioni lo spiritismo è all’ordine del giorno. La mamma è malata: ho paura per lei.

17 agosto 1915.

            Dulka partirà dopodomani. A Vienna alloggerà dalla mia padrona. Mi dispiace…

18 agosto 1915.

            “Il giorno dell’Imperatore”… Nella chiesa protestante il pastore ha fatto una bella predica. Ha preso lo spunto dal versetto del salmo: Essi si fidarono dei carri e dei cavalli, e noi di Dio… E’ forte questo pensiero. I nemici avevano posto la loro fiducia nella quantità di soldati, di cannoni ecc., e ciò nonostante sono stati vinti… I Protestanti sono degli Ebrei nel senso più nobile della parola. Essi si considerano degli eletti che Dio aiuta, mentre i nemici sono il simbolo del male e della cattiveria…, come nei tempi antichi. Manca quella oggettività e giustizia che vede le grandezze spirituali anche presso i nemici… E’ un grosso peccato che Lutero non abbia realizzato la riforma dentro la Chiesa romana. Le lotte sono inutili… alla fine il mondo di nuovo tornerà lentamente al centro.

            Nel pomeriggio con i Grünnwald sono stato da Dulka a prendere il caffé. (E’ il suo onomastico… domani partirà). Si è giocato a carte; alla fine hanno fatto lo spiritismo. Ho guardato. Finché non avrò dalla Chiesa il permesso non mi impegnerò più a fondo. (Bisogna riconoscere l’autorità, altrimenti crolla ogni ordine). Ho visto: il piatto si muove e risponde alle domande. Parla in avanti (preannuncia il futuro?). Il tavolo si muove terribilmente; altrimenti batte il tempo, scricchiola – di fatto qualcosa di inverosimile. Osservavo bene  se qualcuno imbroglia, ma non ho notato niente. Tutti i presenti mi giurano che non fanno nulla. Sono tuttora scettico, finché non provo da solo. Anche T. mi parlava molto sulla materializzazione. Ma chi gli potrebbe credere. Non si tratta di spiriti di alcun genere, ma di forze psichiche a noi sconosciute…

            E’ un fatto che Satana agisce nel mondo in modo orrendo… qui è un campo adatto perché egli – questo re della menzogna! – possa agire, fare il male. Tanta gente è impazzita… E’ strano che tante persone intelligenti, senza pregiudizi raccontino di queste cose. Sì. L’uomo del ventesimo secolo! eppure pensa a tali cose: magie, spiriti, streghe… C’era però qualcosa in questi incantesimi medievali. Si sa che la gente veniva ingannata, c’erano però degli uomini che possedevano delle forze psichiche e facevano delle cose “non naturali”… Forse per mezzo dello spiritismo.

            Già avverto lo spirito dell'”Anticristo” che appare nel mondo. Sarà un uomo maligno geniale che conoscerà bene queste forze naturali, mischiate alle forze cattive e con queste compirà opere più miracolose di quelle di Cristo. E il mondo si rivolgerà a lui. Fiorirà il monismo, perché l’Anticristo sarà monista…; tutto ciò che è spirituale egli lo considererà come espressione della materia, sotto il suo dominio.[…]

            Mi dispiace molto per Dulka. Ritengo che la mia amicizia con lei si è nobilitata. Non c’è stata nemmeno una stretta di mano che mi rendesse consapevole che sono un maschio. Grazie a Dio! purché continui così.

            Già a causa di questo spiritismo, desidero confessarmi.

            Ho l’impressione che questo modo di scrivere sia dotto-stupido e immaturo.Queste cose sono tali che l’uomo non può formarsene un giudizio senza pregiudizi. O amico Orazio, nel mondo ci sono tante cose di questo genere…

            Non ho fatto niente. Orribile.

19 agosto 1915 – l’una del pomeriggio.

            Dulka è partita. A mala pena ho trattenuto le lacrime. Mi ha ringraziato di tutto ed è andata via. Ora potrei piangere senza interruzione. La vita è tremenda. Appena l’uomo sogna qualcosa di bello subito tutto passa come se nulla fosse esistito. So, il tempo cancellerà tutto e forse la dimenticherò del tutto. Ma già al pensare questo inorridisco. Sono in una disposizione come quando Lavrecki lasciò Liza (noi però non siamo innamorati!) ed egli, per eliminare il sentimento di tristezza, si mise a lavorare per il popolo. Io pure mi sforzerò di non pensarci e lavorerò molto e molto per gli altri e per me. Dio l’accompagni.

20 agosto 1915.

            Ora lei (Dulka) è nel teatro a Zagreb. Tutto è passato. Guardo dalla finestra e mi sembra di vederla venire, poi mi ricordo che non c’è più qui.

            Stasera stavo sdraiato al Petričevac in compagnia di O. Ascoltavamo la musica dei grilli e di atri insetti. Le ombre degli alberi erano – come dice O. – “morbide à la Corot”. Egli se ne intende abbastanza della vita della natura, ma in lui non c’è altruismo.

22 agosto 1915.             

            Ora Dulka viaggia per Cracovia. L’ho accompagnata lungo tutto il viaggio. La sua individualità già sta scomparendo dinanzi alla mia anima e appare l’immagine dell’Eterno-femminile. – La madre è terribile. – La Polonia si divide…

25 agosto 1915.

            L’altro ieri ho pregato meravigliosamente la Madre di Dio. Era grande la vicinanza (con Lei); naturalmente in questa vicinanza c’era il desiderio di una ancor più grande unione. E in questa fervida preghiera vi era di nuovo un vuoto e un ardente desiderio di Lei.

            Da quando non c’è qui Dulka (la vita) mi è difficile. Lavoro molto e nemmeno esco da casa a causa della pioggia. Dormo male, molto male, e sono dimagrito molto. I miei pensieri girano sempre intorno a Dulka: su che cosa fa, su che cosa potrei scriverle, dirle ecc. Io non capisco me stesso. L’amore non esiste tra noi. Dulka mi piace come tutte le altre persone di bell’animo. Lei però è donna e ciò è qualche cosa di completamente diverso. Pur avendo pensato di cancellare questa differenza tra uomo e donna, mi rendo conto che ciò non è possibile. Sia il maschio che la femmina sono uomo: ognuno con le proprie caratteristiche e con uno scopo proprio di vita.

            Con Buconjić discutevo delle “idee innate”. Io dico: se non ci fossero, non crederei che Dio esiste. Egli dubita. E’ interessante anche la questione se la monogamia sia un principio etico.

            Da Zagreb e da Vienna ho ricevuto cartoline di Dulka.

30 agosto 1915.

            La vita è senza sentimenti più profondi. Studio il latino, passeggio, gioco a tennis.

            Spesso penso a Dulka…

Banja Luka, domenica, 5 settembre 1915.

            Vengo a confidarmi con il mio migliore amico. Tutto il giorno mi sono trovato in uno stato spirituale terribile. In chiesa non potevo concentrarmi bene, mi assillavano sempre le domande se io mi inganno e illudo, se questo sia soltanto una immaginazione. Inoltre si è aggiunto un tremendo conflitto con la natura. Infatti non vado d’accordo con me stesso. Non c’è differenza tra maschio e femmina, eppure io involontariamente rido sul conto di qualche donna. Grande offesa! In tal modo la umilio riducendola all’animale – anche me stesso – perché dimostro che noi non siamo la stessa cosa. E poi lo stesso matrimonio: non si tratta di uno sciocco pregiudizio? E’ necessario che gli uomini si sposino, che il maschio cerchi la femmina? So che la domanda è anormale, perché la ragione mi parla delle leggi della natura e della metafisica che agiscono anche nel matrimonio. Ma, questa è una ragione stecchita! Il cuore di nuovo non sa di che cosa si tratti, è disperato che il maschio non possa essere solo e cerchi qualche altro. Ciò di nuovo dice che esiste qualche cosa di spirituale, e l’uomo ne ha paura. Ma lo spirituale è una sciocchezza; non esiste niente. La cosa migliore è negare tutto. Aut Caesar, aut nihil – O cattolico o nichilista, lo ripeto ancora una volta. Ma perché questi tremendi dubbi, questa pedanteria nell’esaminare me stesso? Inoltre nell’uomo c’è un egoismo da farmi provare nausea di me stesso.

            A dire il vero ora sono uscito un po’ da questi sentimenti confusi. Ho dinanzi agli occhi l’immagine della Madonna vestita di porpora.

9 settembre 1915.

            Ieri e oggi ho passeggiato con Ljubo. Ieri camminavamo sulla strada Petričevačka (c’era anche Krešo). Abbiamo avuto un piccolo incoveniente. Un soldato bosniaco ci ha chiesto dove si trova “špitalj” (ospedale), ma pensava a qualche cosa d’altro.

            Stasera Ljubo mi ha parlato delle sue intenzioni, del suo studio su Kos e come pensa far rinascere il dramma croato. Ha molte belle idee. Si è parlato molto dell’associazione “Nova et vetera”, del dramma francese religioso. Mi ha raccomandato di leggere l’Imitazione di Cristo.

            Infine abbiamo discusso dell’amore. Egli ritiene che la realizzazione dell’amore è il matrimonio. L’amore senza alcun fondamento materiale non è amore. Anche l’amore nella poesia (Dante) è la tendenza a questa realizzazione… Finora pensavo che il “nostro” amore fosse senza alcuna base materiale, una cosa del tutto spirituale; ora invece vedo che è nel progetto della Volontà della Natura che questo rapporto spirtuale sia legato con l’aspirazione alla bellezza, all’unione delle anime nel bambino. Su ciò bisogna riflettere ancora!

Banja Luka, 13 settembre 1915.

             Nei giorni successivi discutevo dopo cena con Ljubo soprattutto sull’amore. Egli ritiene che esso non si può del tutto separare dalla sensualità (quella fine!). Vogliamo bene a una ragazza per lei stessa, a causa dei suoi occhi, dei suoi capelli. Talvolta viene la voglia di baciarsi. (Ljubo prende le cose umoristicamente!). Tutto ciò è sensualità.

            L’attuale epoca è antierotica (Il matrimonio di Stato(?). I matrimoni sono tragedie!). «L’uomo deve sposarsi – dice – per avere qualcuno a cui confidarsi tutto». Egli ama i bambini, però ciò non lo soddisfa. Sì, è così, ma ciò è troppo convenzionale! Nell’essenza stessa del nostro amore mi sembra che non abbia tentato di penetrare.

Banja Luka, sabato, 18 settembre 1915.

            Oggi ho saputo che sarò chiamato di nuovo alla leva. Ciò non mi rallegra troppo. Di fatto io preferirei la pace e non sono convinto che la guerra viene combattuta per le verità etiche, anche se ha una base etica. L’uomo potrebbe sacrificare il proprio sangue se fosse profondamente convinto dell’idea.

            Quasi ogni giorno mi incontro con Ljubo. Ieri, al chiaro di luna, siamo stati “dall’altra parte” e oggi a Šeher. […]

            Ljuba è di giorno in giorno più fine. Non è perfetto, però è meraviglioso.

            Nell’anima c’è vuoto e superficialità: manca la fede naturale (genuina, semplice?).

21 settembre 1915.

            Sono miserabile. Sogno cose orribili, che di giorno non voglio mai pensare. Nella mia anima c’è una terribile superficialità. Questo eterno studio di latino già mi ha annoiato. Sono già stanco, ho la nostalgia della natura e dell’arte.

            La sera è così cristiana, pronta per ogni pensiero grande; ma quando spunta il giorno, tutto si dilegua, l’uomo fa vedere la proria debolezza e non riesce a comprendere tutto ciò di cui aveva riflettuto la sera precedente.

            Ormai sento il desiderio della Comunione. Veramente devo riconoscere di aver trascurato molto la vita religiosa. Volentieri studierei la vita di Cristo, leggerei i pensieri dei grandi uomini su di Lui e sarei ebbro di entusiasmo studiando Lui.

24 settembre 1915.

            Tengo la matita in mano. La lascio. Essa cade in terra. Premo l’interrutore e si accende la luce elettrica. Ha senso chiedersi se esiste la matita, se esiste la forza di gravità, se esiste la corrente che genera la luce? Non ha senso. Dobbiamo soltanto cogliere la loro essenza e cercare il senso.

            Che senso ha chiedersi se esiste l’amore, se mi rendo conto che c’è. Non devo essere un tale egoista da negarlo per paura di dover riconoscermi un semplice uomo che si sottomette alla Volontà del Mondo. (…)

            C’è una luna meravigliosa. In silenzio passeggio con Ljubo e con M. La natura è pervasa dalla musica. Ancor più bello è il Creatore di questo.

Venerdì, 1 ottobre 1915.

            Questa vita è un lavoro difficile e faticoso. Mi sono abbastanza familiarizzato con lo spirito di Roma e della sua letteratura. Già conosco abbastanza la letteratura, però non ho ancora letto tutte le opere prescritte. Forse avrei già terminato se non avessi mal di occhi.

            Fuori è buio; ci sono nuvole nere e dense. Mi vengono in mente strani pensieri ed io stesso non so come mai mi ricordo di Dulka. Tutto è un sogno. Ho conosciuta Dulka ed anche questo è passato. Passeranno anche i genitori e tutto sembrerà un sogno. Fino a tanto che anch’io imboccherò una strada oscura, terribile. No, non è né oscura né terribile, ma luminosa, piena di uno splendore soprannaturale: lì si festeggia la Risurrezione.

Giovedì, 7 ottobre 1915.

            Soffro di mal di denti ed ho una fistola sopra i denti. Ho lavorato abbastanza. Leggo soprattutto Tacito.

            Ho passeggiato con Ljuba. Abbiamo parlato della fondazione di qualche congregazio­ne qui. E’ difficile. Abbiamo parlato anche del suo diario. Proprio oggi ha terminato tante cose che aveva tralasciato. Ho chiesto a Ljubo se ha l’intenzione di pubblicare tale diario. Dice di no, ma se qualcuno lo troverà dopo la sua morte, lo pubblicherà così com’è. Egli non scrive per questo motivo, bensì proprio per quell’interiore bisogno di autoanalizzarsi e di esprimere i propri pensieri.

            Dicono che la Bulgaria si è fatta coinvolgere in questa guerra.

Sabato, 16 ottobre 1915.

            Su per giù ho terminato tutto ciò che mi serve per l’esame di latino. Ho lavorato molto e ho imparato molto. Penso di essermi familiarizzato abbastanza con la letteratura romana. Ho letto abbastanza Orazio e lo comprendo bene. In genere mi sono accorto che non solo la letteratura francese ha un carattere pedagogico – come dice Ljuba -, ma tutte le letterature romanze. Orazio vuol migliorare i costumi e si presenta come predicatore al popolo. Virgilio mette sotto gli occhi degli uomini i grandi modelli. Ovidio è il più grande artista tra di loro, ha però molti elementi pedagogici… Non parlo della storiografia, perché è moralizzante di per sé. Inoltre la più grande opera neolatina, la Divina Commedia, ha il più profondo carattere pedagogico direttamente voluto. Noi viviamo tutte quelle pene, per migliorare. Non so come stanno le cose presso gli Spagnoli, suppongo nello stesso modo, a giudicare da Don Quichote e Calderón. La letteratura francese del secolo XVIII è tutta caratterizzata dalla tendenza moralizzante ed anche quella romantica (novelle) non ha potuto sfuggirla… Anzi i naturalisti, come lo stesso Balzac – ha bene osservato Ljuba -, spesso nelle loro digressioni percuotono le corde moralizzanti.

            E presso i Tedeschi? E’ del tutto diverso. Faust come l’opera più caratteristica fa vedere chiaramente la differenza tra i Neolatini e Germanici. Vi si vede già quel nobile egoismo, quella immersione in se stesso e il vivere (sperimentare) tutto. Non c’è lì nemmeno un briciolo di moralizzazione. E’ pura arte. Faust non potrebbe mai guidare una rivoluzio­ne…

            Sì, lo scrittore romano è sociale e perciò pedagogo e artista, mentre il germanico è filosofo. E che cosa è lo Slavo? Lascio al futuro questa questione.

            Ieri mi sono di nuovo ricordato di Greta. Mi pareva di star seduto sulla sua tomba e di leggere il suo nome: Greta Teschner. Strano, un’iscrizione sepolcrale! E in quella tomba sta lei che aveva suonato il pianoforte, mentre io le stavo accanto; lei che amavo senza saperlo. E mi sono reso conto che questo era l’amore. Mi sembra ridicolo, perché io stesso non so che cosa sia l’amore e sono troppo egoista per sottomettermi a questo sentimento senza un motivo filosofico – (eppure era) un vero, ardente primo amore. Mi sembra che questo sopravvivrà a tutto. Si, se lei fosse viva, le darei tutto me stesso, tutto l’amore latente fluirebbe ad essa, come mille suoni di un organo. Basta però, lei non c’è più e lasciamo i morti in pace. I morti? Che cosa significa questa parola? La ragazza giace stesa sul divano, i suoi capelli sono dorati; è quella stessa che parlava così bene, e non si muove. Le si avvicina sua madre, le muove la testa, la chiama. Niente, non si muove. Questo corpo viene portato via e seppellito. Ecco, questo vuol dire essere morto. Una cerimonia inconcepibile. E noi pensiamo a lei, essa vive nei nostri cuori e quel qualcosa che era in lei, esiste ancora, ovunque, sopra, sotto, intorno a noi e in noi, e questo è eterno. Qui ci fermeremo. Impreparati, non vogliamo pensare all’eternità.

Sarajevo, lunedì, 25 ottobre 1915.

            Ho superato l’esame di latino. […] Ero alloggiato nel collegio dei gesuiti.12 Già alle 5 del mattino suonano le campane, suona l’organo e si cantano i canti ecclesiastici. C’è moltra poesia in questo. Adesso penso di studiare il francese e approfondire l’arte.

            Sono meravigliosi alcuni passi del Vangelo di Giovanni sulla Comunione. Ho riflettuto molto su di essi nell’ultima messa e mi sono così immedesimato da sperimentare misticamen­te la transustanziazione e la presenza di Cristo che dobbiamo adorare…

(Banja Luka?), Giovedì, 28 ottobre 1915.

            Quando l’uomo non lavora, una strana insoddisfazione gli penetra nell’anima. Durante quest’anno sono in qualche modo uscito da quell’entusiasmo letterario, artistico. E’ vero, mi piace ancora leggere e guardare, però non riesco a cogliere il senso più profondo di tutto ciò.      Ho passato quest’ultimo tempo con K. Oggi è partito. Era simpatico, sapeva divertire le signorine, s’interessava dei problemi più profondi, ma nella sua visione inconsapevolmente si è abbastanza allontanato dai nostri principi fondamentali. Nega quasi le idee innate, dicendo che l’uomo per natura possiede soltanto la capacità di ricevere ciò che il mondo esterno gli ficca in testa. Secondo lui l’idea di giustizia e di verità non sono idee innate bensì acquisite. Rigetta il romanticismo e la letteratura.

            Mi sono ricordato di Roman Tieck. Peccato per lui. E’ il primo poeta croato nello spirito di Faust. Egli penetra nei problemi più profondi della vita, cerca la consolazione nella propria insoddisfazione. Lo studierò ancora.

            Con Ljuba mi incontro ogni giorno. Guardo i suoi quadri: ne ha tanti. Ieri ho guardato Spitzweg e mi rendo conto che presso i Tedeschi l’unica grande arte è il romanticismo, che esprime la loro indole ed occupa un posto dignitoso nell’arte mondiale. […]

            Ora parto per Vienna, per iscrivermi (all’università). Ne ho nostalgia. Fra poco ritorno alla leva.

            (Comincia il V quaderno del diario, intitolato “Književnost”- ŠLetteratura)

Vienna, 12 novembre 1915.

            (Presentazione e analisi di Immagine di Dorian Grey di Oscar Wilde.)

Vienna, 13 novembre 1915.

            (Presentazione e analisi di Lohengrin di R. Wagner).

Vienna, lunedì, 15 novembre 1915.

            (Presentazione e analisi di Edipo re di Sofocle).

Vienna, 18 novembre 1915.

            Quando l’altro giorno ho visto al teatro Braut von Messina, ero tutto estasiato.Se in quel momento avessi scritto qualche cosa su quest’opera, avrei sicuramente detto che è un qualcosa di eccezionale. Ora penso diversamente, perché mi sono alquanto familiarizzato con il modo di presentare di Schiller ed ho concluso che Schiller non può essere nemmeno lontanamente paragonato a Goethe.

            (Segue la presentazione e analisi di Braut von Messina di Schiller).

Vienna, 22 novembre 1915.

            Nel Volkstheater ho visto Ifigenia, opera straordinariamente bella, però, come gli altri drammi di Goethe, poco drammatica. Del resto Goethe non è uno scrittore drammatico. Nella sua idea più profonda Ifigenia è, come Faust, Parsifal ed altri, un Erlösungswerk (Chamberlein!). Si tratta della salvezza dell’umanità pura.

            (Segue la presentazione e analisi dell’opera).

Vienna, 23 novembre 1915.

            L’uomo impazzirebbe guardando le opere meravigliose di Tiziano. Una certa tristezza penetra nel cuore quando si guardano questi corpi umani nudi, così meravigliosi e belli, strettamente uniti alla natura e che sono il più bel fiore ed ornamento della natura. Se a qualcuno venisse un pensiero cattivo, bisognerebbe dire che egli è corrotto, e non la pittura. No, Dio, il corpo umano è un’immagine esterna dell’anima… «E Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza».

            (Seguono le impressioni riportate dalla visita al museo d’arte).

Vienna, mercoledì, 24 novembre 1915.

            Ora sono molto più contento che alcuni giorni fa. Ho trovato almeno un certo divertimento: leggo, anche se non ho a portata di mano le opere di cui avrei bisogno. Non intendo comprarle, perché nell’ultimo tempo ho speso troppo denaro per i libri, le cartoline artistiche, per i caffé, i dolci, le trattorie ed altre sciocchezze. Vorrei studiare sistematica­mente Goethe, la lirica francese, l’epica, le lingue, la storia, l’arte, tutto, ma non ho le opere a portata di mano. Così devo accontentarmi dei miei miseri libriccini. Per me è una gran pena. Se studiassi filosofia, saprei che cosa iniziare. Sono interessanti anche la storia delle lingue, poi anche i particolari della letteratura.

            Sono giurista (studente di diritto), e ancora non ho preso parte alle lezioni di diritto; frequento alcune lezioni di filosofia, imparo molto ascoltando, però questo non è quello giusto. Vorrei approfondire e studiare tutto esattamente. Quando penso alla mia futura professione – essere impiegato statale – provo orrore di dover lavorare nel settore in cui non trovo soddisfazione. Vorrei essere professore in Bosnia, chiarire i concetti ai ragazzi, mostrare loro il legame più profondo delle cose, entusiasmarli per la fede e l’arte ed io stesso forse lavorerei nel campo letterario, forse anche scriverei. Questo non è egoismo, nell’uomo è molto forte l’elemento altruista ed egli non è contento soltanto di accumulare i beni, bensì vuole aiutare spiritualmente gli altri, donare a loro il proprio sangue e il proprio sudore.

            Ultimamente ho cercato di coltivare un po’ più intensamente la mia anima. Sto leggendo e meditanto De imitatione Christi. E’ un gran libro, pieno di mistica, di cui ho proprio bisogno. In ogni momento l’uomo si accorge di essere piccolo, e quanto sia grande Colui che è morto per noi e (ci dona) il Pane – o Dio, Se stesso, tutta quella grandezza, quell’amore: Non si può esprimere ciò che si sente quando Egli si unisce a noi, (quel) desiderio di avere sempre più, il Cristo intero, la Luce eterna, Dio Creatore, al quale il cuore vuoto ardentemente tende. Anche se in ogni momento l’uomo cede ad un pensiero, ad uno sguardo, ad un nulla, dovunque e di nuovo anela e osa cercare ciò che presente di trovare nell’anima come dietro ad una tenda e che talvolta manda un suo raggio e illumina con luce soprannatu­rale qualche lato dell’interiorità. L’uomo vorrebbe questo in tutta la grandezza, vorrebbe essere non-corpo ed essere unito a questo splendore.

            Sto leggendo Contempletions sur la grandeur et la décadence des Romains di Montesquie. […]

            Ho finito di leggere la novella campestre di Björnson Synnöve Solbakken. E’ una cosa simpatica, un inno all’amore campestre. […] L’uomo si chiederebbe di nuovo che cosa è l’amore. E’ un assioma che muove la vita, la natura e noi uomini, e forse la cosa migliore sarebbe non perdersi nelle speculazioni. La Provvidenza ha disposto così e noi dobbiamo sottometter­ci, non dobbiamo – alla Bazarov – negare in noi il desiderio per la donna. Veramente, quando vado in una sala da ballo, guardo come vi si trovano uomini e donne e nessuno probabilmen­te vorrà riconoscere di esservi stato attratto dall’altro sesso, bensì dirà che è venuto là per distrarsi. (Questi uomini) ballano, scherzano con parole: un vero gioco amoroso dei passeri e degli usignoli. Osservando questo mi domando con meraviglia che cosa è l’amore, donde proviene, devo forse anch’io sottomettermi a questo, ma poi dico no e osservo dall’esterno questo gioco d’amore. Intanto, però, c’è anche in me il desiderio d’amore, non soltanto trascendentale ma  quello comune umano, il desiderio di comprensio­ne, di sentimenti caldi. Molte volte mi ricordo di Dulka (Dio mio, Greta sembra già dimenticata!) e devo riconoscere che potrei innamorarmi di lei. E’ vero, ella sta lontano e della sua anima si è cristalizzato nel mio ricordo ciò che è eterno-femminile, e questo sarà certamente il motivo per cui penso tanto a lei.

Banja Luka, giovedì, 2 dicembre 1915.

            Mi hanno accettato nell’esercito, perché alla leva ho completamente dimenticato di dire che ho la vista debole.

            Ho parlato con Ljubo sul futuro dramma. Egli pensa ad una pentalogia: «Sant’Anasta­sio,13 Tomislav, Zvonimir, Svačić14 e ancora qualche cosa». Un’idea meravigliosa, specialmen­te del primo dramma nel quale sarebbe inclusa la profezia circa il futuro popolo cristano dei Croati. Sarebbe conservata l’unità del luogo (Salona-Solin?); sarebbe una specie di dramma analitico: Il Regno Croato […]

            Ho letto nella traduzione tedesca il romanzo di Balzac La famme de trente ans. A dire il vero, non ho capito bene l’idea. Forse è concentrata nelle parole di Helène che sta sul punto di morire: non c’è vera felicità fuori della legge… Probabilmente dovrò leggere quest’opera.

            La mia anima ha perso abbastanza il legame con la Divinità. Cercherò di nuovo di immedesi­marmi in Essa e di essere felice.

Banja Luka, giovedì, 9 dicembre 1915.

            Oggi ho fatto la Comunione, applicandola per il defunto Ante… Ho passeggiato soprattutto con i Grünwald. O. è ancora sentimentale, ma pare che il suo gusto si sia raffinato. Scorge subito la finezza o il difetto di un quadro e di altri oggetti del genere.

            A proposito del dramma croato, ho letto Pavlimir (di Palmotić),15 soprattutto a causa del “metro”. Come dramma non ha gran valore. Pavlimir è una figura epica, il santo, che non promuove alcuna azione… Non è nemmeno un dramma analitico, bensì in un dialogo è rappresentata la fondazione di Dubrovnik… Il fascino dell’opera è dovuto alla pastorale. Ricorda molto i drammi pastorali italiani. […]

            (L’annotazione del 9 dicembre 1915 continua nel VI quaderno del diario).

Banja Luka, sabato, 11 dicembre 1915.

            Sono abbastanza triste. Dopo tanto tempo mi sono di nuovo raccolto nella natura.

            Dopo aver descritto le impressioni avute guardando il cielo stellato, conclude:                  Qualcuno dirige tutto questo. Osanna a Lui che a tutto ciò dà vita, velocità e senso.

            E noi uomini così piccoli, in questa terra oscura, anche noi ci sottomettiamo a quest’ordine grandioso, anche noi siamo parte di questo grande senso… In questo momento sono passati due innamorati.

            Meditando così nella natura, l’uomo si meraviglia e ammira questa bellezza; vengono pensieri panteistici. Bisogna però attendere che cali un certo velo ed ogni uomo percepirà il senso di una Divinità.

            Mi piace in modo particolaree Corot. E’ un grande pittore, un grande paesaggista, forse uno dei più grandi lirici del mondo. Bisogna osservare a lungo i suoi quadri e solo allora si sentirà in essi quel grande, eterno senso.  Il biografo di Corot ha detto giustamente che i suoi quadri sono la verità più alta, ma senza alcuna realtà. (Die Bilder haben die höchste Warheit, aber keine Spur der Wircklichkeit). Schiller dice che il poeta non deve dare l’immagine della natura (esterna), bensì deve penetrare nelle sue profondità per conoscere le sue leggi invisibili e con l’aiuto di queste creare una natura che sarà opera d’arte. […]

Banja Luka, domenica, 12 dicembre 1915.

            Guardando i suoi (di Corot) quadri, si potrebbe scrivere molto di lui. E’ vero, quando si parla di Corot, pensiamo sempre ai suoi paesaggi, egli però è grande anche nei ritratti ed in altre varie composizioni… Ha anche delle pitture religiose, ma io non le conosco. […]

            E’ un giorno proprio strano. Stanotte ho fatto un sogno triste di Ante e adesso ho visto di nuovo la fotografia di Greta, forse la seconda volta dopo la sua morte. Dio, Dio mio, orribile, Greta, dolce, cara Greta. Quando ho visto quegli occhi dolci e miti, quel capo chino, i capelli, ah, che tante volte ho accarrezzato, ricordo che dovrei rimanerle sempre fedele: che ella dovrebbe essere, per tutta la vita, il mio idolo che io canterei. Ed ogni uomo deve trovarsi un tale idolo. Sembra che questo sia per me una scoperta. Mi sono riconciliato con la natura, forse per sempre; l’elemento femminile ha finito di giocare nella mia vita il ruolo che gli spetta. Qui non ho più a che fare con le donne. Non voglio innamorarmi; potrebbe degenerare nella sensualità. Le altre donne giochino nella mia vita il ruolo di uomo, specialmente un fine amico maschio. Però soffro terribilmente al pensiero che dovrò sempre muovermi in una società piena di sensualità. L’altro giorno ho fatto il voto di castità alla Beata Vergine fino al matrimonio; forse questo durerà fino alla morte. Buona notte, piccola Greta, non ti scordare di me. […]

Banja Luka, martedì, 14 dicembre 1915.

            Il mio lavoro consiste nel leggere Verlaine. Ora soprattutto imparo le parole, successivamente cercherò di familiarizzarmi con la sua poesia.

            Ho letto uno studio su Troyon. Non mi è nemmeno lontanamente simpatico come Corot. Disegna bene gli animali, li ama. Sono belli i contrasti di luce e di ombre (forte influsso di Rembrandt); la natura e tutto il resto dimostrano un grande artista, però nei suoi quadri non c’è quella poesia di Corot, quella lirica del sole al tramonto, la danza delle ninfe ecc. Era parigino come Corot. E’ abbastanza realista, il più grande pittore degli animali nel XIX secolo.

            Ho sfogliato un antico “Savremenik” e vi ho trovato una bella poesia di Domjanić,16 è piena di leggerezza (come le poesie) di Verlaine, piena di belle immagini. La trascriverò…

Banja Luka, 15 dicembre 1915.

            Il mio lavoro consiste nel suonare il pianoforte e nello studio della lingua francese. Una delle poesie più belle di Verlaine e che mi è consona è “Street” (Aquarelles).

Banja Luka, 18 dicembre 1915.

            Come l’uomo cambia! Ho letto alcune pagine del diario dell’anno scorso e posso valutare bene il progresso spirituale in alcuni settori. In alcuni sono rimasto indietro. Quando leggo quei pensieri sulla letteratura, sul realismo, mi meraviglio di aver fatto delle riflessioni di quel genere. Ho dimenticato molte cose e sento che allora la letteratura per me era tutto, ora invece sono soltanto un dilettante… 

            Oggi Greta avrebbe 19 anni. Una giovane…

Banja Luka, lunedì, 27 dicembre 1915.

            Ho trascorso il tempo con un certo disordine. Non sono proprio capace di lavorare sistematicamente, più profondamente. Cercherò di fare qualche cosa prima di partire come militare. Ho trascorso le vacanze natalizie per lo più con Bilogrivić. Parliamo molto delle cose teologiche. E’ particolarmente interessante il satanismo. Egli mi ha riferito ciò che un missionario raccontava. Questi predicava in una chiesa francese, quando dalla chiesa uscirono due signori ben vestiti e cominciarono a parlare che il missionario stava accecando il popolo. Lo invitarono alla discussione in una casa. Egli ci andò, portando il suo crocifisso di missionario. Vi erano radunati molti signori eleganti. Nella sala predominava il colore nero. C’era anche un trono ricoperto di un panno nero. Dalla parte destra del trono uscivano uomini con semimaschere nere. Ad un tratto entrò un uomo dalle spalle larghe, avvolto in una maschera nera. L’atmosfera era terribilmente tesa. Il missionario tirò fuori il crocifisso e con la mano destra lo porge a quell’uomo: “Nel nome del Dio vivo, fuori!” Quel personaggio nero, con grandi grida scappò fuori. Era il diavolo in persona.

            Non mi intendo di queste cose, può darsi che si tratti di superstizione, ma per ora credo fermamente questo (fatto). Come Dio si manifesta in tanti modi, così pure il diavolo ha un gran potere nel mondo, anzi preferisce soprattutto che gli uomini lo adorino. Quelli lo facevano davvero. Quegli uomini sanno chi è Dio, ma lo odiano. E’ inconcepibile, e molto misteriosa, la grandezza della catastrofe che ha causato in tutta l’umanità un così piccolo peccato originale…

            Se incontrassi un ateo, non saprei dirgli che cosa sia l’Eucaristia, non saprei dimostragli che cosa sento. Anzi, quando talvolta mi trovo in mezzo alla natura serena, piena di sole, e penso ai miei sentimenti al momento della Comunione provo un senso strano come se quello fosse stato un sogno, misterioso, strano ma bello, un certo sentimento, un’atmosfera che ora non c’è, mentre quando sperimento quel sentimento, dimentico tutto e qualcosa mi attira irresistibil­mente, una preghiera tira l’altra, il desiderio, l’anelito incessante, così che devo fare uno sforzo per interrompere questo sentimento, per non tendere là. Tutta la vita è un mistero grande e bello.

            Ho finito di leggere il primo libro di Gösta Berling di (Selma) Lagerlöf. La Lagerlöf non è un genio. Donna di caldi sentimenti, una donna fine e nobile, reale e ideale. Leggeranno questo libro soprattutto quelli che cercano calore e sentimenti. Chi cerca un romanzo nel senso di Brunetière, prenda Balzac. […]

Banja Luka, alle 3 di notte, 31 dicembre 1915 – 1 gennaio 1916.

            […] La mia vita è strana. Lavoro e non lavoro, dipende da come si prende. Mi ero proposto di fare più cose e mom l’ho fatto. Con tutta la buona volontà non potrei farlo; ora corri qua, ora là, interessati di questo o di quello. Siamo uomini e siamo troppo legati all’ambiente circostante.

            Ho trascorso la serata con Ljuba… Nel caffé Ljuba mi ha letto il suo “romanzo”. Alcune cose mi son piaciute abbastanza, però di questo parlerò più tardi quando lo avrò tra le mani. Ha aggiunto anche la storia del suo amore. Un vero amore romantico, un soggetto per una novella piena di vera poesia. Solo un uomo religioso poteva sperimentare una cosa di questo generae. […]

Banja Luka, lunedì, 3 gennaio 1916.

            (Presentazione e analisi di Gösta Berling di Lagerlöf e di Kraljević Marko di A. Benešić).

            Oggi con Gustik sono stato nell’atelier di Bocarić. Egli ha una tecnica particolare; come se ci fossero solo dei fili. Alla mia domanda quale grande pittore ha una tecnica simile, ha risposto: Segantini. E’ vero, ma Segantini non ha tante tonalità. Certamente fatica molto. […]

Banja Luka, 4 gennaio 1916.

            (Continua l’analisi di Gösta Berling).

            Stelline, care stelline, che così meravigliosamente costellate il cielo, quasi ho dimenticato che esistete: voi mondi sconfinati, infiniti. Come l’uomo dimentica presto l’eternità. La notte è il vero giorno: solo allora può veramente cercare Lui.

Banja Luka, giovedì, 6 gennaio 1916.

            Sono tornato da una recita delle Suore bianche di Carità. La Oberdorfer ha nel volto qualche cosa di Monna Lisa.

Banja Luka, 7 gennaio 1916.

            So bene che l’amore è una legge naturale, molto legata con una fine sensualità, eppure cerco la compagnia femminile: sto facendo discorsi delicati con la Vl. (Vlašić Viktorija) (ricordo il ballo di ieri, le dico di sposarsi e le passerà il battito cardiaco, ed altro); guardo e direi quasi che sto civettando con la Oberdorfer. (Mi fa soffrire questa parola, perché in qualche modo significa che io la considero diversa da me, quasi un animale, perché qui non c’è nulla di spirituale, mentre il rapporto tra uomo e donna dovrebbe essere spirituale!). Infelice natura! Prendo in giro me stesso se penso che potrei innamorarmi, del resto è una debolezza cercare la compagnia della donna. Ma allora che cosa è la natura? … Dovunque nella natura regna un Grande Senso, questo dunque dev’essere un bene. Ah, chi sa che cosa è bene? Qui c’è il timore che l’uomo scivoli nella superficialità spirituale, nella sensualità, e allora è una debolezza cercare la donna. Perché essa non cerca me? Forse davvero lo fa, ma di nascosto! E’ così. Comunque, cercherò per quanto possibile – so che non ci riuscirò – di resistere a questo istinto d’amore. Sono diventato infedele a me stesso. Ritenevo che la donna avesse finito di giocare il suo ruolo nella mia vita e pensavo che quell'”Eterno” si sarebbe cristalizzato in me, invece io cerco un nuovo e vivo ideale femminile. Ho sempre dinanzi il quadro della Sistina.

Banja Luka, domenica, 9 gennaio 1916.

            Ho guardato di nuovo la fotografia di Greta. Soffro terribilmente. Mi sembra che sia viva, per lei lascerei tutto il mondo. E’ una cosa strana la vita. Qui in qualche modo tendo all’amore, d’altra parte so che più di tutte amo lei e che non potrò mai più amare così sinceramente, da bambino. Sono sconvolto dalle idee dei secoli che criticano ogni atto e ogni mossa. Ovunque c’è quel grande timore che potrei diventare sensuale. Involontariamente l’uomo sente sempre la propria debolezza: se parla con una ragazza di qualsiasi argomento sublime, senza che ci pensi, si desta la sensualità. E’ una cosa terribile. Non dovrei nemmeno uscire davanti ad una ragazza, per timore che si faccia sentire involontariamente un po’ di questa sensualità. Ciò significa umiliare lei ed anche me stesso. Quando l’uomo sarà così forte da essere ingenuo e sincero come un bambino? […]

Banja Luka, 12 gennaio 1916.

            Madame Bovary di Flaubert.

            Ho letto la traduzione croata. Quando ho iniziato a leggere, mi si poneva l’interrogati­vo se tutto ciò poteva essere rappresentato. Ho letto, quindi, con riserva. Ma quando mi sono reso conto che Flaubert è oggettivo come uno storico, anzi più oggettivo di Balzac, ho capito che egli doveva presentare tutto quello. Proprio doveva farlo se voleva presentare l’anima di un tipo di donna quale era Madame Bovary. (Continua l’analisi dell’opera).

Banja Luka, 14 gennaio 1916.

            Ho letto un articolo su Strindberg in “Westermanns Monatshefte”. […]

            A casa sto bene. Voglio esprimermi meglio: Quasi mai prima c’è stata tanta contentezza, tanta armonia e allegria. La mamma ride sempre e mi accarezza. Il papà legge seriamente, ma …dice anche qualche cosa di bello. Dal punto di vista materiale le cose vanno benissimo. Posso dire che qui c’è un’immagine ideale della vita familiare. Ho paura che non durerà a lungo. Ad un tratto succede qualche cosa e tutto passa, ognuno va per i fatti suoi. Viene la morte o qualcosa altro.

            Per la verità, già mi annoio qui. Non sono mica una macchina. Suono e leggo, ma non ho alcuno scopo davanti a me. Non c’è giorno, posso dire non c’è ora in cui non mi assalgano gli interrogativi sull’essenza della vita e del mondo e cose simili. Di fatto io credo fermamente, almeno sul piano teorico, o meglio egoisticamente credo, eppure mi meraviglio di tutto. Fuori c’è il viale illuminato dal sole, c’è poi l’universo, vivo io e poi un altro e ancora un altro. Questo è un fatto. La terra gira, c’è la guerra, la storia, e questo non è prodotto della fantasia, bensì la realtà. Mi chiedo sempre che cosa è il reale. La ragione lo sa, ma il cuore si sorprende sempre. Poi il cuore prende la rincorsa nelle regioni mistiche, sente una sete magica che diventa tanto più grande quanto più si avvicina alla Sorgente, o meglio al presagio della Sorgente. Quando l’uomo passeggia, si meraviglia di tutto ciò. La vita è un mistero.

            Inoltre c’è quella superbia, quella boria diabolica nella natura dell’uomo. Riconoscerei a me stesso i miei peccati, ma se un altro me li ricorda, mi inquieto invece di essergli grato.  Poi quel desiderio della riforma religiosa del mondo è in me piuttosto una certa tendenza alla superbia. L’uomo può essere orgoglioso perché sa che cosa è la verità; però in questo caso si pensa sempre al trionfo e come alla fine io avrò ragione. Dovrei invece umiliarmi e riconoscere che non è merito mio, ma che mi sottometto alla Verità che ha vinto. Occorre umiliarsi spesso, e solo allora l’uomo sarà al proprio posto. In questi casi bisogna disprezzare le opinioni degli uomini. […]

Banja Luka, 15 gennaio 1916.

            Presentazione e analisi di La courtisane di Goncourt.

Banja Luka, 17 gennaio 1916.

            Presentazione di Maman Simone di Valréas.

Banja Luka, 18 gennaio 1916.

            Presentazione di Mademoiselle de Camargo di Théodore de Banville.

Banja Luka, 19 gennaio 1916.

            Presentazione del racconto La vie et la mort d’une danseuse di Catulle Mendès.[…]

            Ho passeggiato con Vikta. Abbiamo fatto discorsi strani, come se fossimo sulla via dell’innamoramento. Non avevo voglia di lavorare e sono andato – senza riconoscerlo a me stesso – a cercarla. Questo mi fa pena e mi sembra un po’ sciocco fare simili discorsi senza senso. Si potrebbe penetrare nell’anima  e studiare la strana psiche della donna. Ma come incominciare? Quando sta accanto a lei, l’uomo sembra ossessionato, suggestionato, e parla nello stesso tono, e per quanto si sforzi di cominciare un discorso più serio, non gli viene nulla in mente. C’è poi quel diabolico desiderio di baci… Io questo non capisco affatto; questo è sensualità. Bene, supponiamo che io l’ami spiritualmente, ma questo elemento spirituale io in lei non lo vedo affatto. E’ onesta, ma questo è frutto dell’educazione piuttosto che di una convinzione filosofica. E altrimenti è brava. Ma anche le altre sono così. Forse penso proprio a lei, perché non si è trovata un’altra, verso cui avrei gli stessi sentimenti. Il primo sentimento per Greta dev’essere stato dello stesso genere, solo che allora ero intatto dalla cultura e semplicemente tiravo le conseguenze di quell’amore. Qui non posso. Mi è cara, ma chi sa se non si tratta di un sentimento fondato su una mascherata base sensuale. Se si fosse trovata un’altra verso cui potessi essere altrettanto libero, forse avrei provato lo stesso sentimento. E poi, sono già molto lontano dai baci, e in genere non riconoscerei mai a me stesso di amare. Questo non maturerà mai fino all’amore, perché sottilizzo troppo e perché rifuggo dal corporeo; ergo l’amore deve morire.

Banja Luka, giovedì, 20 gennaio 1916.

            (Riflessioni sul romanzo moderno e quello antico).

Banja Luka, domenica, 23 gennaio 1916.

            Vorrei essere umile! Molto umile! Distruggere tutta questa superbia innata e umilmente aspirare alla verità: per la verità stessa, senza pensare agli uomini, a quello che hanno fatto, a quello che hanno letto, ed essere perfetto sotto questo aspetto. Vado in cerca di una cultura profonda e radicale, e non della molteplicità di libri letti. Eppure sono molto insoddisfatto e triste. So che così non dovrebbe essere. Anzi oggi ho fatto la Comunione: in quei pochi minuti in chiesa ero tutto felice, e ancor più quando ho potuto immergermi alquanto in questo mistero. Ma poi ben presto è sorto un sentimento di insoddisfazione; forse perché sto sperimentando una strana lotta, di cui io stesso non sono ancora consapevo­le. Mi sto lentamente allontanando da quell’entusiasmo e da quella consapevolezza che avevo in me e mi avvicino con grande sforzo alla concezione cristiana, rendendomi conto che in molte cose ho torto; anzi, che non ho ancora i principi fondamentali filosofici (etici).

            Bilogrivić mi ha messo sull’avviso in molte cose e quando litigo con lui, in anticipo mi rendo conto che ha ragione, non perché egli come individuo sia più dotato, ma perché pensa con le conclusioni che i secoli hanno ponderato. Mi rendo conto che in molte cose ho torto, se uno vuole inserire tutto nel magnifico sistema logico cattolico, però tutto potrebbe essere compreso anche diversamente da come dicono i santi Padri (penso alla spiegazione comune e alla mia del Cantico dei Cantici). La Chiesa è assoluta in questo e impedisce ogni individualità. A dire il vero, ha ragione, perché le cellule devono sottomettersi all’unità superiore. Queste varie interpretazioni non sono così chiare al mio cuore (alla ragione lo sono) da non far apparire le deduzioni alquanto sofisticate. Penso però di poter successiva­mente penetrare più profondamente nella questione.

            Quando penso a me stesso, come parlo, mi pare di essere stranamente e terribilmente infantile. Se un altro parlasse come me, lo considerei un bambino ingenuo. Devo parlare, ma se dovessi dire una mia convinzione più profonda, starei zitto. Tutta la vita è un enigma, la più grande sfinge, così che non posso con la più profonda convinzione affermare nemmeno il più semplice assioma della vita (ciò dal punto di vista teorico – in partica sono cattolico anima e corpo). Forse le cose  stanno diversamente (lo dice il cuore, non la ragione), forse tutto il resto secondo cui gli uomini pensano e giudicano è un pregiudizio. Infatti gli uomini hanno espresso tanti e i più disparati pensieri – da Cristo a Nietzsche… – e nella sostanza così opposti da far venire il dubbio involontariamente, sebbene io sappia che Cristo è la Verità. A mo’ di Kranjčević sento come se tutta l’umanità fosse venuta a ritrovo nel cervelletto. Ammiro gli uomini che sono convinti dei propri principi, anche se sono sbagliati. Eppure mi sembra di essere infantile se anch’io nella conversazione appaio irremovibile, come se non avessi alcun dubbio, come se fossi un semidio convinto di ciò che dico e come se potessi con una parola demolire e distruggere tutto il resto.

            La cosa migliore è tacere, perché potrei scandalizzare le anime che credono fermamente. Dio sia con loro.

            Ancora non conosco me stesso. Sono consapevole che con certe speculazioni filosofiche potrei alla fine giungere nella vita a delle conclusioni e teorie immorali, però non sarei mai immorale, anzi disprezzerei gli uomini immorali ed essi mi farebbero schifo.

Banja Luka, martedì, 25 gennaio 1916.

            Le lotte spirituali non sono ancora terminate. Gli estremi entro cui si muove la mia vita sono caratterizzati dalle mie letture: Epistola beati Pauli apostoli ad Thessalonicenses (I) e Une vie di Maupassant.

            Quest’ultima opera è molto caratteristica per il naturalismo, però non posso ancora prendere una posizione oggettiva in merito all’opera. Se lo potessi fare, avrei risolto il problema dell’amore, della sensualità, degli atti e cose simili. Ho avvertito l’influsso negativo di questo romanzo su noi uomini comuni, deboli, soprattutto sui giovani… Mi chiedo nuovamente se appartiene all’arte la descrizione della vita. Quanto a me, io farei astrazione di questa e la inserirei nella letteratura scientifica. Lì inserirei anche Zola e molti altri (Dostojevskij ecc.). Non intendo tirare tutte le conclusioni prima di finire la lettura dell’opera…

            Con Vikta sono intimo: possiamo discutere delle questioni varie e discrete. Non ho ancora finito di parlare con lei. Si tratta soprattutto dell’amore, dell’ideale della donna, del desiderio dei baci, dell’amore che per vari motivi deve risvegliarsi o morire.

Banja Luka, venerdì, 28 gennaio 1916.

            Sono alquanto tranquillo nell’animo, tuttavia mi rendo conto di essere molto lontano dalla perfezione. (Penso alla perfezione relativa, cioè essere migliore dell’ambien­te circostante). Questo mi fa soffrire molto. Mi immagino di dare buon esempio, e vedo che sono cristiano solo a parole, ma non nei fatti. Il cristianesimo non mi è ancora entrato nel sangue. Non c’è cosa più difficile che essere un buon cristiano (era facile agli Stoici e agli altri). Qui Gusti mi rimprovera, giustamente, una certa mancanza di riguardo, una rozzezza. In realtà sono così e cercherò di diventare più delicato, più umile nell’anima. O Dio, solo io stesso non so ancora come fare. Inoltre, a casa mangio sempre molto, mi alzo tardi, non faccio ginnastica. Tutta la vita è contro i miei desideri.  Debolezza, debolezza. Dovrei pregar Dio più a lungo, per non perdere quel legame mistico con Lui, per sentirLo in ogni pensiero, in ogni sguardo e in ogni lavoro. Così invece prego solo mattina e sera, in realtà i pensieri proferiscono mecanicamente le parole sante. Dovrei leggere il Vangelo ogni giorno almeno mezz’ora, meditarlo, poi a mezzogiorno e all’Ave Maria presentarmi alcune cose trascendentali e così trascorrere tutto il giorno, tutta la vita in questa luce mistica, facendo della mia anima un capolavoro e cercando la Verità – il Fine.

            Mi fanno male gli occhi, non posso leggere molto, eppure volentieri mi occuperei delle scienze naturali. Ho anche perduto un po’ il contatto con la natura. Quasi ho detto “maledetti libri”. […]

Banja Luka, domenica, 30 gennaio 1916.

            Dove è la mia giovinezza? Mi sento così vecchio, così sorpavvissuto. Potessi innamorarmi. Potessi entusiasmarmi per qualche cosa senza far sottigliezze. Siamo terribili noi uomini moderni. Vecchi prima del tempo. Potessi soltanto liberarmi da tutti i libri, di tutte queste opinioni velenose degli altri, e vivere naturalmente e bene, così come Dio ci ha creati.

            Penso che ancora una volta mi sfolgorerà il tempo dell’entusiasmo, del lavoro, della socievolezza, il periodo pieno di ideali e di amicizia. Solo che passi questa infelice guerra e cominci la piena vita culturale.

Banja Luka, mercoledì, 5 febbraio 1916.

            Mi sarà difficile dare un’immagine oggettiva dell’opera Une vie (di Maupassant), e ciò perché per la prima volta ho incontrato la descrizione di atti sensuali e perché la monografia di Maynialov su Maupassant non è molto oggettiva. In essa è descritto dettagliatamente lo sviluppo della sua malattia, mentre non si parla affatto della sua vita sessuale che potrebbe spiegare molte cose nelle sue opere. Poi in questa monografia Maupassant non è situato al posto che gli compete nell’evoluzione della letteratura. […]

            Maupassant… fotografa tutta la vita, non solo la poesia, ma anche la brutalità….

In primo luogo dobbiamo occuparci di alcuni problemi. Esercita un buon influsso questa opera? No, la descrizione di quegli atti sensuali non appartiene all’ambito dell’arte.  L’arte deve elevarci ad un mondo superiore, deve entusiasmarci. Dobbiamo godere in essa.

            (L’analisi dell’opera continua per parecchie pagine).

Banja Luka, giovedì, 10 febbraio 1916.

            R. H. Benson, Il Padrone del mondo. (Lunghe riflessioni sul romanzo).

Banja Luka, domenica, 13 gennaio 1916.

            (Continuazione dell’analisi del romanzo di Benson).

Banja Luka, giovedì, 24 febbraio 1916.

            E’ passato quel difficile stato d’animo. Non posso dire di essere completamente felice e contento, però non ho più quei desolati pensieri e sentimenti. Per quanto possa ricordarmi, ero disperato per il mio limite umano. L’uomo si immagina di essere migliore dell’ambiente che lo circonda, fantastica sul proprio ruolo nella vita, invece prendendo le cose oggettiva­mente, non cambia nulla se muore lui o una serva in Normandia. Inoltre ho sofferto per la mia unilateralità. Bene – diciamo – mi intendo abbastanza della letteratura. Ma che cosa è la letteratura? Neanch’essa soddisfa l’uomo. Non è anche quest’arte soltanto un autoinganno? Qui ci sono tante scienze naturali, sociali ed altre, e chi può dirmi che ognuna di queste non valga quanto lo studio dell’arte? Forse anche di più. L’arte è un grande egoista; essa rende felice soltanto colui che se ne occupa, mentre le altre scienze possono aiutare direttamente (gli altri). Forse m’inganno, perché ultimamente ho letto abbastanza anche opere non artistiche, nelle quali mancava quella poesia di Chateaubriand, di Hugo, o di Brentano e di Eichendorff. Ad esempio, era difficile discernere la poesia dalla non poesia presso Maupassant  ed altri autori simili. Certamente lo storico letterario ha un grande compito di raccomandare libri buoni e di distinguere il bene dal male.

            Vorrei prepararmi bene alla confessione. Forse è l’ultima. Ovviamente non mi trovo in un ambiente dove vengano evidenziate le mie mancanze dovute alla lotta, tuttavia ho un presentimento di molte cose. Poi sono ancora in disaccordo con Tommaso da Kempis, il quale dice che bisogna «turbam declinare», e parla «de solitudine», ecc. Egli proprio insiste che bisogna evitare il mondo. Io amo molto il silenzio, la pace, posso meditare, posso pensare al mistero dell’Eucaristia, entrare in uno stupore immobile, posso pregare a lungo. Però tutto questo è uno sforzo, un lavoro spirituale, mentre l’uomo ha bisogno di riposo. Lo trova nella compagnia, se gli è scomodo andare in mezzo alla natura.

            Ora prendiamo il caso di un operatore sociale. E’ suo dovere frequentare tutte le classi sociali, buoni e cattivi, e studiarne la vita. Per essere sincero, a me piace quando, passeggiando con qualche amico, posso evitare gli sguardi avidi di qualche ragazza immatura

e quando non devo guardare quelle belle dame che camminano modestamente, ma passando accanto a qualche uomo più avvenente cominciano a battere le ciglia dalla passione… E’ molto più bello nella solitudine, è più bello ritirarsi in una chiesetta buia e, al tremolio della luce perpetua e agli ultimi raggi del sole,  recitare sotto voce il rosario e ammirare, eterna­mente ammirare l’Eucaristia, questo splendore, questa grandezza, questo Amore ineffabile… Eppure bisogna veder tutto ciò, bisogna entrare nelle case più ributtanti e studiare questi uomini miserabili che sono più bisognosi di aiuto dei poveri materiali. Come aiutarli, è una domanda difficile. Forse con l’autoeducazione. Infatti mi sono accorto che alcuni fili misteriosi attraversano influenzando l’ambiente a seconda della forza morale dell’individuo, anche se questi sta in silenzio. E’ classico l’esempio di san Francesco: le mani nelle maniche, camminava umilmente e così predicava senza pronunziar parola. Questo in primo luogo, tutto il resto viene in second’ordine.

            Sto leggendo Les Fleurs du mal di Baudelaire. Sono scelte solo le poesie. In lui ci sono tante cose brutali. Egli si compiace in queste cose. Non posso dire di aver incontrato qualcosa di immorale, però il suo gusto è terribilmente malato, decadente. Egli è l’ultimo forte rappresentante della lirica decadente, dopo di lui viene la rigenerazione di Verlaine, sebbene anche la forma di Verlaine sia decadente. Nonostante la sua natura malata, Baudelaire ha dei tratti particolarmente fini. Così sa presentare la donna, i suoi movimenti come una nave sull’acqua o un serpente sul bastone… Naturalmente, a lui decadente la donna è dovunque un serpente, gatto, bugia, senza sentimento, indolente, una sfinge immobile. Eppure egli è innamorato, è uno schiavo dell’amore, lo schiavo di questo gatto, del serpente, della donna dagli occhi fissi e senza sorriso sulle labbra. […]

            Nonostanto il suo istinto malato, ciò che fa grande Baudelaire – e senz’altro è grande -è la sua anima infelice. In noi trovano eco i suoi lamenti, le sue fantasticherie nella natura, i suoi tristi amori. Questa è un’anima moderna, religiosa e perciò infelice. Un vero rappresentante della nostra epoca materialista che ha portato via ogni poesia. […]

Banja Luka, 25 febbraio 1916.

            Baudelaire è romantico quanto al contenuto, parnassiano secondo la forma. Inoltre ha fatto un gran passo verso il simbolismo – si nota chiaramente che egli non pensa nei versi, ma gli viene in mente un’idea e poi cerca di levigarla e raffinarla. […]

Banja Luka, 26 febbario 1916.

            Posso costatare che dopo Hugo la caratteristica principale della lirica è il pessimismo. E’ la vera espressione di questo periodo materialistico e irreligioso. A noi piace questa gente: tutta la loro anima dilaniata è piena di poesia. Qui non c’è né gioia né luce che brilla e gioca. Tutto è triste, piove a dirotto, è autunno o inverno, un inverno piovoso e fangoso. […]

            Non tutte le poesie sono terribilmente disperate; ce ne sono anche di quelle piene di sentimenti umani… Anzi, c’è una poesia che esprime quell’inconscio desiderio di fede da parte dell’uomo moderno areligioso. E’ la poesia “Les aveugles”. Sempre nel buio, essi cercano. Il poeta si paragona a loro e chiede: Je dis: Que cherchent-ils au Ciel, tous ces

aveugles? […]

Banja Luka, 28 febbraio 1916.

            Prima di partire come militare, scriverò ancora qualche parola. Così termino questo diario con cui ho voluto educare la mia interiorità e della mia anima creare un capolavoro. Sento di essere ancora molto lontano dalla meta, di essere ancora un vero bambino che non sa che cosa sia la vita: questo mistero di una lotta indeterminata, di quella lotta che cerca il suo pane e, non appena l’ha ottenuto, diventa ancora più feroce, perché l’uomo, riflettendo, si scontra con i pregiudizi dei secoli, con i dissensi nella propria natura e con lo stesso spirito maligno che ironicamente deride tutto ciò che è santo, che rifiuta ogni poesia, ogni sentimento e distrugge tutto.

            Ieri ho fatto la Comunione e sono così allegro e contento che mi pare di non dover mai più rattristarmi, anche in mezzo alle difficoltà. La tristezza avvelena il cuore, insinuando in esso quello spirito di disperazione, per cui l’uomo si chiede sempre: perché vivo, anzi di più: perché sono stato concepito. Questi pensieri perniciosi devono sparire dalla testa, l’uomo deve rendersi conto della propria debolezza che gli dice che tutto ciò non spetta alla sua testa. Il compito della vita non consiste nel disperarsi, bensì nel cercare la consonanza in questa vita e gioire per la grandiosità dell’ordine. Sì, questo deve essere l’assioma: tutto è ottimo. Anche se ci coglie qualche disgrazia, miseria, pensiamo a questo – anche se non ne comprendiamo il perché! -: L’uomo è qui solo un viandante, la sua vera destinazione non è su questa terra, ma è stato eletto per qualche cosa di più alto. In verità, quando l’uomo si ritira nella solitudine, all’ombra, gli sembra un sogno tutto il mondo reale, tutti i compagni, gli amici, tutta la natura incantevole. Allora l’uomo ha l’impressione che essa sia irreale, e che il pensiero sia la vera realtà, che il mondo spirituale, il mondo della notte e della preghiera sia più reale di tutto quello che è visibile. Bisogna soltanto anelare a questa vita, a questa realtà. Sì, sono ancora debole. Godo nell’Eucaristia e in questa vita spirituale, vedo però che questo è niente, che debbo immergermi ancora più profondamente in questo grande mondo. Ora appunto comprendo il grande papa Pio X, il quale ha espresso il desiderio che i fedeli si accostino più frequentemente, anzi ogni giorno alla mensa del Signore. Solo in questo modo si può penetrare più profondamente in questo mondo, avvicinarsi al Signore e dialogare con Lui.

            Sono consapevole che avrò ancora molti conflitti spirituali. Forse cadrò anche gravemente, spero però di rimanere sulla giusta via. La vita è strana. Con questo termino il mio diario e pieno di gioia canto: Gaudeamus igitur…

            (Segue l’analisi del romanzo Ciò che possono le donne di Gustav af Geijerstam).

La sera, 28 febbraio 1916.

            Ancora ho il rumore nella testa: il riso e le grida delle ragazze, il consiglio di Vikta e il ridere a voce alta di Ljubo. Mi chiedo se mi dispiace per questa gente. Sì, mi sono accorto che molti mi vogliono bene. Forse molte del mondo femminile si arrabbiano alquanto, perché nei loro riguardi sono allegro e gentile, ma le allontano da me con una mano fredda. Posso dire che mi sono affezionato a Vikta;17 abbiamo chiacchierato molto anche sui problemi seri della vita; anzi, ella mi si confidava. Ecco, le voglio bene come a una sorella. Delicata, piena di bei sentimenti di ragazza, sebbene non abbia una grande istruzione. Poi Vera. Anche con lei si è fatto un gran chiasso, si è riso e ci sono state delle insensate dichiarazioni che mi hanno fatto sentire come un bambino. Proprio così, quando penso che nella solitudine non rifletto mai di queste cose. Ecco, anch’essa mi è cara. Ma se penso che cosa sarà di tutto questo. Passerà, dimenticherò. Ho ancora dinanzi agli occhi quell’ideale di una ragazza, sconosciuta, eppure così nota. E poi il pensiero alla piccola Greta è così vivo che mi è impossibile pensare ad un amore.

            Ma ciò che più mi dispiace in questo momento è per il dott. Rebac.18 Non abbiamo parlato molto, però tutto è pieno di forza vitale, pieno di amore e di una sorprendente, veramente mistica purezza. Quale fascino esercita quest’uomo sugli altri. Io stesso sento che nemmeno l’uomo più intelligente potrebbe mai impressionarmi come un uomo puro. Questo è un fatto e proprio questo mi conferma la verità dei principi morali cristiani. La castità e sempre castità, dev’essere il motto.

            Perdo così un amico più anziano, il quale finora ha fatto molto e certamente – lo sento come l’uomo destinato dalla Provvidenza – farà ancora del bene per il suo popolo. Peccato anche per Ljubo; devo però dire sinceramente che in Rebac sento molta più forza morale, anche se riconosco che l’anima di Ljubo è molto più sviluppata ed educata della mia. Che Dio ci aiuti e tutto andrà bene. Solo bisogna trovare delle opere adatte per lo studio della Sacra Scrittura.

            Grüss Gott, Gretchen! Forse ci rivedremo presto!


  1.  Vedi Cap. II, nota 15 e passim.
    ↩︎
  2. P. Kazimir Ivić OFM, che poi sarà anche direttore del Ginnasio francescano a Visoko (Bosnia).
    ↩︎
  3. Branislav Nušić (1864-1938), comediografo serbo.
    ↩︎
  4. P. Mato Filipović S.I.
    ↩︎
  5. P. Miroslav Vanino, gesuita croato.
    ↩︎
  6. Roman Tieck (=romantik) era lo pseudonimo del giovane poeta Kuzma Petković.
    ↩︎
  7. Bazarov, figura nel romanzo di Turgenjev Padri e figli.
    ↩︎
  8. Matijaš Grabancijaš dijak è la commedia di Tituš Brezovački (1804), nella quale vengono smascherati i cattivi costumi dei contemporanei e la superstizione popolare.
    ↩︎
  9. Lettera del prof. Maraković del 6/8 giugno 1915, v. infra, B, 1.
    ↩︎
  10. Sulla Coalizione croato-serba v. supra, Cap. I, 7.
    ↩︎
  11. Kraljević Marko, figlio del re serbo Vukašin Mrnjavčević, vasallo turco, morto nella battaglia contro il duca valacco Ivan Mirča. Nella poesia popolare serba, croata e bulgara Kraljević Marko è il più celebrato personaggio eroico, il che è in contrasto con il suo ruolo storico.
    ↩︎
  12. Merz era ospitato nel Seminario maggiore di Sarajevo, diretto dai gesuiti.
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  13. S. Anastasio, martire di Salona.
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  14. Tomislav, re dei Croati (925-928); Zvonimir, incorronato re dai legati del papa Gregorio VII nel 1076 a Solin (Salona), morto nel 1090; Petar (Kačić, non Svačić), ultimo re di sangue croato, caduto nella battaglia contro l’esercito di Colomano, re dei Magiari.
    ↩︎
  15. Pavlimir – dramma scritto nel 1632 da Junije Palmotić (1606-1657), poeta e scrittore di Dubrovnik.
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  16. Dragutin Domjanić (1875-1933), poeta croato di sentimenti delicati e molto popolare. Fu anche traduttore della lirica tedesca e francese.
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  17. Vikta (Viktorija) era sorella di (poi) mons. Ivan Vlašić e del primario dr. Ladislav Vlašić, teste XII nel Processo Informativo (v. infra). P. Vrbanek, il 6 agosto 1943, ebbe occasione di parlare con la signora Vikta, allora già vedova Mutabdžija, madre di cinque figli, cattolica esemplare. A proposito della sua conoscenza con Ivan Merz, Vrbanek scrive: «A lei allora non piaceva perché Ivan con indifferenza dava la mano. Ella diceva che avrebbe potuto conversando con lui attraversare l’America senza sentire in lui il maschio, tanto era fine e caro… Egli è certamente in cielo… Ogni giorno (dice) prego in suo onore un Pater noster e Ave Maria, perché ottenga che si realizzi la sua parola “Croazia a Cristo!” Al Purissimo Cuore di Maria mi rivolgo per i miei cinque figli, perché li preservi dal peccato mortale…». P. Vrbanek conclude: «Questo è il modo di ragionare della “cerchia di Ivan”». Vrbanek, Vitez Kristov, p. 248, nota 23.
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  18. Dr. Marko Rebac, avvocato, poi magistrato, era un attivo membro del Movimento cattolico croato (cf. Cap. II).
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