C a p i t o l o XV
Tutti quelli che hanno conosciuto da vicino Ivan Merz attestano che egli nascondeva gelosamente la sua vita interiore, per cui – secondo il suo intimo amico dr. Avelin Ćepulić – «la sua grandezza era nascosta non solo al popolo, ma anche in gran parte ai suoi conoscenti e ammiratori». Dopo la sua morte, però, questa vita interiore è stata sufficientemente svelata dai suoi scritti intimi, in cui egli appare estremamente sincero con Dio e con se stesso. E alla luce di questa conoscenza postuma, i suoi amici hanno potuto valutare meglio anche i fatti o atteggiamenti che prima non avevano compresi adeguatamente.
Molti degli scritti di Ivan riportati in questo volume ci hanno già permesso di avere una immagine fedele della sua personalità; ci sono altri ancora che ci rivelano le più profonde motivazioni del suo operare nell’ultimo periodo della vita. Si tratta degli appunti e propositi fatti per lo più durante gli esercizi spirituali. Letti nel contesto storico, essi fanno intuire l’eroismo di questo cavaliere di Cristo – come spesso è stato definito – nella ricerca della perfezione cristiana.
I testimoni della sua vita, poi, confermano che egli di fatto metteva in pratica ciò che si era proposto nel segreto del suo cuore.
A. Appunti intimi di Ivan Merz
Dei suoi appunti intimi alcuni sono datati e altri senza data; essi ci fanno conoscere meglio la vita spirituale dell’autore, la sua costante tensione verso la perfezione, la disposizione di compiere anche nelle piccole cose la volontà di Dio conosciuta, come anche le debolezze che egli confessa.
1
Regola di vita di Ivan Merz (senza data).
Degli appunti non datati, pare che il primo in ordine di tempo sia questo, in cui si riflette lo stile di vita di Ivan quando era studente.[1]
1. Dormire sul duro.
2. Quotidianamente lavare tutto il corpo con l’acqua fredda.
3. Non mangiare nulla di mattina.
4. Venerdì provare fame.
5. Spesso cessare di mangiare quando sento più appetito.
6. Ogni giorno fare ginnastica, in qualsiasi circostanza.
7. Non parlare mai di sé.
8. Soltanto pranzare e cenare.
9. Una volta al mese non mangiare né bere per 24 ore.
10. Dare ai poveri il superfluo dei propri beni.
11. Non parlare mai dei propri dolori.
12. Parlare il meno possibile.
13. Almeno una volta al giorno immergersi nella preghiera.
14. Andare in situazioni sgradevoli.
15. Benedire il proprio dolore.
16. Talvolta provocarsi il dolore. (Ricordo delle pene dell’inferno!) (Di nascosto).
17. Qualche volta, quando si è più appesantiti dal sonno, alzarsi a contemplare le stelle.
18. Nel buio della notte andare in luoghi paurosi (vincere la paura, rafforzare la fede).
19. Accettare gioiosamente le umiliazioni davanti agli uomini.
20. Non lasciarsi prendere troppo unilateralmente dalla scienza.
21. Avere il più stretto contatto con la vita.
2
Altri appunti senza data.
a) Ci sono tre schede su cui Ivan ha scritto i suoi difetti, probabilmente in vista della Confessione. Riportiamo il testo di una di esse, che contiene l’esame di coscienza secondo i Comandamenti:
I. Ho pregato distrattamente, in chiesa (ho) guardato intorno, (ho avuto) il rispetto umano.
II. e III. (spazio vuoto)
IV. Non ho subito ubbidito ai genitori. Non ho sufficientemente rispettato l’autorità di Dio nei miei superiori.
V. Ho pensato male degli altri senza necessità.
VI-IX. Curioso circa gli oggetti immodesti.
VII-X. Ho parlato male degli altri.
VIII. Osservando il silenzio non ho reagito alle altrui maldicenze. Ho parlato troppo.
1. Non sono stato abbastanza umile nei pensieri, parole e opere. Mi sono lodato.
5. Ho mangiato fuori tempo senza necessità. Sceglievo i cibi più fini.
6. Impaziente. Adirato.
7. Rimasto a letto dopo il proposito…
b) Su un altro foglio si legge:
Il fondamento della vita interiore è la meditazione, e precisamente: dopo il sonno anche mezz’ora al giorno. Domenica sera, dal piccolo Messale leggi l’Evangelo e con i pensieri a quanto letto addormentati.
(Segue l’ordine della giornata: Le preghiere da recitare la mattina; l’esame di coscienza (5 minuti) e la lettura del De imitatione Christi (10 minuti) a mezzogiorno; la sera l’esame di coscienza (5 minuti), Sub tuum praesidium e per le anime del Purgatorio il De profundis. Poi continua:)
Meditazione:
1) La presenza di Dio: sei solo con Dio – o in chiesa: Gesù è lo Sposo dell’anima nostra.
2) Tutto il giorno dev’essere nell’anima la meditazione mattutina.
3) Possibilmente non lavorare in continuo più di 2 ore, e allora mediti.
Cerca di formarti nello spirito contrario all’americanismo…; antidoto a questo (sono): le virtù passive.
3
Dagli Appunti scritti durante il ritiro del 7-9 novembre 1923. – Autografo nell’Arch. Merz.
Questi appunti aiutano a conoscere il livello della vita spirituale di Ivan dopo il suo ritorno a Zagreb. Merz è a un bivio: farsi religioso o rimanere nel mondo? Egli cerca la via più rapida, la più sicura per raggiungere il fine – la salvezza dell’anima. Se rimane nel mondo, teme che tutto si risolva nella mediocrità. D’altra parte, a causa dei suoi occhi malati sembra escluso che possa entrare in un Ordine religioso e affrontare altri studi intensi. Come dare alla propria vita «il pieno contenuto»? – si chiede.
Esamina le proprie capacità fisiche e spirituali e decide di impiegarle nell’esercito di Gesù, rimanendo nel mondo e tendendo alla perfezione nello stato in cui si trova. In particolare si propone: «Servirò come correttore nelle organizzazioni cattoliche, perché riconosco le deviazioni permanenti dalle rette dottrine – Sen(iorato), Orl(ovi), Domag(oj)). Rappresentante dell’idealismo dell’Azione Cattolica nel seminario».
Il momento in cui Merz fa questa decisione è quello in cui si prepara l’unificazione dell’Omladinski Savez (Lega della gioventù) e dell’organizzazione delle Aquile (cf. Cap. X); egli insiste che le Aquile, conservando il nome e la parte tecnica (ginnastica), assumano tutto il programma religioso dell’Omladinski Savez, che è ispirato alle direttive di Pio XI sull’Azione Cattolica. E in questo senso rielabora “Il libro d’oro” delle Aquile.
E’ consapevole delle difficoltà cui va incontro, ma è disposto ad accettare «Tutto ciò che mi viene fatto, che mi accade, come se venisse da Dio stesso e perciò nulla deve turbare la pace interiore. Sempre immaginare come se nel mondo esistessero soltanto Dio ed io». E la pace di Merz sarà motivo di ammirazione dei suoi osservatori (cf. in particolare Cap. XVII, 7 e 8).
Rimanendo nel mondo, si propone di vivere «nella casa di famiglia una vita tutta consacrata (a Dio)», ma se una tale vita risultasse un ostacolo sia pur minimo al compimento della volontà di Dio, egli si propone di abbandonare la casa paterna; farebbe lo stesso se altrove potesse fare di più per la gloria di Dio!
«Come il Salvatore si è distaccato dai genitori, così anche il mio cuore deve distaccarsi da essi. Compiere la volontà del Padre celeste ed essere pronto a lasciare la casa quando Egli lo esige. Adesso mentre sono ancora con i genitori, condurre una esistenza libera e lavorare dove il Movimento cattolico lo richiede, senza riguardo ai genitori. Il mio obbligo sta nel procurare loro quei mezzi che sono necessari perché possano vivere decentemente, e cercare che la loro vita e il lavoro siano secondo il Cuore di Dio».
E’ significativo il ruolo che egli assegna all’ubbidienza all’autorità ecclesiastica anche nel caso che rimanga nel mondo: vorrebbe lavorare «secondo le direttive di qualcuno…la cui vocazione e la vita sono sotto un più immediato influsso dello Spirito Santo».
Essere simile a Gesù, non cercare nulla per sé, essere ubbidiente alle ispirazioni interiori e ai consigli del direttore spirituale, non avere altro Sposo fuori del Salvatore e diventare sempre più simile a Lui nella volenterosa accettazione della sofferenza – ecco la domanda che Ivan rivolge a Gesù.
Questo è Ivan Merz che si accinge a dedicarsi all’apostolato per il bene spirituale del popolo croato. «Gesù, senza la rinascita spirituale del popolo croato non c’è rinascita. Tutto il resto sono chiacchiere…».
Ecco il testo degli Appunti:
7.XI. – I. meditazione.
Nessun lume durante la meditazione. La preghiera del Confiteor molto chiara. In essa si manifesta il frutto della meditazione. Specialmente: quia peccavi nimis cogitatione, verbo, opere.
1) Perché Dio ci ha creati per la sua gloria. Il nostro mondo di pensiero che deriva da Lui, dev’essere soltanto il prolungamento della Sua vita interiore.
Peccavi: perché da me non è sempre stato così.
2) […] Le nostre parole devono rendere testimonianza a Lui, devono trasmettere la Sua vita interiore nelle anime dei prossimi. Peccavi: perché…
3) […] Ci ha dato la capacità di compiere le opere che riflettano la Sua vita interiore e così rendano la testimonianza su di Lui. Peccavi: perché…
Nella recita del Rosario medito meglio quando prego oralmente (potrei meditare ancor meglio se più persone lo recitassero a voce).
II. meditazione.
Servirò Dio come correttore nelle organizzazioni cattoliche, perché riconosco le deviazioni permanenti dalle rette dottrine – Sen(iorato), Orl(ovi), Domag(oj).
(Sarò) Rappresentante dell’idealismo dell’Azione Cattolica nel seminario. Nessun lume sulla s. Liturgia.
Tutto ciò che mi viene fatto, che mi accade (accettare) come se venisse da Dio stesso e perciò nulla deve turbarci la pace interiore. Sempre immaginare come se nel mondo esistessero soltanto Dio ed io.
III. meditazione.
La via più breve, la più sicura per raggiungere il fine ultimo – la salvezza dell’anima mia. Se rimango nel mondo, presso i genitori, andando a scuola e frequentando le organizzazioni, scrivendo sui giornali, non ci sarà alcun tratto forte nella mia vita; tutto sarà il “chiacchierare”. Entrare nell’Ordine? E’ quasi escluso che i miei occhi possano sopportare studi più intensi (forse un’operazione potrebbe essere di aiuto). Come dunque assicurare la salvezza dell’anima mia? Come dare il pieno contenuto alla vita? Occorrerebbe fare il voto di ubbidienza ad un gruppo, ad una organizzazione che sia indubbiamente sotto l’influsso dello Spirito Santo, che indubbiamente con tutte le sue azioni – principali e secondarie, grandi e piccole – crea il Regno di Dio. Tale potrebbe essere il Movimento cattolico se l’Arcivescovo di Zagreb se ne occupasse. Ma poiché non appare in alcun modo il suo interessamento per il Movimento cattolico, e l’ubbidienza si potrebbe votare solo a lui, devo appoggiarmi a qualche Ordine (religioso) di carattere internazionale, quindi indipendente dalla gerarchia,[2]
e che pur opera per il Regno di Dio.
8.XI. – I. meditazione.
Devo meditare più spesso che finora sulla malizia del peccato e sui vari momenti dell’Antico Testamento. Solo dopo aver conosciuto e sentito il significato del peccato, saprò, pieno di amore, abbracciare la santa Croce che mi ha liberato dalla disgrazia così grande, eterna. – Vincere il rispetto umano, perché questo non guasti quei pochi momenti che uno nel mondo può dedicare alle verità eterne.
II. meditazione.
Ho chiesto al Signore se nel punto di morte preferirei vedermi sacerdote o religioso. Al riguardo non ho ricevuto alcuna illuminazione particolare. Sarei pienamente felice se morissi nello stato in cui mi trovo, solo temo per aver seguito nel lavoro nelle organizzazioni cattoliche, nello scrivere ecc., le proprie simpatie (preferenze) personali piuttosto che quello che è più nell’interesse di Dio. Pertanto sarebbe necessario che, continuando a lavorare nell’ambiente in cui mi ha messo la volontà di Dio, lavori secondo le direttive di qualcuno, cioè di quelli la cui vocazione e la vita sono sotto un più immediato influsso dello Spirito Santo.
Le (mie) capacità fisiche: gli occhi deboli. Dunque: non dedicarsi unicamente al lavoro intellettuale. La resistenza fisica riguardo alla stanchezza, al cibo cattivo, alla pioggia, al duro giaciglio – capacità che mi indirizzano verso i viaggi per visitare le nostre organizzazioni.
Le capacità spirituali: conoscenza delle lingue e del movimento cattolico in diversi paesi. Essere intermediario tra questi movimenti e il nostro (Attività di correttore). Orientamento nella letteratura: valutare questa dal punto di vista cattolico. Lo stesso sulla Liturgia.
Se scrivo qualcosa, farlo leggere a qualcuno prima (di mandarlo in stampa).
Consideratio.
Come il Salvatore si è distaccato dai genitori, così anche il mio cuore deve distaccarsi da essi. Compiere la volontà del Padre celeste ed essere pronto a lasciare la casa quando Egli lo esige. Adesso mentre sono ancora con i genitori, condurre un’esistenza libera e lavorare dove il Movimento cattolico lo richiede, senza riguardo ai genitori. Il mio obbligo sta nel procurare loro quei mezzi che sono necessari perché possano vivere decentemente, e cercare che la loro vita e il lavoro siano secondo il Cuore di Dio.
III. meditazione.
Come è dolce, Gesù, essere nel Tuo esercito, servire sotto il Tuo vessillo. Dimentico il padre e la madre e tutto ciò che mi è caro, quando mi ricordo del Tuo volto celeste e della Tua cara Madre. Gesù, mi affido totalmente a Te. Vorrei servirTi soprattutto lì dove si medita incessantemente di Te e si serve solo a Te, e a nessun altro. Forse Tu non vuoi che io entri in qualche Ordine, perché cosa vi farei con i miei occhi deboli; ma Tu, Gesù, probabilmente vuoi che Ti serva più perfettamente nello stato in cui mi trovo. Non vorresti che venga fondata una nuova confraternita di laici cattolici che si impegnerebbero a servirTi in modo particolare? Non vorresti che nel loro programma fossero previsti ogni mese gli esercizi spirituali di due giorni? Non potrebbero obbligarsi a riceverTi tutti i giorni e quotidianamente pregare secondo le istruzioni dei superiori di questa confraternita? Anche il loro apostolato sarebbe regolato da questi superiori verso i quali essi si obbligherebbero con la promessa di ubbidienza. Gesù, sia fatta la Tua volontà. Loquere, Domine, quia audit servus tuus.
9.XI. – I. meditazione.
[…] Ti prego, Gesù, perché nello stato che ho scelto, sempre cerchi di essere simile a Te; non cercare per me alcun avere, essere ubbidiente alle Tue ispirazioni interiori e ai consigli del mio direttore spirituale di cui Ti servi, e non avere altro Sposo fuor di Te, mio Salvatore. Non permettere che io Ti tradisca e dammi la forza per diventare sempre più simile a Te nella volenterosa accettazione della sofferenza.
Pertanto Ti prego, Gesù, che io nel mio stato possa sempre dedicarti il tempo necessario per meditare le verità eterne e che tutti i giorni io mi unisca a Te, mio Dio.
II. meditazione.
Gesù, Tu mi dici di seguirti. Perciò ti prego di annientare in me le inclinazioni che ancora mi legano ai genitori e talvolta mi fanno fiacco e indeciso nel tuo servizio. Propongo quindi che d’ora in poi vivrò nella casa di famiglia una vita tutta consacrata a Te. E se mi renderò conto che una tale vita costituisce sia pur un minimo ostacolo al compimento della Tua volontà, anche nelle piccole cose, e che in un’altra situazione potrei fare di più per la Tua gloria, prometto che abbandonerò la casa paterna.
III. meditazione.
Ho sentito tutto l’amore di Dio che si manifesta nei suoi immensi benefici. Nei beni del corpo e dello spirito. In tutti è presente Lui stesso, egli stesso è all’opera dandoci i suoi doni. Egli muove l’universo, il sole, perché io possa vivere, perché possano crescere le piante che mi nutriranno. […] Oh, il suo immenso amore lo manifesta soprattutto, non dandoci i suoi beni né rendendosi presente mentre ce li dà, ma dandoci tutta la sua immensità, infinità – nella piccola Ostia, in cibo.
O sovrabbondanza dell’amore di Dio che con il dono inconcepibile arricchisci una così insignificante polverosa creatura umana. In ricambio io mi offro a Te, o Dio. Prendimi e non permettere che io mi volti indietro e mi penta della scelta fatta. Fammi prendere il calice della sofferenza e invocare il tuo nome su questa terra, perché dopo possa guardarti faccia a faccia.
Gesù, senza la rinascita spirituale del popolo croato non c’è rinascita. Tutto il resto sono chiacchiere. Questo è il senso delle parole del direttore spirituale. Gesù, se vuoi che io mi faccia religioso, eccomi! Dammi la grazia di lasciare il padre e la madre per il tuo amore.
4
Propositi fatti il 1 dicembre 1924.
Compiere fedelmente i doveri ordinari e rassomigliare in tutto al Cristo crocifisso: sono gli obiettivi a cui Ivan tende. Dall’ultima frase si potrebbe dedurre che egli abbia mitigato l’austerità di prima, forse per consiglio del direttore spirituale.
Tendere alla perfezione nel compimento dei lavori quotidiani.
Fare con perfezione le cose ordinarie.
Mortificarsi perché ne risenta “un poco” la salute. Nella vita ordinaria preferire sinceramente tutto ciò che più rassomiglia alla santa Croce del Salvatore.
L’esame di coscienza particolare.
Oh, come non temete le pene con cui Dio punisce nell’inferno?
Riservare la domenica per una tranquilla meditazione.
In tutto sia l’abnegazione del Cristo crocifisso.
Una volta esigevo più da te, adesso ti chiedo solo questo. Vedi come il mio cuore è misericordioso.
5
Propositi fatti non prima del 1925.[3]
1. Prima di ogni preghiera ricordarsi della meditazione mattutina.
2. Se sono sufficienti gli altri cibi, (mangiare) i dolci il meno possibile.
3. Prima di ogni preghiera (adorazione, meditazione) stabilire la durata.
4. Non sbrigare i propri affari dopo cena.
5. Un piccolo segreto: Gesù, desidero per Mariam amarTi ogni giorno di più! (O: Bouquet spirituel).
6. Come penitenza, compiere i doveri di stato il più perfettamente possibile.
7. Per penitenza, regolarmente ogni due giorni dormine abbastanza (a sazietà).[4]
8. Ricevere la Comunione tutti i giorni e possibilmente fare la visita al Santissimo.
9. Incondizionatamente, sempre e senza eccezione, per penitenza, alzarsi con celerità elettrica (anche se dovessi riposare di giorno per la stanchezza). Non andare di nuovo a letto.
10. Ad ogni pasto fare qualche penitenza per la salvezza delle anime.
11. Qui regulae vivit Deo vivit: perciò senza gravi motivi non cambiare i propri propositi.
12. Durante l’Avvento a nessuno dare occasione di ridere.
13. Ridere soltanto in segno della gioia spirituale.
14. Nell’uso dei mezzi tecnici per la diffusione della gloria di Dio essere almeno a quella altezza alla quale sono i liberali quando lavorano per guadagnare il denaro.
15. Il mio parlare e il comportamento verso il prossimo deve sostenere e non distruggere la sua contemplazione.
16. Essere ordinato il più possibile.
17. Ama nesciri et pro nihilo reputari.
18. Con gli uomini che non sono personalmente responsabili di non essere cattolici, parlare nello spirito animae Ecclesiae e giudicare se fanno quello che la legge naturale esige da loro e prendere lo spunto da quel bene naturale che è in loro.
19. Mai criticare il cibo.
20. Non stuzzicare, specialmente non la mamma.
21. Amare il s. silenzio.
22. Alzandosi la mattina, lavandosi e andando in chiesa pensare alla Ss.ma Eucaristia.
6
Dagli esercizi spirituali del 27-29 marzo 1926. – Autografo nell’Arch. Merz.
Questi appunti si distinguono da quelli del 1923 per il maggiore accento che Merz pone sull’apostolato da svolgere nell’Azione Cattolica. Essi illuminano tutta l’attività di Merz quale ci è nota dai capitoli XI-XIV.
Il primo obiettivo di ogni apostolato è la lotta al peccato. E chi vuole appartenere all’Organizzazione delle Aquile, deve vivere senza peccato mortale: in questo lo aiuterà la frequente confessione e Comunione nonché una più profonda vita spirituale, per la quale saranno di grande utilità gli esercizi spirituali e l’insegnamento sistematico del catechismo
da introdurre nelle associazioni.[5] Lo HOS deve agire in questa direzione, perché l’organizzazione è per i suoi membri e come tale deve «creare i presupposti perché i membri possano compiere la loro missione di vita: lodare il Signore».
Merz stesso «sul letto di morte vorrebbe essere stato ovunque l’ambasciatore del Gran Re, cioé sempre alla presenza di Dio, consapevole che la lode, l’onore di Dio è l’unica cosa importante, e tutto il resto è vanità». Egli si fissa una serie di norme di condotta, appunto per vivere sempre alla presenza di Dio.
E’ consapevole però che combattere sotto il Re crocifisso significa lasciarsi crocifiggere fino alla fine della vita. E qui egli, che vive con la Chiesa e per la Chiesa, rivela la sua visione dell’apostolato: «La Sposa di Cristo per tutti i secoli viene inchiodata alla croce: anch’io devo partecipare a questa gloriosa somiglianza. La vita senza croce, comoda, per me dovrebbe essere una vergogna. Pertanto devo essere felice e ritenere condizione normale di un soldato di Cristo (e non mormorare come finora) i gravi doveri di stato che mi impediscono di dedicarmi sufficientemente allo studio e al lavoro privato».
Fa quindi il proposito: «Compiere coscienziosamente i doveri di stato, considerandoli come croce della mia vita, la mia crocifissione quotidiana, che porta la benedizione sul mio lavoro per la salvezza delle anime nell’Azione Cattolica». Per Merz, «tutto il lavoro che ha come scopo la salvezza delle anime, è il più sublime e il più necessario che si possa immaginare»[6], e le sue inclinazioni vanno in questa direzione. Tuttavia, come il Salvatore, che «non è venuto al mondo per essere carpentiere, eppure ha fatto questo lavoro quasi tutta la vita», così egli «deve continuare a portare con gioia la croce dei doveri di stato, per guadagnare il pane. Questo compimento della volontà del Padre sia il pegno della benedizione nel lavoro per l’Azione Cattolica».
La croce è sempre presente agli occhi di Ivan. «Ecce in cruce totum constat et in moriendo totum jacet» – è stato il motto del suo primo scritto Novo doba (I tempi nuovi) (v. Cap. VI, B). Egli non concepisce un apostolato senza croce: «Bisogna far presente a tutte le nuove generazioni che, partecipando nell’Azione Cattolica, devono essere pronte alla sofferenza, al pianto, all’ingiustizia. Beati i soldati di Gesù perché soffrono, piangono, sopportano l’ingiustizia. Lo spirito di comodità e la ricerca della felicità esclusivamente terrena è spirito di questo mondo».
I propositi finali riguardano le situazioni concrete in cui Ivan si muove e che egli cerca di santificare con incessanti atti di amore verso Dio: «Mi muovo in Dio come un pesce nel mare! Questo mi preserverà dalla precipitazione, mi darà la pace e desterà l’amore anche negli altri».
Ecco gli Appunti del ritiro del 27-29 marzo 1926:
Sabato, ore 8.
Il Signore ci ha creati perché lo lodiamo. Questo è la prima cosa. Gli Angeli lo lodano incessantemente, tutta la natura lo loda. Anche noi lo dobbiamo lodare. Tutto il resto è secondario. Questo è il fine per cui ci ha creati, altrimenti non ci avrebbe creati. Per questo ci mantiene costantemente in vita.
Correggere:
Lodare il Signore per lo splendore con cui si manifesta nella natura. Di questo pensare, parlare.
LodarLo per i suoi benefici, la santa Chiesa, i Santi, la Ss.ma Eucaristia.
Spronare l’HOS[7] e tutti i suoi membri a lodare il Signore. L’HOS è per il suoi membri e non il contrario: (quindi) creare i presupposti perché i membri possano compiere la missione della loro vita: lodare il Signore.
Sabato, ore 17.
Poiché il peccato è il più grave male, anzi l’unico male, perché ci priva dell’unico bene – Dio, ne consegue che occorre odiare il peccato soprattutto e combatterlo con tutti i mezzi. Anche l’Organizzazione delle Aquile ha il compito di eliminare il peccato. Se non si riesce (a ottenere) che tutti i membri vivano senza peccato mortale, tutta l’organizzazione non ha senso. A che serve tutto il mondo, se si perde il fine per cui l’uomo è creato? La s. Confessione mensile che il Libro d’oro prescrive come il minimo, dovrebbe solennemente manifestare la lotta delle Aquile contro quest’unico male che è il peccato.[8]
L’Organizzazione delle Aquile rappresenta un grande beneficio per i membri, perché offre le condizioni per salvare l’anima. Perché tutti i membri possano conoscere meglio il fine per cui sono creati – laudare, revereri, servire Deum -, l’Organizzazione delle Aquile farebbe ad essi il più grande favore offrendo loro la possibilità di esercizi spirituali. Il padre spirituale nell’associazione è la prova dell’immenso amore della Chiesa per la salvezza eterna delle Aquile; bisognerebbe introdurre l’insegnamento sistematico del catechismo. In primo luogo e anzitutto, dunque, le associazioni delle Aquile devono attendere al lavoro interiore, intenso: all’educazione di ogni singolo membro, in modo così solido che ogni suo atto conscio risponda al triplice fine per cui è creato. Soltanto le persone così educate sono idonee per il lavoro sociale-apostolico, cioè sono in grado di far sì che anche gli altri conoscano il triplice fine della vita e vivano in conformità ad esso. E’ un nonsenso l’Aquila che non conosce il triplice scopo della propria vita.
Domenica, ore 8.
Sul letto di morte vorrei essere stato ovunque l’ambasciatore del Gran Re, cioè sempre nella presenza di Dio, consapevole che la lode, l’onore e il servizio di Dio è l’unica cosa importante, e tutto il resto è vanità. Anche se nella mia volontaria occupazione fossi stato distratto, cupo, dimenticando lo scopo del mio lavoro…
Proposito: Tutto il lavoro deve svolgersi senza fretta, tutto con tempo e ritmo.
1) Nel tempo prestabilito saltare dal letto in fretta (Meglio stabilire l’ora più tarda che non alzarsi in fretta).
2) Prima della meditazione fissarne la durata (senza fretta!).
3) Camminare per strada con tempo moderato, guardando davanti; il pensiero si occupi della meditazione mattutina.
4) Nella sala dei professori fare solo i lavori più urgenti, il resto del tempo impiegare nella conversazione con i professori, affinché si affezionino a Cristo.
5) Entrare nella classe lentamente, raccolto, sapendo in anticipo quale materia occorre esporre.[9]
6) Senza grave necessità, non tralasciare l’esame di coscienza a mezzogiorno. Di regola deve durare 5 minuti. Poi l’Angelus.
7) Parlare con i genitori in modo raccolto, specialmente con la madre.
8) Non aver fretta con gli “instruendi”.
9) L’esame di coscienza la sera regolarmente 5 minuti.
Domenica, ore 10,15.
Un terribile pericolo incombe sulla gioventù nelle associazioni interconfessionali.[10] Il peccato che espone l’uomo alle pene eterne, ivi non è percepito. Non solo, ma la gioventù vi trova l’occasione di perdere il fine per cui è creata.
Solo se i Vescovi con tutto il coraggio richiamassero l’attenzione su questo gravissimo pericolo. E’ in questione il bene supremo, e ad essi è affidata la missione di preservare il gregge da questa grande, indescrivibile disgrazia.
L’HOS deve richiamare l’attenzione dei membri su questo grande male nel popolo – il peccato. Tutti devono diventare consapevoli di questo terribile male. Per poter accendere nelle anime delle Aquile il fuoco dell’apostolato nella lotta contro i peccati che ci circondano ovunque, occorre elaborare uno schema di esercizi spirituali per le Aquile e mandarlo agli assistenti spirituali, obbligandoli di tenere, già quest’anno, almeno parzialmente (in forma ridotta) gli esercizi spirituali in tutte le associazioni per tutti i membri.
L’essenza di ogni apostolato dev’essere la lotta contro il peccato. Questo è il quadro generale entro il quale si svolgono le altre specie di apostolato – quello puramente religioso, culturale, politico, economico-sociale.
Chi combatte nelle file della Chiesa ha un solo nemico – il peccato, tutto il resto sono cose indifferenti che bisogna usare per contrastare il peccato e promuovere la salvezza delle anime.
Domenica, ore 2,45 (pom.).
Proposito: Alzarsi sempre in tempo per arrivare un quarto d’ora prima dell’inizio della s. Messa, perché possa fare la meditazione in pace prima della s. Comunione.
Rimanere (in chiesa) finché il sacerdote non si allontani dall’altare, se dopo la s. Messa si distribuisce ancora la s. Comunione, altrimenti rimanere ancora almeno 5 minuti. Alzarsi al più tardi alle 5 3/4, a condizione che abbia dormito non meno di 6 ore.
Domenica, ore 17.
Combattendo sotto il Re crocifisso devo lasciarmi crocifiggere fino alla fine della vita. La Sposa di Cristo per tutti i secoli viene inchiodata alla croce; anch’io devo partecipare a questa gloriosa somiglianza. La vita senza croce, comoda, per me dovrebbe essere una vergogna. Pertanto devo essere felice e ritenere come condizione normale di un soldato di Cristo (e non mormorare come finora) i gravi doveri di stato che mi impediscono di dedicarmi sufficientemente allo studio e al lavoro privato.
Proposito: Compiere coscienziosamente i doveri di stato considerandoli come croce della mia vita, la mia crocifissione quotidiana, che porta la benedizione sul mio lavoro per la salvezza delle anime nell’Azione Cattolica.
Lunedì, ore 8.
Il Salvatore a Nazareth fino ai trent’anni ha lavorato manualmente. Era carpentiere. Questo lavoro lo poteva fare qualcun altro. Egli non è venuto al mondo per essere carpentiere, eppure ha fatto questo lavoro quasi tutta la vita.
Una lezione per me: Il Salvatore mi dà l’esempio come devo dedicarmi al lavoro tecnico, quello che al mio posto potrebbe fare qualcun altro (la scuola). Rinunziare alla propria individualità e fare il servizio che non corrisponde all’inclinazione specifica personale è necessario per vincere la propria volontà – superbiam vitae. Perciò devo continuare a portare con gioia la croce dei miei doveri di stato, per guadagnare il pane. Questo compimento della volontà del Padre sia il pegno della benedizione nel lavoro per l’Azione Cattolica.
Lunedì, ore 10,15.
Tra gli uomini in mezzo ai quali desidero lavorare, devo comportarmi come loro stressi. Il Salvatore prima della sua attività pubblica si è fatto battezzare da Giovanni, come qualunque peccatore. L’ha fatto per darci esempio; così tra gli uomini dove intendo lavorare, devo mostrarmi uguale ad essi in tutte le loro debolezze.
Prima di andare in mezzo a loro, devo aver vinto la triplice concupiscenza, soprattutto la prima. Per non indietreggiare di fronte alle difficoltà, alle fatiche corporali, non deciderò da solo ma chiederò il consiglio del direttore spirituale.
Bisogna far presente a tutte le nuove generazioni che, partecipando nell’Azione Cattolica, devono essere pronte alla sofferenza, al pianto, all’ingiustizia. Beati i soldati di Gesù, perché soffrono, piangono, sopportano l’ingiustizia. Lo spirito di comodità e la ricerca della felicità esclusivamente terrena è spirito di questo mondo.
Propositi fatti durante il ritiro del 27-29 marzo 1926.
Su due foglietti del formato 8,4 x 14 cm Ivan ha riassunto in 23 punti i suoi propositi fatti durante il ritiro del marzo 1926. I primi tredici punti sono contenuti nei precedenti Appunti (supra, 4), per cui li tralasciamo, riportando gli altri, dal num. 14 in poi. Nei numeri 15-18 Ivan ha accolto i consigli del direttore spirituale, come risulta da un altro foglio. Il num. 23, scritto con matita, è difficilmente leggibile.
14. Portare spesso alla madre quello che la rallegra. Venire da lei quando chiama e sopportare questo come un sacrificio per lei (anche se in questo apparissi infantile)…
15. La domenica di regola ascoltare due Messe. Dedicarsi ai genitori, amici. (Leggera conversazione…). Un’ora di adorazione la domenica (regolarmente verso sera).
16. Evitare la precipitazione.
17. Nell’intimo incessantemente fare atti di amore verso il buon Dio, verso il Salvatore. (Mi muovo in Dio come un pesce nel mare! Questo mi preserverà dalla precipitazione, mi darà la pace e desterà l’amore anche negli altri).
18. Quando parlo in pubblico, parlare con calma, prepararsi davvero bene; almeno prepararsi con la meditazione. Altrimenti non accettare le conferenze.
19. Non lavorare dopo cena, ad eccezione della lettura spirituale.
20. Solo se si tratta di un caso urgentissimo andare o conversare con la signorina.[11]
21. Mangiare i dolci il meno possibile, quando c’è altro…
22. Prima di ogni confessione fare il proposito e riferire come mi sono attenuto al proposito precedente.
7
Il “Liber luminum” iniziato il 17 dicembre 1927.
Su un foglio di taccuino si legge:
Cominciato il 17.XII.1927. A Zagreb.
17.XII. In questi giorni ho avuto grande vantaggio spirituale dalla meditazione sull’Inferno e sul Giudizio universale, quindi sul peccato di Pietro, sulla parabola del Buon Pastore e sul Salvatore come Re, in particolare come Re dei cuori. Tutto secondo S. Ignazio, seguendo l’esposizione di Meschler.
20.XII. A tavola (mangiando) pensare soprattutto alla meditazione mattutina; rinnovare le impressioni del mattino e comportarsi in questo spirito.
B. Testimonianze dei contemporeanei
Molte sono le testimonianze dei contemporanei: alcune sono state riportate nel precedente Capitolo XIV, alcune altre (non tutte) vengono riprodotte nel Cap. XVII. Le testimonianze scritte in forma di articoli (nel tempo quando ogni parola poteva essere controllata e, se era il caso, contestata, il che non avvenne mai) hanno il pregio di offrirci delle sintesi, che ci permettono di ammirare meglio la ricchezza spirituale del personaggio. (Si potrebbe dire che sono come delle fotografie scattate da diverse posizioni). A queste poi vanno aggiunte le deposizioni processuali, tra cui una particolare attenzione merita quella del dr. Dragutin Kniewald, teste III.
Qui riportiamo i giudizi sulla figura spirituale di Ivan Merz espressi da due persone che ebbero un rapporto del tutto particolare con lui: si tratta del suo direttore spirituale p. Josip Vrbanek S.I. e dell’intimo amico dr. Avelin Ćepulić.
1
P. Josip Vrbanek, S Bogom iskren (Sincero con Dio), in “Nedjelja” 21, 21 maggio 1933.
Il confessore di Ivan già nel titolo di questo articolo ha voluto sottolineare una delle caratteristiche fondamentali della personalità di Merz: la sua sincerità, in cui vede «il sigillo del segreto della vita di Merz».
[…] Non manifestava tutto. Anzi era enigmatico anche a sua madre. Ma ciò non è nemmeno necessario per la sincerità. Ciò che occorre è: riferire le cose così come sono – davanti a Dio, davanti agli uomini e davanti a se stesso. Nel suo diario ha parlato a Dio e a se stesso. Oggi parla agli uomini. Non ha parlato (agli uomini) solo con la lingua: ha parlato quasi di più con la sua figura, e soprattutto con le opere. In tutto si esprimeva in modo naturale, come naturale era lui stesso. Questa naturalezza, convinta sentita e attuata è la caratteristica di una solida virtù.
Perché non l’hanno notata tutti? Perché per lui avevano occhiali colorati. All’occhio sano egli era una figura luminosa, luminosa fino alla perfezione. S. Alfonso elenca le caratteristiche degli uomini perfetti: 1. il vivo desiderio di un continuo perfezionamento; 2. la purezza d’intenzione nel lavoro, per rallegrare il Padre; 3. la gioia nella sofferenza; 4. la volontà di fare solo quel che Dio vuole. Ho conosciuto pochi uomini in cui tutto ciò risplendesse così chiaramente come nel nostro Ivan.[12]
Come il giovane studente cerca sinceramente Dio! Non cerca di convincersi che Dio esiste. Alla sua anima limpida ciò è chiaro ben presto… Ivan anela alla perfezione di Dio…[…]
E quando si confronta con Lui, come sinceramente riconosce la propria ignoranza, le cattive inclinazioni del figlio di Adamo, i difetti! E come li designa – anche quei piccoli -con parole severe! Sì! Egli li considera tali, perché li guarda alla luce del Perfetto, al quale desidera rassomigliare. […]
La sincerità crea in Ivan quella disposizione d’infanzia che Gesù chiede: «Se non sarete come i bambini, non entrerete nel Regno di Dio». Ivan da solo ha raggiunto in alto grado quello che di solito si ottiene soltanto con la più accurata educazione da parte dei genitori e della Chiesa. Egli era sotto l’influsso immediato di Dio. Dio ha attuato in lui «Il Regno di Dio è in voi». E Ivan rispondeva offrendoGli l’intelletto e il cuore, la volontà e i desideri…[…]
A questa disposizione ha contribuito molto la malattia che lo accompagnava dall’infanzia – e che è stata per lui come una scuola del Padre. Ciò si deduce anche dal fatto che essa (malattia) non ha provocato in lui la lotta spasmodica per la vita col ricorso alle medicine e simili, ma al contrario (ha provocato) il totale abbandono all’Eternità. Egli la accoglieva nel cuore e nell’anima, ne allargava la comprensione e il desiderio in proporzione dell’Immensità. Qui va ricercata la fonte di molti suoi pensieri e paragoni grandiosi, del suo zelo gigantesco, del suo sacrificio eroico. A lui era del tutto facile osservare alla luce dell’eternità tutta la vita e i suoi fenomeni. Donde quella sua meravigliosa lucidità ed esattezza di giudizio in merito all’Azione Cattolica. E ancora di più, quella sua gioiosa sopportazione del dolore.
Il dolore è ben presto per Ivan «il contenuto, il senso e la grandezza della vita». Poiché per lui la fede era atto, opera, vita, e non il puro sapere, e poiché vivere secondo la fede significa rinunciare, di conseguenza la rinuncia, con tutti i sacrifici attivi e passivi, era per lui il pane quotidiano, anzi il pane dolce del Padre. […] Anche Ivan ha provato l’angoscia dell’Ora santa del Cuore di Gesù. Era però anche in grado di dire: «Padre, non la mia, ma la Tua volontà sia fatta». E ha bevuto fino in fondo il calice del dolore – tranquillamente – eroicamente. Poco prima che si recasse all’operazione l’ho avvertito come il p. Doncoeur chiama “letteratura” il discorso sulla virtù e sul dolore, in confronto della dura realtà del soffrire. Quando lo visitai in clinica, in mezzo ai terribili dolori ha trovato la forza di sorridere e di dire: «Ce n’est pas la litterature! Questo non è letteratura!»
La gioiosa sopportazione della sofferenza testimonia che l’uomo non vive per sé ma per Dio e per gli alti ideali. Ivan ha raggiunto una meravigliosa libertà di spirito, con la quale il suo centro è stato trasferito dal proprio “io” in Dio. «Quello che Dio vuole!» – diceva risolvendo le questioni sue personali come anche quelle riguardanti l’Azione Cattolica. Gli interessi del Padre celeste e della Chiesa erano anche suoi interessi; e anche le permissioni di Dio che una o l’altra cosa non progredisse bene, egli le comprendeva facilmente e tutto lasciava alla Provvidenza, dopo aver fatto ciò che un figlio solerte può fare per l’onore del Padre.
2
A(velin) Ć(epulić), Naš veliki čovjek (Il nostro grande uomo), in “Nedjelja” 21, del 21 maggio 1933.
Avelin Ćepulić (Bakar, 17.VII.1896 – Zagreb, 2.II.1936) fece gli studi di medicina a Innsbruck, Graz, Vienna e Praga, dove ottene il dottorato all’Università tedesca. A Vienna, insieme con Merz ripristinò l’associazione universitaria “Hrvatska” (cf. Cap. VIII Intr. 5); a Zagreb poi fu il suo più stretto amico e collaboratore nell’organizzazione delle Aquile. Dopo la soppressione di questa, fu uno dei principali promotori dei Crociati. Per la sua grande carità era chiamato “medico dei poveri di Zagreb”. Negli utimi anni era anche professore di igiene al Ginnasio arcivescovile di Zagreb.[13]
Nell’articolo che scrisse in occasione del quinto anniversario della morte di Ivan Merz, Ćepulić affronta la questione se il dr. Merz meriti di essere annoverato tra i grandi uomini croati e cattolici. Questi certamente non era uno di quelli (artisti, politici, pensatori) di cui si parla e scrive già durante la loro vita, non perché fosse inferiore ad essi, ma perché ha svolto la sua attività in un campo non accessibile al largo pubblico. «La sua grandezza era nascosta, non solo al popolo, ma anche a una buona parte dei suoi conoscenti e veneratori». La sua grandezza era quella dei santi, e Ćepulić ritiene che un giorno la Chiesa esprimerà il suo giudizio.
La comprensione della santità anche tra i cristiani convinti è manchevole e incompleta, e molto di più tra quelli che non credono. Già di natura la maggior parte della gente non ha talento per figurarsi in che cosa consista la santità. E nei circoli un po’ più liberali, i santi sono anche alquanto antipatici, in quanto sono considerati persone un po’ stravaganti. […]
Il nostro Ivan Merz era molto lontano da tutte le stravaganze non solo nel suo esteriore ma anche in tutta la sua vita.[…] E tutte le manifestazioni esterne visibili della vita di Merz non ci dicono quasi nulla su chi egli fosse, cioè (che era) uomo di quella santità classica, che la Chiesa spesso eleva all’onore degli altari.
Gli uomini sono troppo poco psicologi per poter riconoscere dai segni esterni visibili la ricchezza spirituale di un uomo, a fortiori di quello che con il suo atteggiamento spontaneo e naturale pone una lastra non trasparente tra il suo mondo interiore e il suo esterno. Eppure! Questa lastra – questo isolante ottico – non poteva rimanere del tutto opaco a coloro che in moltissimi casi hanno avuto occasione di essere testimoni de visu della vita e dell’attività di quest’uomo straordinario. Tra tantissimi momenti ci furono parecchi che ci hanno scoperto tutto. A momenti siamo rimasti stupiti e ammirati. A guisa di una sensazione inaudita o di un gioco esotico della natura o di un evento storico, abbiamo vissuto i momenti in cui da qualche atto eroico o qualche dichiarazione è apparsa la (sua) vita spirituale come un potente folgore, tradendo l’uomo di una santità classica e tipica. Poiché noi uomini siamo cattivi psicologi, specialemnte nell’osservazione dei sintomi soprannaturali, è comprensibile che raramente potevamo cogliere un tale lampo dalle sfere insolite.
Solo chi ha vissuto alcuni di tali momenti – grazie alla frequente vicinanza accanto a questo nostro grande uomo – ha potuto poi spiegare anche molti aspetti quotidiani della sua vita interessante, e allora anche in questi fenomeni quotidiani poteva trovare dei sintomi preziosi che risolvono in pieno tutto l’enigma e spiegano tutta la (sua) personalità.
Può darsi facilmente che la maggior parte dei conoscenti di Merz non abbia avuto alcuna occasione in cui cogliere quel prezioso lampo che lo faceva vedere pressappoco così com’è. Né il valore di quei momenti preziosi viene diminuito per il fatto che essi, per noi semplici e mediocri psicologi, sono stati rari, e non quotidiani. I documenti di tutto ciò si trovano nelle anime di alcuni nostri uomini, ma anche nei nostri “libri dei conti”, dove sono fedelmente descritti i singoli fatti vissuti. E potremmo garantire con la testa che né il buon senso né l’occhio sano ci hanno mai ingannato nei momenti in cui dovevamo formarci un nostro chiaro giudizio su chi fosse il dr. Ivan Merz. Il suo giudizio, il che significa il giudizio definitivo, lo pronuncerà la Chiesa romano-cattolica.
[1] Negli “Articoli” per il Processo Informativo si legge che Ivan compose la “Regola di vita” a Parigi nel 1921 (Art. 126). Sul foglio originale manca la data.
[2] Merz evidentemente pensa a un Ordine religioso “esente” dalla giurisdizione dell’Ordinario del luogo.
[3] Se l’accenno ai «mezzi tecnici», nel proposito 14, riguarda l’uso delle diapositive nelle conferenze su Lourdes e su Roma, allora molto probabilmente questi propositi non sono stati scritti prima del 1925. Merz infatti fece molte conferenze del genere solo dopo i pellegrinaggi a Lourdes (fine ottobre 1924) e a Roma (la prima volta nel maggio del 1925).
[4] Questo proposito num. 7 è stato messo successivamente fra parentesi, segnate con matita.
[5] Di tutto ciò Merz parlerà a Dalibor Pušić durante il viaggio da Zagreb a Roma nel settembre del 1926; cf. Doc. XIV Intr. 5 c).
[6] Cf. I. Merz, I più recenti miracoli a Lourdes, p. 20 (v. sopra, Cap XIV Intr. 7).
[7] HOS = Hrvatski Orlovski Savez (Lega Croata delle Aquile), organizzazione di cui Merz era il segretario (cf. sopra, Cap. X).
[8] Va rilevato il ruolo comunitario del sacramento della Penitenza che Merz qui sottolinea.
[9] «Tale era Merz» – fu la risposta del suo ex alunno dr. Josip Burić, quando gli lessi questo proposito di Merz.
[10] Merz probabilmente pensa all’associazione “Sokol” che veniva imposta alla gioventù dalle autorità statali. Nel 1924 uscì anonimo (ma dovuto certamente a Merz) un opuscolo dal titolo Interconfessionalizam (ili: Smije li svijesni katolik da bude u “Hrvatskom Sokolu”?) (Interconfessionalismo (oppure: E’ lecito ad un cattolico consapevole appartenere al “Sokol Croato”?).
[11] La signorina Katarina Bajić era domestica nella famiglia Merz. Nel 1923, quando Ivan tornò da Parigi, ella aveva 17 anni. Nel Processo Informativo ha deposto come Teste II.
[12] D. Kniewald riferisce come il p. Vrbanek gli aveva ripetutamente confessato che in Ivan Merz «sempre vedeva l’uomo completamente unito a Dio, immerso con la mente e col cuore nel mondo soprannaturale» (Ivan Merz, Zagreb 1964, p. 288).
[13] Dušan Žanko ha così delineato la figura di Avelin Ćepulić: «E’ morto giovane, celibe, proprio sacrificato nella lotta spirituale del suo popolo e per la salvezza del prossimo, la bontà e la carità incarnata, l’asceta solitario, la meteora della nobiltà (generosità) e un vero miracolo di modestia, non lasciando dietro a sé niente e nessuno se non la luce, l’aureola dell’uomo, attraverso la quale tutti coloro che sono stati nella sua vicinanza intuiranno il compimento dell’umanità in un certo senso assoluto. E fin quando sarà menzionato il nome del dr. Merz, sarà ricordato anche quello del suo più intimo, ma anche del più discreto amico, dr. Avelin Ćepulić. Le loro sorti terrene erano inserite in un’unica missione: l’uno viveva, non nell’ombra, bensì nella luce dell’altro, per cui i loro astri da lontano illumineranno sempre coloro che devono ancora combattere e soffrire per gli uomini, e ancora di più dagli uomini in nome del Regno di Dio sulla terra…». Svjedoci (Testimoni), Barcellona-München 1987, pp. 171-177.