L'OSSERVATORE ROMANO - edizione quotidiana - del 10-11 Novembre 2003 – pagina 4

 

Presentato il volume dei «Quaderni dell'Osservatore Romano» dedicato al beato Ivan Merz

La santità «feriale» di un laico che interpella i giovani di oggi

 

FRANCESCO M. VALIANTE

«Qui la storia non stava zitta». Era il 4 ottobre 1998 quando Giovanni Paolo II, pellegrino per la seconda volta in terra croata, pronunciava queste parole facendo ingresso nella Cattedrale di Spalato, l'antico Mausoleo eretto tra il III e il IV secolo dall'imperatore Diocleziano. Appena ventiquattr'ore prima, proprio raccogliendo il «grido» inestinguibile della storia di una Chiesa eroica, il Papa aveva beatificato il Cardinale Alojzije Stepinac, vittima della persecuzione nella Jugoslavia di Tito. In quelle parole — che restano scolpite non solo nel marmo della Cattedrale ma nel cuore di un intero popolo — ha trovato l'ispirazione più profonda e immediata il primo volume della serie «Monografie» dei Quaderni dell'«Osservatore Romano», dedicato nel 1999 all'intrepido Pastore croato. Ed alle stesse radici interiori attinge oggi il libro «Ivan Merz. Un programma di vita e di azione cattolica per i giovani di oggi», del nostro collega Giampaolo Mattei, presentato sabato 8 novembre, nella sala conferenze della Comunità di Sant'Egidio, a Santa Maria in Trastevere.

All'incontro, presieduto dal Card. Crescenzio Sepe, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, sono intervenuti il Card. Josip Bozanić, Arcivescovo di Zagabria e Presidente della Conferenza Episcopale della Croazia; Mons. Franjo Komarica, Vescovo di Banja Luka e Presidente della Conferenza Episcopale della Bosnia ed Erzegovina; Mons. Marin Barišić, Arcivescovo di Split-Makarska; il prof. Roberto Morozzo della Rocca, della Comunità di Sant'Egidio; il nostro Direttore Mario Agnes.

Elevato agli onori degli altari da Giovanni Paolo II durante il 101° viaggio apostolico internazionale compiuto a Banja Luka lo scorso 22 giugno, primo beato della Bosnia ed Erzegovina, il giovane laico Ivan Merz è un'altra di quelle figure, limpide e affascinanti, nelle quali si avverte la «voce» della storia della santità del nostro tempo. Il volume di Mattei — numero 66 della Collana «Quaderni» e terzo della serie «Monografie», dopo quello dedicato ai martiri ucraini beatificati a Lviv nel 2001 — vuole appunto «far parlare quella storia ancora oggi», come ha sottolineato Agnes introducendo l'incontro. E l'autore riesce a farlo «con competenza, con intelligenza storica, con fiuto euristico». Ma soprattutto «con la fede del cristiano, di un cristiano semplice, e con una passione del tutto singolare verso i “crocifissi”, verso i martiri del nostro tempo».

Dopo aver ringraziato — anche a nome del Direttore Generale della Tipografia Vaticana-Editrice «L'Osservatore Romano», Don Elio Torrigiani, presente all'incontro — i due Porporati, gli Arcivescovi ed  i Vescovi presenti, Agnes ha voluto rimarcare il legame che unisce le tre «Monografie» pubblicate nella Collana dei «Quaderni». «Si tratta — ha detto — di tre libri sgorgati da tre viaggi del Santo Padre. Quasi ne costituiscono il prolungamento. Come il viaggio della beatificazione dell'eroico Cardinale confluì in quel “Quaderno”, che è stato tradotto anche in altre lingue, così il viaggio per la beatificazione di Ivan Merz confluisce in questo “Quaderno” che consegnerà alle nuove generazioni una figura di laico vivace, contemporaneo». «Sono tre “gioielli” — ha aggiunto — contraddistinti dallo stile inconfondibile della Tipografia Vaticana».

 

Il respiro del 100° e del 101° viaggio apostolico

Attraverso le pagine di Mattei si riassapora «il respiro del 100° e del 101° viaggio apostolico del Santo Padre. E questo “Quaderno”, che porta il segno del “ponte” tra i due pellegrinaggi — ha sottolineato il Direttore —, ci offre il sapore del XXV e dell'inizio del XXVI anno di Pontificato di Giovanni Paolo II». Esprimendo gratitudine alla Sant'Egidio per l'ospitalità, Agnes ha fatto notare anche la singolare valenza del luogo scelto per la presentazione: l'antico Palazzo Leopardi (recentemente restaurato), a due passi dalla splendida Basilica di Santa Maria in Trastevere, «fulcro» dell'impegno della Comunità. «Proprio qui, nel cuore della “Roma dei romani” — ha detto — ogni giorno giovani come Ivan, giovani “normali”, fanno avvertire il respiro della testimonianza, fanno sentire le voci di un “cenacolo” missionario».

«La figura del beato Ivan Merz — ha rilevato successivamente il prof. Morozzo della Rocca rivolgendo un saluto ai presenti — merita ampiamente la pubblicazione di questa appassionante biografia italiana, scritta con grande e cordiale partecipazione».  «Questo libro — ha aggiunto — ci restituisce la figura di un giovane “normale” ma coraggioso, che non voleva vivere per se stesso ma aspirava a niente di meno che alla santità». Morozzo della Rocca ha riproposto in particolare l'esigente consegna lasciata da Merz alle nuove generazioni: «Alla gioventù chiedete molto — scriveva il beato nel “Libro d'oro” — perché i giovani possono sacrificare molto; e quanto più loro chiedete tanto più realizzeranno». «Ivan — ha ricordato — intendeva la vita come un sacrificio, un'offerta a Dio. Il termine “sacrificio”, da lui molto amato, era connesso col senso eucaristico. Dalla Liturgia, dall'Eucaristia nasceva la vita cristiana di Merz».

 

Un «dono» offerto a tutta la Chiesa

Un «dono» tra i più belli che Giovanni Paolo II ha fatto alla Chiesa in questi 25 anni di Pontificato: così il Card. Bozanić — terzo successore del Card. Stepinac sulla Cattedra zagabrese dopo gli indimenticati Pastori Šeper e Kuharić —  ha presentato la figura del beato Ivan Merz nel suo puntuale e articolato intervento. «È un dono del Papa ai fedeli della Croazia e della Bosnia ed Erzegovina  — ha detto —, dono che, allo stesso tempo, supera i confini di questi due Paesi, divenendo incoraggiamento ai laici cristiani della Chiesa intera». Nato sui passi del Pellegrino Giovanni Paolo II, il libro di Mattei «porta bene impressi i sigilli della missione apostolica del Papa». «Veramente un viaggio del Papa — ha riconosciuto il Cardinale — non finisce mai. Non si conclude con la cerimonia di congedo. Anzi, inizia in quel momento un tempo di riflessione e  di meditazione».

Ripercorrendo le tappe e i tratti più significativi della vicenda terrena del beato, l'Arcivescovo di Zagabria ha rilevato che è proprio «nella sua ordinarietà, nella sua normalità, il fatto straordinario, originale, irresistibile, affascinante». Il segreto della sua santità sta nell'aver raggiunto vette «spirituali» e «mistiche» altissime pur vivendo pienamente nella «concretezza quotidiana». Il Porporato ha ricordato, in proposito, la vicenda della conversione dei genitori, per la quale egli pregò incessantemente ed offrì tutto se stesso fino al sacrificio, consapevole che «la sofferenza — confidava in una lettera scritta tre mesi prima di morire —  è il mezzo più forte per la salvezza e la santificazione delle anime». «Sulla verità della Croce — ha sottolineato il Card. Bozanić — Ivan Merz ha puntato la sua vita; per la santità con cui ha vissuto questa verità, il Papa lo ha proclamato beato».

L'attualità ecclesiale del messaggio del giovane laico è stata al centro della densa riflessione offerta successivamente da Mons. Komarica. «Proclamando beato Ivan Merz — ha detto — il Santo Padre ha incoraggiato ancora una volta tutti noi a non aver paura e a camminare coraggiosamente sulla via che egli ha percorso. È la via dell'ascesi, del sacrificio, dell'obbedienza a Cristo e alla Chiesa, della preghiera quotidiana, della frequenza ai sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia:  la via del cuore puro!». Nel ricordare i grandi «amori» della vita spirituale di Merz, il Presule ha sottolineato in particolare «l'amore a Gesù Cristo, alla Chiesa e all'uomo nella sua integralità». «Il beato Ivan — ha affermato — ha vissuto la Chiesa come la sua casa ma anche come il suo compito. Egli ha dato fino in fondo il suo cuore per la Chiesa. L'ha sentita come sua, l'ha servita nel modo più ideale».

Questa inesauribile passione ecclesiale si è nutrita dell'Eucaristia e si è radicata in un ardente e incondizionato amore al Successore di Pietro. «Senza ubbidienza al Papa — è stata sempre la ferma convinzione di Merz — non c'è vero cristiano e soprattutto non c'è uomo santo». «Con la sua intelligenza, la sua educazione e soprattutto la sua santità di vita — ha concluso Mons. Komarica — egli può essere veramente un modello attraente per l'odierna generazione cristiana, soprattutto per i giovani. Ivan ha dimostrato con il suo esempio che essere cattolico vuol dire essere un uomo completo».

La voce della riconoscenza e della fedeltà di una Chiesa radicata nella memoria dei martiri è risuonata poi nell'appassionata testimonianza resa da Mons. Barišić. «Tutti, anche noi Vescovi — ha riconosciuto — ci troviamo a fare un esame di coscienza leggendo queste pagine dedicate ad un giovane santo così affascinante».  «Noi vediamo questo giovane — ha aggiunto — come un sogno e come un segno, come un ideale della nostra realtà e della nostra storia».

 

Quelle parole  del Papa  a Spalato: «Qui la storia non stava zitta»

Nelle parole di Mons. Barišić si è reso vivo e palpitante il volto di una terra che finanche nelle sue pietre «racconta una grande storia di fede». Il Presule — che oggi siede sulla Cattedra di san Domnio, il Vescovo ucciso nella feroce persecuzione ordinata da Diocleziano nel 304 — ha ricordato con commozione il pellegrinaggio compiuto da Giovanni Paolo II cinque anni fa, all'indomani della beatificazione del Card. Stepinac, e quella sorprendente lezione di storia racchiusa nelle parole pronunciate nella Cattedrale di Spalato. «C'è la storia della Chiesa, ci sono tutti i martiri di venti secoli — ha confidato — in quelle parole del Papa: “Qui la storia non stava zitta”». Ed ha concluso: «La storia continua a non stare zitta! L'elevazione agli onori degli altari di Ivan Merz è un altro grido che raggiunge il cuore di ogni uomo e lo riempie di speranza. Nella nostra missione dobbiamo avere il cuore giovane, pieno di entusiasmo e di gioia. Ce lo insegna Ivan Merz. Ce lo insegna Giovanni Paolo II».

Concludendo l'incontro il Card. Sepe ha rilevato che il volume di Mattei «entra a far parte di una collana che ormai segna la storia della Chiesa e la storia di questo Pontificato. Sono opere che rappresentano delle “pietre” poste sul cammino di questo Pontificato, del quale colgono non soltanto i momenti salienti ma anche le più significative figure di santità».

Rivolgendosi all'autore il Porporato ne ha evidenziato la  formazione cattolica e la «straordinaria esperienza» maturata al seguito del Papa durante i più recenti viaggi apostolici. «Nel suo volume — ha rivelato — vedo quasi un'“autoriflessione”. Di fronte alla figura del beato, Mattei si  fatto interprete degli interrogativi che si porrebbe la gioventù di oggi, così assetata di spiritualità e di testimonianza». «E la risposta di Ivan Merz — ha detto — è quella di un giovane che ha saputo trovare la santità nell'ordinarietà. Perché santità non  è straordinarietà, ma è parte essenziale del nostro essere cristiani».

La dimensione missionaria della sua santità

«La santità — ha sottolineato ancora il Card. Sepe — non ha età, non ha un luogo, non ha circostanze, perché a qualsiasi età, in ogni luogo e in ogni circostanza possiamo e dobbiamo diventare santi. È questa la dimensione missionaria della santità». «E il giovane Ivan — ha aggiunto — è stato in senso pieno “missionario”. Ha cominciato la sua missione in famiglia, convertendo i propri genitori. Poi è uscito dalla Patria e ha testimoniato Cristo in diversi Paesi. Ecco quello che ogni cristiano è chiamato a vivere nella propria esistenza». «Con Ivan Merz — ha concluso — la terra e la Chiesa croata offrono alla Chiesa intera, alla Chiesa missionaria, un esempio di come essere santi oggi».

All'incontro — al quale era presente l'autore — hanno partecipato gli Arcivescovi Luigi Travaglino, Nunzio Apostolico, e Giulio Einaudi, a lungo Nunzio Apostolico in Croazia; l'intero Episcopato croato, che nella mattinata era stato ricevuto in udienza da Giovanni Paolo II insieme con migliaia di pellegrini giunti dal Paese; i Monsignori Petar Rajič e Martin Vidović, Officiali della Segreteria di Stato; l'Ambasciatore di Croazia e l'Ambasciatore di Bosnia ed Erzegovina presso la Santa Sede; l'Ambasciatore di Croazia in Italia e il Rappresentante dell'Ambasciata di Bosnia ed Erzegovina in Italia. Erano inoltre presenti la comunità del Pontificio Collegio Croato di san Girolamo  e la comunità croata residente a Roma, con numerosi sacerdoti, religiosi, religiose, laici e studenti presso le Pontificie Università.