Ca p i t o l o  XIV

            Merz da giovane, sull’esempio del suo professore e educatore Ljubomir Marako­vić, sognava di diventare professore per dedicarsi all’educazione della gioventù scolastica in Bosnia (cf. Cap. V, Diario, 24 nov. 1915). Ma prima ancora che terminasse gli studi, il suo ideale aveva ormai assunto proporzioni molto più vaste: invece restringere il proprio apostolato entro i muri di una scuola, egli avrebbe impiegato le sue capacità in un campo grande quanto la Croazia. Senza rinunciare al primo ideale – fu infatti professore nel Ginnasio arcivescovile di Zagreb -, egli divenne lo spiritus movens dell’organizza­zione delle Aquile, la prima che, per suo merito, fu impostata sui principi dell’Azione Cattolica di Pio XI. E tutto il lavoro e la lotta per assicurare a questa organizzazione la libertà d’azione (v. Capp. XI-XIII) non aveva, in fondo, altro scopo che creare le condizioni giuridiche per poter educare le Aquile secondo questi principi.

            In questo capitolo diamo uno sguardo all’opera educativa di Ivan Merz, mettendo in rilievo le sue idee guida in questo settore.[1]

            1. La santità personale dell’apostolo – condizione dell’efficacia dell’apostolato.

            Quando apparve in pubblico, facendo presagire una “nuova epoca” nel movimento della gioventù cattolica croato (cf. sopra, Cap. X, Intr. 2), Ivan Merz era un cattolico completo. E all’apostola­to si era preparato con gli studi e, soprattutto, con una profonda vita spirituale, nutrita dalla preghiera e tutta orientata alla SS.ma Eucaristia. Pertanto la sua personalità dava una particolare efficacia alla sua parola. Se ne erano accorti subito i lettori dei suoi articoli (cf. i giudizi di Kniewald, Cap. X, 1; e di Marica Stanković, infra, 5) e gli ascoltatori e lettori delle conferenze sulla “Conquista delle giovani leve” (cf. Doc. X, 2) e sulla “Forza interiore della Congregazio­ne” (cf. Cap. X, 1); si sentiva che dietro alle sue parole c’era la vita.

            E infatti, nella sua opera educativa egli sempre metteva l’accento sulla vita interiore. Così, iniziando la conferenza sulla forza interiore della Congregazione diceva: «La forza interiore della Congrega­zione dipende dalla vita interiore delle nostre Congregazio­ni. Pertanto noi parleremo della vita interiore del cristiano, in particolare del congregazioni­sta. Se questa vita sarà fiorente e grande, del tutto naturalmente sarà grande anche la forza della Congregazione. Questa è tutta l’introduzione. Passo subito ad rem». Sottolineva quindi che il fine di tutti gli uomini è la loro santificazione: diventare simili a Gesù Cristo. Per raggiungere questo obiettivo bisogna decidersi a tendere alla santità e sforzarsi nell’esercizio delle virtù. «L’umiltà, la preghiera, la lettura spirituale e gli esercizi della volontà nel bene sono i quattro presupposti senza i quali non c’è vita interiore… Tuttavia non abbiamo ancora menzionato quello che è il mezzo più forte, che per noi sulla terra è quel fuoco che brucia in noi la ruggine del peccato e dà vita alla nostra anima, di modo che anch’essa s’infiammi dello stesso calore. Quando noi stessi sperimentiamo le parole di s. Paolo che dice “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”, questo è il frutto della Ss.ma Eucaristia. Essa ci guida verso la vetta della perfezione, della vera vita interiore. Essa è la nostra prima gioia sulla terra; per mezzo di essa diventiamo partecipi della futura gloria del Cielo. Noi viviamo in un’epoca fortunata; tutti possimo godere dei frutti del pontificato di Pio X; possiamo spesso e anche ogni giorno essere con Colui che è tutta la nostra gioia. Per disposizione del santo Papa la terra è diventata Cielo, e sono miseri quei cattolici che non hanno ancora compreso il significato della frequente e quotidiana s. Comunione». E di questo passo Merz continua a parlare dell’Eucaristia, passa quindi alla Confessione e termina con la Madonna: «Preghiamo­la incessantemente affinché pieni di santa gioia moriamo nel suo tenero abbraccio e sul Cuore di Gesù. Solo nella gloria del Cielo – nel Cuore di Gesù – l’albero della nostra vita interiore, che ha cominciato a crescere sulla terra, raggiungerà la pienezza del suo sviluppo. Solo allora la nostra anima diventerà il riflesso perfetto, ardente del santissimo, eterno Sole divino, Uno e Trino».

            2. La formazione di apostoli – scopo primario dell’organizzazione delle Aquile.

            L’organizzazione delle Aquile – nel pensiero di Merz – doveva formare una élite, degli apostoli che poi nel proprio ambiente avrebbero cercato di conquistare altri giovani.

            Il programma di questa nuova schiera di apostoli era delineato nel “Libro d’oro” delle Aquile croate (cf. Cap. X, 3). Esigente era questo programma (cf. infra, 3), ma Merz consapevol­mente chiedeva mol­to ai giovani, sebbene – a suo modo di vedere – ciò che chiedeva era il minimo necessario. «Alla gioventù chiedete molto, perché i giovani possono sacrificare molto; e quanto più a loro chiedete tanto più realizzeranno».[2] Egli era persuaso che per raggiungere il fine dell’organiz­zazione non c’era altra via che quella percorsa da lui stesso: lavorare anzitutto alla propria santificazione. «Il movimento delle Aquile (Orlovstvo) ha sollevato in alto il vessillo della soprannaturalità, perciò si può dire che è un movimento teologico, perché dei suoi membri vuol fare gli apostoli della santità».[3]

            Del tutto coerente quindi era l’insistenza di Merz sulla lotta al peccato, che – diceva – doveva essere l’obiettivo essenziale delle organizzazioni cattoliche. «Se non si ottiene che i membri siano senza peccato mortale, tutta l’organizzazione non ha senso, perché a che serve se l’uomo conquista tutto il mondo e perde il fine per cui è creato?». Da qui tutta una serie di esigenze concrete: non solo la confessione e la Comunione mensile come minimo richiesto alle Aquile, ma possibilmente anche gli esercizi spirituali delle singole associazioni. In particolare poi raccomandava di vivere con la Liturgia, che considerava la migliore scuola della vita spirituale. Il culmine di questa vita doveva essere la Comunione eucaristica, possibilmente quotidiana.

            Questo era il quadro generale entro il quale – secondo Merz – doveva essere svolto tutto l’apostolato tra la gioventù. E in questo quadro si svolse la sua attività educativa a tutti i livelli: nei contatti personali, nelle numerosissime conferenze, nei suoi scritti (articoli e opuscoli), nel campo dell’organizzazione (raduni, pellegrinaggi).

            3. La Liturgia – il mezzo migliore di formazione. Ivan Merz – promotore del movimento liturgico in Croazia.[4]

            In modo particolare Merz svolse un apostolato liturgico sia con i suoi scritti che nei contatti personali con gli studenti.

            Del­l’amore di Ivan Merz per la Liturgia si è parlato già nel Cap. IX Intr. Ed egli si è presentato al pubblico croato anzitutto con la recensione dell’edizione croata del Messale e con i suoi articoli sull’influsso della Liturgia sugli scrittori francesi; e dopo il ritorno a Zagreb, con la rubrica “L’angolo liturgico” nel foglio “Posestrimstvo” destinato alla gioventù femminile, dove per tre anni scolastici (1922/23, 1923/24 e 1924/25) pubblicò complessiva­mente 25 articoli, quasi un corso sulla Liturgia. In modo semplice, familiare, egli scrive del significato e della necessità della vita liturgica, del modo come pregare con la liturgia, specialmente durante la s. Messa, e come vivere l’Anno liturgico. In particolare Merz cerca di persuadere le lettrici che la partecipazione alla s. Messa è piena soltanto se è unita alla Comunione. Insiste poi sulla lettura spirituale e in particolare sulla lettura della S. Scrittura, in primo luogo di quei testi che la Chiesa offre ai fedeli nella liturgia, quindi di tutta la Scrittura, specialmente del Nuovo Testamento. Della letteratura ascetica raccomanda L’imitazione di CristoIl cattolico all’operaAlla scuola della sofferenza, ma anche le Vite dei santi. La lettura però – scrive – va fatta con la volontà di trarne il massimo profitto, quindi con l’intenzione di mettere in pratica i buoni pensieri, onde progredire nelle virtù, e a tal fine va accompagnata dalla preghiera. Merz addirittura suggerisce brevi preghiere da recitare prima e dopo la lettura spirituale. In una serie di articoli (nel 1923/24) tratta dei tempi liturgici: Avvento, Natale ed Epifania, Domenica di Settuagesima e Quaresima, Il ciclo pasquale, Pentecoste e il tempo dopo Pentecoste. Infine, nel 1924/25, dedica ampio spazio alla musica sacra, commentando anche il relativo Motu proprio Inter sollicitudines di san Pio X, del 22 novembre 1903. Affronta anche la questione dei canti popolari, che per il contenuto e la forma non sempre rispondono allo spirito liturgico.

            Oltre agli articoli pubblicati nella suddetta rubrica “L’angolo liturgico”, Merz scrisse su altri periodici (v. infra, Scritti di I. M.); così su “Narodna Politika” del 3.I.1923 trattò della  Rinascita della musica ecclesiastica, deplorando tra l’altro il “liberalismo musicale ancora dominante da noi”, per concludere: «Come il Movimento cattolico tende a rinnovare tutto in Cristo, così pure – se vuol essere coerente – deve eliminare questo liberalismo musicale…». I seminari, i conventi e le scuole tenute dai religiosi/e dovrebbero essere i primi ad attuare i prescritti del Motu proprio di Pio X a proposito del canto gregoriano.  

            Merz non si limitò a scrivere sulla Liturgia come via privilegiata per unirsi a Gesù, ma profittava degli incontri con i giovani per instillare in essi l’amore alla Liturgia. Per il metodo educativo di Merz è particolarmente significativa la conferenza che egli fece alla gioventù studentesca a Požega nell’agosto del 1924. Il titolo della conferenza, pubblicata poi in “Luč” XX, 1924/25, pp. 11-17 – è Duhovna obnova po liturgiji (Il rinnovamento spirituale per mezzo della liturgia).

            In essa esordisce con una visione storico-teologica della Chiesa, la quale – dice – ci stupisce con la sua straordinaria ricchezza di Ordini religiosi, di istituzioni di ogni genere, con l’eroismo dei suoi martiri, lo zelo apostolico di un s. Francesco e di un s. Domenico, la scienza di un s. Tommaso o di s. Teresa. Ma guardando più a fondo questa varietà della Chiesa attraverso i secoli e presso i vari popoli, ci accorgiamo che tutto ciò è frutto della vita spirituale delle singole persone, del loro rapporto con Dio che con la sua grazia le fa operare. E questo è l’essenziale, mentre le varie manifesta­zio­ni esterne della vita religiosa sono accidentali.[5]

            Anche l’Azione Cattolica moderna – prosegue – è una manifestazione dell’operare dello Spirito Santo, che risponde alle attuali necessità della società che ha perduto il suo carattere cristiano. Ma il principio di tutta l’attività nell’Azione Cattolica dev’essere sempre lo stesso: la vita spirituale dei cattolici. Dal grado di perfezione della vita religiosa dei singoli dipende l’efficacia del lavoro apostolico in vista del rinnovamento di tutte le cose in Cristo (Ef. 1, 10).

            Poiché la vita spirituale va costruita giorno per giorno, e l’uomo ha bisogno di essere sostenuto in questo sforzo, chi meglio della Chiesa può aiutarlo su questo cammino di perfezione? Quella Chiesa che, oltre ad avere l’esperienza di duemila anni, è sotto il costante influsso dello Spirito Santo, per cui i suoi metodi educativi sono i migliori.

            Essa svolge la sua missione educatrice in un modo del tutto speciale nella santa Liturgia. Bisogna pertanto conoscere la Liturgia, per profittarne il più possibile.

            «La cosa più grande che esiste nel mondo è la santa Chiesa, e la cosa più grande nella Chiesa è la s. Messa, e nella Messa la Transustanziazione. E come Cristo durante la sua vita terrena aveva tutti i pensieri rivolti al Calvario, così la Sposa di Cristo, la Chiesa, rivolge il suo sguardo verso l’altare. Ciò che accade sull’altrare è la cosa più grande che accade nel mondo. Qui avviene l’opera sociale per eccellenza, la preghiera e il sacrificio che Gesù sul Calvario ha offerto per la salvezzza del mondo intero e che la gerarchia ecclesiastica – questo portatore del sacerdozio di Cristo – offre a Dio pubblicamente per tutti gli uomini e in nome di tutti».

            «Per poter comprendere tutta la grandezza di quest’atto e trarne il profitto, la s. Messa è rivestita di una veste speciale. Le preghiere recitate e cantate (che) sono dei veri capolavori della letteratura e della musica, i paramenti e i gesti che danno il fascino alla liturgia, arricchisco­no la nostra conoscenza. I vari cicli liturgici durante l’anno ci introducono nei principali misteri della nostra s. Fede. Così durante l’anno veniamo a conoscere tutta la vita di Gesù…[…]

            La liturgia inoltre ricorda la vita della B. Vergine Maria, gli Angeli e infine tutta la storia della s. Chiesa, come si è riflettuta nei suoi rappresentanti – i santi». […]

            Merz poi dà suggerimenti pratici sul modo di fare la meditazione, quindi conclude consigliando queste tre cose:

            1. La lettura spirituale quotidiana, quale mezzo per acquistare una solida cultura religiosa;

            2. La meditazione quotidiana secondo il Messale, e durante la s. Messa “pregare solo la Messa”;

            3. La s. Comunione ogniqualvolta si assiste alla s. Messa. «…per mezzo della s. Comunione diventiamo partecipi della vita immensa della Parola di Dio. In questo atto con cui il vostro corpo e la vostra anima si unisce alla Divinità stessa, dev’essere il culmine della vostra vita; in questo atto è pure il culmine dell’intera s. Liturgia. Tutte le maestose preghiere e i canti, tutte le vostre meditazioni, tutti i vostri atti durante la giornata devono essere cristocentrici; devono essere rivolti verso quest’unico momento della vostra vita quotidiana. In tal modo già su questa terra si compie il vostro ultimo fine e diventate partecipi della natura stessa di Dio. Sì, noi cattolici trascuriamo tanto tesoro, e poi ci meravigliamo che il nostro lavoro spesso non è benedetto nei frutti».

            «Per mezzo della meditazione liturgica ogni cattolico diventa grande e universale. Lasciando da parte i suoi interessi personali, comincia a sentire ciò che sente la Chiesa, questo magnifico riflesso dell’immenso Cristo. Per mezzo della Liturgia ogni singola anima viene educata. Si può dire che la Liturgia è la pedagogia nel vero senso della parola…

            Per mezzo della Liturgia cattolica tutti gli uomini su tutta la terra nello stesso giorno

meditano delle stesse cose e in tal modo si rafforza la coscienza dell’unità cattolica di tutti i popoli. Infine, per mezzo della Liturgia l’uomo rende a Dio nel modo più perfetto l’onore che Gli spetta. Pregando liturgicamente, il fedele si unisce ai cori degli Angeli che incessante­mente lodano il Creatore, e l’uomo in tal modo già su questa terra comincia a esercitarsi in quell’ufficio che pieno di gioia svolgerà in estasi nell’eternità…».

            Agli studenti più vicini Merz dedicava una particolare attenzione: non solo insegnava loro come meditare e vivere con la Liturgia, ma addirittura tracciava un ordine della giornata, che includeva la meditazione mattutina e la s. Comunione, lettura spirituale, esame di coscienza, varie preghiere ecc. (cf. Ricordi del card. Šeper, infra, 8). E tutti quelli che hanno avuto occasione di essergli vicini, testimoniano dell’ascendente che Merz esercitava sui giovani – e non solo sui giovani – con la sua personalità tutta spirituale. Se quindi, nelle conferenze che faceva, parlava della vita della grazia o della “cattedrale” che ciascuno doveva edificare nel proprio cuore (cf. la testimonianza del p. Kukula, infra, 7), l’argomento più convincente per i suoi ascoltatori era il suo esempio (cf. anche la testimonianza di don Mate Blašković, infra, 8, nota).

            P. Ivan Jäger S.I. ha descritto un tale incontro con Merz. «Vieni, c’è una cosa importante…Verrà anche Merz!» – così Dušan Žanko (v. infra, 4) aveva invitato lo studente universitario Jäger. «Quella sera – scrive quest’ultimo – eravamo in cinque. E’ venuto anche Ivo (Merz). Era questo un vero “club delle anime”, come spiritosamente l’aveva chiamato il fratello che mi aveva invitato a queste riunioni. Ivo guidava la riunione, egli era il padre spirituale di questo club delle anime. Quella sera, mi ricordo bene, abbiamo parlato della meditazione. Ivo ci spiegava che cosa è la meditazione e come possiamo farla agevolmente ogni mattina. Unirla con la s. Messa, con il messale! “Prendete qualche testo della Messa e meditate sopra, applicandolo sempre a sé e proponendo di mettere in atto la verità che avete conosciuto nell’anima. Ad es. meditando del tempio di Salomone – ci insegnava – prima rievocheremo in memoria l’evento storico, poi l’applicheremo a noi stessi. Anche la mia anima è un tale tempio, anzi molto più bello di quello di Salomone. L’ornamento di questo tempio sono le virtù e la grazia santificante, che sempre più deve crescere in noi! Che cosa deturpa il tempio dello Spirito Santo in me?”. Noi lo ascoltavamo volentieri, perché in lui vedevamo un modello, sapevamo che egli meditava tutti i giorni. Egli risolveva i dubbi e le dispute. Ad uno non piaceva la recita del rosario: si ripete sempre la stessa cosa; mentre un altro energicamente affermava che questo era il miglior modo di pregare: “Mia madre mi ha insegnato a recitare il rosario, esso mi ha salvato più volte!” Durante la Messa, pregheremo dal messale o il rosario? – Allora il nostro caro Ivo rispondeva sempre in maniera ortodossa, a soddisfazione di tutti. Ci entusiasmava per la liturgia e per la preghiera dal messale durante la s. Messa; ancor oggi conservo con devozione il grande messale di Lefebvre che egli mi ha procurato».[6]

             Come l’Eucaristia era al centro della vita spirituale di Ivan Merz, così egli desiderava che fosse il centro della vita di ogni apostolo laico, di ogni Aquila; anzi, che fosse davvero il centro della vita sociale. E’ illuminante a questo proposito l’idea che Merz espose nella lettera a Marica Stanković su un raduno culturale da organizzare intorno a un tema centrale, che sarebbe, appunto, l’Eucaristia e il suo influsso su tutta la vita. «Poiché noi costruiamo le prime fondamenta, occorre cominciare con il centro di tutto il cattolicesimo” (v. infra, 1).

            4. L’amore alla Chiesa e al Papa.

            Per Merz, l’apostolato dei laici era un lavoro per la salvezza delle anime, che come tale andava svolto alle dipendenze della Gerarchia ecclesiastica e in collabora­zione con essa, nello spirito dell’Azione Cattolica quale la volle Pio XI. Ad avere questa visione delle cose, all’inizio Merz fu quasi solo, come più tradi sarà sottolineato dai suoi più stretti collaboratori (cf. infra, 3, e Cap. XVII, 3). Di questo spirito egli cercò di impregnare l'”Omladinski Savez” (Lega della gioventù), di cui era presidente, e quando si stava costituendo la Lega Croata delle Aquile, fu lui ad insistere affinché essa assumesse tutto il programma religioso dell'”Omladinski Savez” (cf. Cap. X, Intr. 2). E ci riuscì: la Lega Croata delle Aquile, infatti, divenne «l’avanguardia dell’Azione Cattolica» in Croazia.

            Come l’amore per l’Eucaristia così anche l’amore per la Chiesa e il Papa era l’anima dell’apostolato di Merz. Il prof. Dušan Žanko ha scritto in proposito: «A tutti quelli che – magari come Nicodemo – venivano da lui per vedere e sentire qualcosa, egli in mille variazioni esigeva di trasportarsi nel mistero della Chiesa. Con tutte le forze dell’intelletto e della fede, e con l’aiuto della carità più delicata, cercava di illuminare l’anima e insegnarle che cosa è in realtà la Chiesa… Il suo discorso sulla Chiesa era nuovo, del tutto nuovo alle nostre orecchie. Questo non era solo la dottrina, quella delle encicliche, da conoscere (ancor meno quella apologetico-giuridica), bensì la vita che andava vissuta personalmente e sinceramente. E anche questa vita era nuova, ineffabilmente attraente, magnifica, universale, la sola oggettiva, liturgica».[7]

            «Una delle caratteristiche essenziali di ogni cattolico romano – scriveva Merz – consiste nell’amare il S. Padre il Papa e nell’ordinare tutti i pensieri propri e tutte le azioni secondo le sue direttive e desideri. Il Papa romano è il Cristo visibile in mezzo agli uomini, sposo della Chiesa universale.

            Nel mare agitato degli errori e delle passioni che scuotono l’umanità – specialmente oggi – la Sede di Pietro è «l’ancora della speranza e il porto della salvezza» (Benedetto XV), al quale dobbiamo attaccarci e in cui dobbiamo trovare il rifugio se non vogliamo perire.

            La venerazione della Sede Apostolica è importante soprattutto per i Croati cattolici, per più ragioni: noi ci troviamo al confine dell’Oriente e nell’immediato contatto con gli uomini e le idee che non rispettano affatto la Sede romana. Inoltre nel popolo croato non solo è venuto meno il principio di ogni autorità, ma in larghi strati è sorto proprio un certo odio contro tutti i rappresentanti dell’autorità ecclesiastica. Perfino nelle file dei buoni cattolici è penetrata questa infezione e non è raro che i nostri maestri ecclesiastici vengano criticati in modo non opportuno. E l’apostasia di una parte del clero dalla Chiesa prova quanto profondamente sia caduto il popolo croato sotto questo aspetto».[8]                      

            Dieci anni dopo la morte di Merz, Dušan Žanko poteva scrivere: «Oggi mi sembra proprio incomprensibile quella terribile lotta che nel 1926 e 1927 era sorta intorno a queste semplici verità».[9] Tanto, nel frattempo, la situazione era cambiata, principalmente per merito di Merz. «Da principio quasi isolato e da molti incompreso, con la sua attività – nonostante grandi ostacoli – ha ottenuto che aumentasse agli occhi dei cattolici croati, specialmente della gioventù cattolica, il prestigio del Santo Padre il Papa e dei vescovi, e che per il rinnovamen­to cristiano del popolo croato venissero accolti i principi e le direttive di Pio XI sull’Azione Cattolica».[10]            

            Merz lo ha fatto diffondendo la conoscenza del pensiero del papa (delle encicliche), incitando la gioventù cattolica all’amore verso il Vicario di Cristo, organizzando pellegrinag­gi a Roma, promuovendo la celebrazione della “Giornata del Papa” che col tempo diventò una festa dei cattolici croati, celebrata non solo nelle chiese ma anche con accademie nei teatri pubblici.              

            L’ubbidienza al Papa, per Merz era una questione di amore: «Se desideriamo dimostrare il nostro amore al Papa, è necessario che lo ascoltiamo», scriveva in “Za Vjeru i Dom” nel 1925. E l’amore di Merz contagiava quelli che lo ascoltavano, facendoli amare ciò che egli amava. Egli poi «Davanti ai fedeli e ai giovani sottolineava sempre la necessità della preghiera, della purezza, della mortificazione, dell’ecclesialità, dell’aposto­lato, dell’ubbidien­za filiale alle direttive della Chiesa e di Roma, della vita sacramentale ed eucaristica».[11]

            5. Pellegrinaggi a Roma.

            A Lourdes Merz aveva scoperto il valore dei pellegrinaggi, in genere. L’Anno Santo del 1925 gli offrì l’occasione di recarsi in pellegrinaggio a Roma.

            a) La prima volta vi andò per Pentecoste, con il grande pellegrinaggio nazionale croato. Il dr. Kniewald, che guidava il gruppo in cui si trovava Merz, racconta come questi, durante il viaggio in treno, «fino a tarda notte aveva discusso con alcuni vescovi, sacerdoti e laici dei principi dell’Azione Cattolica. A Venezia nella chiesa di San Marco ha ricevuto la s. Comunione. A Roma, la sua prima preoccupazio­ne fu di mettersi in contatto con i dirigenti dell’Azione Cattolica in Italia, in particolare con gli scout cattolici e con l’Opera Cardinal Ferrari. Ha visitato insieme con noi i principali santuari romani, le catacombe, il Colosseo, le tombe di s. Pietro e di s. Paolo, la basilica Lateranense, la basilica di s. Clemente, la chiesa del Collegio irlandese dove si conserva il cuore di O’Connell, il Campo Verano, la basilica di s. Lorenzo e la tomba di Pio IX, la stanza e la tomba di s. Stanislao e di s. Luigi, di s.  Giovanni Berchmans e di s. Ignazio. Siamo andati insieme ai Musei vaticani, alla biblioteca e alla pinacoteca, senza che noi allora immaginassi­mo quanto la sua anima fosse aperta all’arte…».[12]

            Il pellegrinaggio croato fu ricevuto dal Papa la vigilia di Pentecoste. Ivan, che in precedenza era stato invitato a prendere posto nelle prime file, «nella sua modestia preferì recarsi in chiesa e venne nella grande sala delle Benedizioni insieme con la massa di cinquemila persone, e così da lontano, del tutto inosservato, per la prima volta poté guardare il Vicario di Cristo, che tanto amava e venerava. Nel pomeriggio ci condusse nella filiale romana dell’Opera Cardinal Ferrari, dove ci fece conoscere alcuni superiori e religiosi. Abbiamo visitato tutto l’edificio, abbiamo adorato il Santissimo nella cappella e abbiamo parlato molto della necessità che anche da noi si faccia qualcosa di analogo.[13] Il giorno di Pentecoste Pio XI celebrò la s. Messa nella basilica di s. Pietro con il calice regalatogli dai Croati in occasione del millenio del regno croato (925-1925), offrendola per noi Croati. Per tutto questo tempo io ero nell’immediata vicinanza del dr. Merz. Egli con devozione e trasporto seguiva tutto il rito al quale per la prima volta assisteva…».[14]

            Dopo che gli altri pellegrini erano partiti da Roma, Merz rimase ancora alcuni giorni per compiere in pace alcune devozioni e per preparare il pellegrinaggio delle Aquile che era progettato per il mese di settembre dello stesso anno. In quel tempo avvenne il suo incontro con il p. Hausherr S.I., che questi ha descritto nella relazione riportata nel Cap. XVII, 7.

            Merz tornò a Zagreb con una quantità di diapositive, che gli dovevano servire per le numerose conferenze su Roma, specialmente alle Aquile.

            b) Nel settembre del 1925, Ivan tornò a Roma come guida spirituale del pellegrinag­gio delle Aquile (118 Aquile e circa 250 altri pellegrini) che avrebbe preso parte al grande pellegrinaggio internazionale della gioventù. Il suo principale desiderio era che «le Aquile nella stessa Roma intuitivamente comprendessero il significato del Papato e l’attività soprannaturale della Chiesa Romana». Merz ha descritto questo pellegrinaggio in “Katolički Tjednik” 13, 1925, del 29.XI, sotto il titolo “Le Aquile a Roma”, mettendo in rilievo la calda atmosfera di fraternità che si era instaurata tra le Aquile e un gruppo di studenti cattolici italiani e poi con i Belgi, guidati dal sig. Hoyois e dall’assistente spirituale abbé Piccard. «Tutti ci siamo intesi, abbiamo conversato e scambiato idee…, se proprio volete, è nato un affetto particolare degli uni per gli altri. Eravano “cor unum et anima una”, sebbene prima non ci fossimo mai visti né conosciuti… Il sangue romano scorre nelle nostre vene. Inoltre, tutti abbiamo succhiato il latte dell’Azione Cattolica… Con la gioventù cattolica di tutto il mondo abbiamo fatto le processioni giubilari per guadagnare l’indulgenza, siamo stati insieme alla Messa del Papa, con loro abbiamo ricevuto Gesù Cristo, nostro Dio e Signore…Il mistero di questa grande rinascita nella gioventù contemporanea è la frequente e quotidiana s. Comunione. Alla base dell’Azione Cattolica, di ogni apostolato, sono milioni di Comunioni quotidiane. Su questa base si erge anche l’edificio dell’Aquilismo…». 

            Merz poi descrive l’esposizione missionaria e l’udienza pontificia. Il pellegrinaggio, con a capo mons. Ivan Ev. Šarić, arcivescovo di Sarajevo, e mons. Jerolim Mileta, vescovo di Šibenik, fu ricevuto dal Papa in una udienza particolare il 18 settembre. «E quando il Santo Padre nel suo discorso alle Aquile diede le direttive per il nostro lavoro, sentimmo tutta la grandezza e tutto il significato del Papato; capimmo: se l’Aquilismo vuole rimanere sulla posizione giusta ed essere un movimento corretto nel grande complesso di tutti i movimenti possibili nel seno della santa Chiesa, deve essere un movimento papale. L’Eucaristia e il Papa devono essere la radice, la sorgente e il principio dell’Aquilismo. Al nostro popolo bisogna dare l’Eucaristia e il Papa. E quando le Aquile riusciranno (nell’intento) che queste due idee diventino regine dell’anima popolare croata, allora potranno dire tranquilla­mente con s. Paolo: “Ho combattuto una buona battaglia”. Questa è l’unica e la più solida base, senza la quale tutto il lavoro è condannato all’insuccesso. Ecco, a questa conoscenza sono pervenuti nuovamente le Aquile durante il loro pellegrinaggio romano».

            Ivan condusse le Aquile anche all’Opera Cardinal Ferrari a Roma, dove poterono visitare la cucina popolare, la tipografia, la redazione de “L’Osservatore Romano”, infine li condusse nella cappella davanti al Santissimo esposto.

            c) Nel settembre del 1926, a recarsi a Roma fu un gruppo di 50 Aquile-ragazze, guidate dal vescovo Mileta; al pellegrinaggio si unirono alcuni assistenti spirituali delle Aquile, tra cui don Ante Radić, p. Ambroz Vlahov, dr. Josip Gunčević, nonché Ivan Merz, che si recava al congresso dei giornalisti cattolici.[15] Marica Stanković, 18 anni più tardi, ricordava l'”indimen­ticabile fi­gura” di Merz: «Per tutto il tempo del pellegrinaggio lo abbiamo osservato da vicino. Nella conversazione, nel ridere e scherzare, nelle spiegazioni, nelle discussioni, nella preghiera. E non sappiamo quando ci apparisse più grande: quando lo vedevamo immerso nella preghiera durante la Messa o durante le visite alle chiese, o quando ci spiegava le opere d’arte cristiana di Roma; quando ci faceva visitare le centrali delle organizzazioni cattoliche femminili e discuteva con le loro rappresentanti sull’Azione Cattolica, o durante il viaggio quando si metteva a disposizione di tutti, sia per portare i bagagli o per correre nelle stazioni per prendere acqua. A Roma, a mezzanotte ha cercato alloggio per 50 ragazze, che per un malinteso non era stato assicurato. E quando si è accorto che una nostra ragazza stava correndo dietro al treno, ha azionato il freno di emergenza, per cui poi ha avuto dei fastidi. Nella città eterna abbiamo sentito, notato, scoperto ancora di più la profondità e la santità del cuore dell’uomo interamente cattolico, del cristiano romano, dr. Ivan Merz».[16]

            Il 5 settembre il pellegrinaggio fu ricevuto in udienza dal Papa, il quale improvvisò un lungo discorso d’occasione in cui lodò il programma delle Aquile e i mezzi usati per attuarlo.[17]

            Tra i pellegrini c’era anche il sig. Dalibor Pušić, operatore delle Aquile di Split, il quale ci informa della conversazione avuta con Merz durante il viaggio da Zagreb a Roma. Questi – scrive – «mi è apparso in tutta la grandezza di santo, di pensatore, ed anche di organizzatore, ciò che alcuni volevano negargli… Il nostro discorso…verteva sulla ricristianizza­zione delle nostre città; e in quel tempo avevamo molti grattacapi in merito. Gli orizzonti di Merz erano ampi, molto ampi, ed egli, uomo completo, andava sempre al nocciolo del problema, fino in fondo dell’uomo cattolico, fino all’anima. Mi diceva: «E’ difficile paragonare la lotta croata con quella irlandese, perché gli Irlandesi prima di O’Connell hanno avuto S. Patrizio e S. Dunstan». Merz è stato un inviato di Dio nel movimento delle Aquile, egli cercava dei santi, voleva dei grandi condottieri, in vista di grandi obiettivi. Mi ha sviluppato la sua idea che ogni anno delle Aquile fosse dedicato ad un tema. Il primo sarebbe “l’Anno eucaristico”; anzitutto occorre ottenere la rugiada del Cielo… Il secondo, “l’Anno delle missioni”, farebbe conoscere alle nostre Aquile la bellezza dell’apostolato, ne aumentereb­be l’idealismo, mentre il movimento missionario, che dà la possibilità a ciascuno, anche all’ultimo fedele, occasione per piccoli sacrifici, renderebbe possibile l’attuazione pratica della terza parte della nostra divisa (“Sacrificio – Eucaristia – Apostolato“). Il terzo anno sarebbe “l’Anno liturgico”, risultante dei primi due, dell’amore di Dio, la vita per lui e la vita con lui. Su questo ci siamo fermati più a lungo. Gli ho esposto il mio pensiero sulla messa comune delle Aquile, con canto gregoriano, ed egli mi ha parlato di questa azione presso gli altri grandi popoli. Alla mia obiezione che la nostra gioventù non ha una preparazione perché non conosce la dottrina della Chiesa, specie sulla liturgia, egli mi ha sviluppato l’idea di corsi di catechesi nelle nostre associazioni, con esami finali, come si fa in Italia, il che dovrebbe essere la parte essenziale delle nostre gare…

            Il suo ideale erano gli esercizi spirituali. Desiderava che…ogni distretto (delle Aquile) trovasse un convento adatto in cui le Aquile potessero riunirsi in esercizi spirituali, secondo l’età, la professione, le inclinazioni. Meravigliosa è stata la sua proposta che le organizzazio­ni più forti delle Aquile fossero protettrici delle più deboli, pregando per esse. In queste sue idee vedevo quel concetto di lavoro cattolico che egli aveva indicato e che solo le Aquile e l’Azione Cattolica possono seguire. La forza del cattolicesimo non è nelle forti organizzazioni economiche e politiche, essa sta nell’intimità divina di ogni singolo individuo. L’Eucaristia, la Liturgia, le Missioni, gli Esercizi spirituali sono la sola via e la salvezza. Noi abbiamo perso degli anni per edificare i muri, dimenticando le fondamenta. Merz voleva uomini di forte spiritualità, che si possono trovare anche tra i più semplici, e in questo egli vedeva la grandezza della democrazia delle Aquile».[18] 

            6. Per una gioventù moralmente sana.

            Se l’obiettivo primario dell’organizzazione delle Aquile era la lotta al peccato, è comprensibile che Merz dedicasse particolare attenzione ai problemi morali della gioventù.

            Egli non era un improvvisa­tore, ma studiava a fondo le questioni connesse con il suo apostolato tra la gioventù.[19] In quel tempo alcune questioni erano particolarmente dibattute e, come sempre, erano rilevanti per l’educazione dei giovani.

            Si trattava anzitutto del ballo, e precisamente dei balli moderni che avevano suscitato la preoccupazione dei pedagogisti e della gerarchia ecclesiastiche in diversi paesi europei e in Canada. Merz ne trattò nell’opuscolo I cattolici e i balli moderni (Sarajevo 1926), elaborato secondo vari autori francesi, richiamandosi anche alle condanne del papa Benedetto XV (enciclica Sacra prope diem e Acta Ap. Sedis 1916, pp.147s, e 1918, p. 17). Come antidoto ai balli moderni Merz raccomandava le danze popolari croate: «…noi che abbiamo ancor oggi nel popolo un tesoro di danze modeste popolari dovremmo studiarle e coltivarle. Queste danze superano quelle francesi sopra menzionate, perché in buona parte sono l’espressione di forza vitale e di gioia e perché si svolgono nella natura. Le associazioni giovanili dell’Azione Cattolica (Aquile ragazzi e ragazze) dovrebbero per primi diventare apostoli delle decenti danze popolari (“narodna kola”)» (p. 38).

            Più in generale, Merz trattò dei rapporti dei giovani verso le giovani nel libretto Tu e lei (Zagreb 1926), ispirandosi all’opera tedesca di Hardy Schilgen S.J. Du und Sie (Düsseldorf 1925). Nel cap. X, intitolato “L’Aquilismo risolve le principali difficoltà del giova­ne”, scrive: «Per dimenticare gli impulsi sensuali, per dare alla tua forza giovanile un fine elevato e nobile, troverai un eccellente aiuto nell’organizzazione delle Aquile», dove, oltre all’educazione spirituale, «troverai anche l’educazione fisica, la ginnastica, lo sport moderato… Quando ti trovi nell’organizzazione delle Aquile, ti educhi indipendentemen­te dal mondo delle ragazze e sei sempre nella buona compagnia di giovani pieni di slancio, cavalieri di Cristo. Il fondamento dell’Orlovstvo (Aquilismo) è la frequente s. Comunione. La s. Comunione poi crea apostoli, missionari, martiri. L’Orlovstvo offre all’anima umana modelli così grandi che puoi senza gravi difficoltà vincere l’istinto sensuale».

            «Nell’Orlovstvo si insiste molto sul buon esempio, e soprattutto si venera la santissima Madre di Dio. Ogni Aquila è cavaliere di Maria. Egli ha sempre presente l’immagine della Madre di Dio, splendente di immensa bellezza e di grazia della verginità purissima. L’Aquila vede in ogni ragazza la sorella della Madonna. E’ lecito all’Aquila, poi, pensare alcunché di male della sorella dell’Immacolata?»

            «Sì, l’Aquila è apostolo dell’eroismo cristiano, apostolo della santa purezza, egli combatte perché il popolo croato di nuovo rispetti le donne e le madri, come la Chiesa cattolica gli insegna. Egli vuole che tra di noi di nuovo risplenda, come in passato, la santità del matrimonio cristiano, che Dio benedice con numerosa prole – i futuri beati che per l’eternità guarderanno e glorificheranno il Dio Trino» (p.49s).

            Merz non si stancava di inculcare questa visione nei giovani, riuscendo a promuovere nella gioventù cattolica croata un movimento che – nonostante tutte le crisi, defezioni e debolezze umane – il p. Vrbanek non dubitò di definire «il più ideale movimento della gioventù che il popolo croato abbia mai avuto».[20]

            Nel contesto storico di quel tempo, erano diventate più attuali anche le questioni della coeducazio­ne, del cinema, e soprattutto della moda femminile. Alla gioventù, ed anche ai dirigenti, bisognava dare delle direttive concrete che fossero conformi alle norme della morale cattolica, ma anche i mezzi positivi per tenerla lontana dai pericoli.[21] Merz era ben consapevole delle difficoltà di far valere i principi cristiani anche negli ambienti che si professavano cattolici, specialmente quando era in questione la moda femminile. Ma egli non cedeva, pur prevedendo che «molte Aquile-ragazze se ne andranno, e molti cattolici non capiranno questa severità. Cosa vogliamo, se tutto l’entusiasmo delle Aquile-ragazze, tutta la poesia dev’essere proprio in questo progredire, in mezzo al fango del paganesimo, verso le vette fulgide della santità!» (v. infra, 2).[22]

            All’educazione delle Aquile, ragazzi e ragazze, si provvedeva con le regolari riunioni delle singole associazioni, alla presenza dell’assistente ecclesiastico, il quale trovava un aiuto anche negli abbozzi di conferenze che la Centrale dello HOS gli inviava e che spesso erano preparati da Merz. I membri della direzione dello HOS, a loro volta, visitavano le singole associazioni e tenevano conferenze; lo stesso Merz fu instancabile in questo genere di apostolato.[23] Quanto ai grandi raduni regionali e nazionali delle Aquile, Merz aveva delle riserve, sempre dettate dalla preoccupazio­ne che non venisse compromesso il vero fine di ogni attività dell’organiz­zazio­ne, il bene spirituale delle anime. «Se i nostri raduni hanno un fine apostolico, essi non devono terminare con un divertimento popolare. Con questo viene annacquato tutto quel benefico effetto che perseguiamo». Dovrebbero invece terminare con una funzione religiosa e con il canto del Te Deum (v. infra, 1 (1)).

            7. La Madonna di Lourdes nell’apostolato di Merz.

            Per Ivan Merz personalmente, l’esperienza di Lourdes fu una grazia particolare (cf. Cap. IX, Introd. 5) ed egli, diffondendo la conoscenza di quel luogo privilegiato di grazie, voleva far amare la Madonna e suscitare negli ascoltatori il senso del soprannaturale. Con quale ardore egli lo facesse lo dicono vari testimoni; si vedano in particolare le testimonian­ze di K. Volinski (Cap. XVII, 4) e di Čedomil Čekada (ibid., 15).

            Già nel 1923, per contrastare gli effetti negativi del romanzo di Zola su Lourdes, che si avvertivano anche in Croazia, egli pubblicò lo studio Zolin Lurd (Lourdes di Zola), in cui esponeva la storia dei fatti, falsificati da Zola, e poi si soffermava sulla tesi di Zola secondo cui l’autore sarebbe «il padrone assoluto dei “propri” personaggi». Uno scrittore deve rispettare la verità e la morale se vuole creare un’opera d’arte – osservava Merz.

            Nel 1924 Merz si recò di nuovo a Lourdes, nel contesto del 52. pellegrinaggio nazionale francese dal 20 al 28 agosto. Questa volta da giornalista aveva l’autorizzazione di entrare nel Bureau des Constatations médicales ed ebbe la possibilità di parlare con alcune persone miracolate. Tutto annotò nel suo diario che, dopo il ritorno a Zagreb, pubblicò nell’opuscolo Najnovija čudesa u Lurdu (I più recenti miracoli a Lourdes). Testimone oculare, Merz è vivace nelle sue descrizioni e attuale nelle riflessioni.

            «L’uomo non riesce a capire tutto ciò che qui sperimenta. Con i miei occhi ho visto il miracolo; la ragione me lo dice, mentre i sentimenti e le tendenze rimangono inclini al male e incapaci di sentire tutta la grandezza degli eventi che ci circondano. Tuttavia una consolazione ci invade: tutte le nostre preghiere, tutti i nostri momenti amari, tutto il nostro lavoro per il “rinnovamento di tutte le cose in Cristo”, tutta la nostra convinzione sul peccato originale, sul significato della sofferenza, sull’autorità – sì, tutta questa varietà della dottrina cattolica non è una pura fantasia, una invenzione, ma la verità autentica… Perciò tutto il lavoro che ha come scopo la salvezza delle anime, è il più sublime e il più necessario che si possa immaginare.

            E quando ho visto tutto ciò, ho pensato ai nostri sacerdoti apostati, i c.d. Vetero-cattolici, e alla loro sorte infelice. Perché hanno abbandonato Dio, Creatore dell’universo, e la Taumaturga di Lourdes? Perché lo splendore verginale della fulgida, santa, unica Chiesa Cattolica? Oh, se qualcuno di questi infelici leggerà queste righe, sappia che migliaia e migliaia di fedeli sono pronti a giurare davanti a Dio che gli eventi di Lourdes sono infallibilmente veri» (p. 19s).  

            Merz, tra l’altro, descrive l’incontro con la signorina Hélène Macagne, giovane semplice, di 21 anni, guarita istantaneamente dal “morbo di Pott” durante la benedizione dei malati con il Santissimo. «Lei è giornalista, pubblichi ciò che la Madonna mi ha fatto» – gli disse appena lo incontrò. Gli raccontò come aveva sofferto molto durante il viaggio a Lourdes, ma anche che aveva pregato molto, piena di fiducia. «La Madonna santa desidera che preghiamo pieni di fiducia… E allora questa semplice giovane ha cominciato a parlare della fiducia, della fede, dell’umiltà, così che ad un certo momento mi è sembrato di avere davanti a me un dottore di teologia: questo modo di parlare di una donna semplice mi ha sorpreso forse più che la sua guarigione. Donde a questa donna semplice così chiari concetti religiosi? Non sta forse davanti a me una santa? Con tale sicurezza e pienezza di fede non può parlare un uomo comune! Mi ricordai di quelle parole: “Et exaltavit humiles”…

            A Lourdes gli eletti di Dio sono di solito la gente del popolo, di cui si tiene poco conto nella vita» (p. 88s).

            E mentre la sig.na Macagne parlava a Merz, alcune giovani origliavano. Rivolgendosi ad esse, la Macagne disse: «Et vous, ne suivez pas la mode!» (E voi, non seguite la moda!). Se avete le calze di seta, prendete quelle grosse di lana. Io ho preso dalla mia nonna le calze rosse (o blu; non ricordo testualmente questa frase). Non andate in giro con maniche corte, la Madonna santa non lo vuole. Blusa sia fino al collo. – Poi ha parlato della cintura celeste della Madonna di Lourdes, che io non ho capito bene…».

            Merz non omise di annotare che nella processione eucaristica del 24 agosto «camminava con i suoi nipotini il noto scrittore francese Francis Jammes», del quale lo stesso Merz aveva scritto in “Luč” del 1922, num. 6 e 9-10 (v. infra, Scritti).[24]

            8. Merz come professo­re

            Per un professo­re come tale, il giudizio dei suoi alunni è quello che conta di più. E del prof. Merz i suoi alunni hanno scritto alcuni ricordi, pubblicandoli nel loro foglio “Zumbuli” (Giacinti), nel 1929.

            a) «Il Dr. Ivan Merz è stato nostro educatore, piuttosto che professore – scrive N. Kralj.- Anzitutto voleva fare di noi dei caratteri. Era instancabile ed entusiasta nell’esposizio­ne della letteratura francese. Non ometteva di menzionare anche lo stato attuale del cattolicesimo e in genere le condizioni della Francia contemporanea. Conosceva perfettamente i vari stadi dello sviluppo della letteratura, della civiltà e della vita sociale francesi. Confrontava tutto con il presente ed esprimeva il proprio giudizio. Spiegava le opere degli scrittori liberali anzitutto dal punto di vista letterario. In un primo momento noi pensavamo che egli non avesse nulla da osservare sul loro conto. Però non tralasciò mai di giudicarli dal punto di vista morale ed ecclesiastico. In tutto manifestava l’armonia di un grande sapere e di un profondo giudizio. Come professore, era professore di lingua francese, e non di grammatica. Esigeva che si studiassero bene i vocaboli. Era particolarmente lieto quando vedeva intorno alla scrivania oltre la metà della classe che desiderava riferire sulle letture particolari da lui stesso suggerite. Spesso camminava per il corridoio a testa bassa, portando sotto il braccio una quantità di libri e riviste francesi. Regolarmente ci portava “La Croix” e “Le Noël”. E ciascuno di noi voleva avvicinarlo per primo, per riceverne qualcosa… A scuola era un’uomo di grande pazienza e di mortificazione. Infatti anche da noi si facevano notare le “virtù” studentesche… Era buono e mite verso di noi. Per noi tutti era un modello, sia per le sue doti intellettuali che per la sua santità».

            b) Mijo Uđbinac, in “Nedjelja” del 3 maggio 1931, tra l’altro, scriveva:

            «Per quattro anni mi è stato professore di lingua francese. Il def. Merz…anche come professore è stato una figura particolare. Conosceva bene la sua materia… Con molta diligenza e amore preparava le sue lezioni… Sapeva che a noi futuri sacerdoti sarebbe stata molto utile e necessaria la conoscenza della lingua e letteratura francese… Perciò si impegnava al massimo per la nostra istruzione.

            Sebbene fosse malaticcio e soffrisse parecchio, in scuola non si avvertiva alcun segno della sua condizione precaria. Sempre ugualmente serio, sempre ugualmente raccolto, ugualmente accessibile, amabile e servizievole. Dal suo comportamento in scuola, tre mesi prima della morte non si sarebbe potuto immaginare che in quel tempo egli potesse scrivere nel suo diario: «Com’è acerbo all’uomo quando deve morsicare e mangiare il duro legno della croce».

            Con molti amabili incitamenti cercava di guadagnare per la sua materia anche i cuori indolenti. […] Quando notava un maggiore successo o interesse di qualche alunno, si impegnava molto da parte sua, stimolando al lavoro e portando degli opuscoli adatti nonché copie dei giornali cattolici francesi. In essi venivano segnati gli articoli raccomanda­ti..

            Nell’adempimento dei doveri scolastici era estremamente puntuale… Il suo lavoro era coscienziosamente preparato e altrettanto diligentemente svolto, con molto tatto e finezza di un’uomo educato nello spirito del Vangelo. […]

            E’ vero che agli alunni spesso non piace la coscienziosità dei professori, ma noi sapevamo dove fosse la sorgente della coscienziosità del dr. Merz. Quante volte lo abbiamo visto pregare nella nostra cappella durante le pause tra le lezioni. Spesso vi faceva anche la Via crucis. Bisognava poi vederlo come pregava prima e dopo la lezione, e a ciascuno era chiaro che un tale uomo non poteva non essere coscienzioso… Come preghiera prima della lezione aveva introdotto quella di s. Tommaso: “Créateur ineffable”, e dopo la lezione la preghiera per il Papa…     

            Curava molto le lezioni della letteratura francese, seguendo il manuale dell’abbé Calvet… Sapeva accompagnare le lezioni sui singoli scrittori con particolari caratteristici della loro vita, per cui era sempre interessante…».

            In che modo Merz svolgesse il ruolo di educatore insegnando la letteratura francese, si può avere un’idea dalla lettera che poco prima della morte scrisse a don Mate Blašković (v. infra, 3).

            Sotto l’aspetto professionale, Merz fu elogiato dall’Alliance Française che nel 1924 era stata informata dal console francese a Zagreb «de l’oeuvre remarquable» che egli aveva realizzato in un breve periodo di tempo.[25] E mons. E. Beaupin, il 25 giugno 1927, scriveva a Merz: «Mon cher ami, Monsieur le Consul Boissier m’a écrit récemment pour me dire toute la satisfaction qu’il a éprouvée en interrogeant vos élèves. Je suis heureux de joindre mes félicitations aux celles qu’il vous a déja adressées et de vous assurer que notre Comité vous renouvelle, pour 1927-1928, la subvention qu’il a coutume de vous accorder. Cette somme vous sera adressée, par chèque, tout prochainement. Avez vous besoin de livres et que vous faudrait-il comme livres classiques pour la prochaine rentrée(?)».[26]  

            Uđbinac rileva anche la delicatezza di Merz nel momento della controversia tra lo HOS e il Seniorato: «Due giornali cattolici polemizzavano fortemente e nelle parole si erano lasciati andare un po’ oltre i limiti. Il def. Merz quell’anno[27] era più malato, per cui venne a scuola con qualche ritardo. Dopo la prima lezione gli chiedemmo, con un po’ di curiosità e di malizia studentesca, perché si polemizzasse e dove si stesse andando in tal modo. Egli ci disse: “Non entrate in queste cose. Voi soltanto pregate e la vostra preghiera sarà il più grande aiuto!” La sua figura con l’espressione del volto con cui accompagnò queste parole, rivelava che a parlare era un santo».


   [1] Di Ivan Merz come educatore ha trattato ampiamente il p. Božidar Nagy S.I., Ivan Merz – uomo di fede ed educatore alla fede (1896-1928). Tesi dottorale presentata alla Facoltà di Teologia Pastorale dell’Università Pontificia Salesiana di Roma. (Estratto: Roma 1989, 94 p.).

    [2] M. Blašković, Sjećanja iz 1930 (Ricordi del 1930), in Arch. Merz, FMK

    [3] Franjevački duh (Lo spirito francescano), in Arch. Merz, F 39 – 14.

    [4] Secondo Dragutin Kniewald, teste III nel Processo Informativo, ad art. 119-124, Merz è stato «uno dei primi promotori della riforma liturgica in Croazia»; sembra quindi un po’ troppo esclusiva la qualifica di “iniziatore del movimento liturgico in Croazia», datagli dall’autore della dissertazione dottorale presso l’Istituto Liturgico del Pont. Ateneo Anselmiano (Roma): Marin Škarica, Ivan Merz – iniziatore del movimento liturgico in Croazia (1896-1928) (estratto: Spalati-Romae 1989, 102 p.). Lo stesso Kniewald, prima che Merz si entusiasmasse per la liturgia, aveva promosso la traduzione croata del Messale e ne aveva scritto il commento liturgico. Con questa precisazione, riportiamo quanto il prof. Tommaso Federici, moderatore della predetta tesi, scrisse sotto il titolo «La scoperta di Ivan Merz»:

                «La figura e l’opera di Ivan Merz destano sorpresa indicibile appena sono avvicinate. La “grande” cultura europea, basata essenzialmente sull’asse Parigi-Berlino, con alcune propaggini radiali, ignora del tutto sia Ivan Merz, sia quanto egli ha significato per la sua patria croata nel campo religioso, spirituale e liturgico. Si tratta del resto di cultura cattolica, tanto più iniqua ed ingiusta in quanto fondata su motivi remotamente ma realmente razzisti.

                Dirigere poi una tesi di laurea su Ivan Merz, come è toccato allo scrivente, è esaltante. Si entra di fatto in uno scambio vitale, al quale è impossibile sottrarsi, e dal quale è impossibile non imparare moltissimo. Occorerebbe pubblicare la sua “opera omnia”, da rendere nota a tutti i cattolici.

                Questo laico, giovane, senza grandi aiuti alle sue spalle, unisce un ingegno eccezionalmente acuto ed una notevole scienza: il primo, dono nativo, è coltivato assiduamente; la seconda è stata acquisita con anni di sforzi incessanti. Se in campo liturgico-teologico si presenta come un autodidatta – e chiediamoci ammirati: che avrebbe fatto, allora, se avesse seguito regolari ed accademici studi teologici? -, tuttavia conosce i grandi maestri dell’epoca, in specie francesi e tedeschi, qualcuno di essi di persona, altri frequentando le loro opere.

                La sua dote, risaltata nella tesi, è l’intuito che gli fa conoscere subito i veri problemi dello spirito, della comunità, dell’avvenire: per questo anticipa di quasi 40 anni quanto il Vaticano II, in modo del resto non completo, ha in parte sanzionato, in parte incoraggiato nel campo del rinnovamento totale della vita cristiana.

                Come laico e cristiano, iniziatore del rinnovamento, desta ammirazione ed affetto. Si intuisce molto bene, dai suoi scritti, anche quando sono velati dal pudore spirituale, che da sempre ha deciso di essere di Dio e dei suoi diritti inalienabili sugli uomini che ama. Si comprende allora il vero fervore della sua vita spirituale, così densa nella sua drammatica brevità. Si possono indicare approssimativamente 3 centri della sua vita: lo studio e l’assimilazione integrale della fede cristiana, dove nel suo tempo, in Europa, veramente non è secondo a nessuno; al centro dello studio pone la liturgia, oggetto del suo interesse immediato qual stumento privilegiato del rinnovamento ecclesiale totale. Poi, la vita vissuta, coi reiterati e sempre più totali propositi di santità, posti in essere senza condizioni; al centro di tali propositi, sta sempre vivere la vita liturgica quale impatto d’amore e di comunione con Dio nella celebrazione della comunità. Infine, l’apostolato tra la gioventù, al quale ha dedicato realmente la sua vita, e al quale pone come meta la liturgia.

                Ma tutto questo è come cementato dalla sua fedeltà, inattaccabile da ogni diminuzione, alla Chiesa, al Papa, ai Vescovi. Per questa fedeltà ha dovuto patire incomprensioni, subire avversioni ed affronti da parte di altri cattolici, che invece avrebbero dovuto riconoscere il genio e la vita spirituale. La sua dottrina, assai insistita, sull'”azione cattolica”, indipendente dalla politica e quale vero modo d’essere della “Chiesa nel mondo”, è un modello di verità, di lucidità, di attualità, dal quale lo scrivente ha imparato molti fatti notevoli.

                Un’anima assetata di Dio e preoccupata giustamente del bene dei fratelli, non poteva non avere tensioni ecumeniche: egli ha fatto la prima guerra mondiale, ed ha vista in atto “l’inutile strage” di popoli, e di cristiani; ha così desiderato il superamento delle divisioni e delle violente opposizioni tra genti, popoli, stati e nazioni, indicandone anche la via: la conversione del cuore a Dio ed al fratello.

                Sulla dottrina liturgica di Ivan Merz noi professori del Pontificium Institutum Liturgicum di Roma siamo pieni di ammirazione, e comprendiamo come egli sia stato il vero iniziatore del movimento liturgico croato, realtà che non sempre gli autori croati, che hanno scritto su di lui, hanno compreso.

                Così, laico, unico tra i fondatori dei movimenti liturgici e di rinnovamento nell’età moderna, Ivan merz è degno di essere acclamato come figlio diletto, prezioso della Chiesa, anima eletta, santo di Dio, ed essere proposto come esempio di santità moderna reale e vissuta».

    [5] Cf. le riflessioni di Merz nel Diario del 18 dicembre 1918 (sopra, Cap. VIII).

    [6] Ivan Jäger S.I., Moj susret s Ivom…(Il mio incontro con Ivan…), in “Život” 5, 1938, p. 301s. P. Jäger è stato anche teste nel Processo Informativo (v. Teste XI).

    [7] D. Žanko, Duša Dra Ivana Merza (L’anima del dr.Ivan Merz), in “Život” 5, 1938, p. 250.

    [8] Ivan Merz, Vječni Rim (Roma eterna), in “Za Vjeru i Dom” 1925, num. 1, p. 15.

    [9] D. Žanko, Duša Dra Ivana Merza, p. 254.

    [10] Dragutin Kniewald, teste III nel Processo Informativo, ad art. 160.

    [11] Čedomil Čekada, v. infra, Cap. XVII, 15.

    [12] D. Kniewald, Ivan Merz, Zagreb 1964, p.196.

    [13] Merz aveva conosciuto l’Opera Cardinal Ferrari a Milano nell’ottobre del 1923, ne aveva scritto su “Narodna Politika” nelle corrispondenze del 22 e 24 ottobre e, tornato a Zagreb, aveva descritto l’Opera in un lungo articolo su “Katolički List” num. 46/1923 (v. sopra, Cap. XI, 2, nota 35). A Milano in quella occasione aveva visitato – insieme con il prof. Ljubo Maraković – l’Università Cattolica e aveva assistito alle sedute dell'”Union Catholique des Etudes Internationales”. Merz scrive come in queste riunioni ci furono parecchi contrasti tra i Francesi e gli Italiani. «Gli Italiani non potevano comprendere perché i Francesi non ammettessero i Tedeschi (nell’Unione), e i Francesi rimasero offesi perché gli Italiani volevano ad ogni modo che i Tedeschi vi entrassero subito”. Era presente anche don Sturzo, del quale Merz scrive: «Perciò don Sturzo mi ha fatto impressione di un uomo che conosce le necessità interne del popolo italiano, ma che non conosce bene le necessità della Chiesa nel mondo. La sua visione sembra arrivare fino ai confini d’Italia. Altrimenti egli sosteneva decisamente questo punto di vista internazionale, ma, mi sembra, piuttosto come un teoretico che non ha avuto occasione di avere sufficiente contatto con i cattolici di altri popoli e di comprendere le loro necessità». Merz ha parlato anche con Armida Barelli, la quale “mi ha fatto conoscere il lavoro disciplinato delle giovani italiane, il cui periodico viene stampato in 205 mila copie. Adesso hanno pubblicato anche il manuale liturgico e cominceranno a cantare liturgicamente. Inoltre hanno riunito recentemente molti medici e si sono messe d’accordo sulla (questione della) ginnastica femminile», che Musolini aveva imposto. Tutto ciò che riguardava la vita cattolica nel mondo, specialmente l’educazione della gioventù, era oggetto dell’interessamento di Merz.

    [14] D. Kniewald, op. cit., p. 198.

    [15] Dopo il raduno delle Aquile a Požega (cf. Cap. XI Intr. 7), Merz scrisse a un p. gesuita (Foretić?): «Vado a Roma, poi a Castelnuovo Fogliani al corso dei giornalisti. La cosa più importante per me è di incontrare lì il p. Rosa, Olgiati, (Dalla) Torre ed altri, per sentire la loro opinione. Perciò La prego, Reverendo, di scrivere subito al p. Rosa per dirgli con quale visione vengo e che mi riceva e informi di tutto… Preghiamo gli uni per gli altri affinché cresciamo di più nella carità» (Arch. Merz, F1 – 52). Dalla lettera risulta che l’argomento che lo interesava – e di cui probabilmente desiderava discutere con i personaggi menzionati – era il rapporto tra l’Azione Cattolica e il partito politico.

    [16] M. Stanković, Mladost vedrine, p. 39.

    [17] Il discorso, registrato dai sacerdoti presenti e da Merz, fu pubblicato in traduzione croata in “Za Vjeru i Dom” 7-8, 1926, e ripubblicato in M. Stanković, Mladost vedrine, pp. 40-44.

    [18] Dalibor Pušić, S našim Merzon od Zagreba do Rima (Con il nostro Merz da Zagreb a Roma), in “Orlovska Misao” 8, 1929, pp. 103-105. – A proposito della “democrazia delle Aquile” Pio XI nel discorso alle Aquile (1926) affermava: «E’ stata un’idea molto felice quella di ricevere nelle proprie file le giovani senza distinzione di ceto e di strato. Così potete molto più facilmente diffondere ovunque lo spirito della Chiesa di Gesù Cristo e ovunque svolgere la vostra attività benefica».

    [19] Ricordiamo che, per suggerimento dell’amico Gračanin, Merz aveva intrapreso anche lo studio sistematico di filosofia e di teologia, appunto per avere la necessaria competenza nel campo dell’Azione Cattolica (cf. Cap. IX, Intr. 6). – Dušan Žanko scrive: «Tante volte ci siamo chiesti, donde a lui (Merz) quell’orientamento sicuro, quella universalità e lucidità in ogni questione? Ci ha rivelato il segreto citando continuamente le encicliche papali e le lettere e consigli episcopali. Ha studiato a fondo tutte le encicliche dei papi: Pio IX, Leone XIII, Pio X, Benedetto XV e Pio XI. Egli studia la vita cattolica contemporanea nel mondo. La sua lettura quotidiana è L’Osservatore RomanoLa CroixDocumentation catholique. Non legge i nostri giornali politici, perché non ci arriva. Chi è stato nella sua stanza negli ultimi anni, lo ha trovato sempre in mezzo alla letteratura sull’Azione Catolica. Non c’era il (relativo) libro e la rivista che egli non possedesse. Così che possiamo affermare senza esagerazione che nella questione dell’Azione Cattolica egli era già un’autorità. – Egli guarda tutti i problemi con gli occhi del Santo Padre e della Chiesa… – Dovunque nota che un vescovo ha scritto sui balli, sulla  moda, sui divertimenti, sulle rappresentazioni miste come pure sui più attuali problemi dell’educazione della gioventù, egli si rivolge personalmente all’Ordinariato e chiede tali scritti. Così si rivolge ai vescovi nel Belgio, in Italia, in Austria, in Romania, nel Canada, per non parlare della Francia. Dopo la sua morte è arrivato del materiale dal Canada». Svjetlo na gori (La luce sul monte), in “Orlovska Straža” 6, 1928, p. 165.

    [20] J. Vrbanek, Vitez Kristov, p. 158.

    [21] Dušan Žanko nota in proposito: «Oltre a dare le direttive fondamentali, egli nell’organizzazione delle Aquile ha elaborato un particolare stile cavalleresco quanto alla coeducazione: nella formazione, nei raduni, nei viaggi ecc. Nelle direttive per la disciplina nei raduni, ad esempio, scrive: “L’Aquila, ragazzo e ragazza, durante i riti religiosi dà esempio. In chiesa segue il servizio divino e rimane inginocchiato dalla Consacrazione alla Comunione. – La disciplina delle Aquile consiste nella volontaria rinuncia alla propria volontà a favore del bene comune. – In treno le Aquile ragazzi hanno le carrozze proprie, e le Aquile ragazze le proprie. – La guida del viaggio sia possibilmente un sacerdote. – L’educazione della gioventù maschile si svolge separatamente da quella femminile. – Lo stile cavalleresco delle Aquile esige che non si frequentino le osterie appartate, che non si cantino canzoni scurrili (“bećarske”) ecc.”». Svjetlo na gori, cit., p. 166. 

    [22] Quali risultati abbia dato questa educazione, si può notare anche percorrendo il libro di Marica Stanković, dal titolo significativo Mladost vedrine (La giovinezzza serena), Zagreb 1944, in cui viene descritta la storia del movimento delle Aquile (poi Crociati), «la storia di migliaia di anime giovani in Croazia». 

    [23] Dušan Žanko scrive: «Il dr. Merz non era soltanto apostolo del pensiero delle Aquile. Egli andava da una associazione all’altra, teneva numerosi corsi, faceva gli esami culturali, si occupava della fondazione di associazioni, teneva l’enorme corrispondenza dello HOS con le autorità ecclesiastiche, con le autorità civili, scriveva molti articoli in “Orlovska Straža”, “Orlovska Misao”, “Za Vjeru i Dom” e “Katolički Tjednik”. E’ particolarmente noto per le sue conferenze con diapositive su Lourdes e su Roma… Merz è stato il promotore dell’organizzazione dei pellegrinaggi a Roma… Nella sua stanza si son tenute molte sedute importanti, e in essa ogni Aquila trovava calore e amore. Il suo buon padre l’altro giorno mi disse tra le lacrime: “Egli era più vostro che mio”». Svjetlo na gori, cit., p. 166s.   

    [24] Da Lourdes Merz fece una breve visita a Parigi, per vedere i benefattori e amici, in particolare mons. Beaupin, e per aggiornarsi sulla vita cattolica in Francia. Da Parigi, su invito della contessa Marguerite de Montbel – che aveva conosciuto a Zagreb -, si recò ad Argent, dove per alcuni giorni fu ospite di quella famiglia cattolica aristocratica. Lì scrisse interessanti appunti sulla vita e la mentalità dell’aristocrazia francese, per la quale il cattolicesimo e la monarchia erano inseparabili, mentre tutto il male veniva dalla repubblica. (cf. Kniewald, op. cit., pp. 191-195).

    [25] Lettera del console a Ivan Merz, del 6 giugno 1924, in Arch. Merz. Gli si comunica che «le Comité Catholique des Amitiés françaises à l’étranger et L’Alliance Française» hanno deciso di rinnovare per il 1924-1925 il sussidio di 1.200 franchi assegnati da ciascuno di questi organismi alla cattedra di francese nel Ginnasio arcivescovile. – «Oltre la lingua francese che non era materia obbligatoria, Merz per più anni ha insegnato anche il tedesco che era obbligatorio, così che nel 1925/26 aveva 17 lezioni settimanali». Vrbanek, op. cit, p. 244. – Quanto alla conoscenza delle lingue, Ivan parlava cinque lingue (croato, sloveno, tedesco, francese, italiano) e leggeva altre cinque (latino, ceco, ungherese, inglese e spagnolo).

    [26] Orig. in Arch. Merz. – Il sac. dr. Josip Burić, che fu alunno di Merz, nella stessa classe di Mijo Uđbinac, mi ha raccontato come per due anni Merz lo aveva abbonato a un periodico liturgico belga. Certamente anche in tal modo Merz impiegava il sussidio di cui sopra.

    [27] Nel 1927, Merz all’inizio dell’anno scolastico si trovava a Hvar, per ragioni di salute. Sulle polemiche nei mesi precedenti cf. Cap. XII.